Non basta passarsi il pallone per parlare di gioco di posizione.
Guardiola agli inizi nel Bayern allenava al gioco di posizione con insistenza: non andare sulle fasce a crossare, se non come extrema ratio dopo aver disordinato l’avversario. Cercare sempre Ribery e Gotze tra le linee; creare i sovraccarichi da una fascia per attaccare sull’altra. E le facce dei giocatori lasciano intuire che la metodologia del gioco di posizione è comunque una novità, ed è un po’ come tornare a scuola: anche per questo, alcuni grandi giocatori non ce la fanno.
L’importanza di rombi e triangoli per offrire opzioni di passaggio al portatore: qui l’uomo libero è quello centrale, Lahm, che una volta ricevuto dietro la prima linea di pressione ha un orizzonte di linee di passaggio praticamente ovunque.
La formazione dei triangoli di fascia e i movimenti dei giocatori tra i corridoi verticali.
Incredibile quanti strumenti tattici possa allenare un semplice rondo: è la vera essenza del gioco di posizione, perché allena a creare, identificare e sfruttare la superiorità. Ovviamente ne esistono di complicatissimi. In “covercianese”, l’insieme di queste tipologie di allenamento si chiamano giochi di posizione.
Il preludio a questo fotogramma è che il Benevento, dopo una circolazione insistita anche all’indietro per attrarre l’avversario, ha trovato perfettamente l’uomo libero (Djuricic) alle spalle della linea di centrocampo del Napoli e nello spazio di mezzo. Qui si vede la spaziatura dei giocatori, che occupano i canali verticali: ce ne sono due nello stesso, ma si stanno muovendo in quel momento in direzione opposta (Djuricic va a occupare quello centrale). Quindi basta allenarsi per mettere in pratica il gioco di posizione, anche in Italia.