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Federico Aquè

Eriksen o non Eriksen

Il danese è un dilemma per Antonio Conte.

Come Wesley Sneijder, un altro grande trequartista della storia recente dell’Inter, anche Christian Eriksen ha esordito il giorno dopo essere annunciato ufficialmente come nuovo acquisto nerazzurro. I loro esordi sono comunque stati molto diversi. Nel 2009 Sneijder aveva giocato subito da titolare ed era stato tra i migliori in campo in un derby vinto 4-0 dall’Inter, Eriksen ha invece esordito a gennaio in Coppa Italia, in una vittoria per 2-1 contro la Fiorentina, entrando dalla panchina e senza lasciare il segno.

 

Nella mezz’ora scarsa in cui è rimasto in campo ha partecipato a qualche scambio con appoggi semplici, battuto un paio di calci piazzati e tirato una volta, con il sinistro da fuori area senza impensierire il portiere. Il momento migliore è arrivato al minuto 82, quando si è allargato a sinistra per ricevere nello spazio liberato da Young, ha chiuso un triangolo con Lukaku e, dopo aver portato la palla, ha servito Lautaro Martínez dietro la difesa della Fiorentina. L’attaccante argentino aveva anche segnato, ma era in fuorigioco sul passaggio di Eriksen e il gol è stato quindi annullato.

 

 

La giocata non si è conclusa bene, ma lasciava intuire le qualità di Eriksen e cosa poteva aggiungere al gioco dell’Inter, in teoria poco adatto alle sue caratteristiche. Il danese aveva ricevuto a sinistra rispettando uno dei meccanismi studiati da Antonio Conte per far uscire la palla dalla difesa, che prevede l’allargamento della mezzala nello spazio liberato dall’esterno, alto a tenere bloccato il terzino avversario, ma poi aveva fatto proseguire l’azione assecondando le sue qualità. Aveva chiesto uno scambio corto a Lukaku e poi aveva messo Martínez davanti al portiere con un passaggio filtrante.

 

È stato chiaro da subito, insomma, che l’inserimento di Eriksen avrebbe cambiato il modo in cui l’Inter risale il campo, e in particolare una delle giocate più importanti, l’uscita da dietro verso le punte, che con le loro ricezioni definiscono le fasi successive della manovra. Eriksen si avvicinava alla palla, cercava scambi corti e puntava a gestire il possesso in zone intermedie, limitando l’uscita diretta sulle punte e rendendo più palleggiata la risalita del campo. Con il pallone sulla trequarti, poi, in qualsiasi momento poteva mettere gli attaccanti davanti al portiere.

 

Oltre a variare lo sviluppo dell’azione, l’inserimento di Eriksen poneva a Conte la questione del sistema. Il tecnico nerazzurro avrebbe cioè dovuto decidere se continuare a usare il 3-5-2, inserendo quindi Eriksen come mezzala, oppure se cambiare il sistema e schierarlo da trequartista nel 3-4-1-2. All’esordio contro la Fiorentina il danese ha giocato da mezzala sinistra, ma già quattro giorni dopo, alla prima da titolare, in campionato contro l’Udinese, il suo ruolo era più elaborato. Eriksen era il trequartista in fase difensiva, per pressare in parità numerica la difesa a tre dell’Udinese o schermare il passaggio verso il mediano, e in fase di possesso era invece la mezzala sinistra, che si alternava tra i movimenti ad allargarsi per aiutare la circolazione e quelli in verticale nel mezzo spazio a sinistra.

 

Nella prima immagine la sua posizione da trequartista durante il pressing, nella seconda si allarga e riceve la palla da Bastoni.

 

A Udine la partita di Eriksen è durata meno di un’ora e nel derby della settimana successiva il danese è di nuovo finito in panchina, giocando gli ultimi venti minuti in un ruolo ancora diverso, da trequartista dietro Lukaku ma muovendosi di continuo nella zona della palla per gestire tempi e direzione della manovra. Con l’Inter in vantaggio, Eriksen era il giocatore scelto da Conte per conservare il possesso, per semplificare la circolazione aggiungendo una linea di passaggio vicino al pallone anche in zone arretrate.

 

Nel derby Eriksen ha comunque dato una dimostrazione luminosa del suo talento quando ha calciato una punizione da oltre trenta metri, decentrato sulla sinistra, e senza sforzo apparente ha colpito la traversa, senza caricare di effetto la palla ma dandole una traiettoria a scendere con l’interno del destro.

 

Quanti altri giocatori avete visto calciare così bene?

 

Dopo la partita con il Milan, Conte aveva spiegato i motivi della sua prudenza nell’inserire il trequartista danese: «Viene da uno stile di gioco molto libero. Per i centrocampisti ci vuole più tempo per apprendere entrambe le fasi, ha bisogno di trovare ritmo ed entrare in questa idea di gioco, ma ha grande lettura e si sta inserendo».

 

Eriksen, comunque, per Conte è rimasto una riserva fino alla sospensione della stagione per la pandemia di Covid-19. Le uniche presenze da titolare sono arrivate in Europa League contro il Ludogorets, entrambe come mezzala sinistra del 3-5-2. All’andata in Bulgaria il danese ha trovato il suo primo gol con l’Inter, con un tiro appena dentro l’area su un appoggio all’indietro di Lukaku, girato spalle alla porta. Al ritorno ha invece servito l’assist per il gol di Biraghi, un passaggio in verticale dal mezzo spazio sulla sinistra.

 

Nelle due partite più importanti del campionato prima dell’interruzione, gli scontri diretti contro la Lazio e la Juventus, Eriksen è invece sempre entrato dalla panchina. Contro i biancocelesti ha giocato l’ultimo quarto d’ora al posto di Brozovic, piazzandosi prima da trequartista dietro le due punte e poi arretrando a centrocampo dopo l’ingresso di Sánchez. Contro la Juve ha giocato la mezz’ora finale, prima da mezzala sinistra nel 3-5-2 e poi da trequartista nel centrocampo a rombo dopo che Conte aveva scelto di passare al 4-3-1-2.

 

Insomma, all’inizio Conte ha utilizzato Eriksen come alternativa da giocarsi a partita in corso, gli ha dato ruoli e compiti diversi a seconda del risultato, ma non è riuscito a ricavare molto dalle sue qualità. L’impiego discontinuo e in contesti tattici spesso confusi di certo non ha aiutato il trequartista danese a incidere sul gioco e sui risultati.

 

Le cose sono cambiate alla ripresa della stagione. L’Inter ha iniziato a schierarsi con il 3-4-1-2, una mossa che sembrava fatta apposta per permettere a Eriksen di giocare da trequartista, cioè nel ruolo più adatto alle sue qualità, e in effetti per qualche partita il danese è stato titolare. In Coppa Italia contro il Napoli ha segnato direttamente da calcio d’angolo, un gol che comunque non ha evitato l’eliminazione dei nerazzurri, poi, nelle cinque giornate successive in campionato, per quattro volte Eriksen è stato schierato dal primo minuto, entrando dalla panchina solo contro il Brescia, una vittoria per 6-0 a cui ha partecipato con un gol, il primo in Serie A, e un assist.

 

Con un nuovo sistema, e l’aggiunta di Eriksen, il gioco dell’Inter è cambiato in modo sensibile. La presenza del danese ribaltava infatti l’idea su cui era costruito lo sviluppo dell’azione, quella cioè di svuotare il centro del campo per arrivare velocemente in verticale alle punte. Eriksen da trequartista offriva una soluzione alternativa, aumentava il palleggio, occupava gli spazi intermedi tra la zona di costruzione e le punte, riduceva le loro combinazioni e le spingeva a muoversi lateralmente. Il danese infatti non riceveva in una zona definita, ma aveva la libertà di muoversi continuamente verso il pallone, anche andando a riceverlo direttamente dai difensori in posizione di mediano, causando a cascata una serie di rotazioni che avrebbero dovuto rendere meno prevedibile lo sviluppo della manovra.

 

Forse è un paradosso, ma con Eriksen in campo per l’Inter è diventato più facile creare sovraccarichi sulle fasce e attaccare palleggiando dalle zone laterali. Le punte e i centrocampisti, infatti, tendevano ad allargarsi per fare spazio ai movimenti del danese, e la sua abitudine a muoversi verso la palla aggiungeva una linea di passaggio una volta che l’azione si spostava sulla fascia.

 

Qui sotto, anche se alla fine Skriniar sceglie di andare lungo su Lautaro Martínez, ci sono cinque nerazzurri sulla fascia destra, e i movimenti verso l’esterno di Eriksen e Lukaku sono essenziali per disordinare la linea della Samp e creare lo spazio per il taglio in profondità di Martínez. Lo sviluppo dell’azione, poi, è molto bello. L’attaccante argentino libera Lukaku con un colpo di tacco e il belga arriva a segnare dopo un triangolo con Eriksen.

 

 

Nemmeno il nuovo sistema, però, ha messo al sicuro il posto da titolare di Eriksen. Contro il Verona e il Torino il titolare sulla trequarti era Borja Valero, contro la Roma, invece, il trequartista era Brozovic. Conte, comunque, sembrava finalmente soddisfatto delle prestazioni del danese. «Ormai è inserito, sta cercando di fare del suo meglio e noi stiamo cercando di metterlo nelle migliori condizioni. Adesso è al centro del gioco, ha libertà di muoversi dietro le punte, di attaccare lo spazio, di andare a ricevere il pallone, può fare quello che vuole», aveva spiegato il tecnico nerazzurro prima della sfida contro il Genoa.

 

Poco dopo queste dichiarazioni, però, Conte ha cambiato di nuovo idea, è tornato al 3-5-2 e a utilizzare Eriksen come alternativa a partita in corso. Forse riteneva che la squadra fosse più sicura con le certezze date dal 3-5-2, forse la presenza del danese, e le rotazioni che causava nello schieramento, rendeva l’Inter troppo fragile difensivamente, specie in transizione, sta di fatto che per tutta la fase finale dell’Europa League Eriksen è sempre entrato dalla panchina, ed è riuscito a incidere solo con un gol nella vittoria per 2-0 sul Getafe.

 

La sua prima stagione all’Inter si è quindi conclusa con poco più di 1000 minuti giocati in tutte le competizioni, 4 gol e 3 assist, un bilancio deludente soprattutto per le difficoltà a inserirsi nel gioco, un tema delicato soprattutto ora che l’Inter sta programmando la nuova stagione. È abbastanza chiaro che, nei piani di Conte, Eriksen non è un giocatore centrale ma un’alternativa, una variazione al solito spartito da utilizzare con funzioni diverse a seconda delle circostanze. Ed è altrettanto chiaro il rischio di sprecare il talento del danese, se utilizzato in modo discontinuo e in un contesto che non lo valorizza.

 

Le notizie di mercato sembrano poi mettere Eriksen ancora più ai margini, non tanto perché il probabile arrivo di Vidal aumenta la concorrenza in mezzo al campo, ma perché lascia intuire la volontà di Conte di non mettere in discussione le sue certezze, di proseguire col 3-5-2 inserendo uno dei suoi giocatori preferiti, che non deve adattarsi e conosce bene le sue richieste.

 

Anche per questo si è parlato di una possibile cessione del danese, che in un’intervista mentre era in nazionale ha reclamato più spazio ma è anche sembrato rassegnato ad avere un ruolo marginale: «Ovviamente mi sarebbe piaciuto giocare qualche minuto in più e avrei potuto provare qualcosa di più. Ma ancora una volta questa è la decisione dell’allenatore su chi deve giocare. L’Inter ha conquistato un numero incredibile di punti come club, ha vinto un numero incredibile di partite e segnato un numero incredibile di gol, più di quanto non abbia mai fatto prima e subendo anche meno gol. Siamo arrivati in finale di Europa League, dove non si arrivava da molti anni. Quindi è difficile voler entrare e dire “fatemi giocare di più”».

 

Forse Conte è troppo rigido, o forse Eriksen non ha un talento abbastanza malleabile da adattarsi a contesti che non prevedano il dominio del possesso e una paziente risalita del campo, sta di fatto che il loro incontro la scorsa stagione non ha dato i risultati sperati e, a oggi, è difficile immaginare che le cose cambieranno nel prossimo futuro.

 

 

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Federico Aquè ha collaborato con Sprint&Sport, Datasport e Sportmediaset.