Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
Quanto fanno male cinque minuti di Juve
08 mar 2018
08 mar 2018
La Juventus è stata in difficoltà per lunghi tratti del doppio confronto, ma alla fine è riuscita a sfruttare ogni debolezza del Tottenham per conquistare la qualificazione.
Dark mode
(ON)

Dopo 180 minuti durissimi la Juventus è riuscita a qualificarsi ai quarti di finale di Champions League, vincendo a Wembley, in rimonta, contro il Tottenham Hotspur. Alla fine del primo tempo, con due gol da realizzare senza più subirne e dopo 45 minuti di sofferenza, la Juventus sembrava davvero lontana al passaggio del turno. La squadra di Allegri è però riuscita a resistere alla tempesta e in meno di 3 minuti, a metà secondo tempo, ha ribaltato il piano inclinato della sfida.

Le difficoltà del primo tempo

Nel primo tempo il Tottenham ha calciato 12 volte in porta, contro le tre della Juventus. Di questi 12 tiri, 9 sono arrivati da dentro l'area e hanno costretto Buffon a 4 parate. Uno dei tiri fuori lo specchio è stato quello di Harry Kane a porta vuota, dopo aver saltato in dribbling anche Buffon. Sono stati 45 minuti particolarmente difficili per la Juventus, che non ha trovato soluzioni attraverso i cambiamenti che Allegri aveva apportato rispetto alla partita di andata.

A Torino la Juventus aveva subito l’ottimo possesso palla degli Spurs, e Allegri ha pensato quindi innanzitutto a un modo per contrastare la circolazione del pallone della squadra di Pochettino. Il progetto era provare ad evitare di abbassarsi e schiacciarsi, favorendo così l’eccellente gegenpressing del Tottenham.

L'undici titolare di Allegri è stato però orientato anche dagli infortuni. Rispetto all'andata la Juventus ha perso Mandzukic e Bernardeschi, ma ha recuperato Matuidi e Dybala. Il tecnico ha schierato un modulo ibrido che, in fase di possesso palla, era assimilabile a un 3-5-2, con Barzagli sulla stessa linea di Benatia e Chiellini e Douglas Costa e Alex Sandro sugli esterni. In fase difensiva il modulo di gioco era invece più simile a un 4-4-2, con Alex Sandro arretrato nella posizione di terzino sinistro e Barzagli che, invece, prendeva la fascia destra.

Pochettino ha confermato il suo 4-2-3-1, sostituendo il deludente Aurier con Trippier, e Lamela con il velocissimo Son.

Le difficoltà della Juventus nei primi 45 minuti possono essere sintetizzate in 4 punti.

1. La scarsa resistenza al pressing avversario

Una delle difficoltà della Juventus durante la partita di andata è stata quella di risalire il campo contro l’ottimo pressing degli Spurs. A Londra Allegri ha variato lo schieramento in fase di possesso palla, disegnando un rombo di costruzione con Benatia e Pjanic ai vertici e Barzagli e Chiellini ai fianchi. La struttura posizionale prevedeva poi Alex Sandro e Douglas Costa larghi, ad altezze diverse, Matuidi pronto a inserirsi sulla fascia sinistra e Khedira che si apriva sulla fascia destra per provare a supportare la costruzione bassa. In avanti Dybala doveva cucire il gioco ricevendo alle spalle del centrocampo degli Spurs; mentre a Higuain era lasciato il compito di tenere bassa ed impegnata la linea difensiva avversaria.

Alla disposizione bianconera gli Spurs hanno risposto con il consueto pressing, disponendo Kane nella zona di Benatia e Alli più basso su Pjanic. Sull’esterno era fondamentale il lavoro di Eriksen e Son che pressavano Chiellini e Barzagli e, al contempo, grazie ai perfetti tempi e angoli di pressione, escludevano dalle ricezioni Alex Sandro e Khedira. Con Matuidi quasi sempre alto sulla fascia sinistra, preso in consegna nella sua zona da Trippier, Dembélé e Dier potevano proteggere il centro del campo dalla imbucate verso Dybala e Higuain con relativa facilità.

La struttura offensiva della Juve è troppo rigida e poco mobile. L’abilità in pressing del Tottenham consente a Son ed Eriksen di controllare due avversari, lasciando Dier e Dembélé a presidiare il centro e a proteggere i centrali difensivi.

Con il rombo arretrato di costruzione pressato in parità numerica dai quattro giocatori offensivi degli Spurs, la Juventus non è riuscita a generare alcuna superiorità posizionale. In questa situazione hanno pagato anche l’incapacità di Buffon di far circolare il pallone, mettendo in inferiorità i giocatori del Tottenham. La risalita del pallone è stata faticosa e quasi esclusivamente affidata alle iniziative individuali di Douglas Costa (ben 10 dribbling tentati, di cui 3 senza successo, compreso quello del rigore invocato al diciassettesimo minuto) e, in misura minore, di Alex Sandro (3 dribbling riusciti su 5 tentati).

La mappa dei palloni recuperati dal Tottenham. Come all’andata gli Spurs hanno recuperato 31 palloni nella metà campo avversaria (via Wyscout).

2. La bassa qualità del pressing

Per evitare che il Tottenham consolidasse il possesso, la Juventus ha provato a pressare in modo più aggressivo la costruzione bassa del Tottenham. La squadra di Pochettino è stata però abile a manipolare lo schieramento difensivo avversario, anche per la disabitudine della Juve a giocare una difesa a tutto campo.

Se a Torino l’obiettivo del Tottenham era quello di stanare la difesa posizionale della Juventus, attirando il pressing per creare buchi nello schieramento avversario, a Londra, con i bianconeri disposti a pressare alti, lo scopo del gioco degli Spurs era quello di attaccare in verticale alle spalle della pressione avversaria.

Il Tottenham si è quindi schierato diversamente rispetto all’andata, in cui in fase di possesso palla preparavano la manovra partendo da una sorta di 2-3-5 mobile che, nell’ultima linea, lasciava i centrali Sanchez e Verthongen supportati da Dier. A Wembley, nelle fasi iniziali della manovra, gli Spurs hanno tenuto i due terzini bassi e sulla stessa linea dei due centrali. Il lato forte della loro costruzione era quello destro, dove Dier si abbassava per facilitare la circolazione del pallone.

Il pressing della Juventus è stato fortemente orientato sulla posizione degli avversari. Higuain e Dybala giocavano in orizzontale, in parità numerica su Sanchez e Verthongen, mentre sul terzino destro, Trippier, usciva in pressione Matuidi. Dopo la grande prestazione dell'andata, Dembélé, sul centro-sinistra, è stato controllato in modo molto stretto da Khedira. Con Dier che si abbassava nella zona di centro-destra, Pjanic era costretto a scegliere se alzarsi sul mediano avversario o presidiare la zona che Eriksen occupava con un taglio dall’esterno verso l’interno.

La Juventus era così presa in mezzo dalla costruzione bassa del Tottenham: se Pjanic rimaneva basso, il movimento di Dier creava sulla fascia destra una zona di superiorità posizionale da cui gli Spurs potevano avanzare per poi trovare Dele Alli, che si smarcava alle spalle di Khedira. Se invece Pjanic si alzava in pressing su Dier, il Tottenham era abilissimo a trovare Eriksen alle sue spalle. L’azione del gol del Tottenham è un riassunto delle difficoltà bianconere a gestire il proprio pressing contro la circolazione del pallone, a partire dalla fascia destra, del Tottenham. Nell’occasione, mostrando fino in fondo i principi del gioco di posizione su cui si basa il calcio di Pochettino, era Eriksen ad abbassarsi a facilitare la circolazione del pallone e Dier a smarcarsi e ricevere il pallone alle spalle di Pjanic.

Dier tira fuori Pjanic ed Eriksen occupa lo spazio alle spalle del centrocampista bianconero. Khedira marca da vicino Dembélé e lascia Alli libero di ricevere tra le linee. A complicare le cose per la Juve, i movimenti di Kane che abbassano la linea difensiva bianconera rendendo complesso tenere la squadra corta.

I numeri descrivono una partita diversa da quella di Torino. Alla fine del primo tempo il possesso palla è rimasto sostanzialmente in parità, grazie alla diversa strategia della Juventus che spingeva il Tottenham a giocare un calcio molto più verticale. La marcatura di Khedira su Dembélé ha ridotto della metà il numero di passaggi del centrocampista belga (99 a Torino, 45 a Londra), giocatore chiave nella partita d’andata per la trasmissione del pallone verso la zona di trequarti. Tuttavia, i diversi dati del possesso palla e dei palloni giocati da Dembélé non hanno risolto ma solo spostato i problemi della Juventus che, difendendo su un campo più grande, non è riuscita a limitare la pericolosità degli avversari, soprattutto nel gioco tra le linee di Eriksen e Alli. Pur con un approccio decisamente più aggressivo, i bianconeri hanno recuperato meno palloni nella metà campo avversaria rispetto alla partita di Torino (8, erano stati 15 all’andata) e solo il 5.5% del totale nel terzo di campo offensivo (13.3% all’andata).

La pass-map del Tottenham evidenzia bene la zona di costruzione e di creazione della superiorità posizionale nel quadrilatero di destra costituito da Sanchez, Trippier, Dier ed Eriksen.

3. I movimenti di Harry Kane

L’incapacità della Juventus di rimanere corta e coprire lo spazio alle spalle del suo centrocampo era anche responsabilità di una linea difensiva che rimaneva troppo bassa e timida e non provava mai ad accorciare sugli avversari posizionati tra le linee. Ad aggiungere difficoltà era l’incessante movimento di Harry Kane che abbassava e dilatava la difesa bianconera.

Durante le fasi di costruzione della manovra sul lato destro del campo, Kane compensava i movimenti di Eriksen verso il centro del campo e alle spalle di Pjanic, con un movimento profondo interno-esterno che impegnava Chiellini. Più in generale, i movimenti verso l’esterno di Kane, oltre a liberare gli spazi tra le linee, hanno offerto una linea di passaggio lunga quando la manovra palleggiata era troppo complessa. Allargandosi, poi, Kane dilatava lo spazio tra Benatia e Chiellini, che Alli ed Eriksen erano pronti ad attaccare.

4. La posizione di Son

La funzione tattica dei due trequartisti esterni di Pochettino era profondamente diversa. A destra Eriksen doveva facilitare la circolazione del pallone e occupare lo spazio alle spalle di Pjanic. A sinistra, invece, Son giocava aperto e, con la manovra che si sviluppava dal lato opposto, andava spesso in isolamento sul lato debole con Barzagli. La posizione del coreano ha costretto il difensore bianconero a stare distante da Benatia, contribuendo così alle difficoltà della linea difensiva bianconera, troppo larga ed aperta, ad accorciare in avanti. Son è stato un pericolo costante per la Juventus. Il coreano ha vinto 11 dei suoi 16 duelli offensivi e ha calciato in porta per ben 7 volte, di cui 6 da dentro l’area.

Le sostituzioni di Allegri

Dopo il gol del vantaggio di Son, la Juventus ha provato ad accelerare il ritmo del suo attacco e ad alzare il baricentro della propria difesa. Nei 5 minuti finali del primo tempo sono finalmente arrivati due tiri pericolosi, con Pjanic e Alex Sandro. Alzando il baricentro la Juventus ha aumentato ovviamente i propri rischi, ma la svolta è arrivata con le due sostituzione di Allegri, che hanno cambiato in profondità la fase offensiva.

L’ingresso di Asamoah e Lichtsteiner ha disegnato in campo un 4-2-3-1 coi nuovi entrati come terzini e Alex Sandro e Douglas Costa come esterni alti. Il pressing del Tottenham ha reagito con troppa lentezza ai cambiamenti avversari ed è stato punito proprio in questa fase di assestamento. Nei 7 minuti compresi tra la prima sostituzione e il gol di Dybala, la Juventus è arrivata al tiro 4 volte, la metà dei tiri totali fatti nell’intera partita.

È stato decisivo il passaggio, in fase di impostazione, a una linea a 4 difensori, con l’abbassamento di Khedira sulla linea di Pjanic. La linea a 4 ha dilatato gli attaccanti degli Spurs. Il Tottenham voleva disporsi ancora a specchio, uomo su uomo, sui 4 difensori della Juventus, ma così ha costretto Dembèlé e Dier ad aprire spazi davanti alla propria linea difensiva per pressare Pjanic e Khedira che si abbassavano per facilitare la circolazione bassa del pallone.

Il 4-2-3-1 della Juve apre spazi centrali sguarniti da Dier e Dembélé.

Sia il tiro di Dybala che il gol di Higuain sono nati da azioni sviluppate allo stesso modo. In entrambi i casi la manovra iniziava con una ricezione negli spazi di mezzo dell’esterno offensivo che tagliava verso la zona interna liberata dal pressing di Dembélé e Dier, a cui faceva seguito una sovrapposizione del terzino che si concludeva con un cross.

Il gol subito ha suggerito a Pochettino di cambiare strategia: il Tottenham ha subito messo Kane e Alli in verticale, con quest'ultimo deputato al controllo di Pjanic per permettere a Dier di rimanere a protezione della sua linea difensiva. La scelta ha lasciato i due centrali bianconeri in superiorità numerica contro il solo Harry Kane; Chiellini è stato abilissimo a concretizzare la superiorità conducendo il pallone dopo un doppio scambio con Barzagli che ha eliminato la pressione di Kane. Dybala ha spostato Dier mentre Chiellini ha trovato lo spazio per un’imbucata per Higuain che ha servito l’assist per la Joya, pronto ad attaccare lo spazio liberato dal movimento del centravanti. Un grande lavoro dei due attaccanti bianconeri, anche se favorito dalle imprecisioni della linea difensiva.

La nuova strategia di pressing del Tottenham contro il 4-2-3-1 della Juve lascia solo Kane contro Barzagli e Chiellini. Quest’ultimo ne approfitta all’istante imbucando per Higuain dopo una conduzione palla.

I gol dei due argentini della Juventus hanno cambiato il momento psicologico e l’ambiente strategico del match. Il Tottenham ha avuto bisogno di qualche minuto per riprendere a pressare ed attaccare la Juve con convinzione, mentre i bianconeri, con poco tempo alla fine del match, potevano dedicarsi alla difesa posizionale che vedeva Barzagli e Chiellini nel loro habitat tattico naturale. Chiellini, in difficoltà assieme a Benatia e Barzagli in campo aperto, ha invece giganteggiato in fase di difesa statica. La Juventus ha intercettato ben 8 dei 23 tiri degli Spurs; 4 di questi intercetti sono stati opera di Chiellini, che ha primeggiato anche nelle spazzate (13). Il palo di Harry Kane, colto dopo uno stacco aereo irreale, e il salvataggio sulla linea di Barzagli hanno poi spento le residue speranze del Tottenham.

Il cinismo della Juventus

In difficoltà per tutto il primo tempo e nella parte iniziale della ripresa, la Juventus è riuscita nell’impresa di ribaltare il risultato approfittando in maniera feroce delle debolezze del Tottenham e di una falla nel sistema di pressing di Pochettino, lento nel reagire al cambio di modulo di gioco avversario. Quando nel primo tempo era stata costretta fare una partita che non era nelle proprie corde, la Juventus ha mostrato grandi difficoltà nel pressing e nel mantenere la squadra corta.

Tuttavia, il talento individuale dei giocatori di Allegri, la capacità di resistenza a lunghe fasi di sofferenza nella partita e la capacità ferina della Juventus di trovare i punti deboli avversari e colpirli con cinismo hanno davvero pochi uguali. In 3 minuti i bianconeri hanno creato e concretizzato due grandissime occasioni da gol per poi resistere, in trincea, fino alla fine.

Con meno della metà dei tiri effettuati la Juve ha quasi pareggiato gli expected goal del Tottenham.

L’impresa della Juventus ha un valore particolare, sia per il prestigio dello stadio in cui è stata ottenuta, sia per il valore dell’avversario. Il Tottenham era imbattuto da 17 partite, è stato capace di superare il Real Madrid nel girone eliminatorio ed è difficile da affrontare per le sua abilità nel pressing, nel manipolare la struttura difensiva avversaria e per la qualità dei suoi giocatori. Pochettino è un ottimo tecnico e di certo rifletterà sulle imprecisioni e sulla debolezza della sua linea difensiva che, a conti fatti, gli sono costati la qualificazione ai quarti di finale di Champions League.

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura