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Valerio Coletta

L’estetica di Cristiano Ronaldo al Manchester United

I quintali di gel, i tacchi a rientrare, la maglia rossa a maniche lunghe con…

Per quanto mi riguarda i primi anni zero sono un periodo ancora molto difficile da descrivere a livello estetico. Nel senso che se dovessi suggerirne l’essenza a qualcuno che non l’ha vissuti dovrei ricorrere a una serie di immagini sparse ma molto specifiche: Paris Hilton vestita di rosa che impugna un Motorola StarTAC, una band emo-pop-punk su Myspace, qualsiasi ragazzino intervistato da Michael Moore in Bowling a Columbine, maschi ventenni e trentenni senza barba, il logo di Napster, Jackass su MTV e sicuramente Cristiano Ronaldo che veste per la prima volta la maglia del Manchester United.

 

Molto più del “primo Messi”, il “primo CR7” riesce ad essere iconico e a riflettere pienamente quell’epoca particolarissima che sono gli early 00s. Dopo l’11 settembre 2001 e prima della nascita di Facebook nel 2004 c’è quel mucchio di mesi magici e leggendari. Un mondo perfetto per i social ma in cui i social non esistono, un mondo ideale per i selfie ma che deve aspettare la fotocamera frontale dell’iPhone 4 nel 2010 per averli. Un mondo senza YouTube. Una parentesi preistorica del nuovo millennio.

 

Ho esplorato quel periodo della carriera di Ronaldo cercando di cogliere gli aspetti più caratteristici della sua estetica e di conseguenza del suo carattere in quel momento. Nel suo taglio di capelli vediamo già il seme del calciatore-robotico-egomaniaco di oggi, ma percepiamo anche tutte le possibilità di un Ronaldo diverso, più umano e terreno.

 

 

Moda

John Peters/Manchester United via Getty Images

 

Il 13 agosto 2003 Cristiano Ronaldo firma per lo United. La prima cosa che noterete è che in quel momento della sua vita il giovane calciatore sceglieva da solo i capi di abbigliamento che indossava o al massimo sentiva la mamma al telefono per dei consigli. Questo maglione, tra Mondrian e uno screensaver di Windows 98, ci dice tante cose su di lui e anche qualcosa sul clima che faceva il 13 agosto a Manchester. Nessuna galassia di brand pilotava la sua vita privata, semplicemente quello per Ronaldo era il miglior maglione possibile per entrare nella storia del calcio (voglio sperare che Versace non glielo avesse consigliato di proposito). In questo capo di abbigliamento io vedo tanto coraggio e carattere, anche perché i colori stanno solo davanti e non sulla schiena (si vede anche da questo video). Tutto quello che importa è il lato del volto e del petto, quando vedrai l’altro vuol dire che se ne sarà andato.

Capelli

Parliamo di capelli dei calciatori, un argomento che tra gli anni ‘90 e i primi ‘00 ho potuto vivere in prima persona come tema cruciale nelle discussioni tra quindicenni. Mentre David Beckham (altro numero 7 dei Red Devils) a mia memoria inventò il cosiddetto “crestino” biondo presentandosi così ai mondiali del 2002, le acconciature di Cristiano Ronaldo erano molto più complesse da imitare, ma non per questo meno iconiche e rappresentative di quel momento.

 

Per me quelle che vanno assolutamente ricordate sono le seguenti:

 

1. Il cerchietto con i capelli corti, in cui il ciuffo anteriore viene tenuto all’indietro da un piccolo arnese di plastica a mezzaluna zigzagato. Qualcosa di totalmente diverso e innovativo rispetto al boomerissimo cerchietto con i capelli lunghi.

 

NICOLAS ASFOURI/AFP via Getty Images

 

2. Il post-mullet, ovvero non proprio un mullet anni ‘70 o ‘80 alla David Bowie, per dire, ma un taglio abbastanza corto sopra e ai lati, con ciuffetti più lunghi che escono sul collo. Quindi non un doppio-taglio che vedremo una decina di anni dopo, ma un ibrido speciale che sulla faccia muscolosa di Ronaldo stranamente calza a pennello.

 

Matthew Peters/Manchester United via Getty Images

 

3. Ciuffetti con le meches bionde, ovvero il primissimo taglio di CR7 in Premier. Una geometria clamorosa che potrebbe essere disegnata su un cattivo di Sailor Moon o su un Cavaliere dello Zodiaco e che, proprio per questo, sul giovane Ronaldo sta benissimo. (Lo potete ammirare anche in un allenamento che il portoghese fece con Jesse Lingard da bambino, qui e qui).

 

John Peters/Manchester United via Getty Images

Orecchini

JAVIER SORIANO/AFP via Getty Images

 

Cristiano Ronaldo aveva gli orecchini e questo tutto sommato non mi sconvolge. Ma quello su cui voglio soffermarmi è una pratica antica e squisitamente popolare, che proviene dallo sport ai livelli più bassi ed epici, molto concreta, propria di chi non ha tempo da perdere e bada poco alle sottigliezze: il piercing coperto con lo scotch.

 

Questo era Cristiano Ronaldo nel 2003-2004, uno che si mette il nastro adesivo bianco sull’orecchino perché se ne frega di toglierlo e se ne frega di mostrare al mondo quella patacca leggermente punk. Quanto è diverso tutto ciò dalla perfezione millimetrica del Ronaldo di oggi? Se avesse mantenuto un briciolo di questo spirito magari avrebbe fatto meno gol ma forse sarebbe un uomo più reale.

PlayStation 2

 

“Non avrà il fiuto per il gol di Rooney ma è altrettanto incisivo” questo è più o meno quello che ci racconta la voce fuori campo di questo bel momento in casa United, con i due teen che si sfidano su un televisore non piatto, con i joypad attaccati col filo, su un divano di pelle spostato da qualcuno in un negozio. Siamo nel 2004 e Cristiano Ronaldo è felice di giocare con un compagno di squadra alla Play, si è presentato ad un evento pubblico con i capelli abbastanza in disordine e indossa una maglia rossa della Nike che sembra presa da sotto il letto 1 minuto prima di uscire. Era giovane e l’isterica pulsione al controllo che emana oggi forse ancora non lo aveva assalito. In modo vigliaccamente nostalgico mi illudo che questo potesse essere un momento della sua vita un po’ più disteso. Facciamo così: magari lo è stato quel pomeriggio.

In campo

 

Ovviamente anche tutto quello che riguarda il modo di stare in campo di CR7 in quegli anni è ormai mitologia calcistica. La maglia dello United a maniche lunghe e larghe con lo sponsor Vodafone, i calzettoni altissimi appena sotto il ginocchio, il collo e i deltoidi sempre tesi mentre corre o mentre stoppa la palla e mentre batte le punizioni (questo molto iconico), le gambe velocissime, la frequenza di passo folle mentre i difensori bassi sulle gambe cercano di capirci qualcosa, ma i tocchi sulla palla sempre dolci e morbidi nonostante il frullare dei piedi, il tiro sempre rigido e controllato, sia per i tiri potenti che per i cross morbidi, quel suo rientro di tacco ripetuto anche 2-3 volte di seguito come se fosse una nuova combo proposta da un FIFA che ancora non esisteva e poi i suoi doppi passi 2.0, quasi finti doppi passi, idee di doppi passi, una sventagliata di gambe per far uscire di testa gli avversari, il modo di fermarsi davanti al difensore e poi di puntarlo con un primo tocco di suola, la smorfia un po’ sprezzante a labbra strette.

 

Quasi 20 anni dopo Cristiano Ronaldo torna al Manchester United e sicuramente sarà tutto diverso, ma qualche filo sotterraneo che tiene insieme tutta questa storia sicuramente è rimasto e chi è predisposto a questo tipo di racconto riuscirà sicuramente a vederlo.

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Valerio Coletta è un giocatore di basket e hockey sul prato. A 12 anni ha incontrato Alberto Angela al McDonald. Scrive in giro.