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Cosa pensare della prima stagione di Sarri in Inghilterra
03 giu 2019
03 giu 2019
Come è andato il primo anno di Sarri sulla panchina del Chelsea.
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La recente Europa League vinta ai danni dell'Arsenal è stato il sedicesimo trofeo ufficiale del Chelsea nell'era Abramovič, nonché il primo grande successo per Maurizio Sarri nella sua carriera da allenatore professionista. Alla coppa più desiderata, dopo la Champions League, ovviamente, va aggiunto il terzo posto in Premier League e la finale di Coppa di Lega, persa ai rigori con il Manchester City. Anche basandoci solo sui risultati (come sempre riduttivo quando si deve giudicare il lavoro di un allenatore) non possiamo non giudicare la prima stagione del tecnico toscano sulla panchina dei “Blues" in linea con le aspettative della scorsa estate.

Tuttavia, potrebbe non bastare per garantirgli la permanenza a Londra. Già nel corso della stagione la stampa inglese aveva rilanciato numerose voci circa un suo probabile esonero, e le ultime indiscrezioni di mercato che lo danno tra i favoriti per la panchina della Juventus quest’estate sembrano confermare l’idea che questa potrebbe essere stata l’unica stagione di Sarri in Premier League. Ed è interessante analizzare questo presunto scarso feeling tra Sarri e la dirigenza dei "Blues" (oltre ad una parte cospicua della tifoseria) tracciando un bilancio generale sulla stagione del Chelsea. Valutando, quindi, la continuità della squadra dal punto di vista delle prestazioni, prima che dei risultati.

Una stagione tra alti e bassi

Dopo la sconfitta nella Community Shield nel sui esordio ufficiale, tra i mesi di agosto e novembre la squadra di Sarri ha collezionato una lunga striscia di risultati utili consecutivi, creando un buon numero di occasioni a partita e subendone abbastanza poche. Utilizzando il 4-3-3 come modulo di riferimento, i princìpi di gioco del Chelsea erano simili a quelli del Napoli sarriano, ma alla la costante ricerca di triangoli e rombi per risalire il campo col palleggio si abbinava un approccio più diretto nell'ultimo terzo di campo, sfruttando anche le caratteristiche di giocatori verticali come Barkley e Pedro, oltre a dribblomani come Hazard e Willian.

Giocando con un baricentro più alto, la riaggressione a palla persa ed il lavoro difensivo di Jorginho sulle linee di passaggio erano i principali strumenti del Chelsea in fase di non possesso e nel complesso avevano funzionato abbastanza bene. Le fasi di difesa posizionale invece si erano rivelate più problematiche, soprattutto per le difficoltà iniziali dei difensori nell'adattarsi ad una linea a quattro che avrebbe dovuto difendere a zona anche in area di rigore, con problemi negli scivolamenti orizzontali ed una gestione non sempre ottimale delle distanze dal centrocampo.

Poi arrivò la sconfitta con il Tottenham di fine novembre, in vennero a galla i primi difetti dei "Blues" col pallone: annullando l'influenza di Jorginho (marcandolo a uomo o schermandogli le linee di passaggio), il palleggio del Chelsea divenne sempre più lento e sterile, con difficoltà di penetrazione centrale contro blocchi bassi. In queste condizioni, le uniche fonti di pericolo erano le azioni individuali di Hazard e le prevedibili rotazioni delle catene laterali per arrivare al cross.

Da quel momento c’è stato un calo drastico nella produzione offensiva della squadra: la scarsa occupazione dell'area di rigore si sommò coi limiti di Giroud e Morata e nemmeno l'arrivo di Higuaín nella sessione di mercato invernale riuscì a risolvere questo problema. Il punto più basso della stagione del Chelsea fu a cavallo tra gennaio e febbraio, con tre pesanti sconfitte in Premier League contro Arsenal, Bournemouth e Manchester City.

Oltre agli evidenti difetti strutturali e la forte riluttanza di Sarri nell'alterare il suo sistema di gioco, ci fu una visibile spaccatura con lo spogliatoio dopo le forti dichiarazioni del tecnico toscano sulla difficoltà riscontrate nel motivare il gruppo di giocatori a disposizione.

La squadra divenne molto più passiva in fase difensiva, mettendo in grossa difficoltà Jorginho nella copertura degli spazi ai suoi fianchi soprattutto in transizione: il rendimento negativo dell'italo-brasiliano in quel periodo, e la sua contemporanea irrinunciabilità nel sistema di Sarri, furono motivi di numerose critiche (anche troppe) da parte dei giornalisti e tifosi.

Nonostante tutti questi problemi, in un ambiente storicamente molto instabile come quello del Chelsea, negli ultimi mesi Sarri è riuscito a gestire la notevole pressione ricompattando il gruppo quanto bastasse per raddrizzare la serie di risultati negativi, anche grazie ad una serie di intuizioni vincenti, come gli ingressi dei giovani Hudson-Odoi e Loftus-Cheek nell'undici titolare, che hanno migliorato la produzione offensiva della squadra.

Cosa abbiamo imparato di nuovo su Sarri

Il percorso del Chelsea nelle coppe è stato complessivamente positivo: sono usciti agli ottavi di finale della FA Cup contro un Manchester United che stava attraversando un grande momento di forma; hanno perso la finale di League Cup pur giocando meglio del City nell'arco dei 180 minuti; hanno vinto l'Europa League preparando abbastanza bene le partite più toste (Eintracht e Arsenal) dopo un calendario molto morbido, cosa non scontata per Sarri dopo alcune deludenti prestazioni europee ai tempi del Napoli.

https://twitter.com/Squawka/status/1133840157692563456?s=09

Nonostante alcuni passi falsi nelle ultime giornate di campionato, la squadra è riuscita a qualificarsi per la prossima Champions League grazie agli immancabili guizzi di Hazard (indiscusso MVP stagionale dei "Blues") e alla crescita di Kepa nella seconda parte di stagione. I 72 punti ottenuti da Sarri al suo primo anno in Inghilterra sono di poco inferiori a quelli della stagione di esordio in Premier di Guardiola (78) e Klopp (76, nella sua prima stagione intera), nonché superiori ai 70 di Conte dello scorso anno. Al netto delle difficoltà riscontrate - cosa che anche i tecnici di City e Liverpool avevano sperimentato tre stagioni fa - il lavoro di Sarri è stato descritto con toni sicuramente troppo negativi alla luce degli effettivi risultati della squadra, che ha assorbito solo in parte le sue idee.

Arrivare terzo in un campionato competitivo come quello inglese, dopo essersi affermato ad alti livelli in tarda età e senza un curriculum importante come quello dei suoi colleghi più blasonati, non era affatto semplice: in questo senso, i piazzamenti sportivi del Chelsea assumono ancora più valore. Si potrebbe dire, anzi, che la stagione dei "Blues" abbia sconfessato lo stereotipo che raffigura Sarri come un tecnico ultra-dogmatico, con difficoltà di adattamento.

Un’idea che in realtà era già stata smentita dal suo passaggio dall'Empoli al Napoli: Sarri ha sicuramente dei limiti, principalmente comunicativi e almeno in parte giustificabili come parte del background culturale di chi è partito dal basso, senza oltretutto l'esperienza del calciatore professionista (ad oggi un criterio purtroppo decisivo per poter puntare subito a panchine importanti), ma è innegabile che la sua proposta di calcio sia in grado di valorizzare tecnicamente i giocatori a disposizione e renderli più competitivi. Anzi, Sarri si è dimostrato flessibile (specie nei turnover di coppa) senza però rinunciare ai propri princìpi di gioco.

Sulla base di queste considerazioni, Sarri merita sicuramente di rimanere sulla panchina del Chelsea il prossimo anno: sarebbe anche la scelta più razionale dato il blocco di mercato previsto dalla FIFA, che potrebbe scoraggiare candidati di pari o superiore livello e al tempo stesso garantirgli la possibilità di attingere da un settore giovanile che è tra i migliori d’Europa.

A prescindere dalla decisione finale di Abramovič, quest'anno il tecnico toscano ha guadagnato credibilità in aspetti del suo lavoro che non avremmo mai immaginato. Se il suo valore sul piano internazionale è ormai certificato, forse va fatto l’aggiornamento all’opinione pubblica italiana. Maurizio Sarri merita più rispetto da parte di tutti.

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