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L'Hellas Verona contro il gol
07 ott 2025
Nessuno in Europa tira così tanto senza segnare come la squadra di Zanetti.
(articolo)
11 min
(copertina)
IMAGO / Goal Sports Images
(copertina) IMAGO / Goal Sports Images
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Abbiamo visto Nicolò Zaniolo mandare in curva un pallone calciato dai limiti dell’area piccola, praticamente a porta vuota. Vakoun Bayo spedirla su Marte con l’esterno da ancora più vicino. Il capocannoniere di questa Serie A, Christian Pulisic, sbagliare un rigore. In realtà, nulla di nuovo: segnare è la cosa più difficile di questo sport e il calcio ce lo ricorda periodicamente. Lo ricorda a noi che abbiamo i piedi storti e che giochiamo una volta a settimana col fiatone che ci annebbia la vista; e lo ricorda agli attaccanti di professione, che per mettere il pallone in porta si allenano ogni giorno e che per quella singola abilità vengono pagati milioni di euro. Di questa tensione verso un gol che si nega parlano spesso gli attaccanti che entrano in crisi, e gli allenatori che cercano di tirarli fuori gli dicono proprio di non pensare al gol, di continuare a tirare, che prima o poi il gol viene, e che la crisi com’è venuta scompare.

Questo però è uno sport del diavolo e, per quanto teoricamente aiuti, tirare di più non rende un gol necessariamente più probabile. Questo è vero da un punto di vista probabilistico, se avete una qualche dimestichezza con i modelli che cercano di pesare i tiri attraverso gli Expected Goals, ma è ancora più vero da un punto di vista psicologico, per cui pensare ossessivamente al gol, cercando di catturarlo con tiri eseguiti da qualsiasi posizione, può essere addirittura controproducente. Ci sono delle volte, in effetti, in cui più si tira e più il gol sembra allontanarsi, e in questa stagione nessuno sembra volercelo ricordare di più dell’Hellas Verona di Paolo Zanetti.

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Credo non sia un segreto per nessuno che il Verona ha il peggior attacco del campionato. La squadra di Zanetti in Serie A ha segnato appena due gol, quanto il Genoa, che però per lo meno li ha segnati tutti e due su azione. Se includiamo nel conteggio anche le prime due giornate di Coppa Italia, poi, il confronto diventa impietoso: contro Vicenza ed Empoli, infatti, la squadra di Vieira può dire di aver segnato altri sei gol; mentre il Verona, contro l’Audace Cerignola e il Venezia, ne può aggiungere soltanto uno.

Ciò che rende davvero eccezionale l’esperienza Verona, quest’anno, non è però tanto la sua sterilità - quanto il fatto che questa sia il prodotto di una sforzo incommensurabile per provare a segnare. Quando si dice una forza inarrestabile che incontra un oggetto inamovibile qui dovete pensare a Gift Orban e alla rete della porta avversaria.

Mi spiego meglio. L’unico gol su azione segnato dal Verona finora è il prodotto di ben 83 tiri totali: in Serie A solo quattro squadre hanno tirato di più. La squadra di Zanetti ha tirato quanto il Napoli e il Milan, sei volte più della Roma, tredici più della Fiorentina, sedici più della Lazio, e ventotto più del Bologna. Il Genoa, con cui condivide questo primato, ha cavato un gol su azione in più tirando trentadue volte in meno. Il calcolo è un po’ penoso nella sua semplicità: anche volendo includere il rigore, fanno 41,5 tiri per ogni gol.

Persino allargando lo sguardo ai cinque principali campionati europei è impossibile trovare una squadra che riesca anche solo ad avvicinarsi all’inconcludenza del Verona. In Liga il peggior attacco del campionato ce l'ha l’Oviedo, che però in otto giornate è comunque riuscito a segnare quattro gol con 65 tiri (un gol ogni 16,25 tiri). In Ligue 1, l’Angers ha segnato 3 gol in sette partite, ma lo ha fatto tirando verso la porta 56 volte (un gol ogni 18,66 tiri). In Premier League, dove pure si sono giocate già sette partite, il Wolverhampton ha cavato 5 gol da 66 tiri (un gol ogni 13,2 tiri). E in Bundesliga, che ha disputato sei giornate come la Serie A, l’Heidenheim ha segnato quattro gol facendo 55 tentativi (un gol ogni 13,75 tiri).

Solo nell’ultima partita contro il Sassuolo, la squadra di Zanetti ha tirato verso la porta difesa da Muric 17 volte, riuscendo a prenderla in 9 di queste. Il gol però, come al solito, non è arrivato, lasciando Paolo Zanetti frustrato e allo stesso tempo spaesato. «Siamo stufi di non portare a casa quello che ci meritiamo […] Veniamo da un periodo veramente strano e questo sicuramente ha inciso nella testa dei ragazzi».

Il motivo per cui il Verona segna così poco pur tirando così tanto deriva in parte dall’approccio dello stesso Paolo Zanetti, che Emanuele Atturo qualche anno fa aveva rinominato “il Klopp veneto”. Quel soprannome è in qualche modo uscito da Ultimo Uomo e circa un anno fa ha raggiunto lo stesso Paolo Zanetti, che dal canto suo se l’era spiegato con il «modo passionale con cui vivo questo mestiere». È vero però che quello di Zanetti non è solo spettacolo da area tecnica e retorica spicciola, e che le sue squadre hanno qualcosa dell’aggressività entropica tipica del calcio tedesco. Magari squadre non propriamente dal baricentro alto e dal pressing esasperato, ma che puntano molto su un calcio di transizioni, di ribaltamenti, in cui si cerca di percorrere il campo al massimo della velocità e con l’idea di arrivare il prima possibile alla porta avversaria. La sua ultima squadra in Serie A prima del Verona, cioè l’Empoli, era nelle prime posizioni per quello che Hudl StatsBomb chiama pace to goal, cioè la velocità con cui i possessi di una squadra portano a un tiro, e lo stesso si può dire in questa stagione della squadra veneta, che ha sole cinque squadre sopra di sé in questa statistica.

Il Verona non ha un baricentro così alto, e il suo pressing può abbassarsi anche di molti metri a seconda dei momenti della partita, ma l’idea di arrivare al tiro il prima possibile rimane anche in un campo più lungo, e in questo ricorda la celebre regola dei sette secondi nata nello sturm und drang della rivoluzione tedesca del gegenpressing, in cui per l’appunto bisognava arrivare al tiro entro sette secondi dalla riconquista. Roger Schmidt, il profeta oscuro di questa rivoluzione, faceva suonare una sirena se i suoi giocatori in allenamento non riuscivano a riconquistare entro cinque secondi, e possiamo immaginare Paolo Zanetti fare lo stesso se i suoi giocatori non arrivano al tiro in un lasso di tempo simile con una sonora bestemmia (siamo in Veneto dopo tutto). Il Verona, in questo senso, è seconda solo al Como per tiri arrivati entro cinque secondi da un’azione difensiva nella metà campo avversaria (29 contro 26), e quarta per tiri arrivati alla fine di un contropiede (7). Il Verona insomma abbraccia un’idea di calcio quantitativa - in cui cioè per segnare si punta sulla quantità di occasioni da gol più che sulla loro qualità - e da questo punto di vista non sorprende che sia anche la squadra che, insieme alla Juventus, tira di più da fuori area (finora ben 34 volte).

Chi sarà il primo nel Verona a subire il trattamento Henry?

Questo, però, racconta solo una parte della storia. O forse sarebbe meglio dire che i dati smentiscono parzialmente l’idea di un Verona la cui precisione sotto porta è minata alle fondamenta da un gioco che chiede ai suoi giocatori di tirare da qualsiasi posizione, anche da quelle che i modelli statistici sconsiglierebbero categoricamente. Il conteggio degli Expected Goals della squadra di Zanetti, infatti, non è così magro come si potrebbe pensare (5.99). È sotto la media della Serie A, vero, ma non così tanto: il dato del Verona tutto sommato non è così lontano da quello di squadre come la Roma e l’Udinese (rispettivamente 6.77 e 6.65) ed è superiore a quello di Fiorentina, Bologna e Sassuolo, che - per dire - ha segnato 7 gol su azione producendo appena 4.38 xG.

Avete capito dove sto andando a parare: bisogna parlare dei tre cavalieri dell’Apocalisse di questa storia, cioè Gift Emmanuel Orban, Giovane e Suat Serdar. Complessivamente loro tre hanno prodotto 51 degli 83 tiri del Verona, cioè quasi il 62%, e arrivati a questo punto devo ammettere che non so se sia davvero Zanetti a chiedere loro di tirare così tanto, o se sia lui che, come si dice, si stia adattando al materiale che ha a disposizione, pregando che una benedetta palla finalmente entri in porta.

Solo nell’ultima partita, contro il Sassuolo, Orban, Giovane e Serdar hanno prodotto 12 dei 17 tiri totali con un computo di xG complessivo da percentuale di un partito liberale italiano: 0,64. La partita è arrivata una settimana dopo quella in cui è diventato chiaro a tutti che il Verona avesse un problema. Contro la Roma di Gasperini, all’Olimpico, la squadra veneta aveva tirato verso la porta di Svilar 12 volte accumulando ben 1.61 xG: uno score che secondo i dati di Hudl StatsBomb porta a una vittoria nel 56% dei casi. Il problema, però, è che la porta il Verona l’aveva presa solo tre volte, in un crescendo rossiniano che aveva portato Gift Orban a colpire la traversa da meno di tre metri dalla linea di porta.

0.76 xG perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia.

Dopo la partita, Paolo Zanetti aveva iniziato a mostrare i primi segni di cedimento ma sembrava ancora credere nell’ottimismo della ragione: «Giovane e Orban sono alla terza partita insieme ma c'è margine per dialogare. Oggi è mancata precisione, oltre alla fortuna. Dobbiamo servire palloni, creare altre occasioni. Entrambi hanno tanto da dare e qualità, è questione di tempo».

Oggi fa sorridere pensare che l’attacco del Verona fosse diventato un tema, almeno tra quelli che hanno deciso di dare in pasto le proprie giornate al calciomercato e al Fantacalcio. Sean Sogliano è da tempo considerato uno dei migliori DS in Serie A a fare le nozze con i fichi secchi, e quest’estate sembrava aver dipinto la sua Gioconda. Da una parte Gift Orban, un attaccante che poche stagioni fa era considerato la new sensation dei centravanti europei e che era stato capace di segnare 9 gol in 10 giorni; dall’altra Giovane, che per anni era stato cercato dalla Serie A come il Sacro Graal dell’arte offensiva, un attaccante per cui Raffaele Palladino ha lasciato intendere di aver litigato con la Fiorentina. Oggi, insieme, hanno accatastato l’enormità di 40 tiri senza mai segnare su azione, se si esclude allora il rigore messo dentro da Gift Orban contro la Juventus. Solo un altro monumento all’inconcludenza come Santiago Gimenez è riuscito a ergersi al di sopra di loro, che hanno messo insieme 3,29 xG senza mai riuscire a segnare un gol su azione.

Vi starete chiedendo: qual è il problema? È l’imprecisione, la sfortuna, la posizione del campo da cui Giovane e Gift Orban decidono di tirare, l’ossessione per il gol? Il nodo gordiano, qui, però non si può tagliare e si direbbe che sono tutte queste cose contemporaneamente. Giovane e Gift Orban, in questo senso, sono complementari nelle proprie caratteristiche tecniche, che sembrano agevolare questo cocktail esplosivo: il primo ha davvero un ottimo sinistro, come ha rimarcato Zanetti più volte in conferenza e che è confermato dall’eccellente 60% di accuratezza; il secondo ha un buona tecnica di tiro con il destro, e sarebbe ingiusto non citare anche la sfortuna tra le motivazioni che non gli hanno permesso ancora di segnare un gol su azione.

Giovane, al suo esordio in Serie A contro l'Udinese, ha preso una traversa clamorosa calciando dal limite dell'area, con un mix di potenza e precisione che deve aver fatto salivare chi lo aveva appena comprato al Fantacalcio. Gift Orban, allo stesso modo, è andato molto vicino al gol contro due grandi squadre come Juventus e Roma, e solo due miracoli di Di Gregorio e Svilar gli hanno impedito di mettere a referto un gol che per la stragrande maggioranza degli attaccanti rimane un sogno per tutta la carriera.

Insomma, non succede tutti i giorni che un portiere ti pari un tiro al limite dell'area piccola con la faccia.

Entrambi, però, proprio dalla consapevolezza di avere un buon tiro traggono una sicurezza nel tentare la conclusione anche da posizioni da cui non sarebbe esattamente consigliabile, e da questo punto di vista è notevole che, parametrando i dati per 90 minuti, Gift Orban sia riuscito a spodestare il sultano dei tiri improbabili, cioè sua maestà Nikola Krstovic (che si ferma a 4.73 per 90 minuti contro i 4.82 di Gift Orban). In suo onore, ripropongo una rubrica che avevo pensato proprio per l’attaccante montenegrino: Gift Orban e Giovane ma ad ogni immagine tirano da più lontano.

Mi dispiace concludere questo pezzo con una nota sarcastica, non è mia intenzione sminuire la frustrazione che deve derivare da questa situazione. Due giocatori giovani appena arrivati in Italia, che vogliono stupire, e che proprio per questo si ritrovano imprigionati in un’ossessione che ad ogni tiro li rende più ridicoli: sportivamente parlando è drammatico.

O almeno: così è come me la vivrei io. Sarebbe bello invece se loro continuassero a provarci con questa leggerezza anche tra altri cento tiri finiti sugli spigoli della traversa, a riportare il masso in cima alla montagna ogni singola volta con un sorriso fiducioso disegnato sul viso. Come ha scritto Albert Camus: "Anche la lotta verso la cima basta a riempire il cuore di un uomo. Bisogna immaginare Sisifo felice”.

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