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Come Pochettino ha sorpreso Guardiola
10 apr 2019
10 apr 2019
Gli Spurs hanno giocato una grande gara difensiva.
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Foto di Dan Mullan/Getty Images
(copertina) Foto di Dan Mullan/Getty Images
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In questi anni al Manchester City, Pep Guardiola ha costruito la manovra più efficace, collaudata, ricca di alternative in Europa: la combinazione tra il talento presente in rosa e la quantità incalcolabile di meccanismi con cui manipola qualsiasi schieramento e trova una soluzione per ogni strategia difensiva, da quelle più aggressive a quelle più orientate al controllo degli spazi negli ultimi metri, ha trasformato la squadra di Guardiola nell’incredibile macchina da gol che conosciamo oggi.

Le avversarie del City partono quasi sempre in svantaggio, perché innanzitutto devono pensare a un modo per limitare il suo potenziale offensivo, e concentrando gli sforzi nella loro metà campo finiscono spesso per attaccare poco e male.

Prima del quarto di finale di Champions League contro il Tottenham, soltanto due squadre in stagione erano riuscite a tenere la porta inviolata contro questo City: il Liverpool nella gara d’andata in campionato (0-0) e per due volte il Chelsea, all’andata in campionato (2-0) e nella finale di Coppa di Lega, poi persa ai rigori. Contro il City, però, anche squadre ricche di talento come Liverpool e Chelsea hanno dovuto accettare di concedere il possesso per lunghi periodi e preparare un buon piano difensivo, rinunciando almeno in parte alla propria pericolosità.

C’erano diversi aspetti che suggerivano che una partita difensiva attenta, che combinasse aggressività e copertura degli spazi, non fosse nelle corde del Tottenham. Innanzitutto le caratteristiche della squadra di Mauricio Pochettino: tra le migliori in Europa a difendere in avanti, ma anche vulnerabile quando la prima pressione viene saltata e la difesa viene attaccata in campo aperto. Poi, la tendenza ad avere momenti di disattenzione, che ad esempio un anno fa portarono all’eliminazione contro la Juventus negli ottavi di Champions League, al termine di una doppia sfida giocata alla grande.

Infine, c’era da considerare lo stato di forma del City, che aveva sempre vinto negli ultimi due mesi, mentre il Tottenham aveva perso quattro volte nelle ultime sette partite.

Invece gli “Spurs” sono stati praticamente perfetti in difesa e con un gol di Son hanno vinto col minor margine possibile (1-0) ma sufficiente a restare più che ottimisti in vista della partita di ritorno. Il City di Guardiola, da parte sua, ha avuto la sua migliore occasione con il calcio di rigore parato da Lloris ad Agüero: nelle restanti 9 volte che è arrivato al tiro, ha centrato lo specchio solo in una occasione.

Il valore degli xG creati è quasi in parità, il Tottenham però ha tirato di più.

La grande partita difensiva del Tottenham

Nel piano preparato da Pochettino si sono combinati l’aggressività necessaria a non farsi schiacciare all’indietro dal palleggio del City e una copertura degli spazi esemplare.

Il Tottenham ha pressato il City fin dalla prima costruzione, senza però cercare di recuperare palla in alto, scegliendo invece di impedire alla squadra di Guardiola di risalire il campo palleggiando. L’altezza del baricentro e del recupero della palla - rispettivamente a 46,2 metri e a 33 m - sono rimasti piuttosto bassi, ma con la loro strategia gli "Spurs" hanno limitato notevolmente la manovra del City nell’ultimo terzo di campo, zona in cui i "Cityzens" hanno completato appena 77 passaggi in tutta la partita, pur avendo tenuto palla quasi per il 60% del tempo.

Le intenzioni dei padroni di casa (alla loro prima partita in Champions nel loro nuovo, bellissimo e avveniristico stadio) sono apparse chiare già dopo due secondi, con Harry Kane che ha intercettato il lancio di Otamendi appena dopo il calcio d’inizio. I meccanismi preparati da Pochettino si sono svelati subito dopo, sullo sviluppo dell’azione: Kane è rimasto più avanzato tra i due difensori centrali del City (Otamendi e Laporte), Alli dietro di lui è andato nella zona di Fernandinho, mentre Sissoko si è alzato su Gündogan; intanto i due esterni, Eriksen e Son, restavano stretti e orientati con il corpo in modo da chiudere le linee di passaggio sulle fasce.

In questa stagione Pochettino ha stabilmente utilizzato sistemi che prevedevano due punte, spostando Son di fianco a Kane.

Per la gara con il City ha invece tenuto Kane da solo, come centravanti, allargando Eriksen e Son sulle fasce, anche per garantirsi determinate uscite in pressione e anticipare le possibili contromosse di Guardiola per costruire da dietro in modo pulito.

Quando Delph ha provato a innescare il meccanismo del falso terzino, soprattutto nei minuti iniziali, accentrandosi da sinistra, era Eriksen a seguirlo, mentre alle sue spalle gli interni di centrocampo, Winks e Sissoko, impedivano passaggi taglia-linee verso i giocatori del City che si muovevano alle loro spalle.

Otamendi non ha nessuna opzione disponibile attorno a lui. Alli copre Fernandinho, Kane chiude il passaggio verso Laporte, l’accentramento di Delph è stato seguito da Eriksen, alle sue spalle Winks e Sissoko oscurano Silva e Agüero, mentre Son chiude la linea di passaggio laterale.

In questo modo Fabian Delph ha abbandonato presto l’idea di accentrarsi, e in modo più naturale è stato Gündogan ad abbassarsi per far uscire la palla dalle zone arretrate, anche perché il controllo di Alli rendeva complicato coinvolgere Fernandinho. Ma persino quando Alli si allontanava dal mediano brasiliano, lo schieramento del Tottenham riusciva comunque a bloccare qualsiasi tentativo del City di uscire da dietro palleggiando.

Con la loro disposizione, i giocatori coinvolti nel primo pressing erano abili a svolgere diversi compiti a seconda dello sviluppo dell’azione. Kane e Alli erano pronti a scalare in avanti sui difensori centrali, ma allo stesso tempo schermavano Fernandinho e Gündogan alle loro spalle; le posizioni strette di Eriksen e Son permettevano a entrambi sia di scalare lateralmente sui terzini che di alzarsi sugli interni di centrocampo del City, sui quali a loro volta potevano accorciare Winks e Sissoko, che allo stesso tempo si preoccupavano di negare possibili ricezioni alle loro spalle (ad Agüero e David Silva).

Lo schieramento del Tottenham impedisce al City di uscire velocemente dalla sua metà campo.

Alla fine del primo tempo, con poco più del 40% di possesso, il Tottenham aveva completato più passaggi del City nell’ultimo terzo di campo (41 a 19) e aveva concesso alla squadra di Guardiola appena 4 passaggi all’interno dell’area.

Dopo l’intervallo il City ha provato a occupare meglio gli spazi dietro il centrocampo del Tottenham con lo spostamento di Agüero sul centro-destra, che oltre ad aggiungere una linea di passaggio a chi impostava poteva dare più imprevedibilità alla manovra, scambiando la posizione con Mahrez. Il Tottenham ha però letto bene anche questo meccanismo e la manovra del City non è migliorata.

Agüero è largo a destra e Mahrez si accentra per ricevere dietro Winks. Vertonghen però lo segue e il Tottenham recupera la palla.

In questo contesto, per risalire il campo il City poteva solo girare il pallone sulla fascia e affidarsi alle conduzioni di Mahrez o Sterling, se possibile isolati contro i terzini. Ma di fatto, anche quando ha avuto spazi per attaccare in transizione, il City non è riuscito a puntare velocemente la porta perché il Tottenham occupava bene il campo e rallentava l’avanzata, raddoppiando quasi sempre sul portatore di palla.

In fase di costruzione gli “Spurs” hanno rinunciato al palleggio per lanciare lungo e manovrare già in zone avanzate, dopo aver vinto un duello aereo o dopo aver riconquistato la palla. Nelle frequenti situazioni confuse che si creavano dopo aver lanciato da dietro, il Tottenham è riuscito a organizzare pochi secondi di pressione per tentare il recupero veloce, ma si è assicurato allo stesso tempo la copertura degli spazi per impedire al City di ripartire in verticale.

L’intelligenza e il dinamismo di Winks e Sissoko sono stati fondamentali per dare equilibrio alla squadra. Entrambi hanno dato stabilità alle transizioni difensive e hanno garantito radoppi ai terzini e copertura ai giocatori più avanzati, muovendosi per l’intera metà campo difensiva.

Ma anche i giocatori più tecnici come Alli o Eriksen hanno garantito ripiegamenti profondi e corse all’indietro in transizione per non lasciare al City ripartenze in campo aperto. La più pericolosa è stata probabilmente al 64’, quando Sterling ha potuto puntare in velocità Vertonghen: un suo controllo sbagliato e i recuperi alle sue spalle di Alderweireld, Sissoko e Winks hanno però fatto svanire una potenziale grande occasione.

Poteva finire male, ma Vertonghen è stato bravo a contenere Sterling e a far arrivare in suo aiuto tre compagni.

Le difficoltà del City

I continui raddoppi su Sterling e Mahrez hanno tolto al City la possibilità di aggirare i problemi in fase di costruzione e avanzare direttamente appoggiandosi ai suoi esterni. Le conduzioni di Sterling da sinistra verso il centro sono state le giocate che più di tutte davano l’idea di poter creare problemi al Tottenham: il rigore per il fallo di mano di Rose nasce proprio da un’iniziativa dell’esterno inglese, che ha anticipato il raddoppio infilandosi tra Trippier e Winks.

Riyad Mahrez, a differenza del compagno sulla fascia opposta, che pur senza essere molto efficace ha completato 5 dribbling su 8 e con i suoi strappi è riuscito ad accendere gli attacchi del City, è invece rimasto molto al di sotto dei suoi standard: un solo dribbling riuscito su 4, una sola occasione creata, nessun tiro e appena 7 passaggi completati nell’ultimo terzo di campo.

Sterling si accentra palla al piede da sinistra, ma non può affondare e deve continuare ad accentrarsi perché Son si è abbassato ad aiutare Trippier.

In definitiva Pochettino ha preparato un piano difensivo praticamente perfetto, che ha impedito al City di risalire agevolmente il campo, sia quando costruiva da dietro sia quando ha avuto modo di attaccare in transizione. E non è un caso che i giocatori ad aver sbagliato più passaggi (11) siano stati i due terzini, Walker e Delph, e Fernandinho, cioè i riferimenti sui quali il City doveva appoggiarsi per uscire dalle zone arretrate e far avanzare l’azione.

La squadra forse più abile d’Europa a moltiplicare le linee di passaggio e a trovare soluzioni per manipolare gli schieramenti avversari è stata sorprendentemente rigida.

Guardiola ha scelto uno schieramento con due interni a centrocampo e il solo Silva a legare la costruzione arretrata e la manovra avanzata, muovendosi dietro il centrocampo del Tottenham. Ovvero, per risalire il campo il City ha dovuto rinunciare a manovrare all’interno dello schieramento avversario e passare dalle fasce, un paradosso per una squadra che si distingue per la brillantezza con cui riesce ad avanzare palleggiando.

Magari Guardiola è stato costretto a rimodellare così la sua squadra dalla pressione degli “Spurs” nei primi minuti, oppure semplicemente ha provato a gestire la qualificazione minimizzando i rischi e provando semplicemente a controllare la partita, sapendo di avere il ritorno in casa per sistemare le cose.

Anche la scelta di inserire De Bruyne e Sané solo al 90’ sembra dire che a Guardiola bastasse gestire la situazione, che non c’era bisogno di intervenire per modificare il contesto. Poi è arrivato il gol di Son, a poco più di dieci minuti dalla fine, a dare un senso totalmente diverso alla partita del City e quello che magari sarebbe potuto essere abbastanza, alla fine non lo è stato più.

In stagione il City ha perso in casa solo contro il Lione e il Crystal Palace, e ha vinto tutte le altre partite. Tra una settimana dovrà aggiungere un’altra vittoria, con almeno due gol di scarto, per raggiungere direttamente le semifinali di Champions. Servirà, questo è sicuro, qualcosa in più di quanto visto ieri.

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