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Emanuele Atturo
Chelsea-City ha espresso davvero il calcio che ci piace?
13 nov 2023
13 nov 2023
Una partita pazza che è il contrario di quello che vediamo in Serie A.
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Emanuele Atturo
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IMAGO / PA Images
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Ieri pomeriggio molti italiani sono finiti a consumare la stessa esperienza. Guardavano il derby di Roma, uno dei più bei derby al mondo, in attesa disperata che succedesse qualcosa, che quell'oggetto strano che era diventata la partita desse almeno un segno di vita, mentre nel frattempo vedevano il risultato di Chelsea-Manchester City cambiare ogni 5 minuti. Tanto era stitica di emozioni e colpi di scena una partita, quanto era folle, imprevedibile, tumultuosa l’altra. In quanti sport si può dire che due match possano offrire spettacoli tanto differenti tra loro?

Molti italiani si sono ritrovati a farsi la stessa domanda: "ma perché ho scelto di guardare il derby?"

Eravamo tutti seduti nella nostra tavola imbandita poveramente, con patate, cavoli e polli arrosto grandi come gli uccellini del Piccolo Timmy. Ci passavamo porzioni di gusto microscopiche (una protezione palla di Lukaku, un filtrante di Luis Alberto), mentre dalla finestra potevamo spiare i nostri vicini inglesi, con tavole imbandite con carni ripiene, datteri, pastasciutte strepitose.

“Quante cose buone ci sono da mangiare! Dobbiamo ringraziare la Lega Serie A”.

Tutte queste differenze sono saltate agli occhi di tutti, confermando in modo violento un’idea del senso comune, e cioè che la Premier League abbia ormai creato uno standard diverso, che la concentrazione di talenti, geni tattici e marketing stia spingendo il calcio verso nuove evoluzioni estetiche. Questa idea vagamente distopica contiene una parte di verità, è chiaro. Se partite come Chelsea-City, però, offrono un livello di intrattenimento più alto, non è solo per la maggiore ricchezza del campionato, ma anche per ragioni - per così dire - culturali, di discorso.

Andiamo all’11’ del primo tempo. Il Chelsea costruisce da dietro mentre il City lo pressa. Non è esattamente una giornata di gloria, diciamo, per i meccanismi senza palla della squadra di Guardiola. Reece James chiede l’uno a due a Thiago Silva, ma quello gli restituisce la palla un po’ lunga. È in quel momento che vediamo una cosa per noi inusuale. Il desiderio di recuperare palla in alto è così forte che Josko Gvardiol si butta in scivolata verso il pallone come all’Aquafun; James lo anticipa e serve Cole Palmer: il Chelsea può attaccare in parità numerica. È uscito dalla difesa con un passaggio interno di Silva leggermente fuori misura, e molto rischioso, che ha indotto un difensore del City a un’altra azione incosciente, la scivolata di Gvardiol. Il City di ieri è sembrato una macchina complessa ma difettosa, e quindi imprevedibile.

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Questa accettazione del rischio offensivo è quasi del tutto sconosciuta nel calcio italiano. Le squadre che si assumono rischi sono rare e sempre guardate con sospetto, come quelle di Gasperini, considerato inadatto alle grandi squadre, o la Fiorentina di Italiano. Si sottolinea poco una cosa banale: non tutti i rischi, e gli errori conseguenti, portano a un gol. In quell’azione Cole Palmer arriva fin dentro l’area del City, senza poi concludere nulla. Già da quell’azione, però, si capisce che partita sarebbe stata. Una sfida tra due squadre non nella loro migliore giornata, leggermente fuori asse, inclini all’errore, ma che accettano di cavalcare il caos da loro stesse generato - consapevoli che il caos è sempre produttivo.

Al 20’ ci sono due difensori del Chelsea a terra in area di rigore, mentre Cucurella finisce in un sanguinoso uno contro uno in area con Haaland, che ormai ha preso posizione. Sembra un giocatore del calcetto del martedì contro una bestia forgiata al centro di un vulcano in Islanda. Ci si appende triste e disperato e l’arbitro concede il rigore. Per farlo però ci mette 3 minuti e 37 secondi. Gli inglesi sono insofferenti all’ingerenza tecnica del VAR, e oggi si leggono editoriali indignati. Il rigore si poteva dare e si poteva anche non dare, a cosa è servita quell'interruzione così lunga?

Cinque minuti dopo Reece James - il migliore in campo, forse il miglior esterno destro al mondo - tira una punizione che esalta Ederson. Dal calcio d’angolo Thiago Silva segna il gol del pareggio: primo 39enne a far gol in Premier League dai tempi di Ryan Giggs.

Tatticamente il City è più in difficoltà del solito a consolidare il proprio possesso palla. Akanji si alza a centrocampo e i tre difensori impostano molto larghi; il Chelsea li controlla da lontano con i propri tre attaccanti, isolandoli. Walker, Dias e Gvardiol non hanno mai linee di passaggio da percorrere. L’idea è di creare superiorità numerica al centro, di creare un 4 contro 3, ma il Chelsea recuperava sempre questo svantaggio numerico con l’aiuto di altri due giocatori. Nicolas Jackson che arretrava a schermare le tracce centrali, e Palmer che si accentrava per controllare Akanji - lasciando Gvardiol libero a sinistra.

Il secondo gol del Chelsea nasce dal recupero di una seconda palla addirittura su rilancio del proprio portiere. Il City è così proiettato in avanti che quando Fernandez raccoglie il colpo di testa di Walker la squadra di Guardiola è spezzata in due. Una corsa profonda di James attacca Gvardiol troppo statico. È una giornata di confusione, e il miglior difensore dello scorso Mondiale ha la labirintite. Nell’immagine sotto lo vedete guardare avanti mentre la palla è indietro. James crossa per Sterling, che segna il gol dell’ex.

Quando il City va in svantaggio il suo pressing sale ancora di giri, e così i rischi che si prende diventano ingestibili. Palmer - the British Colpani - ha tre uomini addosso, ma con un piccolo tocco riesce a liberare la corsa di James. A quel punto c’è addirittura un 4 contro 3, sventato da una scivolata disperata di Walker. È un calcio di transizioni continue, errori, strappi e ricuciture frettolose. Il pressing e il gegenpressing creano zone di densità folle, che poi vengono squarciate all’improvviso da una grande giocata. È un calcio che esalta l’istinto, le esecuzioni tecniche dei dettagli - come il lieve, piumato, tocco con cui Palmer ha liberato James - ma anche l’adrenalina equina della corsa in campo aperta, o quella da pub della scivolata all’ultimo respiro.

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Chi ha visto il derby, aveva di fronte un approccio al calcio completamente opposto. Roma e Lazio sono state preoccupate soprattutto di domare la partita, di tenere sempre serrate le porte del caos. Si pressava in alto per distruggere, più che creare occasioni; ci si fissava su una minacciosa linea di pressing sulla trequarti, in attesa dell’errore avversario. Chi palleggiava cercava sicurezza più che vantaggi, con una certa diffidenza verso la natura bizzosa della palla, che è sferica, e quindi di per sé portatrice di caos. La palla è rotonda, si dice, ma Roma e Lazio hanno provato a farla quadrata. Lo ha fatto capire anche Mourinho alla fine del match: «È molto difficile avere tante palle gol in partite come queste, ma puoi avere controllo».

In Chelsea-City, invece, la palla era rotonda eccome. Le squadre hanno cominciato a giocare come se non avessero nulla da perdere. Il Chelsea catapultato in avanti lascia indietro la sua linea difensiva, e quando perde palla lascia Bernardo Silva clamorosamente solo sulla trequarti, con Erling Haaland che taglia in diagonale la difesa. Il Chelsea vince 2-1, ma accetta di subire questa transizione pazzesca: impensabile per noi. Cos'è questa indifferenza nei confronti del risultato?

Il derby è stato come guardare una pièce di Strindberg, con la sua oscurità, i suoi drammi familiari, la lentezza della trama, rinunciando a un film Marvel, levigato in ogni dettaglio per farci spegnere il cervello e farci star bene. Da una parte 90 minuti di gravitas, paura, riflessività; dall’altra scene d’azione continue, sparatorie, combattimenti marziali, montaggio iper-accelerato. Bisogna però mettersi d’accordo su cosa intendiamo per “partita d’alto livello”, perché Chelsea-City è stata un casino. Se intendiamo una partita con due piani-gara ben pensati e ben eseguiti, con pochi errori e grandi gesti tecnici, Chelsea-City non è stata questo. La sfida tattica è stata aperta e interessante, abbiamo visto momenti brillanti (tipo il tunnel di Foden su Thiago Silva al 30’), ma in generale è stata una gran confusione. Nell’immagine sotto Sanchez, il portiere del Chelsea, rompe lo schieramento del City con un semplice passaggio centrale. La posizione di Palmer è stato un’enigma per Guardiola per tutta la partita. Lui ha giocato con una strana voglia di farsi odiare dai suoi ex tifosi. E non sto dicendo che Chelsea-City è stata brutta, ma al contrario che è da una sua certa bruttezza confusionaria - che in Italia possiamo considerare bruttezza, perché è un calcio fatto in assenza di controllo - che è nato il suo divertimento.

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Se ci piacciono i colpi di scena, le partite più evenemenziali, cioè che contengono “eventi”, Chelsea-City è stata chiaramente uno spettacolo. Dove eravamo rimasti? Eravamo sul 2-1 per il Chelsea. All’ultimo minuto di recupero del primo tempo, però, basta perdersi Akanji in area sugli sviluppi di un calcio d’angolo, e siamo 2-2.

Nel secondo tempo la partita prosegue il suo delirio. Il gol del 3-2 del Manchester City nasce addirittura sugli sviluppi di una rimessa laterale vicina alla propria porta. Gvardiol batte per Bernardo Silva che calcia una palla geniale di 30 metri verso Haaland venuto incontro. Disasi esce forte su di lui, ma è fuori tempo, e il City a quel punto cala in modo minaccioso. Viene fuori un classico gol da City, con la sovrapposizione, il cross basso, la finalizzazione dentro l’area piccola. Haaland la butta dentro con i suoi testicoli, e a fine partite commenta: «Non avevo ancora mai segnato con le mie palle quindi sì, è un grande risultato».

Succede tutta un’altra serie di cose che forse non vale nemmeno la pena citare, ma diciamo che Chelsea e City continuano a menarsi con la guardia aperta come due pugili ubriachi. Nico Jackson segna il 3-3 con un tap-in su respinta malconcia di Ederson su tiro di Gallagher. Malo Gusto sbaglia il 4-3 solissimo, a pochi metri dalla porta, mentre Rodri segna all'85' con un tiro deviato dal limite dell’area. Un gol che però nasce da un’azione lunga ed elaboratissima della squadra di Guardiola, con triangoli e associazioni in spazi stretti. Le squadre sembravano spossate a inizio partita, ma in realtà sono ancora capaci di produrre grandi sequenze di calcio anche a cinque minuti dal novantesimo. Nel frattempo Lazio-Roma sono arrivate alla fase triste della loro ubriacatura da derby. Gli ultimi dieci minuti all’Olimpico somigliano a una persona che a fine serata si trascina verso il letto come verso la tomba. Rodri esulta enfatico sotto il settore dei tifosi del City, mentre scende la pioggia londinese di novembre, a rendere il tutto epico, scivoloso, supremamente incasinato.

A quel punto la partita sembra finita, ma il Chelsea dà fondo alla propria panchina, zeppa di giocatori incomprensibili. Se volete sentirvi offesi nella vostra italianità, guardate com’è messa la difesa del City nei minuti di recupero mentre è in vantaggio. Sterling alza la testa e serve, ovviamente, Broja. Quello viene steso da un difensore stanco e deconcentrato.

Questa difesa è peggio della pizza con l'ananas.

Palmer, un altro ex, segna il definitivo 4-4 - definitivo solo perché il tempo è finito, altrimenti si sarebbe potuti andare avanti con vantaggi e pareggi continui fino alla fine dei tempi. La confusione a fine partite era tale che il City ha guadagnato una punizione dai 25 metri e, dopo un lunghissimo conciliabolo, ha deciso di batterla Kyle Walker.

Non credo che le partite contengano lezioni, ma si può comunque provare a decifrare un 4-4 andato in scena mentre in un altro paese un'altra grande partita finiva 0-0, definendo due sport dalla natura profondamente diversa.

Dire con determinismo che questo è il calcio inglese e il derby è il calcio italiano è una forzatura, che facciamo solo per confermare un’idea diffusa nel senso comune. Ci permette di lamentarci dello stato del nostro calcio, di praticare un po’ di esterofilia disimpegnata, e magari a qualcuno permetterà di citare con rimpianto ancora la Superlega di Agnelli. Ci sono partite noiose in Premier League, e partite spettacolari in Serie A. Il 4-3 di Cagliari-Frosinone, certo, ma anche il 2-2 di Napoli-Milan è stato un match pazzo, sfrontato, in cui la confusione è stata accettata e cavalcata. D’altra parte chi ha visto il recente Manchester City-Arsenal non può dimenticare quella sensazione di pura noia. Una noia offensiva, tecnocratica, creata da due sistemi di pressing perfetti che si incastrano tra loro per produrre il nulla più desolato. Come se tutto il calcio contemporaneo, nella sua accelerazione ultra-capitalistica, possa produrre solo la più perfetta sterilità. In realtà il calcio sfugge da ogni semplificazione, e può essere vero il contrario, e cioè che la massima espressione capitalistica del calcio sia questo 4-4 saturo di sapori chimici come un panino del fast-food. È comprensibile dividersi tra distacco ed entusiasmo, divertendosi ma indovinando una specie di senso di finzione, di inautenticità. È vero, però, che le partite di Premier esprimono più spesso ciò che può creare una partita di calcio divertente. Non solo i grandi giocatori, ma il coraggio, l'ambizione, la fiducia che prendersi dei rischi può portare a delle ricompense. È un'idea di calcio, quasi una postura verso la vita, più luminosa, meno spaventata, meno cinica e nichilista.

Un tifoso di Lazio o Roma in quella partita di Premier non riconoscerà nemmeno lo stesso sport, logorato dalla tensione dell’attesa per 90 minuti di qualcosa che non accadrà. E infine sospirando di sollievo, perché in fondo il fatto che non succeda nulla è salutare in una partita che per molti sarebbe meglio non si giocasse. C'è invece chi rimpiange di non essersi sintonizzato su una partita da 8 gol. Ieri si è letta una grande esaltazione in giro, in Italia, per il 4-4 di Chelsea-City, proprio perché è stato particolarmente stridente rispetto al teatro kabuki del derby di Roma. Eppure è strano. Siamo pur sempre lo stesso paese in cui ogni lunedì si commentano le partite di calcio cercando gli errori con la lente di ingrandimento, usandoli per sminuire gol e gesti tecnici. Lo zero a zero come partita perfetta è un luogo comune, certo, ma che ancora lavora sotto alle nostre coscienze per farci giudicare il calcio. In questo senso, Lazio-Roma è stata davvero la nostra partita perfetta: con due squadre che hanno giocato per limitarsi, cercando di azzerare i propri errori, divorate dalla paura e dalla tensione. Uno sport in cui l’ossessione per il risultato divora ogni cosa, fino ad accontentarci del pareggio, che in fondo è l’annullamento stesso del risultato: «Nessuno ride e nessuno piange nelle prossime due settimane» dice soddisfatto Mourinho. Per citare Buffon, icona di italianità: «Meglio due feriti che un morto».

Chelsea-City è stata una partita del coraggio, ma anche dell’errore, della confusione; una partita con tanta sciatteria e poca concentrazione. I momenti di luce assoluta si sono mescolati a imbarazzi, equivoci, grossolanità, formando uno spettacolo iper-accelerato che è peculiare della nostra epoca. Se al posto di Chelsea e City ci fossero state due squadre italiane siamo sicuri che non ci saremmo messi in cattedra a mettere in fila gli errori, e siamo sicuri che non avremmo interpretato tutti quei gol come un segno di decadenza della nostra tradizione? Chelsea-City ha espresso senza dubbio è un calcio più divertente, ma siamo sicuri che sia anche il calcio che vogliamo? Siamo davvero disposti a cambiare per averlo?

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