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Biliardino per principianti
01 apr 2022
Storia, regole e fenomenologia del gioco di culto.
(articolo)
13 min
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Tra i più antichi giochi pensati per ricreare e “miniaturizzare” una partita di calcio, il biliardino ha saputo resistere al tempo, alle mode e all’innovazione tecnologica. Nato prima del Subbuteo, del calcetto a molla, dei videogiochi e della realtà aumentata, può essere considerato lo squalo dei simulatori calcistici: una creatura preistorica - persino più antica dei dinosauri - che la selezione naturale ha conservato fino ai giorni nostri, con una popolarità all’altezza della sua adattabilità.

Risalire alle origini di questo gioco conduce in luoghi dove la storia si perde nella leggenda. Alcuni proto-biliardini erano già presenti nei salotti europei di fine ottocento, eredi del bagatelle - nella versione con le sponde alte e giocata con stecche voluta da Luigi XIV - che può essere considerato, in termini evoluzionistici, il progenitore comune tra biliardino e flipper.

I francesi che combatterono nella Guerra di indipendenza americana esportarono il bagatelle nel nuovo continente. Il gioco diventò così popolare da finire anche in vignette satiriche come questa, che ritrae il presidente Abraham Lincoln (“Old Abe”) mentre sfida il suo rivale politico George McClellan.

Il primo brevetto conosciuto è quello del britannico Harold Searles Thornton, Apparatus for Playing a Game of Table Football, registrato nel 1923 presso la Kings Patent Agency di Londra. Appassionato di calcio e tifoso del Tottenham, Thornton sarebbe stato ispirato da alcuni fiammiferi appoggiati parallelamente sopra la loro scatola. La struttura è già quella tradizionale: otto stecche per controllare i ventidue omini che compongono le due squadre, schierate a specchio con uno spregiudicato 2-5-3 (o 4-3-3 con i terzini alti sulla linea di centrocampo). I vari reparti delle due squadre (per convenzione, rossa e blu) si alternano sulle stecche adiacenti: 1 portiere (r); 2 difensori (r); 3 attaccanti (b); 5 centrocampisti (r); 5 centrocampisti (b); 3 attaccanti (r); 2 difensori (b); 1 portiere (b). Gli omini in ogni stecca sono equidistanti tra loro e si muovono simultaneamente attorno a un asse passante per le loro (inesistenti) braccia. Per evitare che la pallina si blocchi negli angoli del tavolo, il progetto di Thornton prevede che il campo sia inclinato in questi punti.

Il progetto di H. S. Thornton, allegato al brevetto.

A contendersi la paternità dell’idea originale, però, ci sono altri due illustri personaggi: Lucien Rosengart e Alexandre Campos Ramírez. Il primo, un ingegnere automobilistico francese, avrebbe inventato il biliardino all’inizio degli anni trenta per intrattenere i suoi numerosi nipoti nelle fredde giornate invernali. Il secondo, conosciuto anche come Alejandro Finisterre, fu poeta editore e combattente antifranchista durante la Guerra Civile spagnola. Ferito in un’esplosione nel 1936, finì in una casa di cura in Catalogna insieme ad altri feriti e mutilati di guerra. Non potendo giocare a calcio e col serio rischio - come per molti in quella clinica - di non essere più in grado di farlo, Alejandro ne progettò una versione “portatile”: «Amavo il tennis da tavolo (table tennis, ping-pong), così mi sono detto: perché non inventare il calcio da tavolo (table soccer, biliardino)?». La rocambolesca vita di Finisterre, degna di un romanzo di Le Carré o di Carrère, è al centro di Biliardino, graphic novel del 2015 di Alessio Spataro.

Alejandro Finisterre.

In Italia, la produzione industriale dei biliardini si deve all’incontro tra un esule marsigliese, Marcel Zosso, e Renato Garlando, che aveva ereditato la bottega di falegnameria del padre a Spinetta Marengo, in provincia di Alessandria. Era il dicembre 1949 e, dopo soli tre anni, la parola calciobalilla - “calcio piccolo” nel dialetto genovese - entrava a far parte del dizionario italiano. Tra il 1952 e il 1954 sono stati realizzati, interamente a mano e con l’aiuto dei detenuti del carcere locale, quasi dodicimila tavoli.

L’esperienza italiana ha aperto la strada alla diffusione di massa del biliardino anche all’estero, con un successo tale da portare, nel 2002, alla fondazione della International Table Soccer Federation (ITSF). Organizzazione no-profit con sede a Nantes, si occupa di promuovere - attraverso le varie federazioni nazionali satelliti - il biliardino come sport, di definirne il regolamento e organizzare competizioni internazionali quali la Coppa del Mondo. Nell’ultima edizione, svoltasi a Murcia nel 2019, l'Italia si è piazzata settima nel medagliere con quattro argenti e un bronzo. È dello stesso anno il documentario - ancora inedito in Italia - Foosballers di Joe Heslinga, che segue la preparazione di sei tra i migliori giocatori del mondo in vista dei Tornado World Championships.

Una, nessuna e centomila regole

Se si esclude l’ambito - per necessità codificato - dei tornei professionistici, il biliardino è regolato da un insieme di leggi non scritte, negoziate prima di ogni partita come in un duello cavalleresco. Di norma ciascuna squadra è controllata da due giocatori: uno impugna le stecche del portiere e dei difensori; l’altro quelle dei centrocampisti e degli attaccanti. Scopo del gioco è, come nel calcio, segnare più gol della squadra avversaria. I biliardini da bar - a meno di soluzioni creative come il calzino nella porta del racconto di Stefano Benni - permettono di utilizzare dieci palline per ogni gettone, aprendo alla possibilità di pareggiare e dover finanziare un altro giro, in un ciclo di rivincite potenzialmente infinito. Il più recente aggiornamento delle regole ITSF risale al 2019, ed è scaricabile qui in diverse lingue. Il regolamento ufficiale tratta non solo aspetti molto specifici come l’ordine di partenza, l’ingresso in gioco della pallina, i passaggi e i timeout, ma anche questioni che per un qualsiasi giocatore amatoriale sarebbero semplicemente inconcepibili:

  • Abbigliamento: il dress code non sarà rigido come quello di Wimbledon, ma non è consentito indossare jeans, canottiere, pantaloni cargo o infradito;

  • Linguaggio e comportamento: sono vietati i commenti - diretti o indiretti - e le parolacce. Questo però lascia le partite prive di due ingredienti fondamentali come l’insulto agli avversari e l’auto-telecronaca;

  • Distrazione: qualsiasi suono o movimento lontano dal tavolo può essere motivo di richiamo da parte dell’arbitro, così come staccare le mani dalle stecche durante il gioco. Un guaio per chi ha le mani molto sudate o le vuole utilizzare per raggiungere la birra in equilibrio precario sul segnapunti.

Anche al di fuori dei contesti ufficiali, in quelli più informali e ruspanti dei bar, delle sale giochi e degli stabilimenti balneari, esistono regole che nessun giocatore si sognerebbe mai di trasgredire:

  • Vietato “frullare”: la frullata, detta anche rullata o mulinello, è la rotazione dell’omino di trecentosessanta gradi o più. Equivalente biliardinesco del tiro della tigre di Mark Lenders, è troppo potente per essere difeso o legalmente permesso;

  • Goal-line technology: nel biliardino è superflua. Il suono secco della pallina contro il fondo di legno è più che sufficiente per certificare l’avvenuto gol, anche se la pallina dovesse rimbalzare fuori dalla porta;

  • Gancio (o -ino): se sia possibile o meno passare la palla a un omino della stessa stecca è un tema controverso. Secondo alcuni è vietato; per altri è permesso, ma solo utilizzando le sponde;

  • “Calci d’angolo”: le stecche dei portieri hanno, in corrispondenza degli angoli del tavolo, due piccoli rivestimenti in plastica su cui la pallina viene collocata per essere poi rimessa in gioco. Resta solamente da stabilire in quali circostanze vadano utilizzate, ma ogni giocatore sembra avere la propria teoria al riguardo. Quando la pallina schizza fuori dal tavolo? Oppure quando si ferma in qualche punto irraggiungibile dagli omini di entrambe le squadre?

Il rosso e il blu

Pensando alla forma più pura, all’idea platonica del biliardino, ci raffiguriamo l'eterna rivalità tra due colori primari: Rosso contro Blu. Il motivo della scelta di queste tinte potrebbe essere legato, oltre alla loro facile riconoscibilità, al fatto che - per motivi sia storici che pratici, alcuni dei quali discussi qui - siano anche i colori di molte squadre di calcio del mondo reale.

Gli sguardi tesi dei capitani durante il lancio della monetina.

Questo permette ai giocatori di biliardino di immaginare addosso agli omini la divisa della loro squadra del cuore o della Nazionale; vivere la rivalità calcistica del momento o rigiocare partite leggendarie. Il derby di Milano, il Chelsea di Lampard contro il Liverpool di Gerrard, la rivincita della finale di EURO 2012, o magari una finale di Champions con l’Empoli di Zurkowski da un lato e il Bayern di Lewandowski dall’altro. Le possibilità sono infinite, come ben sapevano i pubblicitari che hanno realizzato lo spot in cui omino-Beckham e omino-Davids si sfidano per un sorso di una famosa bibita gassata.

Non sono mancati i tentativi di superamento del duopolio rossoblù. Alcuni ricorderanno un biliardino giocattolo molto pubblicizzato negli anni novanta, che includeva diversi kit intercambiabili ispirati alle squadre di Serie A. All'occorrenza poteva anche servire da base di un tavolo da ping-pong o di una scrivania, forse per illudere i genitori - disposti a sborsare una cifra considerevole per metterselo in casa - che le priorità dei loro figli non sarebbero cambiate.

Il calcio in scala

Se è vero che la popolarità del biliardino è dovuta principalmente al suo attingere all’universo simbolico di uno degli sport più seguiti al mondo, quanto ha realmente in comune questo gioco con il calcio?

Una partita di biliardino in scala 1:1 - giocata da persone dotate di braccia e piedi anatomicamente corretti - mostrerebbe una versione estrema e distopica del gioco di posizione, con giocatori letteralmente fermi a presidiare il proprio spazio. La fase offensiva si fonderebbe su lanci lunghi e tiri da qualsiasi punto del campo; quella difensiva sull'intercettazione come unica e ultima risorsa a disposizione. Una guerra di trincea combattuta da giocatori disciplinati come soldati, che nei reparti si muovono all’unisono come in parata, e ai quali è vietato passarsi il pallone: il sogno proibito dei più feroci detrattori della costruzione dal basso. Un calcio così concepito offrirebbe anche una soluzione - alquanto radicale, va detto - alle questioni arbitrali. Non potendo gli attaccanti scattare al di là dei difensori, né questi ingaggiare alcun tipo di duello fisico con gli avversari, la stessa presenza della terna arbitrale sarebbe superflua. Resterebbe da quantificare l'investimento necessario per adeguare gli stadi a ospitare questa nuova disciplina, che si giocherebbe in campi che è facile immaginarsi simili all'indimenticato campo indoor di FIFA ‘98.

Rendere il calcio più simile al biliardino sarebbe un esperimento interessante, ma in controtendenza con l’attuale evoluzione verso forme sempre più dinamiche e tatticamente raffinate del gioco. Magari questa bizzarra chimera del “biliardino uno a uno” avrebbe successo come evento speciale, o come surreale competizione in stile Giochi senza frontiere.

A ciascuno il suo biliardino

La presenza di un biliardino esercita una sorta di campo gravitazionale in grado di condizionare l’atmosfera circostante. I corpi e gli oggetti che orbitano attorno al tavolo, però, possono essere molto diversi a seconda del luogo in cui si trova il biliardino.

Il bar

Il biliardino del bar possiede una serie di accessori che lo rendono perfettamente amalgamato con l’ambiente. Accanto ai segnapunti, l’immancabile posacenere o il portabibite sanciscono l’unione proibita tra sport e vizi, e non di rado i tavoli portano i segni dei momenti più travagliati di questo matrimonio: bruciature di sigaretta sulle teste degli omini, mozziconi dentro le porte o aloni di birra nel rettangolo di gioco. Nei tavoli più vissuti spesso il meccanismo a gettoni è stato manomesso, e la struttura si apre sui cardini come un baule che custodisce la promessa di infinite partite. Tipica del bar è anche la figura enigmatica - e carismatica - del veterano che ronza intorno al tavolo in attesa di dare lezioni ai giocatori occasionali; birra in una mano, sigaretta sempre accesa nell’altra, le mani callose di mille partite. Affabile e apparentemente interessato solo a divertirsi quando vi chiede di fare coppia con lui, a partita iniziata si trasforma nel Michael Jordan ultracompetitivo e dispotico di The Last Dance. Per lui il vostro modo di difendere sarà sempre troppo morbido, i vostri tiri ridicolmente imprecisi e non sarete mai abbastanza veloci ad alzare i centrocampisti quando tira con i difensori.

Al mare

Il biliardino dello stabilimento balneare attira una popolazione anagraficamente più eterogenea di quella del bar. Bambini troppo piccoli per vedere il campo senza stare in piedi su una sedia; chiassosi pre-adolescenti abbarbicati in ogni angolo del tavolo; adulti nostalgici delle partite con gli amici d’infanzia e anziani entusiasti di iniziare i nipotini al calciobalilla. A causa delle estremità sporgenti delle stecche - pericolosamente ad altezza occhi di un bambino senza sedia - il biliardino del mare è nemico giurato dei genitori più apprensivi. Capita a volte di vederli trascinare i figli piangenti lontano dal tavolo, mentre fulminano con lo sguardo il parente irresponsabile che li ha fatti giocare. Quando non adeguatamente protetto durante la stagione invernale il biliardino, esposto alle intemperie, finisce per assomigliare a un reperto dissotterrato di un’epoca lontana, con le stecche arrugginite, il campo increspato e gli omini tutti della stessa malinconica opacità.

In casa

Con il giusto spazio a disposizione un biliardino potrebbe trasformare la vostra casa in una delle mete più gettonate per le serate tra amici - così almeno deve aver pensato Gervinho, quando ha deciso di mettere un biliardino in salone. Senza le dovute accortezze, però, il rancore dei vicini rischia di crescere in maniera proporzionale alla vostra popolarità. A tal proposito, ecco alcuni stratagemmi che vi risparmieranno visite indesiderate da parte dei vicini (o delle forze dell’ordine):

Insonorizzare la stanza del biliardino: tappezzare la stanza di pannelli fonoassorbenti potrebbe risultare troppo costoso, oltre che una scelta piuttosto estrema in fatto di arredamento. Utilizzare vecchie confezioni di uova sarebbe sicuramente più economico, ma porterebbe con sé altri problemi di natura estetica - la colla sull’intonaco - e pratica - dover acquistare e/o consumare il fabbisogno di uova necessario;

Insonorizzare il biliardino: una stanza insonorizzata non risolve la questione più pressante per i vicini del piano di sotto: lo spostamento del biliardino. Per questo è consigliabile collocare il tavolo sopra un tappeto - meglio se di poco valore - o ricavare dei “poggiapiedi” da vecchie scatole di cartone;

Insonorizzare gli amici: anche attendendosi ai punti (a) e (b), è sempre consigliabile provare a controllare gli slanci più estremi dei vostri ospiti, gestire il tasso alcolemico e rispettare gli orari di riposo condominiale.

A quasi un secolo dalla sua invenzione, il biliardino conserva intatti il suo fascino e il suo magnetismo. Il rumore della pallina, colpita con forza dai piedi quadrati degli omini - non un insulto, ma un dato di fatto - risveglia in noi i ricordi delle partite al bar con gli amici o nelle lunghe estati della nostra infanzia. Subito cerchiamo con lo sguardo altre tre persone che vogliano provare quello stesso brivido: rapidità e potenza convogliate in un rettangolo di 135 per 88 centimetri. Ci consola l’idea che il biliardino, così come c’è sempre stato, continuerà a esserci. Però, come per gli squali - sulla Terra da milioni di anni eppure minacciati dalla pesca sregolata e dall'inquinamento dei mari - la sua sopravvivenza dipende da noi, e da quanti gettoni saremo disposti a barattare per trovare il calcio dentro una scatola di fiammiferi.

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