Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
Come è andata l'Italia Under 20
09 giu 2017
09 giu 2017
Un punto sugli azzurri classe '97 che si sono messi maggiormente in mostra.
(articolo)
12 min
(copertina)
Foto di Jung yeon-je / Getty Images
(copertina) Foto di Jung yeon-je / Getty Images
Dark mode
(ON)

In un movimento che, Under-21 a parte, non ha una grande tradizione a livello giovanile, la generazione del 1997 rappresenta una bella eccezione. È lo stesso gruppo che l’anno scorso aveva perso in finale con la Francia gli Europei Under-19, quello arrivato alle semifinali del Mondiale Under-20, un traguardo mai raggiunto prima dall’Italia. E dopo la sconfitta con l’Inghilterra, l’ultima partita gli azzurrini la giocheranno per il terzo posto, contro una delle favorite iniziali del torneo, l’Uruguay.

I tornei giovanili non rappresentano solitamente un metro di paragone affidabile per valutare una generazione – La Gazzetta dello Sport ci ha ricordato come dell’ultimo gruppo capace di un percorso simile, in finale agli Europei Under-19 nel 2008 ed eliminato ai quarti nei Mondiali Under-20 dell’anno successivo, solo Giacomo Bonaventura e Vasco Regini, tra l’altro riserve in quella Nazionale, stanno avendo una carriera di alto livello in Serie A – ma è innegabile che la classe del ’97 sia tra le più promettenti per il futuro e meriti di essere tenuta d’occhio.

Di che gruppo parliamo

È importante però relativizzarne i risultati: così come agli Europei dell’anno scorso, anche il percorso in questo Mondiale è stato sofferto e non può fare da riferimento per discorsi di più ampio respiro sullo stato del calcio giovanile in Italia. Per rendere l’idea, tra i convocati per il Mondiale Under-20 solo 7 giocatori hanno esordito in Serie A – nell’Inghilterra e nella Francia i giocatori con almeno una presenza in un campionato nazionale di primo livello sono 15 – e tra questi soltanto Barella (frattura della mano e Mondiale finito alla seconda partita) ha giocato con una certa continuità nella stagione appena conclusa.

Scendendo in Serie B, in tre hanno giocato da titolare almeno 20 partite nel campionato 2016/17: Orsolini, Favilli e Cassata, tutti dell’Ascoli; mentre Coppolaro e Romagna, la coppia che guida la difesa in Nazionale, hanno trovato spazio soprattutto nella seconda parte della stagione. D’altra parte va detto anche che il gruppo portato in Corea del Sud dal CT Alberico Evani non esprime il massimo potenziale della nostra generazione Under-20: ne farebbero teoricamente parte anche Donnarumma, Locatelli e Chiesa, convocati dall’Under-21 per l’Europeo di categoria, e Meret, risparmiato per l’Under-21 e finito fuori dalle convocazioni per problemi fisici (ha la pubalgia).

La semifinale è stata raggiunta più con lo spirito di gruppo e la capacità di soffrire, che non con il talento puro; con l’ordine tattico più che con gli slanci di creatività: elementi che fanno parte della nostra tradizione e che questa Nazionale ha assimilato ed espresso piuttosto bene.

La squadra di Evani gioca in maniera semplice ed equilibrata, in verticale, ma costruendo l’azione da dietro, cercando subito gli attaccanti dopo aver portato la palla fuori dalla difesa; ricerca l’ampiezza più che il controllo del centro, sia per risalire il campo sulle catene di fascia che per finalizzare, con lanci e cambi di gioco ad attivare gli esterni; sceglie con cura il numero di giocatori da portare sopra la linea della palla per non soffrire nelle transizioni difensive; si difende arretrando e controllando gli spazi più che cercando attivamente il recupero del pallone.

Poi c’è l’aspetto individuale. Perché in fondo ogni grande torneo internazionale a livello giovanile è una vetrina per talenti in cerca di consacrazione o di riscatto dopo una stagione negativa nel club. Per questo può essere utile fare un punto sul Mondiale degli azzurrini più decisivi per il raggiungimento delle semifinali.

Andrea Zaccagno

Il grande Europeo Under-19 disputato lo scorso anno era servito ad Alex Meret per confermare le aspettative e imporsi come uno dei migliori portieri della sua generazione nel panorama internazionale. Zaccagno aveva guardato il compagno dalla panchina e ne ha sfruttato l’assenza al Mondiale in corso per prendersi il ruolo di titolare. Esattamente come Meret un anno fa, le parate di Zaccagno hanno trascinato la Nazionale e il numero 12 azzurro è riuscito a ritagliarsi uno spazio tra i migliori portieri della competizione, insieme all’uruguaiano Santiago Mele e al venezuelano Wuilker Faríñez.

Zaccagno ha esordito proprio con l’Uruguay parando un rigore a De La Cruz, poi nelle sfide a eliminazione diretta contro Francia e Zambia è stato tra i migliori in campo, difendendo l’Italia prima dal tentativo di rimonta dei transalpini e poi dalle numerose conclusioni degli africani, in superiorità numerica per gran parte della gara per l’espulsione di Pezzella.

Non si è ripetuto gli stessi livelli contro l’Inghilterra, un’altra gara in cui ha dovuto affrontare una gran quantità di tiri. Ma è stato meno preciso del solito, commettendo un paio di errori sui gol di Solanke.

Zaccagno ha passato la stagione alla Pro Vercelli in prestito dal Torino (con cui ha vinto un campionato e una Supercoppa Primavera) collezionando appena due presenze in Serie B (una dall’inizio e una da subentrato) soltanto grazie all’espulsione del titolare Provedel. Questo Mondiale potrebbe essergli servito per trovare una squadra in cui accumulare minuti ed esperienza nel calcio professionistico. Sarebbe molto importante per la sua crescita e, a livello più generale, per confermare la bontà della scuola italiana e dimostrare che alle spalle di Donnarumma e Meret c’è una classe di portieri pronta a emergere.

Federico Dimarco

Dimarco è stato liberato dall’Empoli a campionato finito, quando in Corea si era già conclusa la fase a gironi. Prima della partita contro l’Inghilterra, giocata da titolare al posto dello squalificato Pezzella, il terzino sinistro di proprietà dell’Inter era stato in campo per appena 85 minuti, gli ultimi della partita contro la Francia e lo spezzone con lo Zambia per sostituire appunto Pezzella, espulso. Gli erano bastati per trascinare la squadra in semifinale, rimontando lo Zambia con un gol su punizione e l’assist per Vido da calcio d’angolo.

Già agli scorsi Europei Under-19 aveva segnato 4 dei 5 gol dell’Italia, con 3 rigori e una punizione: a questi livelli riesce a fare la differenza semplicemente con la sua tecnica di tiro fuori dalla norma.

Contro l’Inghilterra, invece, la sua qualità e le sue letture da centrocampista non sono bastate per migliorare il possesso e conservare il pallone il tempo necessario a respirare e difendersi dalla pressione degli inglesi, particolarmente forte dopo l’intervallo. L’impatto con la Serie A è stato deludente, ma i pochi minuti giocati in questo Mondiale hanno mostrato che Dimarco merita altre occasioni.

Rolando Mandragora

Dopo gli esordi sfavillanti con Genoa e Pescara, che gli hanno consegnato il posto da titolare nella Nazionale Under-21 e convinto la Juventus ad acquistarlo, la frattura del quinto metatarso del piede destro ha costretto Mandragora a un passo indietro per rilanciare la propria carriera. Il Mondiale Under-20, giocato da capitano, era l’occasione per tornare in campo (una sola presenza in stagione con la Juve) e al tempo stesso iniziare a recuperare il tempo perso per l’infortunio.

Schierato da vertice basso del centrocampo, Mandragora si è effettivamente dimostrato di un’altra categoria, per la sicurezza e la personalità con cui gioca («Per noi è fondamentale, è un leader nato, un punto di riferimento per questo gruppo» ha dichiarato il CT Evani alla Gazzetta dello Sport), e soprattutto a livello difensivo ha mostrato letture di un altro livello rispetto ai compagni.

In possesso, il modello di gioco della Nazionale non ha stimolato molto la sua creatività e gli ha chiesto semplicemente di collegare i due lati della squadra e di verticalizzare appena possibile sugli attaccanti con filtranti e cambi di gioco, compiti che ha eseguito con eleganza e qualità. Mandragora è sicuramente tra i più promettenti in assoluto: la speranza è che si sia messo l’infortunio alle spalle e che rispetti le aspettative suscitate all’esordio col Genoa e nella stagione col Pescara.

Andrea Favilli

Favilli è il classico centravanti grosso e forte che ingaggia duelli fisici con i difensori e viene utilizzato come scorciatoia per risalire il campo, un ruolo esaltato ad esempio da Belotti e Petagna nel campionato appena concluso. Per i compagni la presenza di Favilli è rassicurante, specie nelle situazioni che invitano il pressing avversario e alzare la palla verso il numero 9 diventa una soluzione comoda per saltare la pressione.

In una squadra dal possesso piuttosto lineare Favilli è stato un riferimento imprescindibile – è uno dei tre azzurrini che hanno giocato ogni minuto del torneo – non solo spalle alla porta, ma anche per ricercare velocemente la profondità alle spalle della difesa. Pur essendo impacciato sui primi passi e nei cambi di direzione, se ha spazio per prendere velocità Favilli riesce a fare la differenza.

Si è messo in mostra più come riferimento per la definizione della manovra che come finalizzatore: ha servito 3 assist e segnato un solo gol, mostrando di non avere ancora l’ossessione per la porta avversaria e la presenza in area tipica dei grandi centravanti. Ha molti margini di miglioramento, non solo dal punto di vista tecnico (in conduzione e nell’uno contro uno è piuttosto goffo), ma anche in tutte quelle astuzie e movimenti ad attaccare la porta che gli consentirebbero di segnare più gol. La prima stagione intera nel calcio professionistico, ad Ascoli, è stata buona: 30 presenze e 8 gol. È passato anche dalla Juve, che però non l’ha riscattato, e ora è cercato da diverse squadre in Serie A: un salto facilitato dalle prestazioni al Mondiale.

Riccardo Orsolini

Al contrario di molti suoi compagni, l’ascesa di Orsolini è stata più rapida nel club che in Nazionale. Orsolini non ha fatto la trafila nelle categorie inferiori, ma ha esordito direttamente nell’Under-20 lo scorso ottobre; con l’Ascoli ha invece collezionato ben 50 presenze in Serie B in un anno e mezzo ed è già stato comprato dalla Juve. Era senza dubbio tra i più attesi e non ha tradito le aspettative: 5 gol in 6 partite, mancando l’appuntamento solo all’esordio contro l’Uruguay. Il Mondiale per lui non ha rappresentato una vetrina per farsi conoscere, quanto piuttosto una palestra per sviluppare aspetti del proprio gioco rimasti nell’ombra ad Ascoli. Orsolini è stato utilizzato come finalizzatore piuttosto che come riferimento per risalire il campo o creare superiorità sulla trequarti e si è specializzato nei tagli alle spalle del terzino sinistro.

Orsolini è stato un tormento per tutti gli avversari affrontati, non tanto per le qualità nell’uno contro uno messe in mostra con l’Ascoli, ma per la precisione dei suoi movimenti alle spalle del terzino, a ricevere un cambio di gioco o tagliare attaccando la porta. Tutti i suoi gol, rigore col Sudafrica a parte, sono arrivati appunto grazie a un taglio a sorprendere il marcatore dopo che l’azione si era sviluppata sul lato opposto.

Orsolini è stato la stella della squadra e uno dei migliori giocatori del torneo: andrà in ritiro con la Juve, ma la sua permanenza non è scontata. Quel che è certo è che merita di giocare: dopo quanto mostrato in questo Mondiale sarebbe un peccato vedergli sprecare un anno in panchina.

Gli altri

Scalera è salito nell’Under-20 (è del ’98) per giocare da terzino destro titolare: ha chiare attitudini difensive e ha sempre tenuto una posizione prudente per fornire un appoggio al primo possesso e garantire copertura nelle transizioni difensive. Ha giocato poco a Bari e da gennaio è stato aggregato alla Primavera della Fiorentina: l’esperienza lo aiuterà a migliorare tecnicamente e a essere più sicuro palla al piede.

Sulla fascia sinistra è stato invece Pezzella il terzino titolare, anche grazie all’assenza di Dimarco. Più offensivo rispetto a Scalera, la Nazionale ha risalito il campo soprattutto sul suo lato, grazie alle combinazioni che lo vedevano coinvolto con la mezzala di riferimento e Panico, l’esterno d’attacco. Ha servito un assist a Orsolini contro la Francia.

Coppolaro e Romagna hanno formato la coppia titolare al centro della difesa. Giocano insieme da tempo e si completano: Coppolaro è più istintivo, Romagna fa più affidamento sulle proprie letture. Entrambi sono andati in difficoltà a livello fisico contro gli attaccanti di Francia, Zambia e Inghilterra, sia in velocità che nei corpo a corpo. Dei due, Romagna sembra quello più portato a compensare i limiti fisici leggendo in anticipo la situazione, Coppolaro è più incline all’errore e ha mostrato una tendenza a farsi saltare in maniera troppo facile. In possesso, entrambi sono stati stimolati a cercare la verticalizzazione che permettesse di innescare la fase di rifinitura: Romagna è sembrato più pulito a livello tecnico, Coppolaro invece ha mostrato maggiore coraggio nelle scelte.

A centrocampo si è distinto Pessina, 35 presenze e 9 gol nell’ultimo campionato di Lega Pro a Como. Mezzala sinistra dal senso tattico molto sviluppato, si è preoccupato principalmente di allargarsi per favorire la costruzione della manovra dal suo lato e mantenere una posizione prudente per non squilibrare la squadra in caso di palla persa. Ha comunque mostrato spunti creativi tutt’altro che banali e una buona predisposizione a giocare in verticale. A conferma del suo senso per il gioco, contro lo Zambia ha sostituito Mandragora come vertice basso del centrocampo.

Vitale invece è una mezzala molto tecnica, dal controllo di palla eccezionale e una sicurezza nei propri mezzi che lo porta a giocare sempre sul velluto, anche in zone di campo che richiederebbero più praticità. Più attratto dal pallone rispetto a Pessina, a Vitale è toccato il compito di rompere la linearità della manovra con strappi di qualità superiore. Tatticamente può migliorare molto: difende male lo spazio e l’attrazione nei confronti della palla causa squilibri nella struttura di squadra. Nessuno però ha mostrato di saper accarezzare il pallone con la sua stessa dolcezza.

Panico ha completato l’undici tipo, mostrandosi particolarmente adatto ai compiti richiesti all’esterno sinistro. Ovvero: abbassarsi per agevolare lo sviluppo dell’azione, entrando dentro il campo quando Pezzella o Dimarco avanzavano; restare largo per ricevere il cambio di gioco o tagliare attaccando la porta se la palla veniva giocata sulla fascia opposta; ripiegare sulla linea delle mezzali per consolidare il blocco difensivo a palla persa e coordinarsi con il terzino per seguire le coppie terzino-esterno avversarie. Panico ha garantito ordine ed equilibrio, ma non è parso in grado di fare la differenza palla al piede. Ha comunque segnato due gol e servito l’assist per il gol di Orsolini contro lo Zambia.

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura