Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
Classici: Milan-Juventus '97
06 lug 2020
06 lug 2020
Quando la Juve di Lippi schiantò il Milan di Sacchi per 1 a 6.
(articolo)
9 min
Dark mode
(ON)

Qualche mese fa mi hanno chiesto di ricordare una partita alla quale associavo un ricordo piacevole, la prima che mi venisse in mente. Inizialmente ho pensato alla finale della Coppa UEFA 1992/93, una delle tante BVB-Juventus, quella in cui Roberto Baggio mandò un pallone lento lento a sbattere contro la parte interna del palo lontano. Ricordo ancora la sensazione che ebbi in diretta: Baggio sembrava aver sbucciato la palla, ma era comunque riuscito a trovare la via della porta. Inizialmente pensai che l'avesse sbagliata, che il pallone fosse andato fuori di molto. Poi però arrivò il primo replay e non capii. Il cervello, forte di una spiegazione razionale che aveva messo già da parte, rifiutava quel che vedeva. Mi servirono altri due replay da angolazioni diverse per capire che Baggio l’aveva colpita in quel modo sporco di proposito, per mandarla sul secondo palo così, lenta lenta.

Poco dopo, però, dai recessi della mente è risalita a galla un’altra partita: Milan-Juventus del 6 aprile 1997, finita con il risultato di 1-6. Ma come, era possibile dare 6 gol al Milan, e in quegli anni poi? Un altro cortocircuito della mente. Nella personalissima sintesi che ho conservato nella mia memoria c’è il ricordo della resa di Franco Baresi, il vecchio capitano al suo ultimo giro di valzer, travolto da un giovane furente e inarrestabile, Christian Vieri. Poco altro ricordavo dello sviluppo del gioco e dei gol, quindi ho voluto rivederla in occasione del recente anniversario per capire cos’è successo davvero quella sera.

Prima di passare al racconto tattico di una partita che, per i contorni del risultato, ha assunto i connotati dell’impresa storica, è opportuno ricreare il contesto nel quale quella partita si è svolta. Innanzitutto la Serie A era abbastanza diversa da quella attuale, le partecipanti erano 18 e le retrocessioni erano 4. I posti per l’accesso alla Champions League, che in quegli anni si apriva a squadre diverse dai soli campioni nazionali, erano appena 2. Il Milan si presentava alla sfida di San Siro da detentore del titolo, ma aveva avuto fino a quel momento una stagione più che tribolata. Oscar Tabarez aveva ereditato la squadra campione da Fabio Capello, volato al Real Madrid, ma a inizio dicembre era stato sollevato dall’incarico quando il Milan era nono in classifica. Fatale fu, per il "Maestro", il 3-2 subìto a Piacenza con gol decisivo del bomber di provincia Pasquale Luiso. Da lì in avanti la squadra fu affidata ad Arrigo Sacchi, alla seconda esperienza al Milan dopo aver lasciato la Nazionale.

La Juventus era campione d’Europa e del mondo in carica, aveva battuto l’Ajax nella finale di Champions League 1996 disputata a Roma, e il River Plate, pochi mesi dopo, nella finale di Coppa Intercontinentale disputata a Tokyo. Alla vigilia del match sia Juventus che Milan presentavano molte defezioni nell'undici titolare: al Milan soprattutto mancava George Weah, impegnato con la Liberia; nella Juventus, invece, Alessandro Del Piero era alle prese con i postumi di un infortunio.

Per tutto il primo tempo era stato il Milan a fare la partita, ma nonostante questo i rossoneri erano andati al riposo sotto di due gol. Gli uomini di Sacchi avevano cercato di rompere le linee di una Juventus guardinga e raccolta in un blocco basso, soprattutto sul lato destro, grazie alla fluidità fornita dai movimenti di Reiziger, Savicevic e Simone.

Nelle immagini sopra un’azione tipica di quel primo tempo: Marco Simone viene incontro, cercando di sfruttare il canale aperto da Michael Reiziger sempre largo e molto alto sul campo. Nella rotazione, Dejan Savicevic finisce sulla stessa linea di Dugarry nel buco aperto nello schieramento avversario dal movimento di Simone. La prima occasione della partita era arrivata quando, con una combinazione simile, il terzino sinistro juventino Dimas aveva lasciato scoperto un corridoio interno per Savicevic, che gli aveva permesso di arrivare al cross da dentro l’area di rigore. Tra la porta e il colpo di testa di Marco Simone si era frapposto solo Ciro Ferrara. Ancora in un’altra azione simile, al quarantunesimo, i milanisti da destra erano riusciti a penetrare palleggiando fin dentro l’area piccola juventina, Simone e Savicevic avevano però mancato la conclusione vincente davanti ad Angelo Peruzzi.

In fase di non possesso, Savicevic si accentrava per guadagnare una ricezione alle spalle dei centrocampisti bianconeri in caso di una ripartenza. Per il Milan era un rischio calcolato, perché Dimas rimaneva basso, piuttosto bloccato per tutta la partita senza quasi mai provare a sovraccaricare la zona del terzino avversario Reiziger. Vladimir Jugovic, un destro naturale schierato a sinistra, sulla carta avrebbe potuto costituire un pericolo per la tendenza a entrare nel campo, ma lì Reiziger avrebbe trovato il supporto del raddoppio interno di Marcel Desailly. Sulla carta tutto tornava. Invece, proprio sul lato destro matureranno i presupposti della disfatta rossonera nel secondo tempo.

Fino a quel momento, i bianconeri avevano cercato di saltare il centrocampo rossonero per giocare direttamente sulle due punte, Alen Boksic e Vieri, e sfruttare la loro fisicità contro i centrali Baresi e Pietro Vierchowod. La Juventus aveva avuto l’occasione per arrivare al tiro sulla prima azione manovrata dal basso della partita. Vieri aveva ricevuto nel mezzo spazio anticipando l’uscita tardiva di Maldini, e poi aveva tirato dallo spazio liberato dal taglio di Boksic, che aveva portato via Vierchowod.

L'inerzia della partita era però cambiata e, nei dieci minuti in cui la Juventus ebbe il pallino del gioco nel primo tempo, segnò due gol. La prima rete grazie a un’azione manovrata, nella quale Vieri aveva portato ancora fuori posizione Maldini, e a destra Porrini e Di Livio avevano messo in inferiorità numerica Blomqvist. Il pallone era arrivato ancora a Vieri che, saltato Baresi nell’uno contro uno, si era portato il pallone in area sul piede debole. La botta dell’attaccante juventino aveva sorpreso Sebastiano Rossi, che aveva respinto in maniera non perfetta verso il centro area dove era appostato Jugovic per il tap-in.

Il secondo gol, invece, era nato in maniera del tutto casuale. Un tiro ribattuto era finito sui piedi di Boksic, libero di calciare verso la porta. Maldini non aveva potuto far altro che abbattere il croato e concedere il calcio di rigore. I dieci minuti di vera Juventus furono un lampo che illuminò tutta la partita. La strategia bianconera aveva una tensione verticale incredibile. Il palleggio era, per quanto possibile, sempre tra un reparto e l'altro, e quasi non tra gli uomini della stessa linea. Se non c’era spazio per il corridoio in verticale, si cambiava immediatamente gioco e si attaccava l’altro lato.

I giocatori che sviluppavano questa strategia impiegavano qualità diverse. I due attaccanti, ad esempio: erano potenti fisicamente, ma si muovevano tanto per il campo; sapevano attaccare la profondità e sapevano proteggere il pallone e far salire la squadra; potevano vincere tutti i duelli aerei, ma preferivano ricevere palla sui piedi perché erano anche centravanti tecnici.

Tacchinardi recupera un pallone in scivolata. La combinazione tra Di Livio e Boksic libera la possibilità per il centrocampista di alzare la testa e vedere il taglio in profondità di Vieri.

Anche nella batteria dei centrocampisti c’erano interpreti poliedrici. Jugovic e Zidane, al di là della tecnica sopraffina che li contraddistingueva, erano giocatori che vedevano lo spazio e sapevano attaccarlo; erano capaci di far girare la palla per i compagni sul lungo e sul corto, ma non disdegnavano le lunghe conduzioni palla al piede. Tacchinardi, considerato un uomo di rottura, aveva un piede da far invidia a tanti e una tendenza a guardare sempre l’uomo più avanzato.

Il secondo tempo

Nel secondo tempo il ritmo del Milan per qualche motivo era calato. Il pressing si era fatto meno intenso e la Juventus riusciva a gestire il ritmo della partita a piacimento. Eppure ancora una volta era stata la squadra di Sacchi a rendersi pericolosa nel corso del secondo tempo e quasi sempre su palla persa a centrocampo dai bianconeri. Ancora una volta, però, alla fine era stata la Juventus a segnare.

Al quarantanovesimo Maldini aveva perso palla nella metà campo juventina innescando immediatamente il lancio di Zidane per Vieri, che provava a scappare in profondità tra i due centrali. Reiziger e Nicola Amoruso (subentrato all’infortunato Boksic al trentanovesimo) giunsero a dar manforte. Il pallone aveva girato fino a sinistra, verso Jugovic, libero di entrare palla al piede in area di rigore. Rossi aveva pensato al tiro a giro sul secondo palo e aveva fatto un passo di troppo verso sinistra. Jugovic però aveva stretto la meccanica del calcio di destro e l’aveva battuto sul primo palo.

Sullo 0-3 Sacchi aveva chiamato fuori Blomqvist per far entrare Roberto Baggio – tra l’allenatore e il Divin Codino non c’era mai stato buon sangue e non ce n’era allora. Inizialmente il Milan aveva adottato, in fase di possesso, una sorta di 4-2-2-2 con Baggio e Savicevic ad agire tra le linee di difesa e centrocampo degli avversari. In fase di non possesso, Baggio scalava come interno e Boban si allargava a sinistra, ripristinando una linea da quattro. Una soluzione infelice, però: Baggio sbagliava spesso i tempi di uscita sulle mezze ali bianconere e Boban veniva preso in mezzo tra Porrini e Di Livio. Il Milan perse allora il controllo delle fasce e della partita.

A quel punto la Juventus colpì più volte con la ripetizione della stessa azione: cambio gioco da destra a sinistra; Jugovic libero di ricevere. Per tutto il primo tempo il Milan era stato in affanno per via del continuo due contro due ricercato dalla Juventus nella zona centrale della difesa avversaria. Nel secondo tempo, Reiziger strinse di molto la sua posizione per coadiuvare Vierchowod e Baresi. Jugovic così fu sempre libero di ricevere, anche perché le uscite di Reiziger sull’esterno furono sempre tardive. Jugovic dopo il primo controllo puntava Reiziger di continuo in isolamento, perché gli scivolamenti di Desailly sui cambi di gioco erano sempre troppo lenti.

Sacchi si accorse dell’errore commesso al momento della sostituzione, cambiò ancora e provò con il 4-4-1-1 con Baggio dietro Dugarry e Simone sull’out sinistro, con Boban che ritornò nel ruolo di inizio partita. Ma ormai i buoi erano scappati. Il Milan segnò il gol della bandiera sullo 0-5, quando la Juventus aveva allentato la tensione ed era distratta da una doppia sostituzione. Baggio aveva pescato Simone libero al limite dell’area libero direttamente da calcio d’angolo.

L’immagine emblematica della partita, quella che resta negli occhi ancora a distanza di anni, è l’esultanza taurina di Vieri dopo il sesto gol, e le mani ai fianchi e il capo chino di Baresi, dopo l’ennesimo duello perso con l’attaccante juventino.

Il Milan finì il campionato all’undicesimo posto. Capello, la stagione successiva, se lo riprese, dopo un solo anno al Real e un titolo di campione di Spagna. La Juventus, pochi mesi dopo questa partita, avrebbe vinto la Serie A e disputato un’altra finale di Champions League, persa contro il BVB. E l’anno successivo raggiunse ancora un’altra finale europea, persa contro il Real Madrid.

Milan-Juventus del ‘97 è stata, con Ajax-Juventus, una delle partite che hanno definito la legacy del ciclo vincente di Marcello Lippi.

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura