Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
Sta davvero tornando a casa?
09 lug 2018
09 lug 2018
Il pragmatismo e la cura dei dettagli di Southgate hanno portato l'Inghilterra alle semifinali del Mondiale.
Dark mode
(ON)

Il percorso di Inghilterra e Svezia fino ai quarti di finale conteneva tutto quello che hanno poi offerto nel pomeriggio di Samara: due difese molto solide con due portieri in grande forma, un ritmo di gioco oscillante tra il basso e il molto basso a seconda del momento della partita, una fase offensiva da giocare preferibilmente con meno tocchi possibili. Tutte cose che (al netto delle sostanziali differenze tattiche e tecniche) hanno generato una partita decisamente poco entusiasmante.

È da sottolineare anche la grande organizzazione sui calci piazzati, altro tratto in comune tra le due squadre, che implica anche la fiducia e la pazienza di aspettare che sia un evento occasionale a mutare l’indirizzo della partita. Alla fine il verdetto del campo ha premiato la squadra più forte e più tecnica, che più facilmente è riuscita a muovere a proprio favore le occasioni trovate sul tragitto: l’Inghilterra ha vinto con due tiri in porta, entrambi colpi di testa.

Il senso pratico di Southgate

L’assetto di base dell’Inghilterra in questo Mondiale è quel 3-3-4 figlio della rivoluzione culturale inglese decisa dalla federazione e influenzato dalle avanguardie tattiche ospitate in Premier League, che però rispondeva anche efficacemente ad alcune esigenze pratiche. Tipo occupare costantemente i quattro difensori svedesi con quattro attaccanti esplosivi e imprevedibili: con Alli che si posizionava a sinistra nella zona di Krafth, Lingard a destra in quella di Augustinsson, mentre Kane e Sterling occupavano il centro. La squadra di Southgate ha complicato la fase difensiva della Svezia, fatta di distanze perfette e raddoppi improvvisi, affidando alla superiorità tecnica dei suoi attaccanti la risoluzione dei duelli offensivi.

Il secondo aspetto pratico consisteva nell’impedire che la Svezia rispolverasse i suoi trucchi di repertorio: il lancio lungo improvviso, la sponda aerea disegnata a memoria, lo scambio tutto di prima tra Berg e Toivonen, la transizione travolgente, il tiro sporco e beffardo da fuori area. A questo compito dovevano hanno provveduto Stones e Maguire, due difensori intorno al metro e novanta, e il terzo centrale Walker, più rapido nel coprire la profondità nel caso in cui la palla scappasse. E lo hanno fatto egregiamente: Maguire ha vinto 10 duelli aerei su 12 ingaggiati, Stones 6 su 7, assieme a 11 disimpegni di testa complessivi.

Le grandi prestazioni difensive di Stones e Maguire, a ridosso della linea di metà campo.

Il modulo inglese, però, non ha funzionato in maniera brillante sotto tutti gli aspetti di gioco. La linea di tre difensori, ad esempio, continua a rivelarsi troppo prudente, restia nel prendersi rischi con il pallone tra i piedi (eccezion fatta per Stones, che mostra sempre più carattere), finendo col giocare troppo lontana dalla metà campo. Anche la linea di quattro attaccanti si è trovata stretta tra la difesa e il centrocampo svedese, con Forsberg e Claesson (i due esterni di centrocampo del 4-4-2 svedese) che hanno fatto il solito grande lavoro di copertura, schermando le linee di passaggio verso Lingard e Alli negli spazi di mezzo.

In mezzo, Henderson è stato lasciato solo come un titano, a reggere il peso del centrocampo, che il sistema di Southgate svuota di uomini proprio con l’idea di semplificare la manovra offensiva e arrivare il più velocemente possibile sulla trequarti. Sotto questa prospettiva Henderson è il mediano ideale, e contro la Svezia è stato fondamentale in fase di interdizione, ma è troppo facile da schermare.

L’immagine simbolo della preparazione tattica che arriva fin nei dettagli dell’Inghilterra è l’ormai iconico trenino che si forma sui calci piazzati composto da Maguire, Stones e Kane, che aveva già spezzato gli equilibri contro la Colombia e dopo trenta minuti ha mandato in crisi la difesa della Svezia sui calci d’angolo.

Mentre Ekdal si sbracciava per far notare che ce n’erano tre da marcare, Maguire è partito indisturbato dietro un paio di blocchi e ha schiacciato in rete il pallone calciato da Young.

https://twitter.com/kylewalker2/status/1015629039103401985

Lo sguardo da cerbiatto che ha commosso l’Inghilterra.

Più in generale, la squadra di Southgate ha dato l’impressione di avere le idee chiare su come controllare la partita e su come esporre le fragilità svedesi. Al decimo minuto, l’Inghilterra aveva già sperimentato l’azione con cui avrebbe poi sigillato il vantaggio nel secondo tempo. Trippier ha ricevuto il pallone sulla fascia destra negli ultimi quindici metri, ma si è trovato davanti la marcatura di Augustinsson e una selva di maglie svedesi a ostacolargli la visuale.

Così è tornato indietro da Walker, che da posizione più centrale, poco fuori area, lo ha crossato con effetto morbido verso il secondo palo, dove c’erano Kane, Sterling e Alli pronti ad attaccare lo spazio. Il cross è uscito fuori misura, diretto tra le braccia di Olsen, ma la situazione di gioco ha aiutato a individuare un insospettabile tallone d’Achille nella tenuta difensiva della Svezia, una squadra molto forte nell’occupare staticamente l’area ma lenta nel coordinare i movimenti della linea difensiva.

Sul passaggio arretrato dell’ala, i difensori svedesi sarebbero dovuti salire da una posizione di partenza molto bassa, e non erano abbastanza rapidi da riuscire a mettere in fuorigioco tutti gli attaccanti inglesi contemporaneamente. Per quanto suoni paradossale, una squadra che ha costruito la sua fama principalmente sulla supremazia nelle palle alte è poi risultata vulnerabile in una situazione abbastanza statica come i cross dalla trequarti, che le difese sono in media più preparate a leggere.

https://twitter.com/StatmanDave/status/1015607384671219713

8 gol segnati su calcio piazzato, l’80% del totale. Le rassegne brevi si vincono anche così.

Anche il possesso perimetrale può far vincere le partite

In una partita molto deludente sul piano della produzione di occasioni da gol, l’Inghilterra è riuscita a vincere con due tiri in porta, manifesto del massimo risultato con il minimo sforzo. Nonostante le difficoltà a trovare spazi dalla trequarti in su, il piano gara di Southgate ci ha ricordato come la condizione necessaria per potersi permettere un possesso perimetrale lento e macchinoso sia la capacità di lanciarsi alla riconquista del pallone con forza e rapidità.

I giocatori più coinvolti nel possesso inglese sono stati Walker, Stones e Maguire, ovvero i tre centrali di difesa, che spesso si sono scambiati il pallone tra di loro, e quasi sempre sono rimasti all’interno della propria metà campo.

La Svezia si preoccupava soprattutto di coprire il centro, per cui lo sbocco naturale del possesso erano i due esterni Trippier e Young, ma da lì in poi l’Inghilterra non ha costruito granché, affidandosi soprattutto ai cross (3 su 23 riusciti) o agli spunti individuali (9 su 18 dribbling completati), due soluzioni difficili da mettere in pratica contro la difesa svedese - anche se a conti fatti sono bastati due cross ben calibrati per vincere la partita.

L’Inghilterra ha fatto quel tanto che bastava a vincere la partita, confermandosi solidissima in difesa.

Così come la fase di attacco posizionale, anche la riaggressione dell’Inghilterra poggiava sulla grande libertà concessa ai quattro attaccanti: tre di loro si orientavano immediatamente verso la palla mentre tutto il resto della squadra stringeva verso il lato di sviluppo dell’azione. Un po’ per lentezza strutturale, un po’ per paura di perdere l’ordine del 4-4-2, la Svezia ha avuto molte difficoltà a pareggiare numericamente la presenza degli inglesi nella zona del pallone, e di conseguenza a sviluppare azioni rapide trovando riferimenti in verticale.

Con 6 palle recuperate ciascuno, i due giocatori più influenti per la fluidità dell’attacco inglese sono state le mezzali Alli e Lingard, che hanno giocato una partita per certi versi opposta a quella che le loro caratteristiche naturali permetterebbe. Ci si aspettava che Alli illuminasse la fase di rifinitura e che Lingard gli corresse intorno per sfruttare i buchi, ma è successo il contrario. È stato Lingard a preoccuparsi di mettere ordine, di utilizzare il suo dinamismo al servizio del possesso palla inglese.

È stato il giocatore con più passaggi tentati e completati sulla trequarti avversaria (20/23), il giocatore con più dribbling tentati e riusciti (4/4), il giocatore con più tiri tentati (4, tutti bloccati dai difensori svedesi) e soprattutto ha servito a Dele Alli l’assist per il 2-0 con un cross delizioso che ha scavalcato tutta l’area di rigore svedese e si è abbassato dolcemente sulla testa del numero 20.

https://twitter.com/OneVolante/status/1015807447326449666

La facilità di corsa di Lingard ha aiutato l’Inghilterra a districarsi tra le maglie della Svezia.

Dele Alli, da parte sua, è stato più determinante senza palla. Oltre all’inserimento vincente per il 2-0 è stato il giocatore con più contrasti tentati e vinti (4/7), mettendosi in luce con un paio di spallate che hanno ulteriormente accentuato il divario atletico tra le due squadre. Una di queste ha messo Kane in condizione di servire Sterling da solo a centro area, anche in questo caso il cross è stato impreciso ma l’Inghilterra è rimasta in zona d’attacco e un minuto dopo ha trovato il gol del raddoppio.

Che ricordo lascia la Svezia?

La superiorità numerica e fisica dei tre centrali di difesa inglesi è stata la chiave per annullare la principale direttrice di gioco della Svezia, le palle alte verso Berg e Toivonen. Olsen ha lanciato il pallone sempre a destra, forse perché Andersson intendeva creare superiorità su quel lato, con i movimenti verso il centro di Forsberg, ma alla fine i duelli aerei li ha vinti tutti Maguire che presidiava la zona.

Berg, paradossalmente, si è rivelato più utile con i piedi, quando si sganciava dalla marcatura per andare a giocare di sponda. Anche contro l’Inghilterra, come in tutti questi Mondiali, ci ha regalato momenti di reale bellezza nell’intesa telepatica e negli scambi ravvicinati con Toivonen, peccato nessuno dei due avesse poi la forza per trascinare in avanti l’azione offensiva.

Il giocatore cercato con più frequenza nei novanta minuti è stato Krafth (39 passaggi ricevuti), ovvero la valvola di sfogo al pressing degli inglesi, sul lato destro. Come prevedibile, però, la tecnica di base di Krafth si è rivelata inadeguata alla posta in palio: il 50% di precisione registrato dal terzino nei passaggi in avanti (11/22) è una delle immagini che meglio fotografano le difficoltà della Svezia a guadagnare metri di campo.

A sinistra la strategia improduttiva dei lanci lunghi nella metà campo offensiva, a destra la partita anonima di Forsberg, nessun dribbling completato negli ultimi 30 metri, nessun passaggio recapitato in area di rigore.

Soltanto tre volte la squadra di Andersson è riuscita a impegnare seriamente Pickford, ed è stato grazie a duelli individuali favorevoli - al 47’: cross di Augustinsson, Young si ritrova accoppiato a Berg che gli salta in testa - oppure a inattesi lampi di talento individuale - al 61’: Claesson lascia sul posto Maguire, scambia prima con Toivonen e poi con Berg, che gli restituisce una deliziosa sponda di esterno all’altezza del dischetto - o, ancora, grazie a incomprensioni tra i difensori inglesi - al 71’: Walker e Henderson chiudono in ritardo su Toivonen lasciando libero Larsson, autostrada per Guidetti che trova Berg a centro area.

La partita ha mostrato chiaramente che non c’erano molte altre possibilità. Fin dai primi minuti, e poi a intermittenza nel corso della partita, la Svezia ha dato cenni di voler pressare alto, controllando con tre uomini (Berg, Toivonen e Claesson) l’impostazione dal basso inglese. Ma questa strategia ha progressivamente assorbito le già compromesse riserve di energia della Svezia, senza produrre effettivamente nulla, perché gli inglesi sono stati molto attenti a non perdere palla in zone di campo delicate, riservandosi al più di lanciare lungo verso Sterling e Kane, a costo di perdere molti possessi nel nulla con la consapevolezza che successivamente gli svedesi sarebbero stati troppo lenti per costruire qualunque tipo di azione con il pallone.

Come nelle partite precedenti, la Svezia ha creato poche occasioni, ma tutte molto pericolose, una caratteristica che i modelli di xG sottolineano con chiarezza (prima di questa partita l’attacco svedese era il settimo del Mondiale per occasioni create). A differenza delle partite precedenti, però, ha fatto molta più fatica ad arrivare a crearle. Anche questa evidenza è riflessa dalle statistiche: contro l’Inghilterra, la Svezia ha sporcato la media perfetta tra passaggi in area di rigore completati (9 per partita) e passaggi in area di rigore concessi (sempre 9): stavolta sono stati 15 i passaggi concessi e solo 5 quelli effettuati.

Si è interrotto così il sogno della Svezia, quello di arrivare a vincere i Mondiali infilando una collana di 1-0 (come la Grecia a Euro 2004) che poggiava sulla capacità di nascondere l’area di rigore agli avversari, di annullare ogni divario tecnico presente, di aggrapparsi alla leadership da vecchio lupo di mare di Granqvist (9 disimpegni di testa per liberare l’area nella sua ultima partita ai Mondiali: ci mancherà).

L’utopia di Andersson aveva funzionato contro Olanda, Italia e Francia nelle qualificazioni, contro Corea, Messico e Svizzera in questa Coppa del Mondo, ma è franata contro i chili e i centimetri di Maguire, decisivo in entrambe le metà campo, e soprattutto in entrambe le aree di rigore, per ristabilire gli equilibri del calcio mondiale e continuare ad avvicinare “il football” alla propria casa.

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura