José Mourinho
di Alfredo Giacobbe
Dite la verità: avreste mai immaginato, anche solo 15 giorni fa, di accostare il nome di José Mourinho alla panchina della Juventus? Il villain che aveva attirato vecchie e nuove antipatie solo 6 mesi fa, con le mani tese dietro le orecchie, al centro del prato dello Juventus Stadium, spinto via da quelli che ora dovrebbero diventare i suoi nuovi calciatori. L’allenatore che ha ribadito il suo amore per i colori nerazzurri, lo ha fatto ogni anno dalla notte di Madrid in avanti, che pure lo vide fuggire via dall’Inter su un’auto con targhe madridiste.
Eppure questa ipotesi è oggi plausibile, e lo è per una serie di motivi. La sostituzione di un vincente come Massimiliano Allegri impone alla Juventus la scelta di un allenatore con pedigree. Mourinho è, tra gli allenatori liberi, quello con il palmarés più ricco: solo grazie al trittico di trofei domestici – Premier League, FA Cup, Carabao Cup – Guardiola ha potuto superare il numero di coppe accumulate in carriera da Mourinho.
Mourinho: “¿Guardiola 26 y yo, 25? Yo podría tener 31 títulos” https://t.co/Xs4c398jYv
— Onda Cero (@OndaCero_es) May 16, 2019
L’ha presa bene, José.
Mourinho inoltre è un manager che sposerebbe alla perfezione la ragion di stato bianconera: è uno per il quale, soprattutto nell’ultima fase della sua carriera, i mezzi per arrivare al successo sono passati in secondo piano rispetto al fine.
Mourinho, infine, condivide con Allegri una certa visione sull’importanza della difesa rispetto all’attacco. Allegri, nell’ultimo periodo in cui si è arroccato su certe posizioni, è arrivato a ribaltare completamente le prospettive, per cui il successo del Real Madrid a Cardiff è arrivato non per i 4 gol segnati, ma perché: «In quella partita il Real ha difeso meglio di noi».
Mourinho, all’inizio di ogni nuova esperienza, ha sempre preferito impostare una squadra più solida, più accorta alla fase difensiva. Durante questa prima fase, che potremmo definire di apprendimento, ha lasciato una certa libertà di coscienza ai suoi attaccanti per quanto riguarda l’organizzazione della fase offensiva. Che è un concetto espresso in modo simile anche da Guardiola, attraverso la testimonianza di Thierry Henry, attaccante del Barcellona dal 2007 al 2010: «Il mio lavoro è portarvi nell’ultimo terzo di campo, il vostro lavoro è concludere l’azione». Ma è un aspetto, quello della preparazione della fase offensiva in allenamento, che Eden Hazard ha avuto modo di criticare quando Mourinho è stato sollevato dall’incarico al Chelsea (per la verità, anche prima dell’esonero).
Come giocherebbe la Juventus di Mou? Probabilmente, il portoghese cambierebbe poco del pacchetto difensivo attuale: davanti a Szczesny, una linea a quattro formata da Cancelo, Bonucci, Chiellini e Alex Sandro. Davanti alla difesa, Mourinho sceglierebbe due mastini, due giocatori capaci sì di giocare la palla, ma forti fisicamente e adatti a coprire grosse porzioni di spazio alle spalle della batteria di trequartisti: due come Emre Can e Rodrigo Bentancur. Sulla linea successiva tre uomini veloci e versatili, bravi a ribaltare il fronte velocemente e capaci di leggere gli spazi. Tre come Bernardeschi, Ramsey e Douglas Costa. Davanti il solo Cristiano Ronaldo, al quale ogni allenatore in questa fase della sua carriera, al fenomeno portoghese dovrebbe assegnare un solo compito: fare gol.