• Calciomercato
Marco D'Ottavi

Cosa può dare Ribery alla Fiorentina

Il fuoriclasse ex Bayern Monaco non è solo un campione sulla via del tramonto.

Franck Ribery è un nuovo giocatore della Fiorentina. Ha firmato un contratto di due anni, approdando così in Serie A dopo 12 stagioni di Bundesliga. Arriva così in Italia uno dei giocatori più influenti dell’ultimo decennio, diventato una leggenda del Bayern Monaco e uno dei calciatori francesi più iconici degli ultimi anni.  

 

La prima domanda riguarda ovviamente che tipo di giocatore arriva in Serie A. Bisogna accettare serenamente che a Firenze non vedremo il Frank Ribery ideale, quello del Mondiale 2006 che negli ottavi tagliò come un lampo la difesa della Spagna, o quello della stagione 2012-13, fenomenale scheggia nel triplete del Bayern, tanto da spingersi fino al podio del Pallone d’Oro, primo dei non Messi e Ronaldo. 

 

Eppure, escludendo nuovi infortuni, non dovremmo vedere neanche la sua versione crepuscolare e acciaccata: nelle ultime tre stagioni Ribery ha giocato 32, 34 e 38 partite (certo non tutte dal primo minuto, ma quasi sempre disponibile e sempre impiegato). Gli infortuni subiti, in realtà, sono stati pochi e tutti di breve durata. Secondo Gianni Bianchi, fisioterapista italiano del Bayern Monaco, «in 12 anni, non ha mai avuto veri infortuni muscolari». Per lui Frank Ribery «vola ancora», come dimostrato dall’ultimo gol segnato con la maglia del Bayern Monaco all’Eintracht Francoforte.

 

Classe, potenza, eleganza.

 

Sì, ma cosa porta Ribery?

Avere dei dubbi però è lecito: Ribery ha 36 anni e oltre 600 partite sulle spalle. Ha passato gli ultimi 12 anni giocando in un contesto competitivo come quello del Bayern Monaco, arando la fascia sinistra anche per 40-50 partite l’anno. Se è impossibile sapere prima di vederlo giocare se è davvero ancora motivato per giocare ad alti livello o se invece arriva a Firenze per staccare la spina, godersi la carne halal (lui grande amico di Salt Bae) e le meraviglie del Rinascimento, è possibile contestualizzare l’influenza che può avere in una squadra che ha proprio bisogno di un leader tecnico negli ultimi trenta metri di campo.

 

Partiamo dal fondamentale che ha permesso a Ribery di scalare le gerarchie del calcio europeo: il dribbling. Nelle migliori stagioni il francese provava circa 10 dribbling ogni 90 minuti, riuscendo nel suo intento circa una volta su due. Nelle ultime stagioni il numero si è dimezzato: nella scorsa Bundesliga, Ribery ha provato 5.7 dribbling/p90 mantenendo una percentuale di successo sempre vicina al 50% (2.8). Cosa ci dice questo? Sicuramente che Ribery con il passare degli anni è diventato un calciatore meno diretto, probabilmente anche perché fisicamente meno capace di superare l’avversario. Quindi: prima di cercare un vantaggio attraverso il dribbling ci pensa di più, ma non per questo ha perso di efficacia. 

 

Per intenderci: con le statistiche della scorsa stagione Ribery in Serie A sarebbe stato il terzo giocatore per dribbling tentati ogni 90 minuti del nostro campionato (tra quelli che hanno giocato almeno 1000 minuti) dietro Boga e Correa. I suoi numeri sono molto simili a quelli di Chiesa, che nello scorso campionato ha provato 5.3 dribbling per 90 minuti, con una percentuale di successo però inferiore al francese. Questo dà a Montella due esterni decisi quando si tratta di puntare l’avversario, e se il figlio di Enrico è più un’arma da lanciare in campo aperto, Ribery può essere il punto fermo sulla fascia sinistra lungo cui far salire la manovra, coinvolgendolo nel palleggio quando entra dentro al campo oppure isolandolo sull’esterno, mettendolo in condizione di saltare l’uomo e concludere, oppure passare.

 

C’è da dire che Ribery non è mai stato una macchina da gol (12 il record in Bundesliga, nella stagione 2011/12), né di tiri verso la porta. La scorsa stagione delle 2 conclusioni ogni 90 minuti tentate, meno di un quarto venivano effettuate da fuori area (0.4). Negli anni infatti Ribery ha drasticamente modificato la sua mappa di tiro (nel primo anno col Bayern Monaco dei 2.1 tiri a partita, 1.8 arrivavano da fuori area), preferendo concludere da dentro l’area piuttosto che dalla distanza. Una trasformazione a cui deve aver contribuito diversi fattori: l’età, il passaggio attraverso il calcio di Guardiola, l’approdo verso un calcio più riflessivo. Oggi Ribery preferisce avvicinarsi alla porta il più possibile prima di concludere.

 

In questo video si può vedere la progressiva diminuzione di potenza nei gol di Ribery, a non diminuire è la capacità irreale di fare fessi i difensori avversari.

 

Non si può capire tutto da questi confronti però: nell’ultimo anno, ad esempio, Ribery ha segnato un gol ogni 195 minuti in Bundesliga, una media simile alle sue migliori stagioni realizzative. Certo, c’è da dire che ha giocato meno e anche in momenti diversi, anche più vicino alla porta. Quel che è certo è che per Kovac era una risorsa e non un simulacro. Ha giocato da titolare 5 partite su 6 nei gironi di Champions League (saltandone una per infortunio), per poi sedersi in panchina nell’andata degli ottavi ad Anfield contro il Liverpool, prima di tornare titolare per il ritorno. Fino alla fine Ribery è stato un giocatore importante per il Bayern, magari in maniera diversa, ma in grado di accendersi di tanto in tanto e soprattutto di portare il suo carisma e la sua esperienza al servizio di una squadra che stava cambiando pelle.

 

Perché Ribery

Probabilmente è questo che ha convinto la Fiorentina a puntare fortemente su Ribery. Il campione francese può essere l’immagine di successo immediatamente riconoscibile da appiccicare su un nuovo progetto societario, che può servire anche a togliere pressione – in campo e fuori – da Federico Chiesa. Ribery, per indole e carriera, risponde a questa necessità: non è un giocatore che si nasconde, che allontana le responsabilità, anzi è vero piuttosto il contrario. 

 

Con il suo carisma Ribery può fungere da chioccia ad una squadra giovanissima (la più giovane del campionato) e, insieme a Boateng e Pezzella, aiutare la crescita di alcuni dei talenti più interessanti (lo stesso Sottil, impiegato finora come esterno alto a sinistra, dovrebbe diventare la sua riserva). Al Bayern Monaco il francese era rispettato nello spogliatoio ed in società, e lo stesso potrebbe accadere alla Fiorentina.

 

Certo, c’è il rischio che Ribery possa diventare il salvagente di un mercato ad oggi un po’ casuale, dove lancio di giovani talenti e riciclo di vecchie glorie potrebbe non incastrarsi alla perfezione. Gli obiettivi della nuova gestione Commisso non sono ancora chiari e Ribery potrebbe finire per essere il passo più lungo della gamba fatto in preda al panico più che per scelta tecnica. Tuttavia l’esterno francese era un’opportunità di mercato troppo ghiotta per una squadra in difficoltà sia dal punto di vista dei risultati che dell’appeal sportivo.

 

L’arrivo di Ribery crea infatti una patina di attesa ed eccitazione bella spessa intorno ad una squadra che fino a ieri aveva davvero pochi spunti di interesse. In un campionato per troppo tempo atrofizzato intorno ad una, due squadre, l’arrivo di giocatori di questo livello, seppur nella fase calante della carriera, non può che essere accolto con gioia.

 

Insomma: forse Ribery non finirà nei primi dieci nella classifica del Pallone d’Oro 2020, ma corre, dribbla e crea gioco ad un livello superiore, per estetica e talento, alla maggior parte dei giocatori del nostro campionato e questo – ai tifosi della Fiorentina, ma non solo – dovrebbe bastare.

 

 

Tags :

Marco D'Ottavi è nato a Roma, fondato Bookskywalker e lavorato qui e là.