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Emanuele Atturo

I 4 tragici momenti della partita di Ampadu

La terza retrocessione della sua carriera è arrivata al termine di una partita maledetta.

Ethan Ampadu ha le mani nei capelli, nel suo iconico cespuglio di ricci, e guarda nel vuoto. Ha appena colpito la traversa, è il secondo minuto di recupero, e forse realizza che quella era stata l’ultima possibilità di restare in Serie A. La palla gli era finita addosso e lui era stato stranamente pronto, a stopparla col sinistro e a provare la conclusione col destro. Lui che è non è certo a suo agio in quelle zone. Deve tirare di mezzo esterno, lanciando la gamba in avanti come una ballerina di can can. La palla colpisce la parte superiore della traversa. È il secondo minuto di recupero dello spareggio salvezza tra Spezia e Verona e lo Spezia sta perdendo 3-1 e quello è solo uno dei tanti tragici momenti della partita di Ampadu.

 

Con le mani nei capelli chissà se nella testa Ampadu sia passata, come una serie di immagini rapsodiche, la storia di quella partita come nei film. Chissà se si sarà chiesto come mai sia finito dentro quasi tutte le azioni più importanti. Perché è dovuto diventare il protagonista, assolutamente involontario, di quello spareggio perso. Perché ha dovuto mettere la faccia su quella retrocessione. In fondo lui nasce difensore, al massimo mediano difensivo. Dovrebbe vivere lontano dai riflettori, nel bene o nel male. In certe partite invece certi giocatori diventano degli assoluti protagonisti per caso, diventando eroi, oppure loro malgrado.

 

 

Il primo tragico momento della partita di Ethan Ampadu

Il primo momento che può essere venuto in mente a Ethan Ampadu è quello arrivato al quinto minuto. 

 

L’Hellas Verona è la squadra più forte e determinata quella sera, e forse c’entra il modo in cui è arrivata allo spareggio: lanciata da una rincorsa lunghissima, che l’ha vista essere fra le ultime tre per buona parte del campionato. Arrivava indossando una disperazione affamata, e non una spaventata, come invece lo Spezia, che si è ritrovato in zona retrocessione per la prima volta all’ultimo momento utile, cioè all’ultima giornata.

 

Il Verona ha le idee chiare e le gambe girano. Si vede bene da quest’azione in cui Dawidowicz lancia in verticale verso uno dei leader tecnici della squadra, l’eterno Darko Lazovic, che ara le fasce della Serie A da ormai un decennio. Lazovic ha più di trent’anni ma in un duello in velocità può ancora bruciare buona parte dei terzini avversari. Il modo in cui Wisniewski però si fa girare attorno è doloroso, almeno in relazione all’importanza della partita, e di quell’azione nello specifico. Lazovic mette in mezzo, Djuric è preso in controtempo e nello schermo non vediamo nessuno. Sono gli occhi dei giocatori, che guardano fuoricampo, che preannunciano l’arrivo di Faraoni. Il suo tiro sul secondo palo sarebbe stato gol, se non ci fosse stato sulla traiettoria Ampadu. Il difensore prova a respingere la palla, ma lo fa in modo goffo. La realtà è che difficile respingere un tiro del genere, col corpo in equilibrio precario, in affanno. Però l’effetto è comico. Ampadu sembra calciarsi in porta volontariamente. Sono quei casi in cui compiere una giocata utile è complicato, ma non impossibile, e non riuscirci significa subire gol. Ampadu calcia di nuovo il pallone dentro la porta per sfogare un po’ di quella rabbia che non può permettersi troppo, in un ruolo in cui gli è sempre richiesta precisione e concentrazione.

 

Quello del difensore non sarebbe nemmeno il suo ruolo. Ampadu nasce mediano e poi il Chelsea ha l’idea di convertirlo in centrale difensivo perché lì avrebbe avuto più futuro. Da centrocampista è mediocre, mentre da difensore, con quel piede, le sue prospettive paiono di alto livello. Lo scorso anno a Venezia ha giocato molto da mediano, e allora il Chelsea quest’anno si è premurato di chiedere a Gotti di farlo giocare difensore centrale, per assecondare il suo sviluppo. «Loro sono convinti che possa tornare al Chelsea da centrale difensivo» diceva Gotti a inizio anno. A Venezia mettevano prima Ampadu e poi il resto della squadra. Questo invoglia ad utilizzarlo in modi diversi a seconda delle esigenze, ma il Chelsea si è raccomandato con me di usarlo nel suo ruolo». Se Ampadu si è ritrovato a giocare la partita più importante della stagione dello Spezia in difesa (detto che ci ha giocato anche il resto della stagione) è anche per una scelta libera e indipendente di Semplici, dato perché era stato Tuchel a chiedere che venisse schierato difensore e ora Tuchel non c’è più al Chelsea. Lui comunque dice che non fa differenza, che l’importante è giocare. Chissà cosa pensa davvero. Dopo l’1-0 è ufficiale: nella sua carriera Ampadu ha segnato due volte nella propria porta e mai in quella avversaria.

 

Il secondo tragico momento della partita di Ethan Ampadu

Il 4 gennaio lo Spezia è due gol sopra l’Atalanta. Sembra davvero una grande giornata al Picco. Quel giorno Ampadu giocava mediano, dove è a suo agio ad assorbire gli attacchi avversari, e a regolare il gioco con passaggi e protezioni palla di grande pulizia. Mediano di lotta e di governo. La squadra di Gotti è brillante come raramente lo è stata e trova persino il terzo gol. Una palla senza padrone balla in area di rigore e Ampadu la gira in porta, un tiro che batte su una gamba di Sporitello ed entra in rete. Ampadu non sa bene cosa fare: è il primo gol della sua carriera. La felicità gli cola dalla faccia come gelato sciolto, e poi prova qualcosa di più codificato, di più coreografico, una scivolata sul prato. Mentre scivola, però, qualcosa non va. Qualcuno dice qualcosa all’arbitro, potrebbe essere fuorigioco. Dopo un controllo il gol viene annullato, lo Spezia verrà raggiunto sul 2-2 dall’Atalanta. Ampadu allora continua a non aver mai segnato in carriera. «Per due minuti credevo di aver fatto finalmente il mio primo gol in carriera a parte due nelle giovanili del Chelsea. Ci sono rimasto male dopo l’annullamento e mi sono concentrato sulla partita, ma al triplice fischio il rimpianto è aumentato per via del risultato», ha detto mesi dopo, come uno che ancora ci ripensa, non solo a quel gol ma forse anche al fatto che magari quei due punti avrebbero fatto la differenza tra la salvezza e la retrocessione. 

 

A un certo punto della stagione Ampadu ha rilasciato un’intervista alla tv del Galles, passeggiando sul lungomare, con sotto una smielata canzone da cartolina tutta vespe e tovaglie a quadri. «Siete un po’ troppo vicini alla zona retrocessione» gli fa notare la giornalista. Vengono da un brutto periodo: «Abbiamo avuto un colloquio a quattrocchi tra di noi. Niente di troppo serio. Giusto per essere sicuri che tutti siamo concentrati sull’obiettivo perché questo è un campionato difficile. Veniamo da un periodo particolare, ma stiamo tutti lavorando nella stessa direzione».

 

 

A gennaio, sempre contro l’Atalanta ma in Coppa Italia, Ampadu si era fatto autogol. Un autogol davvero strano, con un compagno che gli tira quasi addosso nel tentativo di respingere un pallone che era finito sul palo. L’autogol del 5-2. Venti giorni prima all’Atalanta aveva segnato il primo gol della sua vita, e poi glielo avevano annullato; e ora all’Atalanta segna il primo autogol della sua vita. La cosa che non sa ancora è che non sarà l’ultimo.

 

Si parla di Redemption arc per descrivere la traiettoria narrativa di un personaggio che poi compie un gesto riparatorio, che lo riscatta moralmente e narrativamente. È un meccanismo narrativo classico: creare una mancanza, un difetto, per generare la tensione verso la sua riparazione. Ampadu ha le sembianze del classico anti-eroe alla disperata ricerca del perdono. Il momento del riscatto, la chiusura del Redemption arc, per Ethan Ampadu sembra essere arrivata al quarto d’ora della partita, quando una palla gli corre incontro invitante al limite dell’area. È un pallone nato da un rimpallo che il caso sembra avergli messo preciso sul piede. Ampadu, lo sapete, non ha mai segnato in carriera. A riguardo ha detto che in definitiva non lo sa: «Forse il fatto che non mi sono mai focalizzato su quest’aspetto. Può essere una questione mentale, ma sicuramente devo migliorare alla voce “tiro”. Sono molto critico con me stesso». Ampadu però è anche un giocatore carismatico, capace di superare i propri limiti tecnici attraverso la propria forza mentale.

 

Ovunque andato è stato un leader, nonostante abbia appena 22 anni; si dice possa diventare capitano del Galles – dove ha esordito a 16 anni – e allo Spezia è uno dei giocatori più influenti dello spogliatoio. Ampadu si butta su quel pallone con convinzione, calcia con una tecnica perfetta, inarcando prima il corpo all’indietro per prendere forza e scaricarla in avanti. Il tiro è deviato, ma così forte che finisce comunque in porta come spinto dalla furia di Ampadu. Rimbalza sulla parte interna della traversa ed entra. Stavolta sì: il primo gol della sua carriera, nello spareggio salvezza in cui si era già fatto autogol. È già raro che un giocatore faccia autogol e gol nella stessa partita, figuriamoci uno che non aveva mai segnato in carriera. Stavolta Ampadu non esulta nemmeno troppo, è fermo e ha lo sguardo corrucciato. Sembra una persona traumatizzata dal calcio – lo capiamo.

 

Il terzo tragico momento della partita di Ampadu

Al 37’ Ampadu è costretto a correre all’indietro in recupero su Cyril Ngonge, su questa bestia mandata dal demonio nel mercato di gennaio per far retrocedere lo Spezia. Ngonge ha già segnato un gol dieci minuti prima e Ampadu era stato tutt’altro che impeccabile – diciamo così. Si era fatto mettere ingenuamente in mezzo da un uno due fatto davvero bene tra Ngonge e Djuric. Non un errore vero e proprio, più una lettura imprecisa, più da centrocampista che da difensore, che forse sarebbe uscito con tempi migliori. 

 

Ora deve rincorrere questo giocatore decisamente veloce, che calcia bene e che col suo sinistro minaccia la conclusione. Ampadu accorcia un po’ pigramente verso di lui, gli lascia troppo spazio, quello finta una volta il tiro, e poi calcia per davvero. La palla batte sulla gamba di Ampadu e a quel punto potrebbe finire un po’ ovunque, ma finisce proprio in porta. Il gol del 3-1 dell’Hellas Verona. Se Ampadu non avesse messo la gamba, senza la sua deviazione, sarebbe stato gol? Non lo sappiamo ma è una domanda stupida da farsi, visto che il gesto di Ampadu è l’unico che un difensore avrebbe dovuto fare. Un altro momento di sfortuna, prodotto da Ampadu che ha mostrato ancora una volta una tecnica da difensore approssimativa, almeno in contesti in cui è così difficile difendere.

 

È il primo anno che la Serie A reintroduce lo spareggio salvezza, e questa partita così carica di paura e tensione deve per forza creare il suo capro espiatorio.

 

Dopo il gol del 3-1 la partita conterrà ancora un’ora di drammi e casualità perfide per lo Spezia, che non riuscirà a segnare il gol del 2-3 che gli avrebbe permesso di giocare gli ultimi venticinque minuti con l’uomo in più e un solo gol da recuperare. Mbala Nzola sbaglierà tutto lo sbagliabile, Montipò parerà tutto il parabile. Faraoni sarà ricordato come l’hustler di questa partita, il Luis Suarez della lotta salvezza. Altri giocatori dello Spezia si ritaglieranno un piccolo ruolo tragico.

 

 

Chissà però se a fine partita, mentre è a terra con indosso una sensazione che conosce bene, Ampadu non stia pensando che in realtà è tutta colpa sua. In fondo è la terza retrocessione consecutiva della sua carriera. In tutte le squadre in cui Ampadu ha giocato titolare è retrocesso: Sheffield United, Venezia e ora Spezia. In nessuna di queste stagioni Ampadu ha giocato male, anzi. Allo Sheffield ha iniziato a mostrare il suo talento; al Venezia ha rappresentato una delle poche certezze di una squadra spesso ingenua e confusa. Non dimentichiamo certo quella espulsione incredibilmente ingiusta che prese a un certo punto in cui le cose sembravano andare bene, e poi sono precipitate. È un giocatore completo, moderno, persino entusiasmante da veder giocare, per il modo in cui contrasta e fa ripartire le azioni. Chissà che l’affermazione di Stones da centrocampista non abbia un’influenza anche sulla sua carriera.

 

Eppure dopo la retrocessione dello Spezia si è finiti a parlare soprattutto di lui: «Ampadu è maledetto?»  si chiede un articolo di Goal che termina con la domanda che suona ironica: «What next for Ampadu?». Ampadu raggiunge così le tre mancate salvezze di Gianluca Curci, che sull’internet più malevolo era stato soprannominato “Il retrocessore”. Siamo però lontani dal record di sei retrocessioni di Sébastien Bassong, sei, a cui dedicammo un articolo un po’ cattivello.

 

Ampadu tornerà al Chelsea ed è difficile immaginare che resti. Il suo contratto scade nel 2024 e rischia un altro anno di prestito, il quarto anno consecutivo. Chi avrà il coraggio di prenderlo? Chi si renderà conto che è un buonissimo giocatore e che questa inquietante inclinazione al tragico rappresenta solo un grande caso?

 

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Emanuele Atturo è nato a Roma (1988). Laureato in Semiotica, è caporedattore de l'Ultimo Uomo. Ha scritto "Roger Federer è esistito davvero" (66thand2nd, 2021).