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Foto di Oli Scarff / AFP / Getty Images
Fondamentali Charles Onwuakpa 11 febbraio 2019 5'

Psicodramma Sarri

Il 6-0 subito dal Manchester City è stato il punto più basso dell’esperienza inglese di Sarri finora.

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Prima di ieri sera, l’ultima volta che il Chelsea aveva subito almeno sei gol in una partita ufficiale era stato nel mese di aprile del 1991 (0-7 contro il Nottingham Forest). Basterebbe questo per dare la misura del dramma che si è consumato ieri all’Etihad Stadium.

 

La sconfitta dei “Blues” all’Etihad non è stata umiliante soltanto per il punteggio tennistico (con ben quattro gol subiti nei primi 25 minuti), ma anche per l’atteggiamento rinunciatario della squadra di Sarri, con alcuni errori individuali che hanno presto condizionato l’andamento della gara. A dare i contorni e la misura del disastro ci sono due immagini. La prima è il video in cui Sarri esce dal campo a testa bassa, masticando il suo filtro, senza stringere la mano a Guardiola. Un’immagine che stride sia con la nostra idea di Sarri finora sia con il rapporto di reciproca stima che i due sembravano aver costruito nel tempo (anche se magari, come hanno dichiarato, non si sono semplicemente visti, chissà). La seconda è la foto di un tifoso del Chelsea che sul 6-0 vuole uscire dallo stadio ma viene trattenuto dagli steward,

 

È difficile parlare dell’aspetto tattico in una partita del genere, dove la componente mentale è sembrata quella preponderante, ma vale la pena riflettere su alcuni aspetti, che se non altro hanno configurato le condizioni per cui si è poi consumato lo psicodramma.

 

Rispetto alla gara di dicembre, che la squadra di Sarri era riuscita a vincere per due a zero, l’unica novità nel 4-3-3 del Chelsea è stato l’ingresso di Higuaín per Willian; dall’altra parte invece Guardiola ha effettuato tre cambi rispetto alla sfida infrasettimanale contro l’Everton, schierando Zinčenko, De Bruyne e Sterling titolari al posto di Otamendi, David Silva e Sané.

 

Errori che costano caro

In una partita che finisce con uno scarto così grande, fra due squadre di così alto livello, il peso degli errori è stato più grande rispetto al solito. Quest’anno il City ha avuto partenze arrembanti in campionato (segnando ben 15 gol nei primi 15 minuti dei suoi incontri) e non è stato da meno anche contro il Chelsea.

 

La squadra di Guardiola ha sempre provato a costruire dal basso, con la partecipazione attiva di Ederson, per dilatare le distanze tra le maglie dei “Blues”, che a differenza della gara d’andata hanno effettuato più fasi di pressing alto per recuperare palla velocemente e attaccare la porta avversaria con transizioni corte.

 

Tuttavia il City ha gestito bene queste situazioni, girando palla con estrema precisione e cercando spesso i riferimenti tra le linee (Gündoğan e De Bruyne, ma talvolta anche Agüero) o in ampiezza (Sterling e Bernardo Silva): proprio da una ricezione del belga e il successivo fallo subito da Jorginho è nato il calcio di punizione che ha portato al primo gol di Sterling al terzo minuto, favorito in buona parte dal gravissimo errore di Alonso ma anche dallo scaglionamento troppo piatto di Barkley e Hazard, che non hanno schermato bene la verticalizzazione di De Bruyne su Bernardo Silva.

 

Marcos Alonso indica ad Hazard la posizione di Bernardo dicendogli di schermare la linea di passaggio verso il portoghese. Senza alcuna logica però abbandona la sua zona proprio mentre Barkley gli dice di coprirgli le spalle: in una frazione di secondo l’ala dei Citizens scatta in profondità e con un cross basso trova Sterling libero sul lato debole.

 

A eccezione della prodezza da fuori di Agüero – autore di una prova superlativa -, gli altri due gol subiti nel primo tempo sono stati anch’essi influenzati dagli errori degli ospiti, come il retropassaggio di testa di Barkley (disturbato al momento dello stacco da Laporte) sul 3-0 o la lettura di Kepa sul tiro non irresistibile di Gündoğan da fuori area per il 4-0.

 

Se nella gara d’andata i “Blues” avevano disputato un’ottima prestazione difensiva, anche a discapito della propria pericolosità offensiva, le incertezze difensive mostrate da vari giocatori (soprattutto Alonso) hanno presto spianato la strada della vittoria della squadra di Guardiola: non solo i padroni di casa hanno effettuato più tiri in porta (9) e prodotto più Expected Goals (ben 4.04 xG), ma hanno anche difeso in maniera impeccabile e limitato la fluidità della manovra avversaria. Come sempre, una fase difensiva fatta bene si trasforma facilmente in una fase offensiva fatta bene.

 

Il piano difensivo del City

Ha senso quindi parlare del modo con cui Guardiola ha preparato il piano difensivo del City. Consapevole della sterilità offensiva del Chelsea contro squadre che le hanno impedito di risalire il campo tramite le zone centrali, Guardiola ha organizzato un pressing alto ad hoc con un sistema di marcature orientate a uomo ed eseguite con grande aggressività, nonostante la presenza di giocatori fisicamente leggeri, come Sterling o Bernardo.

 

Lo scopo primario di Pep era quello di bloccare la prima fase di costruzione della squadra di Sarri: con Gündoğan a uomo su Jorginho, De Bruyne ed Agüero hanno cercato di orientare lo sviluppo del gioco verso Rüdiger, meno dotato di David Luiz in impostazione.

 

Sterling e Bernardo Silva si sono accentrati molto in fase di non possesso per controllare rispettivamente Kanté e Barkley, salvo scalare sul terzino di riferimento quando la palla veniva spostata verso le fasce con l’impeccabile Fernandinho a scalare e coprire sia le mezzali che le ali: si formava quindi una sorta di 4-3-2-1 o 4-3-1-2 difensivo.

 

city-1

Il sistema di marcature e scalate difensive del City in fase di non possesso: David Luiz non ha soluzioni di passaggio in avanti e gioca la palla in orizzontale su Rüdiger.

 

A parte un’occasione per Pedro al 27’ dopo una verticalizzazione di Jorginho su Higuaín ed il successivo passaggio di tacco del Pipita, gli ospiti hanno creato davvero pochi pericoli. I “Blues” hanno messo insieme appena 0.90 xG.

 

Due squadre in situazioni opposte

Grazie alla vittoria il City ha confermato il suo straordinario momento di forma: nel giro di due settimane è passato da un potenziale distacco di sette punti dal Liverpool all’aver raggiunto (seppur con una gara in più) e superato i Reds in classifica grazie ad una migliore differenza reti.

 

Le ottime prestazioni di Agüero, Sterling e Bernardo Silva non sono solo il simbolo di una squadra galvanizzata dal punto di vista psicologico, ma anche della straordinaria capacità di adattamento di questi stessi giocatori al calcio cerebrale di Guardiola.

 

Per Sarri invece si tratta del punto più basso della sua esperienza inglese finora, arrivato peraltro poco dopo il pesante 4-0 subito col Bournemouth due settimane fa: non solo i giocatori sembrano demotivati, ma si percepisce anche una certa difficoltà a mettere in pratica i suoi princìpi di gioco (cosa che lo stesso tecnico ha sottolineato pur ammettendo di non voler rinunciare ad essi). È dall’inizio della stagione che il tema per Sarri è quello di cercare di conciliare le proprie idee con le esigenze del calcio inglese. Qualcosa su cui anche Guardiola si è dovuto scontrare il primo anno. Quand’è che il compromesso diventa “troppo” compromesso? E come riuscire a mantenere la pericolosità offensiva senza scoprire troppo la coperta?

 

La frustrazione patita domenica è stata tale che Sarri, probabilmente assorto nei suoi pensieri, a fine gara non ha stretto la mano a Guardiola: da un paio di settimane la squadra non sta brillando e nonostante la finale di Carabao Cup da giocarsi il prossimo 24 febbraio proprio contro il City, la sua permanenza sembra essere in discussione. Molto dipenderà dal raggiungimento del quarto posto (i Blues sono attualmente sesti in campionato a -1 dal ritrovato Manchester United) e l’Europa League. Non sappiamo ancora cosa succederà, ma una cosa è certa: il Chelsea si sta dimostrando un club molto difficile da gestire nel medio-lungo termine.

 

Tags : chelseamanchester citymaurizio sarripep guardiolapremier league

Charles Onwuakpa è nato a Lagos, Nigeria (1999) ma vive a Rovigo dal 2007. Ex-ala di rugby, scrive, gestisce e cura il blog "Il numero 8".

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