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Emanuele Atturo
I troppi gol in Premier e il modo in cui parliamo di calcio
05 dic 2023
05 dic 2023
Si continua discutere di tanti gol come se fossero un male.
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Emanuele Atturo
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Foto di Peter Byrne / Imago
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La Premier League continua a distorcere la natura del calcio come sport a basso punteggio. Nella giornata conclusa domenica si sono segnati 38 gol, non abbastanza per raggiungere il record, ma comunque abbastanza per discuterne molto, e soprattutto in Italia, dove pare sempre legittimo nutrire un po’ di sospetto verso le partite con troppi gol - come fossero un sintomo di depravazione morale, di secolarizzazione, di scarso rispetto per il gioco. Come se si contravvenisse a una specie di dimensione sacra del calcio, segnando così tanti gol; una dimensione fatta di attesa, tensione, scarsità di eventi generica.Se ne parla molto, in queste ore, soprattutto perché in Premier non ci si è limitati a segnare molto, ma a dar vita a partite estremamente combattute, piene di plot twist narrativi, instabili, e quindi aperte a qualsiasi possibilità. In grado di relativizzare la tradizionale percezione del tempo in una partita di calcio. In Liverpool-Fulham, Chelsea-Brighton o in Manchester City-Tottenham 90 minuti sono sembrati troppi - dove spesso, nel nostro campionato, non sembrano mai abbastanza per poter segnare un gol. Da una parte i big match della Juventus, o della Roma, dove sembra andare in scena una specie di magia nera in cui il pallone sparisce dal campo, ed è impossibile far gol. Dall’altra queste partite folli che rischiano persino di inflazionare il valore - calcistico e simbolico - di un gol segnato. La discussione è rafforzata da Chelsea-Manchester City di qualche settimana fa, divisiva tra chi ci ha visto l’esempio di una forma d’intrattenimento supremo offerto dal miglior campionato al mondo, e chi invece ci ha visto solo difese mal messe e una partita indigeribile, fatta di troppi sapori come un piatto mal cucinato.Si leggeva grande entusiasmo attorno a quel match. In molti lo stavano usando come esempio, per riflesso, dell’aridità di spettacolo che offre la Serie A. In contemporanea stava andando in scena un derby di Roma denso, dalla trama lenta e un’energia cupa e sinistra. È stato facile comparare le due partite, col messaggio esplicito o implicito: “ma chi ce lo fa fare a guardare ancora la Serie A quando il calcio può essere incredibilmente meglio di così. Basta girare sulla Premier League”.Ho scritto un articolo su quel Chelsea-Manchester City finito 4-4 cercando di problematizzare quel punto di vista: perché esaltiamo questo tipo di partite se quando commentiamo il calcio italiano sottolineiamo costantemente gli errori, soprattutto difensivi, e quella partita era un caos spesso illogico. Qualcosa che per come guardiamo il calcio dovrebbe ripugnarci. In fondo l’ossessione paranoide per il controllo che vediamo in certi match di Serie A non è che il frutto dei nostri discorsi, della nostra cultura, della nostra visione del calcio.E in effetti molti hanno commentato quell’articolo leggendoci una critica alle difese inglesi, e a quel tipo di calcio confusionario della Premier League. E hanno sentito il bisogno di ribadirla. È venuto fuori un forte sentimento d’avversione per quel modo aperto, ottimistico, di giocare a calcio. In parte forse perché ritenuto poco serio, d’altra parte forse è una reazione a un senso di colonialismo che gli appassionati italiani sentono da parte del calcio inglese, e del suo marketing sfrenato.

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In questo weekend le due posizioni si sono esasperate. Con ancora negli occhi l’ipnotico uno a uno tra Juventus e Inter della scorsa settimana, abbiamo visto questa quarantina di gol in partite senza capo né coda, spettacolari, capaci di cambiare continuamente forma. Di nuovo allora ci si è divisi, tra chi parla di livello tattico basso della Premier League (in un’accezione di tattica come, diciamo, “contenimento del rischio”), e chi invece ha sottolineato quanto sia divertente un calcio in cui tutto può succedere in ogni momento.È un dibattito interessante perché mette in questione una domanda radicale: cosa cerchiamo nel calcio? Eppure è un dibattito viziato dal modo in cui tendiamo a parlare di calcio su internet, e di come discutiamo su internet in generale. Sarebbe bello parlare di questi temi, se non li prendessimo come un pretesto per sostenere posizioni false e piene di pregiudizi.Qualche giorno fa ascoltavo una presentazione di Daniele Zinni del suo saggio Meme dal sottosuolo (Einaudi, 2023). L’autore diceva una cosa interessante, e cioè che i vari utenti intervengono sui social su un tema d’attualità per offrire una certa rappresentazione di sé stessi, e per farlo riportano un fatto di cronaca dentro un fenomeno sociale di più ampio taglio. Per confermare una certa visione del mondo, e un posizionamento nel discorso e nella polemica. E così l’omicidio di Giulia Cecchettin può essere, alternativamente, intepretato come un prodotto del sistema patriarcale, e al contempo come un deperimento delle relazioni senza il supporto del cattolicesimo, come fatto dalla storica Lucetta Scaraffia in televisione. Ora, quando si parla di calcio abbiamo a che fare con questioni ben meno gravi, ma si verificano dinamiche simili. Cioè ogni piccolo evento sulla superficie del discorso sportivo può essere interpretato come un sintomo di un trend di un certo tipo, oppure di un altro, a seconda dell'intento polemico. Un 4-3 in Premier League può essere visto, alternativamente, come il segno di un’evoluzione spettacolare del calcio, oppure come una deviazione perversa della natura stessa di questo sport.Umberto Eco parlava di “decodifica aberrante” quando un’interpretazione viene piegata alle proprie aspettative, spesso per confermare un certo pensiero, o uno schema ideologico. Eco fa l’esempio del feuilleton di Eugene Sue I misteri di Parigi, in cui l’autore pensa di rivolgersi a un pubblico borghese e invece il romanzo viene interpretato come una grande epopea socialista. A partire da una certa ideologia decidiamo di attivare il livello di lettura “Udinese-Verona grande partita segno che anche ai livelli più bassi della Serie A è nascosto del talento”, oppure “Udinese-Verona 3-3 è il segno di un calcio che, sempre più scadente, non sa nemmeno più proporre difese decenti”.

Il calcio sfugge a qualsiasi lettura troppo assoluta, e quella che sembrava la partita della morte dell'ultimo turno di Serie A diventa una delle più belle dell'anno. I giocatori che giudicavamo scarsi, segnano gol incredibili, e ci ricordano quanto parliamo a sproposito.

Oltre la questione dei gol, sui social si cerca sempre di attivare la porzione di realtà che ci fa più comodo per sostenere il nostro punto di vista. Se vogliamo dimostrare che un certo giocatore è scarso, è molto semplice montare un video di sole azioni negative che dimostrino i suoi difetti. È una tecnica efficace anche quando si vuole sostenere una tesi distante dalla realtà. Nel video sotto vengono raccolti gli errori sotto porta di Mauro Icardi, uno dei migliori finalizzatori del calcio degli ultimi anni. Tranne che nella sua ultima stagione all’Inter, Icardi ha sempre superato le aspettative degli Expected Goals, eppure se guardiamo a questo video potremmo persino farci l’idea che Icardi sia un giocatore impreciso sotto porta.

È un meccanismo che su Instagram o Twitter vediamo spinto fino al grottesco nel caso del conflitto tra i fan di Messi e Ronaldo, che si danno battaglia per cercare di dimostrare l’impossibile, cioè che Messi e Ronaldo sono giocatori scrausi e pompati (con i loro nomignoli infantili Pessi, Penaldo, etc). Così si fa con gli episodi arbitrali in cui uno screenshot sembra inchiodare una certa realtà dei fatti, e si mettono a confronto episodi diversi fra loro e lontani nel tempo per far coincidere il tutto in una teoria del complotto - con tecniche semiotiche degne di chi vuole dimostrare che la terra è piatta. A volte ci sono dei troll ad animare questo tipo di dibattiti, altre volte c'è un genuino interesse a promuovere una realtà distorta.Sui social, scrive sempre Zinni in Meme dal sottosuolo, si verifica il collasso dei contesti. Un concetto sociologico che indica quando un messaggio destinato a uno specifico pubblico ne raggiunge uno diverso, e potenzialmente ostile. Se decontestualizziamo un tweet, un video, un’affermazione, è facile risemantizzare il tutto con un significato diverso, edulcorato da quello che era nelle intenzioni del mittente. Con la forza delle interpretazioni ridotte di storie complesse si riescono a sostenere anche i punti di vista più estremi e provocatori. E così continuiamo a vedere su Twitter montaggi del Milan di Pioli che scula un’azione dietro l’altra fino alla vittoria dello Scudetto 2021/22. E in queste settimane stiamo riuscendo a intercettare la tesi secondo cui anche il Napoli, lo scorso anno, avrebbe goduto di una fortuna unica e senza precedenti.Tutto può essere dimenticato, e il senso della storia - anche la più recente - può cambiare completamente di segno.Nel calcio cerchiamo uno specchio della nostra identità, una nostra rappresentazione, e la tendenza a tracciare significati grandi attorno a eventi contingenti è un esercizio fisiologico e interessante, in grado di dare profondità alla nostra passione sportiva. Finché non diventa soltanto l’esibizione di una straordinaria disonestà intellettuale - che ha come effetto la svalutazione del calcio stesso. In Premier League sta succedendo qualcosa, le giornate come quella di domenica - in cui si sono segnati 24 gol in 5 partite - non arrivano per caso. The Athletic nota che l’attuale stagione di Premier League sta segnando un punto di rottura in termini di gol segnati: 3,16 per partita, mentre la scorsa stagione - quella in cui si è segnato di più nella storia della Premier - erano stati 2,85 per partita. Per darvi un contesto, in Italia per ora, quest’anno, siamo sui 2,6. Le spiegazioni sono varie: il gap in aumento tra i club più ricchi e potenti e quelli di bassa classifica, per esempio. Le modifiche regolamentari, con meno tolleranza per il gioco duro con un record di cartellini rossi maturati finora, e anche dei recuperi più generosi per cercare di evitare le perdite di tempo.

Basta una cattiva giornata di forma di Erling Haaland, che da solo ha sommato tutti gli xG del Tottenham, per pareggiare una partita molto difficile da non vincere.

Un fattore interessante però è anche l’evoluzione tattica che stiamo vedendo in Premier, con squadre sempre più disposte a correre grandi rischi. Nell’articolo si cita il Brighton di De Zerbi, l’esempio di una squadra che attira in modo esasperante il pressing avversario per generare vantaggi, ma finendo per correre anche rischi estremi. Questa evoluzione tattica della Premier, unita al tradizionale agonismo inglese, e ai grandi giocatori portati dai grandi capitali, sta creando partite che vivono come entità bizzose, su cui è impossibile esercitare un controllo. Il calcio ha preso una forma nuova, che abbiamo potuto osservare nelle ultime stagioni di Champions League, con partite imprevedibili e mutaforma. Non è difficile riconoscere anche una spinta di marketing, dietro questa evoluzione, e l’idea di creare un prodotto più centrato sullo spettacolo e quindi in grado di attrarre un pubblico neutrale. Ma non è detto che questa strada rappresenti l’evoluzione definitiva del calcio, che invece muta e si evolve seguendo sempre il criterio dell’efficacia. Se questo approccio spregiudicato non si rivelerà fruttuoso a livello di trofei, e una strategia tattica più reattiva diventerà più efficace, le squadre di sicuro cambieranno orientamento. La buona campagna europea delle squadre italiane lo scorso anno, dietro una parte di casualità, ci ha ricordato, per esempio, i pregi della difesa posizionale nelle sfide a eliminazione diretta.E no: difficilmente ci sposteremo tutti a guardare la Premier League perché si segnano molti gol. Continueremo a berci i nostri zero a zero, i nostri stalli messicani, perché le partite di Serie A ci riguardano di più. Perché fanno parte del nostro eco-sistema d’attenzione e di discorso. Perché non guardiamo il calcio per un intrattenimento di consumo ma per un’esperienza sociale e culturale complessa.

Comunque, se vedete nel gol di Mac Allister un prodotto del turbocapitalismo mi dispiace per voi.

Se ci sforzassimo meno di indicare cosa è meglio e cosa è peggio, se non prendessimo tutto come una guerra santa, come se negli zero a zero si giocasse davvero la nostra identità italiana, forse riusciremmo ad afferrare meglio questa complessità, senza ridurre tutto a giudizi di valore superficiali. Tipo che la Premier ha difensori scarsi, o che le squadre non difendono per indicazione delle pay-tv, o che Onana è una truffa, o che gli allenatori di Premier non sanno allenare. Oppure, di converso, che la Premier League è l’unico approdo possibile del calcio, che gli zero a zero uccidono la passione sportiva, che in Italia giocano solo gli scarti degli scarti. Questa diatriba tra apocalittici e integrati in fondo rispecchia strutture più profonde della società, e questa smania si sottrarre valore alle cose di sicuro viene da lontano.Bisogna riconoscere che ciò che rende unico il calcio è anche la sua capacità di propagare la discussione attorno a sé stesso molto oltre le partite, ma lo facciamo - in teoria - per prolungare un tempo del gioco, non per avvelenare i pozzi. Nessun giudizio assoluto, nessun istinto apocalittico a distruggere il valore di tutto, pare poterci aiutare a capire di più il calcio, o anche solo a godercelo per quello che è.

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