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Emanuele Atturo

La Serie A del mondo parallelo: finale di stagione

Lo Scudetto virtuale è stato assegnato.

La Serie A è ferma, riprenderà a metà giugno, ma noi non ci siamo arresi e l’abbiamo portata avanti per due mesi su FIFA, come fosse un mondo parallelo in cui l’emergenza del Covid-19 è passata.

 

Oggi il campionato si concludeva con il diabolico incrocio di calendario tra Lazio e Napoli, da una parte, e Juventus e Roma, dall’altra. La Lazio, indietro di due punti, si augurava che i cugini giallorossi riuscissero a fermare la Juventus. L’intelligenza artificiale di FIFA ha scritto una grande sceneggiatura: andiamo a vedere come è andata, ma prima vi vogliamo ringraziare per averci seguito in quest’avventura incredibile e totalmente no sense. Speriamo vi siate divertiti.

 

Sabato alle 15: Lecce-Parma 3-2

 

 

L’estadio Presidente Lopes era vestito a festa come poche altre volte nella storia. Spiccava la coreografia dedicata ai campioni storici del Lecce, Ernesto Chevanton era accanto a quella di Pasculli e Causio. Accanto a loro Mister Liverani conciato col cappello del Comandante Che Guevara.

 

La salvezza, per il Lecce, non era certo scontata in questa stagione. Mentre il Parma, alla fine di una stagione sorprendente, sembrava voler stare attento soprattutto a non compromettere la salute delle possibili plusvalenze estive – Cornelius interessa al Liverpool, Brugman pare destinato al Barcellona di De Zerbi, Gervinho è vicino a un ritorno alla Roma – oppure a quelli già venduti, come Kulusevski, di recente al centro delle polemiche per un commento poco diplomatico sotto una foto di Chiellini (il centrocampista ha scritto, e poi cancellato, “Odio l’Inter”).

 

Falco aveva dichiarato che il suo sogno era di segnare di destro da fuori area (ognuno hai suoi…) e per poco non ci riusciva dopo 25’. Poco dopo “l’Hernanes col cognome un po’ diverso”, cioè Hernani, ha segnato un’azione confusa e fortunata. Un gol di cattivo gusto, visto il clima di festa dei tifosi del Lecce. A riequilibrare il cosmo ci ha pensato subito Falco, che ha pareggiato. E dopo altri due minuti “la palla è sparita dai radar dei difensori, per riapparire, magicamente, in fondo alla rete”: una descrizione di gran classe del gol di Lapadula a fine primo tempo, dopo un’azione piuttosto elaborata del Lecce.

 

Mentre tutto scorreva placido e sereno in Salento, è partita una bomba dal piede destro di Grassi, che ha siglato così il 2-2. Il gol che ha permesso una festa completa, però, quello del 3-2, è arrivato, strano e bellissimo, a due minuti dalla fine, dal colpo di testa del giocatore più improbabile, il grande Sandro Mayer, su assist del grande “Khouma” Babacar. Balli fino a notte fonda a Lecce.

 

Sabato alle 18: Genoa-Verona 0-0

 

 

Dopo 13 anni consecutivi nel massimo campionato, il Genoa torna a salutare la Serie A e lo fa in grande stile: con una spettacolare coreografia dello Stadion Europa e una sciarpata che sa di amore nonostante tutto. Davanti a questo spettacolo, incorniciato dalle note di You’ll Never Walk Alone, persino Ivan Juric non è riuscito a trattenere le lacrime, che gli hanno bagnato gli occhi che guardavano nella memoria ai bei ricordi in maglia rossoblù.

 

 

In campo la squadra di Thiago Motta sembrava essersi liberata di un peso, giocando con una fluidità che quest’anno non gli è mai appartenuta forse per risarcire i tifosi di questa annata da incubo, per quanto possibile. Certo, rimaneva il problema che non aveva la minima idea di come fare male all’avversario e ha comunque concluso il primo tempo con zero tiri. Persino Stefano Nava, uno che non è certo immune a facili entusiasmi, sembrava contento: «Non c’è stato molto da vedere, Pier».

 

Nel secondo tempo le cose non sono cambiate molto e la partita ha riflettuto così lo stato interiore dei tifosi del Genoa: l’abisso. Anzi, Perin ha dovuto più volte sfoderare i suoi riflessi migliori per evitare alla sua squadra l’ennesima sconfitta. Al triplice fischio Juric ha subito richiamato i suoi giocatori dentro gli spogliatoi, quasi si vergognasse di star usurpando quell’ultimo momento al Genoa in Serie A.

 

Da segnalare la reazione particolarmente emotiva di Schone, piegato in lacrime per diversi minuti a centrocampo. Mentre i suoi compagni se ne tornavano negli spogliatoi lui si è diretto verso la curva e, togliendosi la maglietta, ha rivelato uno stemma del Genoa tatuato sul cuore. La squadra ligure ha perso un anno in Serie A, ma ha trovato un nuovo, grande capitano (ammesso che Preziosi non lo venda subito). 

 

Sabato alle 20.45 Atalanta-Inter 0-1

 

 

Lo ricorderemo come il finale di stagione in cui Eriksen si è preso l’Inter. Il gol con cui ha sbloccato il risultato dopo 10’ è un gioiello che si aggiunge a quello della scorsa settimana, quel tiro a giro che è stato uno dei più bei gol dell’intera stagione.

 

Ricorderemo questo periodo dell’Atalanta, invece, come quello in cui, per citare il titolo del Corriere dello Sport, “s’è rotto il giocattolo”. A parte qualche sprazzo, la squadra di Gasperini ha deluso. Il tecnico pare destinato a cambiare aria (è pronto il Wolverhampton che deve sostituire Nuno Espirito Santo, andato al Tottenham) e la “Dea” aveva l’ultima, remota a dire il vero, possibilità di raggiungere in classifica la Roma al terzo posto. Il gol di Eriksen, e un paio di parate di Handanovic, sono bastate per congelare una partita dai pochi spunti.

 

Lautaro a fine partita rincuora Castagne ricordandogli che è ancora in tempo per qualificarsi alle Olimpiadi in qualche specialità dell’atletica leggera.

 

Domenica alle 12.30: SPAL-Fiorentina 0-2

 

 

Per la sua ultima partita in Serie A la SPAL incontrava una delle tante squadre miracolate che forse quest’anno sarebbero dovute essere al suo posto. Ma il calcio è strano, Pier, come non direbbe mai Stefano Nava, che invece nota come il 3-5-2 sia un modulo che dà tante garanzie. 

 

Nel cuore dei giocatori di Di Biagio, però, albergava la morte e lo si capiva ad esempio dal primo gol preso dalla “Viola”, nato da un rimpallo su un tiro di Chiesa mal controllato da Cutrone e finalmente messo in rete da Castrovilli – che suggellato così la sua annata da grande rivelazione. Castrovilli che pochi minuti dopo ha raddoppiato inserendosi in area e tirando forte sul palo di un Berisha che sembrava già pensare alla sua prossima squadra di bassa Serie A che retrocederà l’anno prossimo. 

 

Al Crown Lane di Ferrara sono stati anche sperimentati per la prima volta gli assistenti civici voluti dal governo. Ne vedete uno di spalle, con l’outfit deciso dalle linee guida di Palazzo Chigi: pettorina da steward e cappellino da bobby inglese.

 

Se si esclude una grande parata di Dragowski su tiro da fuori area di Castro, nel secondo tempo non è successo praticamente niente. Da segnalare, a fine partita, l’abbraccio di tutti i giocatori della Fiorentina a una leggenda della maglia viola come Nenad Tomovic, primo per presenze europee nella storia della squadra toscana, che guardava i suoi compagni con la nostalgia di qualcosa di bello che ormai non c’era più. Sic transit gloria mundi per la SPAL, senza nemmeno così tanta gloria alla fine. 

 

Domenica alle 15: Bologna-Torino 0-1

 

 

Nulla è rimasto da dire su questa partita tra due squadre che non avevano più nulla da dire a questo campionato. Il Bologna, a suo modo, ha dominato. Almeno nella misura in cui può dominare il Bologna. Belotti stava per segnare un gol pazzesco alla Thierry Henry, ma quei dieci centimetri che gli sono mancati per segnare hanno segnato la differenza tra una partita interessante e una di cui non ci ricorderemo niente.

 

Il gol di Zaza – DOCCIA FREDDA PER GLI AVVERSARI! dice Nava – a pochi minuti dalla fine non ve lo consiglio. Meglio ascoltarvi il Paradiso Perduto di Milton, e chi s’è visto s’è visto.

 

 

Domenica alle 15: Sassuolo-Udinese 0-1

 

 

«Aspettiamoci un match straordinario», diceva Pierluigi Pardo per introdurre questa partita con troppa enfasi, confermando il sospetto che abbiamo sempre avuto che ci stesse prendendo in giro fin dall’inizio. Sassuolo e Udinese non avevano più esigenze di classifica da ormai diverse settimane, infatti, e sembravano non vedessero l’ora di chiudere il loro campionato fatto di diverse sfumature della stessa mediocrità. 

 

Per qualche motivo, però, l’Udinese sembrava crederci forse perché la gioia è di per sé senza scopo e questa vittoria sarebbe stato esattamente questo. Dopo il gol del vantaggio ovviamente di Lasagna, la squadra di Nicola ha continuato a premere sull’acceleratore e viene da chiedersi se avesse avuto sempre questa mentalità dove sarebbe potuta essere adesso (non è vero, ma è quello che si dice di solito in questi casi). 

 

Il secondo tempo, per il Sassuolo, non è stato altro che un guardare il tempo esaurirsi prima dell’addio di De Zerbi, promesso sposo del Barcellona. A fine partita, nel giro di campo finale per salutare i tifosi, l’allenatore bresciano è sembrato commosso per la chiusura di questa pagina della sua carriera, mentre i tifosi scozzesi del Sassuolo riuniti al Forest Park Stadium gli imploravano di rimanere. 

 

Domenica alle 15: Brescia-Sampdoria 1-0

 

 

Dopo un anno così travagliato per entrambe sarebbero riuscite a lasciare per lo meno un buon ricordo ai propri tifosi prima che lo mettessero nello sgabuzzino della propria memoria? Era una domanda che interessava soprattutto al disastrato Brescia di Corini, che si esibiva per l’ultima volta in Serie A  davanti al proprio pubblico, molto numeroso a dire la verità.

 

La risposta potete immaginarvela già da soli, al di là delle parole di Stefano Nava che, forse ubriaco, diceva di essersi divertito molto già al primo tempo. Nel secondo, la Sampdoria ce l’ha messa tutta per farsi segnare e far fare bella figura al Brescia davanti al suo pubblico, ma niente.

 

Balotelli non è riuscito a segnare nemmeno con la difesa avversaria che si apriva come le acque del Nilo di fronte a lui, complice – c’è da dirlo – un grande Audero.

 

Un’immagine che rimane come copertina di questa orrenda partita.

 

Alla fine è stato Donnarumma, lasciato completamente libero al limite dell’area piccola, a segnare e a regalare questi surreali tre punti al Brescia. Ma questo non ha impedito a Cellino di andare di fronte ai microfoni nel post-partita e fare il diavolo a quattro.

 

«Non me ne frega niente di questi spettacoli mortificanti, io licenzio tutti», ha dichiarato mentre stracciava in diretta i contratti di Balotelli, Corini e del povero Ndoj, che si dice facesse una grande imitazione del presidente negli spogliatoi.

 

Domenica alle 18: Milan-Cagliari 0-1

 

 

Voi ve lo aspettavate un San Siro così carico per chiudere una stagione così anonima? Noi no: la magia del calcio.

 

In lontananza potreste indovinare un tributo a Ruud Gullit.

 

E il Milan è riuscito a onorare le aspettative che i tifosi hanno proiettato per questa ultima giornata?

 

A giudicare dal perentorio palo di Ibra dopo 20’, sì. Ma pure dal quasi gol di Romagnoli, su cui ha salvato Pellegrini sulla riga di porta. Olsen poi si è messo a fare il mostro, e Kjaer a sbagliare i gol (ma insomma, sarebbe stato strano il contrario). Olsen a un certo punto ha parato un tiro forte e dritto di Calhanoglu e ha esultato come Schwartznegger. What a time to be alive. Alla fine, a forza di tentativi, il Milan era sfinito e il Cagliari ha segnato il gol che gli è bastato per vincere: il minimo indispensabile, un colpo di testa di The Magician Artur Ionita. Che umiliazione per i 90mila tifosi accorsi a San Siro.

 

Domenica alle 20,45: Piemonte calcio - Roma 2-0

 

 

Da quanto tempo non succedeva che lo Scudetto venisse deciso all’ultima giornata? Beh, eccoci qui signore e signori. Il primo round vedeva il Piemonte calcio, in tradizionale divisa nera e rosa, contro la Roma di Fonseca, con il fulmine della Gatorade sul petto.

 

Con il Piemonte calcio che aveva bisogno di una vittoria per assicurarsi la vittoria matematica dello Scudetto, nella settimana che ha portato all’incontro nella capitale si sono moltiplicati gli appelli dei più disparati tifosi romanisti alla squadra di “scansarsi”. Carlo Verdone, in un video pubblicato su Facebook, aveva detto pubblicamente a Fonseca «di farsi dire cosa avevano fatto quelli là», riferendosi ovviamente alla Lazio del 2010; mentre Maurizio Gasparri era andato più sul pesante: «Già abbiamo i comunisti al governo, con anche i laziali in strada poi avremmo bisogno di una vera liberazione».

 

Quando c’è da perdere una partita in maniera rovinosa, comunque, la Roma non si tira mai indietro. Nonostante un inizio promettente, in mezzo ai fischi e agli insulti dell’Olimpico, i giallorossi hanno subìto gol al primo tiro in porta, con Higuain che si è potuto addirittura alzare il pallone con l’esterno al limite dell’area. Non proprio una difesa impenetrabile. I tifosi romanisti hanno esultato, Smalling ha scosso la testa sconsolato. 

 

La gang di Higuain ha avuto in qualche modo accesso al campo subito dopo il suo gol. 

 

Il raddoppio è arrivato alla fine del primo tempo, con CR7 che ha anticipato Smalling in area con una parte del piede indecifrabile battendo un Pau Lopez non proprio irresistibile. 

 

Il secondo tempo non è stato altro che un attesa spasmodica del triplice fischio di entrambe le squadre, con Fonseca che continuava a predicare la calma ai suoi che non avevano assolutamente nessuna intenzione di fare bella figura.

 

All’85esimo, con lo Scudetto ormai assicurato, nel settore ospiti è spuntato un enorme striscione con scritto, in giallorosso: “OH NOOO”.  Al fischio finale abbracci e un senso di felicità nuova, per una squadra che per vincere il suo nono titolo consecutivo ha dovuto battere addirittura una pandemia. In attesa dei festeggiamenti, Sarri si è fumato una sospetta lunga sigaretta girata a mano in mezzo al campo, e dopo sembrava molto più rilassato mentre guardava i suoi giocatori alzare il trofeo e fare il giro di campo.

 

 

 

In attesa del palco della vittoria, però, è andato in scena l’ennesimo colpo di scena di questo pazzo e irripetibile campionato. Il trofeo della Serie A, infatti, era stato trafugato dal Waldstadion di Torino e al suo posto è stata quindi comprata una coppa in fretta e furia al Decathlon più vicino. 

 

 

Quello che sembrava essere solo un rito scaramantico del Piemonte calcio, ligio alla regola aurea per cui si festeggia solo dopo aver vinto, in realtà era una necessità reale e già all’ingresso delle due squadre era stato messo in mostra un trofeo diverso da quello ufficiale. Ennesimo segno che questo campionato era davvero maledetto. Bonucci, visibilmente alterato dall’alcol, durante i festeggiamenti negli spogliatoi dichiarerà: «Ma che ci frega del trofeo, di quello vecchio ne avevamo già otto copie». 

 

Domenica alle 20,45: Napoli-Lazio 1-1

 

 

«È la partita più importante della nostra storia. Perché la storia della Lazio può cambiare in questa partita. Dopo vent’anni di tartassamenti mediatici forse l’Italia e i giornali si accorgeranno della Lazio, di questa povera Lazio. Ci auguriamo solo che la Roma esprima dei valori in linea con quelli di questo sport che, ricordiamolo, sono valori olimpici».

 

Le parole di Lotito erano state strane, ma avevano caricato l’ambiente, forse troppo. Ci ha dovuto pensare Simone Inzaghi a fare il pompiere: «Non dipende da noi, ma i ragazzi devono dare tutto e devono farsi trovare pronti. Contro tutto e tutti».

 

Che situazione paradossale, per i tifosi della Lazio, aspettarsi un favore dalla Roma. Nessuno ci sperava, almeno a parole. James Horncastle, per The Athletic, ha intervistato i tifosi della Lazio la settimana prima della partita. Tutti erano concordi su una cosa: la Roma si scanserà. Nessuno, secondo loro, voleva questo scudetto della Lazio, stretta tra l’odio dei cugini e il complotto delle squadre del nord. “Giù le mani dalla Lazio” recitava lo striscione del settore ospiti al San Paolo.

 

Dopo diciotto minuti di niente il sangue si è gelato nelle gambe dei giocatori della Lazio. Era arrivato il gol di Higuain, allora era vero: la Roma si stava scansando. Poi è arrivato il 2-0 di Cristiano Ronaldo. Tutto era finito. Ma i biancocelesti hanno voluto finire il campionato con l’orgoglio tipico della loro storia. Immobile ha segnato il gol più bello di una stagione da 42 reti. Che ironia, che destino crudele.

 

C’è un momento in cui queste partite di fine anno smettono di essere partite. In cui i calciatori sono lì, ma non sono davvero lì. E in un momento del genere succedono cose strane, tipo che la difesa della Lazio sparisce e Insigne segna il gol del pareggio. Poco male: non c’era più niente da fare.

 

Lotito a fine partita ha rincuorato l’ambiente con uno sguardo al futuro: «Qualcuno non vuole farci vincere. Ma noi ci riproveremo. La Lazio onora questo campionato ogni anno, e continuerà a farlo finché ci sarò io, e poi continuerà a farlo quando il presidente della Lazio diventerà mio figlio».

 

Gli awards della giornata

La parata più bella: Olsen con la mano di richiamo su Ibrahimovic.

 

Il miglior giocatore: Gaetano Castrovilli

 

La miglior frase della telecronaca: “Oh un gol al volo è pur sempre un gol al volo, Pier”, Stefano Nava descrive così una zampata di Kevin Lasagna nell’area del Sassuolo finita di poco al lato.

 

Il miglior portiere: Robin Olsen.

 

Il miglior gol: Immobile in semirovesciata al San Paolo. 

La classifica finale

  1. Piemonte Calcio 89
  2.  Lazio 85
  3. Inter 75
  4. Roma 65
  5. Atalanta 62
  6. Milan 55
  7. Napoli 55
  8. Cagliari 50
  9.  Sassuolo 48
  10. Verona 48
  11. Parma 47
  12.  Torino 47
  13.  Fiorentina 46
  14.  Bologna 45
  15. Udinese 44
  16.  Lecce 41
  17.  Sampdoria 39
  18.  Brescia 36
  19. Genoa 33
  20. SPAL 32
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Emanuele Atturo è nato a Roma (1988). Laureato in Semiotica, è caporedattore de l'Ultimo Uomo. Ha scritto "Roger Federer è esistito davvero" (66thand2nd, 2021).

Dario Saltari è uno degli scrittori che curano L'Ultimo Uomo e Fenomeno. Sulla carta, ha scritto di sport per Einaudi e Baldini+Castoldi.