Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
UFC 251: senza pietà
14 lug 2020
Usman conferma il suo dominio, Petr Yan fa sempre più paura.
(articolo)
12 min
Dark mode
(ON)

Il primo evento UFC organizzato nella famosa “Fight Island” - in realtà si tratta di Yas Island, ad Abu Dhabi, un pezzo di deserto separato dal resto da un canale d’acqua costruito dall’uomo proprio per poterla chiamare “isola” - prometteva match memorabili e c'è da dire che, nonostante un contesto per forza di cose non ottimale, gli incontri hanno mantenuto le promesse.

UFC 251 è stato un evento complicato da organizzare. Originariamente avrebbe dovuto aver luogo a Perth, in Australia, ma a causa della pandemia di COVID-19 i programmi hanno subito un cambiamento di location (sui nostri schermi l’effetto è stato lo stesso, la sola cosa diversa dal solito è stata l’assenza di pubblico e l’utilizzo di un ottagono di misura maggiore); inoltre, fino ad una settimana fa il contendente al titolo per la corona dei pesi welter era Gilbert “Durinho” Burns, che però è risultato positivo al COVID-19 e, con solo sei giorni di preavviso, è stato sostituito da Jorge Masvidal per combattere contro il campione Kamaru Usman.

Usman oramai è conosciuto da quasi tutti i fan di MMA, anche quelli più occasionali, come un campione dominante come pochi e Jorge Masvidal, che stava cavalcando l’onda del mestierante (bravo, valido, dotato, ma sempre in mancanza della metaforica lira per fare il milione) prima di vincere in maniera brillante da match che sulla carta dovevano complicati (Darren Till, Ben Askren, Nate Diaz), non aveva ottenuto il match per la cintura in primo luogo per motivi economici.

Masvidal è un artista marziale misto abbastanza completo, carente nel wrestling puro e nella capacità di mixare al meglio le fasi, ma eccelso nello striking, nel footwork e anche nel ground game, sia offensivo che difensivo. Nelle ultime uscite, pare proprio che l’esplosione del suo personaggio gli abbia fatto bene, portandolo ad una seconda giovinezza, a cavalcare l’onda mediatica del “baptism” che promette ai suoi avversari nei panni dello “Street Jesus” e a mostrare un valore ben più alto di quello dimostrato negli anni passati, palesando miglioramenti effettivi in ogni aspetto del combattimento.

Insomma, uno dei più sicuri e stabili campioni che l’UFC abbia in questo momento, contro un possibile outsider che ha cominciato letteralmente per strada (anzi, nei backyard di Miami): è anche per storie così, oltre che per gli incontri che ne derivano, che seguiamo questo sport.

Usman e Masvidal: e vissero tutti felici e contenti (tranne il pubblico)

Ogni appassionato di MMA, anche quelli che detestano la noia che deriva dal suo stile fatto di stalli, pressione e controllo a parete (condito magari da qualche stomp), vi dirà che Kamaru Usman ha la stoffa del campione. Ma è anche uno dei fighter più capaci di adattarsi alle diverse situazioni, sfruttando le lacune degli avversari ed esaltando le proprie qualità. In virtù di una fisicità praticamente incontrastabile nella sua divisione di peso e di una resistenza pressoché illimitata, anche con un ritmo forsennato, che gli consente di arrivare fresco e pimpante al quinto round.

Prima dell’incontro, Jorge Masvidal aveva rassicurato tutti dicendo che nonostante la chiamata a breve distanza lui era pronto, perché non si era mai veramente fermato, non aveva mai smesso di allenarsi. Alla fine, nonostante la comprensibile sconfitta per decisione unanime dei giudici, dopo cinque round molto intensi, Masvidal ha cementato la sua posizione di numero 2 della categoria: è stato l’unico a impensierire Usman in termini di striking (insieme ad Emil Meek, un incontro che però risale a più di due anni fa, e che comunque non aveva la sua solidità nel grappling). Usman è sembrato persino in imbarazzo in alcune fasi dell’incontro, anche se mai effettivamente in difficoltà.

Dal canto suo, il campione è riuscito a controllare Masvidal, senza però creare danni veri e propri. Masvidal ha combattuto con la smorfia di ferocia di chi vuole provare a vincere anche quando tutte le possibilità gli vanno contro, è stato brillante e pericoloso nelle prime due riprese, ma ha avuto un comprensibile calo fisiologico nelle ultime tre.

Nei primi due round Usman ha sofferto il ritmo e la capacità di attaccare di Masvidal, che è stato anche in grado di limitarne il grappling. Già da metà della prima ripresa Kamaru sembra aver deciso che portare a casa il match in maniera intelligente è la cosa migliore, per questo attacca in una maniera che può sembrare quasi blanda per arrivare il più vicino possibile alla parete, e poi sfruttarla per mettere in atto il suo game plan preferito: pressione, controllo, colpi mirati alla quantità come stomp, ganci al corpo, spallate. Il clinch a parete di Usman è la sua arma migliore: nessun welter finora ha mostrato di poter contenere quel tipo di lavoro.

Anche Masvidal è stato fiaccato da questo lavoro e forse la mancanza di pubblico, che probabilmente avrebbe sottolineato il proprio disappunto, ha fatto la sua parte. Dopo le prime due riprese il lavoro di Usman ha cominciato ad avere effetto e un momento importante è arrivato nel terzo round: dal clinch il campione ha colpito lo sfidante con un montante fra la zona inguinale e lo stomaco; Marc Goddard, l’arbitro, decide di intervenire e Masvidal sembra accusare più la stanchezza generale che il colpo basso, accettando di prendersi il tempo necessario per tornare a combattere.

Quando Masvidal riesce a slegarsi dal clinch del campione, colpisce con jab e diretto a seguire, ma Usman è disposto anche ad assorbire il colpo pur di tornare alla fase di legata e stancare ancora il suo avversario. Lo stile da carica a testa bassa di Usman lo favorisce anche in qualche entrata in clinch: in un’occasione, aprendosi strada con la testa, apre anche una ferita sul volto dello sfidante.

Usman va a segno con un gancio potente nel quarto, ma Jorge mostra di avere una mascella d’acciaio e sui cartellini dei giudici, alla fine, Usman porterà a casa un match-fotocopia nelle sue cinque riprese quasi sempre in controllo con il punteggio di 50-54, 50-45 e 49-46. Nelle statistiche finali i colpi significativi sono in favore del campione che conduce con 94 contro 66, a cui si aggiungono i cinque takedown.

Kamaru Usman si conferma così campione, all’insegna dell’assenza quasi totale di spettacolarità. Sembra di aver visto solo un assaggio di match: se Masvidal dovesse continuare a vincere, un rematch non potrà essergli negato e magari con un camp completo la sua strategia sarà più efficace. Intanto il prossimo avversario di Usman dovrebbe essere Gilbert Burns, quando sarà tornato al cento per cento.

Quanto è contato il game plan di Usman? Tanto, se non tutto. Le critiche legittime sulla sua spettacolarità per forza di cose sono venute meno nel momento in cui è sorta la necessità di portare a casa un match contro un avversario ostile e brillante. Usman, da campione solido qual è, ha scelto la via più adatta a lui, rischiando pochissimo e tentando di imporsi grazie alle qualità maggiori nelle fasi del combattimento che sono le sue preferite e contemporaneamente anche le meno gradite da Masvidal. Usman a livello strategico e tattico ha fatto il match perfetto, ma in fin dei conti Masvidal ha dominato la scena. È per questo probabilmente che, nonostante l'esito del match sia stato chiaro, lo sfidante è stato più celebrato del campione. E se ciò non bastasse, Masvidal ha anche promesso di voler tornare a sfidare Usman, dichiarando nel post-fight di avere la formula per batterlo adesso.

Volkanovski e Holloway: il match della discordia

Alexander Volkanovski si era aggiudicato il primo incontro con Max Holloway (a UFC 245) togliendogli il titolo. Quando Holloway ha fatto il suo ingresso in gabbia per la prima volta dopo anni senza la cintura di campione dei pesi piuma, sabato notte, la sensazione era che con i giusti accorgimenti avrebbe potuto rimontare l’unica sconfitta ottenuta nella sua divisione da sette anni, e rimettersi la cintura alla vita. E alla fine dell’incontro, prima di conoscere il verdetto dei giudici, in molti erano sicuri che ce l’avesse fatta.

Fra l’inizio e la fine dell’incontro intercorrono 25 minuti di altissimo livello. Abbiamo visto combattere due dei campioni più forti e completi che si siano mai visti: Holloway pareva esser partito col piglio di chi vuole dominare e per due round si sono visti non solo avanzamenti, colpi chirurgici al mento che hanno regalato due knockdown, ma anche low kick (che parevano aver fatto la differenza fra i due nel primo match, a detrimento proprio di Holloway) schivate sugli overhand di ritorno di Volkanovski e molta pressione. La rapidità, il ritmo e il controllo delle distanze di Holloway avevano colmato il vantaggio nell’allungo di Volkanovski, che all’inizio della terza ripresa sembrava in una pessima posizione.

Ma è proprio dal terzo round - che nell’opinione di chi scrive, al contrario del giudizio dei giudici, ha vinto ancora da Holloway, per il controllo dell’ottagono e delle distanze - che Volkanovski inizia a sentire il senso d’urgenza e cerca di limitare la pressione: anche indietreggiando, Volkanovski inizia a fermarsi e a centrare con colpi accorti al volto e alla figura il suo avversario. In un momento della terza ripresa Volkanovski si ferma, attacca frontalmente e porta a parete Holloway.

Il quarto round è stato equilibrato, ma Volkanovski ha superato Holloway nel conteggio finale dei colpi, mettendo a segno un takedown decisivo per aggiudicarsi la ripresa. È in questo momento che Holloway ha accusato i primissimi segni della stanchezza e il quinto è stato ancora più nettamente a favore dell’australiano, che ha vinto gli scambi aperti. Holloway ha provato ancora a portare avanti la sua strategia, pressandolo, ma Volkanovski ha trovato le misure e il timing giusto.

La decisione dei giudici non è stata unanime, con un giudice che ha dato la vittoria a Holloway per 48-47 e gli altri due che hanno premiato il campione con un punteggio identico, ma a parti invertite.

Nel primo match fra i due Holloway si era fatto fregare dai low kick e da un game plan intelligente di Volkanovski, volto al mordi e fuggi. Stavolta la situazione è diversa e a mio avviso Holloway è stato privato della vittoria: i round più netti sono il primo, il secondo ed il quinto, mentre il terzo ed il quarto sono stati i più equilibrati. La sola cosa certa e sicura che fino alla terza ripresa, in virtù di colpi significativi, danni procurati (i due knockdown nei primi due round, ma anche il dominio fisico nell’avanzamento, nell’aggressività e nel successo nei colpi del terzo) e striking effettivo prodotto (che in questo caso dovrebbe essere il primo fattore nelle decisioni dei giudici, visto il tempo maturato negli scambi) Holloway ha dominato.

Alla fine Max Holloway resta con un pugno di mosche in mano, dopo uno dei match più tattici della sua intera carriera. Si è detto deluso, ma anche pronto a ripartire. Volkanovski ha cementato la sua posizione al vertice della divisione e attende nuovi avversari, probabilmente il vincitore del match tra Brian Ortega e Jung Chan-sung (ma combatteranno anche Zabit Magomedsharipov e Yair Rodriguez, e magari UFC sceglierà da qui il possibile sfidante). La divisione dei Piuma si fa sempre più interessante.

Senza pietà

Petr Yan è uno che onora sempre il suo soprannome: “No Mercy”, Senza Pietà. La testa più importante aggiunta dal russo sopra al suo caminetto, giusto lo scorso sabato, è quella del leggendario Jose Aldo, uno dei più grandi dominatori della storia di una divisione che adesso pare essere arrivato alle ultime battute. Aldo ha deluso le aspettative, nonostante la buona partenza, ma Yan si è confermato un fighter roccioso, pericoloso e dalle mani pesantissime, a cui piace testare i propri avversari sul piano della solidità prima di schiacciare il piede sull’acceleratore e decidere quando terminare un match. Con questo match, Yan è diventato campione dei Pesi Gallo, e con merito.

Dopo aver iniziato con buoni scambi ed aver mostrato buoni movimenti di testa, Aldo nell’ultimo minuto del primo round ha iniziato a subire l’overhand destro avversario (la sua guardia lascia la traiettoria libera, probabilmente per favorirne anche il movimento di testa, ma Yan ha iniziato ad azzeccare l’angolazione del colpo) e dopo aver subito un solido calcio circolare al corpo ha tentato il takedown, ma è stato recuperato e costretto in guardia da un Yan. Dalla stack position, Yan ha cominciato a colpire furiosamente, mettendo anche a segno un colpo al corpo che pareva aver rotto una costola al brasiliano, ma che invece ha recuperato poco dopo.

Nel secondo round Aldo mette i colpi migliori, ma Yan non si scompone e accetta di incassare, mantenendo lucidità e atletismo inalterati, intaccando qualche certezza di Aldo sul piano psicologico.

I colpi al corpo che Aldo ha sferrato parevano essere più decisi e concreti rispetto agli uno-due del suo avversario, ma poco dopo ha cominciato a calare la sua tenuta atletica. Yan è stato costretto a cambiare guardia, perché Aldo in versione taglialegna lo stava centrando con i low kick, ma anche in questo caso il brasiliano ha finito per stancarsi - il ritmo è stato davvero forsennato: sia Yan che Aldo hanno segnato un nuovo record personale di colpi significativi a segno.

Anche il terzo round è stato combattuto, Aldo ha aumentato ulteriormente intensità e potenza dei colpi, andando a segno al volto, alla figura, alle gambe, ma il quarto round è stato invece dominato dal russo: Yan ha messo una marcia in più ed ha iniziato a pressare Aldo ormai stanco, che ha indietreggiato e incassato le combinazioni, a volte anche prolungate. Alla fine Jose Aldo è caduto vittima di una combinazione feroce ed è stato costretto a subire più di un minuto ininterrotto di ground and pound, prima che l’arbitro si decidesse a stoppare un match che avrebbe potuto essere chiuso prima. Petr Yan è diventato così il nuovo campione dei Pesi Gallo, anche se l’ombra di Aljamain Sterling e Marlon Moraes adesso è più minacciosa.

Il russo, comunque, ha dimostrato una grande solidità. Marlon Moraes aveva subito, nel suo match contro Aldo, il ritorno del suo connazionale sul piano fisico e della tenuta atletica. Yan ha puntato proprio su questi due aspetti, partendo piano come fa di solito, e in questo modo è riuscito a risalire la china in maniera netta e decisa. La pazienza lo ha premiato quando Aldo ha iniziato a subire le prime amnesie, dettate probabilmente dalla stanchezza e dall’incapacità di finire il suo avversario. La testa del brasiliano ha iniziato ad essere più statica e gli uno-due di Yan si sono fatto chirurgici, potenti, premonitori di una fine che lo avrebbe visto con la cintura di campione alla vita.

Rose

Rose Namajunas e Jessica Andrade, tornate nelle migliori versioni di sé stesse, hanno offerto uno spettacolo irripetibile e di altissimo livello in un rematch sui tre round. Il match è stato molto divertente e Namajunas - che ha vinto per decisione non unanime - ha effettivamente dominato larga parte dei primi due round, per cedere poi in maniera più netta nel terzo, dopo aver incassato ganci e diretti di Andrade.

Andrade è stata inizialmente paziente e accorta ma per trovare successo ha dovuto attendere che Namajunas si stancasse, e a quel punto rispolverare la sua vecchia versione aggressiva. Dopo la rivincita dell’americana aspettiamo la chiusura della trilogia, magari non subito dato che, probabilmente, UFC preferirà far affrontare a Namajunas la campionessa Weili Zhang. Anche Zhang ha già nominato più volte Rose e ha detto di nutrire profondo rispetto per lei.

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura