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Classici: Ajax-Juventus '97
21 apr 2020
21 apr 2020
Abbiamo riguardato una delle più belle partite della prima Juve di Lippi.
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16 min
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Nell’estate del 1996 la Juventus ha appena vinto la seconda Champions League della sua storia, ma decide di rinnovare a fondo la sua rosa. Ben quattro titolari della squadra che ha battuto l’Ajax ai rigori nella finale dell’Olimpico di Roma vengono ceduti: Pietro Vierchowod passa al Milan, Paulo Sousa al Borussia Dortmund, Fabrizio Ravanelli al Middlesbrough e Gianluca Vialli al Chelsea.

Per la ristrutturazione del suo attacco Luciano Moggi punta su Alen Boksic della Lazio e sui giovani Christian Vieri dall’Atalanta e Nicola Amoruso dal Padova. In difesa viene acquistato Paolo Montero dall’Atalanta e a centrocampo arriva Zinedine Zidane, promettente centrocampista del Bordeaux. Osservato con particolare curiosità agli Europei estivi in Inghilterra, Zidane aveva deluso i tifosi juventini. L’Avvocato Agnelli dichiara a inizio stagione: «Platini mi ha assicurato che Zidane è un campione, per il momento non si è visto».

Il rinnovamento rappresenta una bella scommessa: la dirigenza ha deciso di puntare su giocatori ancora giovani e non pienamente affermati. L’inserimento di Zidane non è immediato. Nelle prime partite Marcello Lippi lo schiera in un centrocampo a 3, mettendogli ai fianchi Antonio Conte e Didier Deschamps. Il francese soffre, non è un organizzatore di gioco puro, è schierato troppo indietro e oberato da compiti difensivi. Lippi prova quindi a passare al 4-4-2 piazzando Zidane sulla fascia sinistra, una soluzione spesso adottata negli anni Novanta per trovare una posizione ai trequartisti.

Con il 4-4-2 la Juve perde 2-1 a Vicenza e l’esperimento è presto abbandonato. A fine ottobre, nella partita casalinga contro l’Inter, Marcello Lippi vara finalmente il 4-3-1-2 con Zidane alle spalle delle due punte, Boksic e Padovano. Il francese segna il suo primo gol in Serie A e non si muoverà più dalla trequarti; la Juve comincerà a volare. Alla dodicesima giornata prende la testa della classifica che non lascerà più fino alla fine del campionato.

In Champions League il percorso dei bianconeri è autorevole. Vincono il girone con cinque vittorie e il solo pareggio a Vienna contro il Rapid. Battono per 1-0 il Manchester United di Sir Alex Ferguson sia al Delle Alpi che all’Old Trafford e ai quarti si sbarazzano con relativa facilità dei norvegesi del Rosenborg. A fine novembre la Juventus si issa sulla cima del mondo vincendo a Tokyo con un gol di Alex Del Piero la finale di Coppa Intercontinentale contro il River Plate. Una squadra di culto, che schierava l’anziano Enzo Francescoli accanto ai giovani Pablo Sorin, Julio Cruz e Ariel Ortega; e che dalla panchina ha fatto alzare i promettenti Salas e Gallardo.

La Juventus pare inarrestabile: nell’andata della doppia finale di Supercoppa vince addirittura 6-1 al Parco dei Principi contro il Paris Saint-Germain, regolato poi al ritorno giocato a Palermo con un rotondo 3-1. Il 6 aprile 1997 i bianconeri annichiliscono con un 6-1 a San Siro il Milan guidato da Arrigo Sacchi, subentrato a stagione in corso a Oscar Washington Tabarez. Tre giorni dopo la Juventus si presenta all’Amsterdam Arena per la semifinale di Champions League contro l’Ajax, una rivincita della finale dell’anno passato.

Contro il 3-4-3 di van Gaal

La rosa della Juventus è particolarmente ampia: in attacco la coppia titolare è quella composta da Del Piero e Boksic, ma tra infortuni e rotazioni i giovani Vieri e Amoruso guadagnano tantissimo spazio e, quando chiamato in causa, Michele Padovano è sempre una garanzia di efficacia. In mezzo al campo Tacchinardi e Lombardo fanno rifiatare i titolari Deschamps, Di Livio e Jugovic, mentre il capitano Antonio Conte è assente per gran parte della stagione a causa della rottura del legamento crociato del ginocchio sinistro rimediato a inizio ottobre durante la partita della Nazionale contro la Georgia. Dietro, accanto alla coppia di centrali composta da Ciro Ferrara e Paolo Montero, si alternano Porrini, Iuliano, Torricelli, Dimas e Pessotto.

Per la partita di Amsterdam Marcello Lippi deve fare a meno di Alessandro Del Piero, fermo dalla fine di febbraio per uno stiramento alla coscia sinistra e di Alen Boksic, infortunatosi tre giorni prima nella partita di Milano. Per l’attacco Lippi punta quindi sulla coppia Vieri-Amoruso. In mezzo al campo la Juventus si schiera con il rombo di centrocampo, con Deschamps e Zidane rispettivamente ai vertici basso e alto, Di Livio a destra e Jugovic a sinistra. Davanti a Peruzzi, la linea difensiva è formata da Porrini, Ferrara, Montero e Pessotto. Tra gli undici titolari solo Peruzzi, Ferrara, Pessotto e Deschamps erano in campo dal primo minuto appena 11 mesi prima nella finale di Roma, mentre Di Livio e Jugovic erano subentrati a partita in corso.

Anche l’Ajax di Louis van Gaal è piuttosto diverso da quello della stagione precedente. In estate sono partiti Michael Reiziger ed Edgar Davids, approdati al Milan, Nwankwo Kanu acquistato dall’Inter, Sonny Silooy e Finidi George. Per sostituire i giocatori partenti i "Lancieri" acquistano i giovani Dani e Tijani Babangida e promuovono dalle giovanili Mario Melchiot.

In campionato l’Ajax, dopo tre titoli di fila, delude e naviga attorno al quarto posto. Anche in Champions League il cammino non è entusiasmante. Perdono in casa contro Grasshopper e Auxerre, ma alla fine riescono a cogliere la qualificazione vincendo la partita-spareggio a Zurigo proprio contro gli svizzeri. Ai quarti di finale la squadra di van Gaal affronta l’Atletico Madrid di Radomir Antic - recentemente scomparso - e dopo un doppio 1-1 riesce a prevalere ai supplementari al Vicente Calderon. La situazione è confusa: van Gaal si è già promesso al Barcellona, Kluivert e Bogarde sono in conflitto con il club e sul piede di partenza.

Contro la Juventus l’Ajax scende in campo con l’iconico 3-4-3 con il centrocampo a rombo. Van der Sar è protetto dai tre difensori Melchiot, Blind e Frank De Boer. Il mediano è Richard Witschge, la mezzala destra Arnold Scholten, quella sinistra Kiki Musampa. Le due ali sono a destra Babangida e a sinistra Mark Overmars; Litmanen è il vertice avanzato del rombo, mentre Ronald De Boer gioca al centro dell’attacco sostituendo l'infortunato Patrick Kluivert.

Lo stile di gioco dell’Ajax è noto ed è quello con cui la squadra di van Gaal ha raggiunto le ultime due finali di Champions League. Un 3-4-3 votato al palleggio e supportato da un’occupazione degli spazi scacchistica. L’obiettivo è muoversi compatti per il campo, fraseggiando sul corto per preservare le distanze e la struttura spaziale dello schieramento.

Tutti i giocatori, compreso il portiere van der Sar, hanno responsabilità nella costruzione del gioco e sono funzionali alla creazione di zone di superiorità numerica. Nell’ultimo terzo di campo il compito di creare pericoli è affidato alla velocità e agli uno contro uno delle due ali - Babangida e Overmars - che rimangono sempre larghe per dare ampiezza al possesso e provare a isolarsi contro i terzini avversari; poi ci sono le ricezioni nella zona della trequarti di Jari Litmanen.

Nella finale di Roma dell’anno precedente la Juve aveva affrontato il fluido possesso palla dell’Ajax provando, con successo, a sporcarlo con le armi dell’intensità e della forza fisica. Il 4-3-3 della prima Juventus di Lippi era una versione per certi versi brutale e caotica del 4-3-3 in voga in quegli anni.

In attacco Vialli e Ravanelli avevano forza fisica e attitudine mentale tali da pressare senza sosta i difensori avversari. Sin dall’attacco la Juventus pressava a tutto campo. Il rinnovamento estivo, però, ha regalato a Lippi una squadra dalle caratteristiche diverse, specie nel reparto d’attacco. Gli attaccanti sono meno adatti a sfiancarsi in pressione e si muovono meglio in spazi più ampi. Il pressing diventa meno esasperato e dispendioso, il baricentro un po’ più basso e lo stile di gioco meno estremo e fisico; più ragionato, tecnico ed equilibrato.

Tuttavia, pur con le differenze tra le due versioni della Juventus, per la squadra di Lippi rimane fondamentale sporcare il più possibile la circolazione palla dell’Ajax, a partire dalle retrovie. Per questo, nella fase di costruzione bassa avversaria, diventa fondamentale il lavoro di Zinedine Zidane, che dalla sua posizione di trequartista del 4-3-1-2 bianconero galleggia tra i due vertici del rombo arretrato olandese, il centrale Danny Blind e il mediano Witschge, mentre i due attaccanti Amoruso e Vieri si orientano su Melchiot sul centro-destra e Frank de Boer sul centro-sinistra. La buona applicazione alla fase di disturbo di Zidane, capace di oscurare la linea di passaggio tra Blind e Witschge, e il lavoro di Amoruso e Vieri, gettano le basi della fase difensiva della Juventus.

In fase di non possesso Zidane si muove tra i due vertici del rombo arretrato ajacide.

Ai tre centrocampisti sono assegnate grande responsabilità. Lo schieramento contrapposto delle due squadre in campo disegna una serie di duelli individuali: Di Livio gioca su Musampa, Jugovic dalla parte opposta su Scholten e Deschamps, davanti alla difesa, incrocia spesso la posizione di Litmanen. Ma i compiti dei tre centrocampisti non si esauriscono certo nella gestione duelli individuali. Le mezzali, in particolare, devono sempre raddoppiare la marcatura su Overmars e Babangida per evitare i confronti in isolamento delle ali olandesi contro i terzini bianconeri.

Il lavoro di Di Livio e Jugovic è fondamentale per ridurre i pericoli degli uno contro uno sull’esterno. Deschamps deve invece dar fondo a tutto il suo dinamismo, unito alla sua comprensione del gioco, per coprire con efficacia un’ampia porzione di campo. E il francese non delude certo le responsabilità assegnategli da Marcello Lippi, oscillando tra il controllo di Litmanen, la chiusura delle linee di passaggio verso la zona d’attacco dell’Ajax e la copertura della zona alle spalle delle mezzali.

Il piano difensivo della Juventus funziona. L’Ajax ha diverse difficoltà a consolidare il possesso e a occupare la metà campo avversaria. In controtendenza con le proprie caratteristiche, nel primo tempo l’unica vera occasione da gol per l’Ajax nasce da una ripartenza in campo aperto di Overmars, neutralizzata da un’ottima parata in uscita bassa da Peruzzi.

Le ripartenze della Juve

Oltre a sporcare in maniera decisiva la circolazione del pallone avversaria, la fase di non possesso della Juventus diventa il presupposto per ripartenze letali. Per tutta la partita, ma in particolar modo nel primo tempo, la transizione difensiva dell’Ajax è incapace di contrastare i contrattacchi juventini. Dopo la riconquista della palla la prima opzione dei bianconeri è quella di andare in verticale, alla ricerca di Zidane o direttamente sulle punte, per organizzare un contrattacco manovrato in grado di colpire la sbilanciata organizzazione difensiva avversaria. Witschge non riesce a schermare o marcare Zidane, mentre Melchiot e Frank de Boer, deputati al controllo di Vieri e Amoruso, non riescono mai a impedire la ricezione degli attaccanti juventini, che per tutta la partita riescono a ricevere e proteggere il pallone con movimenti incontro al portatore di palla o aprendosi sull’esterno, consentendo così alla squadra di risalire il campo e svuotare il centro della difesa avversaria.

Già al dodicesimo minuto la Juventus si rende pericolosa in transizione offensiva: Deschamps ruba palla a Litmanen sulla trequarti, la recapita a Zidane, che gioca un filtrante per Vieri che ha un’intera metà campo per correre e arrivare al tiro, parato da van der Sar.

Un minuto dopo la Juventus è già in vantaggio al termine di un’azione manovrata che mostra come l’Ajax, oltre ai contrattacchi manovrati, soffra anche il possesso palla più consolidato. Come da consuetudine della squadra di van Gaal, i suoi giocatori marcano prevalentemente a uomo gli avversari. L’attacco bianconero, però, è molto mobile e porta spesso fuori posizione i giocatori olandesi. Zidane si muove liberamente per il campo portandosi dietro Witschge lasciando i tre difensori dell’Ajax senza alcuna protezione. Le due mezzali si muovono tendenzialmente in maniera diversa. In fase di possesso palla Di Livio si apre sempre sulla fascia destra per dare ampiezza, lasciando così il terzino Porrini bloccato al fianco dei centrali.

Il movimento di Di Livio, che trascina in fascia il suo marcatore Musampa, dilata ulteriormente le distanze del centrocampo ajacide. Dall’altro lato il serbo Jugovic si muove in maniera più varia, alternando movimenti verso l’interno che aprono la strada alle avanzate di Pessotto a ricezioni in posizione aperta. Vladimir Jugovic era un centrocampista completo, che abbinava dinamismo a notevoli capacità tecniche, senso tattico che gli consentiva di occupare diverse zone nella metà campo e capacità realizzative spiccate. Era giunto in Italia alla Sampdoria dalla Stella Rossa vincitrice di Coppa dei Campioni e Intercontinentale. Nella partita di Tokyo contro i cileni del Colo Colo aveva realizzato una doppietta ed era stato nominato “Man of the match”. Il suo rigore aveva regalato alla Juve la vittoria della Champions League solo 10 mesi prima.

Nell’azione del gol di Nicola Amoruso sono evidenti sia i problemi delle marcature a uomo dell’Ajax che le doti tecniche e di lettura del gioco di Jugovic. Il serbo riceve aperto sulla fascia sinistra e conduce la palla verso il centro del campo servendo Vieri, che si è allontanato dall’area di rigore tirando fuori zona Mario Melchiot. Jugovic prosegue la sua corsa verso l’area di rigore avversaria, sguarnita anche dal taglio da sinistra a destra di Amoruso che aveva mosso Frank de Boer. Vieri la passa quindi di nuovo a Jugovic, che con tecnica raffinata controlla e serve di esterno Amoruso alle sue spalle, lasciato libero da de Boer, che era andato a chiudere l’inserimento del serbo.

Il gol di Amoruso è al minuto 01:00. Ai minuti 03:10 e 08:28 due conclusioni di Zidane che trova il cuore della difesa ajacide sguarnita grazie ai movimenti di Vieri e Amoruso.

Il gol non cambia la partita: l'Ajax prova a tessere la sua razionale tela di passaggi, ma la Juventus sporca la circolazione e riparte con grande velocità. È stato fondamentale il lavoro di Didier Deschamps, che brillava per la capacità di leggere in anticipo le giocate avversarie e per la lucidità nell’attivare i tre giocatori offensivi immediatamente dopo avere riconquistato il pallone. Quando necessario, poi, era Montero a mettere in mostra le sue doti di lettura in situazione di palla scoperta, tamponando anche le poche occasioni di potenziale pericolo per la porta di Peruzzi.

Già al ventisettesimo del primo tempo van Gaal opera la sua prima sostituzione per provare a tamponare le falle della sua squadra, sostituendo Musampa con Bogarde, che viene schierato nella posizione di mezzala sinistra. Ma l’andazzo non cambia: la Juventus continua a viaggiare al ritmo di quasi un’occasione da gol ad azione. La difesa dell’Ajax è in balia degli attacchi bianconeri, a cui basta muovere i difensori verso l’esterno per sfondare centralmente. Secondo questo canovaccio tattico Vieri e Zidane hanno due enormi occasioni da gol che non riescono a concretizzare a tu per tu con van der Sar e, al quarantunesimo minuto, Christian Vieri riesce a realizzare il gol del raddoppio. Il primo tempo volge alla fine, ma la Juventus ha ancora un’opportunità per segnare con una doppia occasione per Amoruso e Vieri che a pochi passi da van der Sar si fanno intercettare incredibilmente la conclusioni dal portiere olandese e da Mario Melchiot.

Vieri e Amoruso si aprono svuotando il centro della difesa. Amoruso serve Vieri che si è smarcato sul fianco esterno del suo marcatore e Zidane si inserisce centralmente a ricevere, solo davanti a van der Sar, la sponda di testa del suo compagno d’attacco.

Alla fine del primo tempo, nonostante il doppio vantaggio, è la Juventus a dovere recriminare per non avere capitalizzato maggiormente le tante occasioni da gol avute e il predominio tecnico e strategico messo in mostra nei quarantacinque minuti.

L’intervallo è utile all’Ajax a riordinare le idee. Al rientro in campo il palleggio degli olandesi è più sicuro e consente di abbassare la difesa juventina di 20 metri. Tuttavia rimane la Juventus ad avere le migliori occasioni da gol.

I contrattacchi degli uomini di Lippi continuano a essere sostanzialmente ingestibili per l’Ajax. Zidane e Vieri sbagliano due ottime occasioni da rete, precedute dal solito smarcamento di una punta sul fianco esterno del proprio difensore che crea lo spazio nel cuore della difesa ajacide.

Al ventunesimo minuto finalmente gli uomini di van Gaal riescono a disegnare e concretizzare un’azione coerente con i principi del proprio gioco. Dopo un’insistita circolazione del pallone nella metà campo avversaria, Witschge sulla trequarti riesce a scambiare con il centravanti de Boer, che si muove incontro al pallone, liberando lo spazio per l’inserimento centrale di Litmanen, favorito da un cattivo allineamento coi centrali di Pessotto. Il finlandese riesce a mettere il pallone alle spalle di Peruzzi, accorciando così le distanze.

Sembra l’inizio di una possibile rimonta dell’Ajax, ma nei minuti successivi al gol di Litmanen è la Juve a riprendere in mano il predominio del gioco, spegnendo gli entusiasmi degli uomini di van Gaal. Anzi, è ancora la Juventus ad andare vicina al terzo gol, sprecando anche una netta situazione di 4 vs 2 in ripartenza contro la difesa avversaria, conclusa da un tiro sbilenco di Zidane, che ignora i suoi tre compagni di squadra vanificando la superiorità numerica. Finisce 2-1 e al termine della partita van Gaal riconosce la superiorità della Juventus: «Abbiamo giocato contro la squadra più forte del mondo». Marcello Lippi recrimina per un risultato troppo stretto vista la prestazione dei suoi uomini e le tante occasioni da gol sprecate e teme la gara di ritorno a Torino, evidenziando come l’Ajax abbia ottenuto risultati migliori in trasferta, viste le decisive vittorie esterne contro Grasshopper e Atletico Madrid.

I timori di Lippi si riveleranno infondati: a Torino l’Ajax gioca la migliore frazione di match dell’intero doppio confronto nei primi venti minuti di partita, ma, subìto il gol dello svantaggio da Attilio Lombardo, crolla e la Juventus vince per 4-1.

I bianconeri raggiungono così la terza finale europea consecutiva, ma perdono, da favoriti, contro il Borussia Dortmund che aveva eliminato abbastanza sorprendentemente il Manchester United. Un altro capitolo doloroso della storia delle finali di Champions League della Juventus.

D’estate, nuovamente, la dirigenza juventina rimette mano in maniera profonda al proprio reparto avanzato. Vieri passa, in cambio di un’offerta economica definita irrinunciabile, all’Atletico Madrid. Boksic torna dopo un solo anno alla Lazio e vengono ceduti Attilio Lombardo e Michele Padovano. Per sostituirli la Juventus punta sul capocannoniere del campionato Pippo Inzaghi, su Daniel Fonseca e Marcelo Zalayeta. A gennaio arriva anche Edgar Davids, la “mela marcia” dello spogliatoio del Milan secondo la definizione di Billy Costacurta. I bianconeri vincono lo scudetto e giungono nuovamente in finale di Champions League contro il Real Madrid, perdendo col gol di Predrag Mijatovic. È l’ultima grande Juventus del primo periodo torinese di Marcello Lippi.

La stagione successiva il grave infortunio di Del Piero a ottobre aprirà una spirale negativa che porterà alle dimissioni di Lippi dopo una sconfitta interna per 4-2 contro il Parma di Alberto Malesani. Sarà la fine del suo primo ciclo, che ha visto la Juve capace di tornare al vertice nazionale abbandonato dal ritiro dal calcio giocato di Michel Platini, di vincere 3 scudetti in quattro anni dopo 8 anni di digiuno e, in campo internazionale, di raggiungere 4 finali europee consecutive portando nella bacheca bianconera una Champions League, una Supercoppa Europea e una Coppa Intercontinentale.

Durante questi quattro anni si sono viste tante versioni della squadra bianconera e delle tante Juventus di Lippi, quella della sera del 9 aprile 1997 all’Amsterdam Arena è stata di certo una delle più belle.

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