• Mondiale 2022
Emanuele Atturo

7 giocatori che pensavi ritirati e che andranno ai Mondiali

Nomi che non pensavi appartenessero ancora a quest'epoca.

Qatar 2022 si porta dietro questioni problematiche. In questo articolo abbiamo raccolto inchieste e report che riguardano le morti e le sofferenze ad esso connesse.

 

Louis van Gaal in una stanza scura seduto su una sedia da regista sembra Orson Welles sul set de La Ricotta di Pier Paolo Pasolini: un uomo dall’aria dura, custode di una saggezza profonda. Snocciola i nomi dei convocati senza nessun tipo di intonazione e, saltando sulle consonanti dure della lingua olandese, arriva alle punte. Lì, totalmente inatteso, arriva il nome di Vincent Janssen. Non è un nome del tutto assurdo per chi segue le vicende della Nazionale oranje, ma lo è per chi guarda solo il calcio per club, dedicando solo qualche visione distratta agli highlights per quanto riguarda le nazionali. Sorgono domande legittime: Vincent Janssen ancora gioca? E gioca ancora a un livello tale da essere chiamato per un Mondiale in una delle nazionali tradizionalmente maggiori del calcio europeo? Cosa mi sono perso? Siamo sempre nel 2022?

 

Questa sensazione di vertigine si è ripetuta spesso, ascoltando o leggendo i nomi dei convocati in questi giorni per il Mondiale in Qatar. Le liste contengono nomi di giocatori che sembrano sbucati da un passato dimenticato, ma un passato comunque minore o dimenticabile, e che si impongono di nuovo alla nostra attenzione.

 

Questo articolo raccoglie questi nomi con l’idea di farvi da guida nel regno dei giocatori-zombie che pensavate ritirati, che spuntano fuori dalle tombe per andare a giocare in Qatar un insolito campionato del mondo invernale organizzato nel deserto.

 

Vincent Janssen

 

Quanti anni ha: 28

Quanti anni pensavi avesse: 36

Quanto pensavi fosse finito: non te lo ricordavi proprio

Quanto è finito realmente: 6

 

 

 

Quindi cominciamo da Vincent Janssen, che non sarebbe nemmeno l’unico nome-zombie della lista delle punte dell’Olanda. Spunta infatti imponente il bulldozer di mestiere centravanti che di nome fa Wout Weghorst. Non era caduto in disgrazia, direte voi? Weghorst ha riempito le pagine dei siti di calciomercato ormai qualche anno fa. Dopo un fallimento in Premier League è finito dove finiscono le cattive idee di mercato, in Turchia, dove comunque sta ritrovando sé stesso. Un sé stesso che veste la maglia del Besiktas.

 

C’è stato invece un momento in cui Vincent Janssen sembrava un’ottima idea. Uno di quei centravanti mitici ruvidi di fisico e morbidi di piedi. Era il 2016 e aveva segnato 27 gol in Eredivisie con l’AZ Alkmaar: abbastanza per convincere il Tottenham a comprarlo. In un anno era passato dalla seconda serie olandese a essere pagato 30 milioni di sterline. Quell’anno ha segnato 10 gol col destro e 15 col sinistro. In quel periodo era definito “l’astro nascente del calcio olandese” o anche “come Danny Welbeck, ma decisamente più prolifico”. Al primo anno segna due gol e, bocciato, gli toccherà fare le valigie. A quel punto la speranza di diventare un centravanti di alto livello è finita, nonostante avesse appena 22 anni. Gli toccherà tutto il purgatorio tradizionale dei talenti decaduti: Turchia e Messico, al Monterrey, dove comunque non riuscirà a diventare la versione olandese di Gignac – come magari qualcuno sperava.

 

In estate è tornato più vicino a casa, all’Anversa, ed è stata la sua fortuna. Ha segnato 8 gol in 16 partite e a settembre era già stato chiamato da van Gaal in Nazionale. Ammetto che dopo aver visto alcuni di questi gol mi sono convinto che sia stata una buona idea. Questo per esempio è il tipo di gol che vorremmo veder segnato da qualsiasi attaccante della nostra squadra, per convinzione, forza fisica e tecnica classica da centravanti.

 


Al suo posto sono rimasti a casa nomi con ben più hype, come Donyell Malen e Bryan Brobbey, che però sono nella fase piena del loro declino e devono ancora vivere la propria rinascita. Janssen non ha mai partecipato a un grande torneo internazionale.

 

Steve Mandanda

 

Quanti anni ha: 35

Quanti anni pensavi avesse: 47

Quanto pensavi fosse finito: 8

Quanto è finito realmente: 4

 

Per capire fino a che punto Mandanda sembra appartenere a un’epoca diversa da questa vi basterà sapere che ha esordito in Nazionale prendendo il posto di Sebastien Frey. Ora invece entra nella lista dei convocati di Deschamps – in una squadra che punterà fortissimamente a vincere – prendendo il posto di Mike Maignan. Mandanda è riuscito a vincere un campionato con l’Olympique Marsiglia, nel 2009/10, quando ancora i soldi del Qatar non erano arrivati in Francia. Quell’anno il PSG arrivò 13esimo in Ligue 1 e il suo miglior marcatore fu Mevlut Erdinc.

 

Dall’epoca in cui era davvero forte – un portiere esplosivo, carismatico, fenomenale in uscita e tra i pali – è passato talmente tanto tempo che pochi possono ricordarselo. La sua carriera è talmente lunga che è difficile capirci qualcosa. A 37 anni continua a giocare a livello di club con una testardaggine invidiabile, scansando il ritiro anche al termine del suo ultimo contratto con l’OM, squadra di cui è diventato una leggenda, per firmare col Rennes. A livello internazionale Mandanda è pian piano sfumato a presenza di sfondo. Un caratterista, come tutti quei terzi portieri che vivono in un interregno indecifrabile tra il ritiro e il non-ritiro. Viene convocato in Nazionale dal 2008, ma ha fatto solo il terzo portiere, o il portiere delle amichevoli, o delle qualificazioni. L’ombra dietro Hugo Lloris. È arrivato secondo agli Europei e ha vinto i Mondiali del 2018, dove è riuscito a esordire con la Francia in un grande torneo, dieci anni dopo la sua prima presenza. Resta la sua unica presenza con la Francia in questo tipo di manifestazioni. La sua ultima presenza in assoluto risale invece a due anni fa. Ha un grande rapporto con Didier Deschamps e già nel 2019 a precisa domanda rispondeva sicuro: «Non ho mai pensato di ritirarmi dalla Nazionale. È un piacere e un onore». Stavolta non doveva proprio esserci ma poi, ecco, si fa male Mike Maignan e gli squilla il telefono.

 

Jan Vertonghen

 

Quanti anni ha: 35

Quanti anni pensavi avesse: 41

Quanto pensavi fosse finito: 7

Quanto è finito realmente: 7

 


16 anni di differenza.

 

Vi ricordate quando eravamo giovani, sognavamo con la Nazionale di Prandelli, Balotelli e Montolivo, e il Belgio arrivava ai quarti grazie alla sua Generazione d’Oro? Beh, sono passati 8 anni e quella generazione è ancora tutta qua. L’undici titolare del Belgio potrebbe essere tutto portato in questo pezzo, come esempio di una Nazionale di boomer che si rifiutano di lasciare il posto nel presente alle generazioni successive.

 

Il talento creato dal Belgio nelle annate dal 1985 al 1992 è senza precedenti nella sua storia, e i giocatori che sono arrivati dopo non sono riusciti a esserne all’altezza. Per questo, leggendo la lista dei convocati, scorre un brivido sinistro sulla schiena. La sensazione che il tempo non scorra, che il ciclo naturale si sia improvvisamente arrestato. Che il Belgio finisca per schierare in Qatar questa Nazionale di morti viventi; giocatori che scenderanno in campo in una loro versione fantasma, ambigua: saranno loro, ma ci sarà qualcosa di diverso. Il tempo che passa ne ha corroso l’impatto. Arriveranno più opachi, più lenti, ma continueranno ad evocare la loro antica classe.

 

Eden Hazard ha giocato una cinquantina di partite negli ultimi tre anni. Un anno e mezzo fa, durante l’Europeo, aveva portato in campo una versione minima di sé stesso. Lento, impacciato, senza più la capacità di infilzare gli avversari nelle classiche serie di dribbling stretti, ha fatto pesare la sua capacità di rallentare il gioco attraverso la tecnica, dare la pausa con le protezioni spalle alla porta. Piccole giocate deliziose da grande vecchio. Il Belgio è tutto così. Dietro ai vecchi ci sono giocatori ancora più vecchi. E così, se Lukaku (al suo terzo Mondiale) non giocherà al suo posto rischia di giocare il pipistrello Michi Batsuahyi, che consideravamo forte in un periodo storico in cui l’indie rock era ancora una cosa. Dietro Batsuahyi c’è addirittura Benteke, di cui da anni si parla al passato.

 

Nessuna squadra quanto il Belgio è riuscita convocare giocatori che, semplicemente, non credevate più in attività. La linea difensiva sembra un film di Romero: Alderweireld, Vertonghen e, a sorpresa, il giovane Zeno De Bast. Questo solo perché Jason Denayer ha preso la sciagurata decisione di non scegliersi una squadra fino a ottobre, quando infine si è deciso ad andare a giocare a Dubai. Nominalmente in questa lista ci finisce Jan Vertonghen per meriti acquisiti sul campo: con 139 presenze è il primatista della Nazionale belga. Superjan ha esordito con la Nazionale contro il Portogallo in una partita di qualificazione a Euro 2008. La carriera di Vertonghen è andata così in là rispetto al normale ciclo vitale di un calciatore che il record di presenze in Nazionale lo ha stabilito nel 2017. Da quel momento sono passati cinque anni.

 

Nel suo ultimo anno al Tottenham sembrava francamente finito. Esposto al passare del tempo, all’invecchiamento del corpo e della mente, da un manager spietato e ambizioso come José Mourinho. In una partita di FA Cup contro il Southampton è stato sostituito a inizio secondo tempo, e se ne è tornato in panchina distrutto, il linguaggio di un corpo che ha completamente assorbito la delusione. Pochi giocatori hanno l’aria più crepuscolare di Vertonghen. In un articolo di SB Nation si scriveva di lui: «Ha l’aria del giocatore che ha trascorso l’ultimo paio di stagioni a lottare disperatamente per stare un passo davanti al tempo che passa, per poi realizzare, forse per la prima volta, di essere rimasto indietro».

 

Da quel giorno sono passati più di due anni. Vertonghen è passato dal Tottenham al Benfica, per poi decidere di tornare in Belgio, all’Anderlecht, per chiudere la carriera.

 

Guillermo Ochoa

 

Quanti anni ha: 37

Quanti anni pensavi avesse: 66

Quanto pensavi fosse finito: 10

Quanto è finito realmente: 0

 

 

Ogni quattro anni davanti ai vostri occhi spunta una creatura. È alta e grossa, ma ha gli occhi dolci di una bella ragazza e i capelli folti come il dorso di una pecora. Li tiene sparati verso l’alto grazie a una bandana bella spessa che – si dice – non tolga dal 2003, anno del suo esordio a 18 anni con la maglia dell’America.

 

Corrucciandogli gli occhi, mettendogli addosso qualche vestito tradizionale e un cappello piumato, sarebbe la perfetta icona di qualche sanguinario sovrano mesoamericano. Nella realtà gioca come portiere ed è soprannominato Memo.

 

L’impressione di immortalità di Ochoa deriva da una carriera straordinariamente longeva, con mille fasi diverse che sia aprono come frattali. Ha esordito in Nazionale nel 2005, nel 2014 la sua carriera pareva al capolinea. Dopo alcune stagioni mediocri il suo contratto con l’Ajaccio era in scadenza, e chi lo avrebbe preso? Per qualche ragione però Ochoa gioca ancora titolare nella Nazionale messicana. In Brasile tira fuori prestazioni memorabili, in particolare contro la squadra padrona di casa. «C’è un Memo Ochoa prima di quella gara e uno dopo» ha detto parlando di sé in terza persona, come se ci fosse un Ochoa normale, e poi un Ochoa creatura diabolica, portiere insuperabile che compare ogni quattro anni a difendere i pali del Messico. Una creatura che Ochoa controlla solo relativamente.

 

Dopo quella partita si guadagna l’ingaggio del Malaga, ma la sua carriera resta anonima. Nel frattempo bisognerebbe chiedersi come mai il Messico non sia riuscito a produrre nessun portiere in grado di contestare il suo posto da titolare. Forse la creatura Ochoa contiene in sé una maledizione per le generazioni successive di portieri messicani. Non ci sarà altro portiere al di fuori di Ochoa, finché ci sarà Ochoa. E Ochoa ci sarà anche in questo Mondiale. Su di lui si trovano in giro video intitolati “Guillermo Ochoa is still a badass in 2022” o articoli che si chiudono con la dichiarazione “Streets won’t forget”. Continueremo a stupirci per le sue parate sovrannaturali come se mancasse qualcosa per considerarle davvero realistiche. Con il portiere del Messico entriamo decisamente nella categoria del paranormale.

 

Bryan Ruiz

 

Quanti anni ha: 37

Quanti anni pensavi avesse: 50

Quanto pensavi fosse finito: 9

Quanto è finito realmente: 7

 

 

Da quanto non leggete più notizie di Bryan Ruiz? Avete presente di chi sto parlando? Numero 10 della Nazionale costaricana che ci diede un grosso dispiacere ai Mondiali di otto anni fa. Balotelli sbaglia due gol, poi l’Italia perde pian piano terreno, il Costa Rica prende coraggio e su un cross che sembra lungo Bryan Ruiz allunga il collo come una giraffa che mette la testa fuori da un finestrino. La palla prende la traversa ed entra: un tipo di gol sinistramente simile a quello segnato, e poi annullato, da Arnautovic nella partita contro l’Austria agli Europei.

 

Ruiz in quel momento non era già più giovane. A 29 anni aveva già una lunga e leggendaria carriera con la maglia del Costa Rica. Il fisico longilineo, il sinistro vellutato e l’andatura compassata da grosso mammifero non sembravano fatti per il calcio di oggi. La classica cotta estiva dei Mondiali per un giocatore esotico: il numero 10 del Costa Rica. In quel periodo della sua vita vestiva la maglia del PSV, poi è tornato al Fulham, è andato allo Sporting Lisbona, in una peregrinazione costante nel purgatorio europeo delle squadre da Europa League. In questa vecchia intervista al Fulham, fatta in felpa accanto a un mappamondo, parla come uno che usa la scusa del calcio per girarsi il mondo. Se volete una botta di nostalgia, ecco una doppietta di Bryan Ruiz nel 2009 contro gli USA – capelli bagnati lunghi fino al collo, grandezza dei numeri di maglia assolutamente spropositata. Nel secondo gol Ruiz calcia il pallone da sotto, di mezzo esterno, mandandolo in traiettoria ascendente verso l’incrocio dei pali. Un gol che solo uno con mezzi tecnici eccezionali può segnare.

 

Tredici anni dopo Ruiz segna contro Panama quasi da fermo, in una delle partite decisive per la qualificazione ai Mondiali del Costa Rica. Segna indossando la maglia numero 10 e la fascia da capitano. Il telecronista grida il suo nome di Bryan come un mantra. I ritmi lenti e gli spazi ampi in cui corrono i giocatori del Costa Rica non sembrano poi essere molto cambiati. Da tre anni Ruiz è tornato a casa, gioca nell’Alajuense, la squadra in cui è cresciuto e che è stata eletta “squadra del secolo” in Costa Rica.

 

Diego Godin

 

Quanti anni ha: 36

Quanti anni pensavi avesse: 42

Quanto pensavi fosse finito: 8

Quanto è finito realmente: 8

 

 

Il crollo di Diego Godin è stato repentino, un vero tracollo. Quando nel 2018 guidava la retroguardia uruguaiana nell’estate russa, a prendersi lo scalpo del Portogallo agli ottavi di finale, era lui: “il Faraone”, creatura mitologica dalle sembianze antiche. Proveniente da un calcio dei primi del novecento per portare le regole dell’arte difensiva, scritte su antichi manoscritti antidiluviani. Un anno dopo Diego Godin era all’Inter, già quasi del tutto sgretolato. Un difensore che ha costruito la sua carriera sull’implacabilità della sua presenza fisica, sembrava gracile come un’anziano. Sono passati tre anni e Diego Godin nel frattempo ha percorso altri gradi di separazione verso lo status di giocatore finito. Dall’Inter è andato al Cagliari. Magari scendendo con le ambizioni avrebbe potuto tornare importante. Niente: Godin è rimasto impelagato in stagioni disastrate del Cagliari e a dicembre della stagione della retrocessione è stato messo fuori squadra. Il DS Capozzucca disse: «Ci sono persone che non sono degne di indossare la maglia del Cagliari». Come poteva essersi ridotto così, un giocatore celebrato per il suo carisma e la spiritualità che proiettava sulle sue squadre, insultato da Capozzucca. Indegno di vestire la maglia del Cagliari.

 

Godin aveva rinnovato un mese prima per spalmarsi l’ingaggio, non giocherà più nel Cagliari e a gennaio se ne è andato in Brasile, all’Atletico Mineiro. Dopo qualche mese rescinde il contratto anche lì. Fuori dall’Atlético di Simeone, senza la sua energia mistica, è come se Godin fosse uscito dal cerchio magico che lo proteggeva dall’invecchiamento.

 

C’è stato un momento in cui la presenza al Mondiale di Godin era incerta. Dopo la partita contro il Perù in cui l’Uruguay si è qualificato era stato salutato con un calore particolare e aveva detto che un capitolo della sua vita si era chiuso. Invece sarà al quinto Mondiale della sua carriera, come Rafa Marquez, Lothar Matthaus e Antonio Carbajal. Giornalisti uruguaiani riconoscono a Godin il ruolo di capo carismatico dello spogliatoio, ma al contempo gettano delle ombre sulla sua presenza in campo. L’Uruguay avrebbe comunque Gimenez e Araujo da schierare. La squadra arriverà però al Mondiale con questa strana varietà di giocatori vecchi e giovani. Oggi “il Faraone” somiglia di più alla sua forma mummificata. Se volete fare un viaggio nel tempo guardate qualche video dei suoi colpi di testa, o delle sue litigate, sempre piuttosto virili.

 

Dani Alves

 

Quanti anni ha: 39

Quanti anni pensavi avesse: 49

Quanto pensavi fosse finito: 9

Quanto è finito realmente: 7

 


Pure ai Giochi Olimpici era riuscito a imbucarsi.

 

A 39 anni è il giocatore più titolato della storia del calcio brasiliano (44 trofei): Dani Alves è uno di quei sovrani pazzi che non ci pensa nemmeno ad abdicare. Arrivato alla sua nona vita, è riuscito a farsi convocare da Tite. Questo nonostante il Brasile sia il Brasile, mentre Dani Alves oggi giochi dimenticato nel campionato messicano. Lo scorso anno però, in un momento di assoluta flessione della sua carriera, mentre era in Brasile, convinse il Barcellona a riprenderlo. Alla fine non giocò nemmeno male, pure in una versione estremamente ridotta di sé stesso. C’è qualcosa di irresistibile in Dani Alves. Come se la sua aura vincente bastasse di per sé a rassicurare l’ambiente circostante. Eppure Tite ha parlato di aspetti calcistici che lo hanno convinto a convocarlo: «Aggiunge una dimensione tecnica e tattica impressionante. È un organizzatore. Certo, non è più un giocatore che copre 60 o 70 metri, ma ha altre qualità. La convocazione premia la sua qualità tecnica, ma anche mentale e fisica».

 

Dani Alves è forse il riflesso più evidente della crisi di terzini che sta attraversando il Brasile, la patria storica dei migliori terzini al mondo. La sua convocazione ha sollevato diverse critiche, ma Tite dice che lui non fa le sue scelte per compiacere le persone su Twitter. In questi giorni Dani Alves non sta facendo niente per farsi amare e durante l’allenamento sui campi della Juventus è entrato coi tacchetti spianati sul tallone di Pedro, e anche sui piedi di Rapinha – come volesse sabotare il Brasile stesso.

 

Tutti i giocatori brasiliani sono platinati?

 

Nel frattempo ha anche qualche problema con la magistratura brasiliana, visto che la sua ONG avrebbe incassato un milione di euro di fondi statali senza poterlo fare.

 

Dani Alves ha saltato la spedizione in Russia del 2018 per infortunio e la sua ultima partita col Brasile in un Mondiale risale all’ottavo di finale contro il Cile risolto ai supplementari. Un’ammonizione in diffida gli ha tolto il piacere di essere presente al Mineirazo. Sarà il più anziano giocatore di sempre a partecipare a un Mondiale per il Brasile, il più anziano a Qatar 2022.

 

 

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Emanuele Atturo è nato a Roma (1988). Laureato in Semiotica, è caporedattore de l'Ultimo Uomo. Ha scritto "Roger Federer è esistito davvero" (66thand2nd, 2021).