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Rifinitura: Atletico Madrid-Leicester
12 apr 2017
12 apr 2017
Il quarto di finale tra due squadre che si sentono "Davide" senza un "Golia".
(articolo)
9 min
(copertina)
Foto di Gonzalo Arroyo Moreno / Getty
(copertina) Foto di Gonzalo Arroyo Moreno / Getty
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Come arriva l’Atlético Madrid

di Federico Aquè

Vinto il girone qualificatorio davanti al Bayern Monaco con 15 punti (record condiviso con il Barcellona), l’Atlético Madrid ha eliminato senza problemi il Bayer Leverkusen e affronta da favorito il quarto di finale che possiamo definire, sulla base di queste premesse e dello stato di forma della sua avversaria, il più squilibrato del lotto. Considerato che due tra Barcellona, Juventus, Bayern Monaco e Real Madrid saranno eliminate, è praticamente impossibile non considerare la squadra di Diego Simeone come una delle candidate più credibili per arrivare in finale o, addirittura, per la conquista della Champions League.

Le condizioni per l’Atlético non sono mai state favorevoli come quest’anno: eliminati dalla Coppa del Re, mai in corsa per la Liga, in cui hanno conquistato di recente il terzo posto sfruttando la crisi del Siviglia, i “Colchoneros” possono concentrare tutti i loro sforzi sulla Champions. Oltretutto con la possibilità, dopo aver gestito il Bayer, di dosare le energie contro un altro avversario di livello inferiore. Paradossalmente, non è detto che sia una buona notizia per l’Atlético, la cui mistica si fonda su basi opposte, sull’accettazione cioè dell’inferiorità nei confronti degli avversari. Un trucco che non può funzionare contro il Leicester, la squadra che più di tutte, tra le otto rimaste, può rivendicare a pieno titolo questa condizione.

Più produzione offensiva, meno solidità difensiva

Non è un Atlético molto diverso da quello che conosciamo, anche se rispetto al recente passato ha migliorato i propri numeri offensivi: tira di più, ha una media gol più alta e conserva maggiormente il possesso, seppur di poco.

Il centrocampo ha trovato stabilità nella configurazione più offensiva possibile: Carrasco esterno, Saúl e Koke a dividersi tra la fascia e il centro del campo, Gabi inamovibile nel suo ruolo di schermo della difesa e guida delle fasi di pressione alta. In questo modo Simeone ha aggiunto la qualità in palleggio necessaria a conservare il pallone una volta recuperato (anche quando recupera palla nei pressi della propria area, l’Atlético difficilmente lancia lungo, ma cerca di uscire palla a terra) e reso ancora più pericolose le transizioni offensive della sua squadra, grazie soprattutto all’ingresso di Carrasco in pianta stabile tra i titolari.

Allo stesso tempo, invece, sono peggiorati i numeri difensivi: l’Atlético concede più occasioni e subisce più gol, oltre ad aver abbassato il numero delle proprie azioni difensive, sia contrasti che intercetti. Non è un dramma in assoluto, ma semplicemente la normalizzazione dopo l’eccezionale stagione scorsa, chiusa con appena 18 gol subiti nella Liga e una spaventosa media di 24,6 contrasti a partita (in Champions era addirittura superiore: 25,7). La squadra di Simeone vanta sempre la miglior difesa del campionato spagnolo (24 gol subiti come il Villarreal) e in Champions solo la Juve, tra le otto rimaste, ha numeri migliori (2 gol subiti contro i 4 dei “Colchoneros”). La fase di non possesso dell’Atlético resta ipercollaudata, specie con la crescita di Savic, che si è imposto definitivamente come miglior compagno di Godín.

Picco di forma

L’Atlético è cresciuto di forma nel momento decisivo della stagione (5 vittorie e un pareggio col Real Madrid al Santiago Bernabéu, con soli 2 gol subiti nell’ultimo mese) e la sua stella, Antoine Griezmann, sta benissimo: 5 gol e un assist nelle ultime 7 partite giocate. Il francese è sempre il giocatore chiave della squadra in fase offensiva, e non solo per il contributo in termini di gol e assist – è il capocannoniere e il miglior assistman di squadra sia in campionato che in Champions League.

Griezmann è spesso decisivo, sia in transizione che negli attacchi posizionali, come ponte tra la fase di costruzione e quella di rifinitura. Il suo raffinatissimo gioco di sponde e la qualità con cui fa da raccordo tra le fasi è spesso la chiave che trasforma l’azione dell’Atlético in un’occasione da gol.

Non c’è un singolo aspetto tecnico o tattico in cui il Leicester possa pensare razionalmente di prevalere sull’Atlético.

Se è vero che da un certo punto di vista i campioni d’Inghilterra rappresentano il peggior avversario possibile per i “Colchoneros”, perché li obbliga a giocare il tipo di partita che più li mette in difficoltà: quella in cui prendono l’iniziativa e controllano il pallone più di quanto vorrebbero (anche se comunque gli attacchi della squadra di Simeone sono molto più elaborati di quanto siamo abituati a pensare); è anche vero che dal punto di vista opposto l’Atlético è il peggior avversario possibile per il Leicester.

I “Colchoneros” maneggiano con cura tutti quegli strumenti su cui le “Foxes” hanno costruito le loro imprese (difesa nella propria metà campo, aggressività, ripartenze) e sono probabilmente la squadra meno indicata da sfidare sull’intensità, uno dei trucchi che ha permesso all’ex squadra di Ranieri di rimontare il Siviglia agli ottavi.

Oltretutto l’Atlético ha il vantaggio di giocare l’andata in casa e far valere l’assurdo record del Vicente Calderón: da quando allena Simeone, i “Colchoneros” hanno subito gol soltanto in 4 delle 21 partite giocate in casa in Champions League. È ovvio che l’Atlético punterà a costruirsi un vantaggio, anche minimo, da difendere in Inghilterra per riportare così la qualificazione sul binario tattico che conosce meglio. Dovesse riuscirci, il Leicester avrebbe pochissime possibilità di ripetere l’impresa firmata col Siviglia.

Come arriva il Leicester

di Emanuele Atturo

Un mese e mezzo fa il Leicester annaspava verso la zona retrocessione, quartultimo a un punto dalla terzultima. In Champions League la sconfitta per 2 a 1 contro il Siviglia al Sanchez-Pizjuan aveva i contorni della nobile sconfitta che prelude l’eliminazione. Il giorno dopo quella partita l’esonero di Ranieri è sembrato a tutti irrispettoso: aveva almeno il diritto di giocarsi il ritorno contro il Siviglia, dicevamo tutti, dando comunque per scontato che il Leicester aveva poche possibilità.

Invece Shakespeare, affidandosi semplicemente al buon senso, ha rimesso la squadra nell’unico modo in cui sa stare in campo: un 4-4-2 basso e compatto che punta tutto sulla propria pericolosità in contropiede. Con queste armi non solo ha raddrizzato il campionato - 6 vittorie nelle ultime 7 partite, salvezza di fatto raggiunta - ma è riuscito anche nell’impresa di vincere 2 a 0 contro il Siviglia e qualificarsi ai quarti, recuperando quella sorta di aura magica delle squadre che si esprimono al meglio quando devono ribaltare i pronostici in situazioni che li vedono spacciati.

La sindrome di Davide

Forzando un po’ potremmo dire che il Leicester sfida la propria versione a un livello più alto, sia come narrativa (il presidente dell’Atletico ha paragonato la vittoria in Liga del 2014 a quella del Leicester) che come attitudine generale: quella di arrivare alla vittoria solo passando attraverso partite sporche e dolorose. Per questo Filipe Luis ha detto che il Leicester gli “ricorda” l’Atletico e Griezmann ha inserito questa sfida in una cornice ruvida: «Abbiamo la partita più difficile. Saranno tutte sfide dure, ma la nostra non sarà neanche bella da guardare in tv».

Leicester e l’Atletico usano spesso le stesse armi per ottenere risultati oltre le aspettative. Solo che lo fanno con un’originalità, una qualità e una capacità di variare completamente diversa. Se l’idea dell’Atletico arcigno e contropiedista è ormai un cliché, il Leicester ha nel proprio spartito tattico una specie di credo religioso la cui irrevocabilità è stata dimostrata anche dai fatti recenti. Nel 2017 Claudio Ranieri aveva infatti provato a variare più volte la struttura tattica della sua squadra: provando il centrocampo a rombo, la difesa a 3 e infine un 4-3-3 che sembrava la soluzione a molti problemi.

Un unico spartito, conosciuto a menadito

Ma alla fine era lo stesso Ranieri a rendersi conto della refrattarietà dei suoi giocatori al cambiamento: «Nelle ultime partite ho provato a cambiare per aiutare i ragazzi a trovare la giusta soluzione. Ma ho sbagliato, è meglio proporre quello che conoscono meglio». Un concetto che Shakespeare ha applicato alla lettera, ricostruendo il 4-4-2 iper-reattivo, blocco difensivo basso e ripartenze, che è praticamente l’unico modo di giocare che conosce il Leicester.

Se da una parte il Leicester è una squadra che sa impostare un solo tipo di partita, dall’altra è una delle squadre più brave a imporre il proprio contesto: a giocare la partita che vuole giocare. Ad esempio nella partita di ritorno il Siviglia aveva cercato di lasciare il controllo del pallone al Leicester, provando a lasciarlo cuocere nella situazione tecnico-tattica che meno preferisce. Ma il Leicester è stato intransigente nel non voler costruire in modo paziente. E in una partita ad alti ritmi, fatta di lanci lunghi e recupero delle seconde palle ha avuto la meglio, facendo apparire a posteriori il piano tattico del Siviglia una specie di suicidio.

Simpson non ci pensa neanche un secondo a giocare con raziocinio il pallone e lancia nel vuoto. Il Siviglia però non recupera il controllo.

Insomma, il Leicester non sa giocare in molti modi, ma il più delle volte - specie quando è in buona forma - si gioca la partita che vuole il Leicester. L’Atlético quindi sarà costretto per forza di cose a controllare il gioco, ad attaccare in modo posizionale: una situazione in realtà a cui la maggior parte delle squadre della Liga l’hanno ormai abituata e in cui si trova sempre più a suo agio.

La qualità nelle ripartenze del Leicester è tuttora il principale motivo per poter sperare in un passaggio del turno. Se hanno molto spazio da attaccare. le “foxes” giocano ancora tra i migliori contropiede a livello europeo: sia per automatismi, che per la capacità, davvero d’élite, dei suoi giocatori nella conduzione palla al piede.

Un’idea piuttosto elementare di calcio. Ma la conduzione in campo aperto di Okazaki, Gray e Vardy è davvero impressionante.

Molto più problematica è la capacità del Leicester di resistere per lunghi tratti di partita giocando col blocco difensivo basso. La solidità del Leicester dipende il più delle volte dalle condizioni di forma, fisiche e mentali, dei due centrali: Huth e Morgan (quest’ultimo molto migliorato nelle ultime settimane, qui ferma Firmino in campo aperto). Più sono in difficoltà più si rifugiano all’indietro, creando degli scompensi nella struttura posizionale: aprendo dei buchi sulla trequarti o costringendo i centrocampisti a ripiegare e a schiacciare troppo la squadra.

Nell’ultima partita l’Everton ha giocato con grande velocità in ampiezza sulla trequarti, slogando inesorabilmente le linee delle “foxes”. Soprattutto la capacità di conduzione palla al piede di Mirallas - che sembrava scivolare lubrificato nella difesa blu come su uno scivolo acquatico - ha messo in grave difficoltà gli statici giocatori del Leicester.

Sono tante le armi con cui l’Atletico - anche giocando la partita che teoricamente meno preferisce, quella in cui pianta le tende nella metà campo avversaria - può mandare in crisi il Leicester. I movimenti di Griezmann sulla trequarti, ad esempio, possono davvero diventare letali per le distanze delle “foxes”; così come le conduzioni palla al piede di Ferreira Carrasco e Saùl. Più il Leicester sarà passivo e meno chance avrà di giocarsi una partita equilibrata.

Insomma, non sono molti i motivi razionali per credere al passaggio del turno del Leicester: la premessa migliore per credere nella piccola, remota, possibilità di un’altra notte mistica.

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