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Le idee di Paulo Fonseca
05 giu 2024
05 giu 2024
Dopo due anni a Lille, l'allenatore portoghese dovrebbe approdare al Milan.
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12 min
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IMAGO / PanoramiC
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Ormai è quasi sicuro: dopo aver ufficializzato la separazione con Stefano Pioli, il Milan con ogni probabilità si affiderà a Paulo Fonseca. Il portoghese, cinquantuno anni, ex allenatore dello Shakhtar Donetsk, conosce bene il calcio italiano dopo aver vissuto due stagioni intense a Roma. Nelle ultime due stagioni, Fonseca ha guidato il Lille in Ligue 1, ottenendo un quinto posto l’anno scorso ed un quarto quest’anno, risultato che ha qualificato la sua squadra ai preliminari della prossima Champions League.

Il lavoro svolto da Fonseca in Francia non è passato inosservato, tanto che a lui si sono interessati anche il West Ham e l’Olympique Marsiglia. Eppure nemmeno questo nome sembra essere piaciuto troppo alla base dei tifosi rossoneri, che già avevano contestato il possibile arrivo di Julen Lopetegui (poi finito proprio al West Ham).

Il club milanese, però, stavolta ha deciso di andare per la sua strada, anche se è possibile che la scelta di Fonseca non sia stata condivisa da tutto il board dirigenziale (si dice ad esempio che Zlatan Ibrahimovic sostenesse la candidatura dell’ex compagno di squadra Mark Van Bommel).

Come è cambiato Fonseca

Ormai tutto questo fa però parte del passato ed è tempo di immaginare che tipo di calcio Fonseca potrebbe proporre a Milano. Iniziamo con una verità non così banale come potrebbe apparire: non stiamo parlando dello stesso tecnico visto a Roma. Sono passati tre anni e tre anni nel calcio sono un’eternità, in cui non solo i giocatori ma anche gli allenatori evolvono.

Innanzitutto Fonseca ha cambiato quasi totalmente il suo staff rispetto a quella esperienza. A Roma infatti il portoghese arrivò assistito dal vice Nuno Campos, dal collaboratore Tiago Leal, dai preparatori Pedro Moreira e Nuno Romano, dal match analyst Luis Pereira e dal suo segretario personale Vitaliy Khlivnyuk.

Oggi accanto a Fonseca di questi nomi è rimasto il solo Tiago Leal, mentre Nuno Campos ha intrapreso la carriera da primo allenatore (senza grande successo visto che, dopo due esperienze non indimenticabili in Portogallo al Tondela e al Santa Clara, è tornato a fare il vice in Messico). Il resto dello staff di Fonseca a Lilla in questa stagione era completato dal nuovo vice, Paulo Ferreira, dal preparatore dei portieri, António Ferreira, e dai preparatori atletici, Paulo Mourão e Stéphane Caterina. Quest’ultimi sarebbero, nel caso venissero confermati anche al Milan, i più sotto osservazione, vista la pletora di infortuni che avevano caratterizzato i due anni romani di Fonseca (e anche quelli di Pioli al Milan).

Un'intervista interessante in vista del suo approdo a Milano.

Fonseca è però cambiato molto anche da un punto di vista tattico. L’allenatore, uscito dal campionato ucraino, adottava infatti un pressing molto più aggressivo in fase di non possesso. L’approccio con la realtà italiana, però, ha convinto Fonseca a rivedere le proprie idee, almeno in parte. È stato lo stesso Fonseca, parlando al portale The Coaches’ Voice, a dichiarare di aver imparato molto dall’esperienza italiana, in particolare a non aver timore di gestire le fasi di non possesso.

In realtà, già il suo Shaktar non disdegnava fasi in cui la squadra si disponeva con un blocco medio, in cui la squadra però teneva una linea difensiva piuttosto alta anche a palla scoperta. Queste fasi, a Roma, sono diventate sempre più rare, e Fonseca ha abbassato sempre più il baricentro della sua squadra, sia per i limiti di Dzeko in fase di pressing sia per la disabitudine dei suoi difensori a giocare una zona pura, necessaria per tenere una linea alta e compatta con efficacia.

Al Lille le cose sono cambiate ancora. Il club nel quale Fonseca è arrivato nell’estate del 2022 non aveva budget per fare un mercato importante in entrata e, rispetto alla stagione 2021 (quella del campionato vinto sotto la guida di Christophe Galtier), aveva già dovuto cedere gran parte degli elementi più importanti della rosa, come Boubakary Soumare, Sven Botman, Mike Maignan, Jonathan Ikone, Luiz Araujo, Zeki Çelik e Renato Sanches.

In questa stagione il restyling è stato ulteriormente completato dalle cessioni di Timothy Weah (Juventus) e Carlos Baleba (Brighton), e dal rientro all’Everton per fine prestito di André Gomes. L’unico arrivo di spessore è stato quello di Samuel Umtiti, col difensore ex Barcellona e Lecce che però non ha praticamente mai visto il campo a causa di continui problemi fisici.

Così Fonseca, per strutturare la squadra si è affidato agli altri arrivi (Tiago Santos, Nabil Bentaleb e Hákon Arnar Haraldsson), ai giovani Lucas Chevalier (portiere di ventidue anni dal grande talento) e Leny Yoro (18), uno dei giovani difensori francesi più in voga al momento, oltre al gioco dell’inglese Angel Gomes in mezzo al campo e ai dribbling del kosovaro Edon Zhegrova sulla fascia. Davanti l’unica sicurezza, e elemento di continuità con il passato, è stato il centravanti canadese Jonathan David.

Come giocava il Lille

Da un punto di vista tattico, il Lille si schierava con un 4-2-3-1 orientato a dominare la partita tramite il possesso della palla. Non a caso il dato medio registrato dalla squadra di Fonseca (57%) è il secondo in Ligue 1 dietro solo a quello del Psg (65%).

Per quanto riguarda lo sviluppo del gioco, è stato lo stesso Fonseca a descriverlo lo scorso gennaio parlando a L'Équipe. «La cosa più importante è la dinamica del sistema. Noi abbiamo differenti strutture sul campo, che dividiamo in tre zone. Nella terza zona (trequarti offensiva) non cambiamo molto. Nella seconda (la zona centrale del campo), si cambia. Possiamo costruire con tre, quattro, cinque giocatori. Con tre e un laterale bloccato, con un centrocampista in più…con la Roma, alla fine della prima stagione, sono passato al 3-4-3 a causa delle caratteristiche dei miei giocatori. Ha funzionato, abbiamo concluso il campionato con 70 punti. Ma non ho più visto sul campo la mia squadra, desiderosa di dominare le partite. Col 3-4-3 è più difficile, per non dire impossibile, pressare e recuperare alto il pallone».

Una delle vittorie più convincenti di quest'anno, il 2-0 casalingo contro il Monaco arrivato secondo in classifica a fine stagione.

Proprio la pressione forte in avanti è la caratteristica peculiare della fase difensiva voluta da Fonseca, tornato quindi in un certo senso a un’identità più simile a quella dello Shakhtar. La sua ultima Roma (2021/22), come detto dal tecnico, non era più così attiva senza palla, tanto è vero che il suo indice PPDA a fine campionato era di 9.22, sotto la media della Serie A e piuttosto lontano dal Torino primo in questa classifica (6.69; dati StatsBomb). Il Lille ha invece registrato un dato di 7.83 lo scorso campionato (terzo dietro a Marsiglia e Lione), e di 9.61 in questo torneo (quinto, dietro a PSG, Monaco, Brest e Reims).

La differenza fra le due stagioni ci dimostra che il Lille in questo campionato ha imparato a difendersi anche con un blocco medio, per fari uscire gli avversari dai loro ultimi trenta metri di campo e guadagnare spazio alle spalle dei loro difensori. Questa, come detto, in realtà non una vera novità per Fonseca, che già allo Shakhtar si era distinto per un atteggiamento molto coraggioso senza palla, con un blocco medio-alto anche a palla scoperta per invitare gli avversari a forzare la verticalizzazione.

L’idea comunque è quella di difendere sempre lontano dalla propria area. «La domanda che dobbiamo farci è: come vogliamo pressare? Vogliamo essere più efficaci nei corridoi esterni o centralmente?». Questa dichiarazione di Fonseca ci parla del sistema ibrido in fase di pressing adottato dal Lille, una squadra che a volte invitava la squadra avversaria a muovere palla esternamente, altre volte invece in mezzo.

In fase offensiva il modello di gioco di Fonseca è quello posizionale. Il portoghese è molto attento alla postura del corpo dei suoi giocatori in fase di ricezione palla, specialmente da parte dei centrocampisti che devono orientare il gioco della squadra. In fase di prima costruzione un elemento chiave del Lille di Fonseca è stato il portiere Lucas Chevalier. La squadra di Fonseca si appoggiava molto su di lui, usandolo come costruttore aggiunto per attirare la pressione avversaria e allungare gli avversari in modo da creare spazi per risalire il campo. Il Lille, in sostanza, faceva salire Chevalier tra i due centrali, con i due mediani (due tra Angel Gomes, Benjamin André e Nabil Bentaleb) a comporre i vertici di un quadrilatero - una specie di rombo. Contemporaneamente i due terzini si alzavano molto alti e larghi sul campo.

Così facendo, gli avversari del Lille erano costretti a scegliere fra seguire la prima pressione (accorciando), con il risultato di lasciare campo alle proprie spalle (che poteva essere sfruttato dal Lille con una palla lunga verticale) oppure se restare più accorti, creando però uno spazio enorme dietro la propria prima linea di pressione. Contro squadre che preferivano attendere, a Chevalier era invece chiesto di pazientare e di condurre palla, in attesa di una pressione avversaria che, ad una certa altezza di campo, sarebbe comunque arrivata.

Il Lille ha costruito anche in altri modi, per esempio con una struttura 3-2. In questi casi, la squadra di Fonseca ancorava un terzino accanto ai centrali mentre l’altro guadagnava campo in profondità. Un tipo di gioco molto strutturato - anche se nell’ultimo terzo di campo lasciava grande libertà creativa agli attaccanti - che negli ultimi anni ha cambiato completamente volto al Lille. La squadra del nord della Francia, infatti, veniva da tre stagioni in cui, al cambiare degli allenatori e dei giocatori, attaccava sempre in maniera diretta e con transizioni rapide.

Come potrebbe giocare il Milan

È plausibile pensare insomma che il Milan 2024/25 possa essere una squadra più orientata al possesso rispetto a quanto visto quest’anno, con minori forzature nella ricerca della verticalità e una tendenza meno pronunciata ad allungarsi. Rispetto al modello iper-verticale proposto da Pioli, quello di Fonseca sarà probabilmente più orientato al mantenimento del controllo. Anche dal punto di vista della fase di costruzione dovrebbero esserci delle novità, con il nuovo Milan che non sarà più legato solo alla costruzione 3-2 con uno dei due terzini a fare funzioni di secondo mediano.

In questo senso, l’adattabilità del contesto tattico all’avversario rende il gioco di Fonseca teoricamente meno leggibile. In generale, anche se con moduli diversi (4-3-3, 4-2-3-1, anche difesa a tre), nel gioco di Fonseca rimangono costanti alcuni principi di base. Un doppio schermo davanti all’ultima linea in fase di impostazione, terzini molto alti, in grado di attaccare in avanti, e esterni d’attacco alti abili a venire a giocare centralmente, in spazi stretti.

Sotto questo punto di vista un elemento che, sulla carta, dovrebbe trarre beneficio da un atteggiamento offensivo più palleggiato, maggiormente rivolto al controllo del pallone come sistema per ordinarsi sul campo, dovrebbe essere Tijjani Reijnders, che comunque viene già da una buona prima stagione.

Arrivato la scorsa estate proveniente dall’AZ Alkmaar l’olandese si è presentato a Milano con la nomea di giocatore versatile, polivalente, in grado di poter svolgere più funzioni. Questa poliedricità per paradosso ha finito un po’ per limitarlo, con Pioli che più che altro lo ha messo dove ne aveva bisogno. Ora da trequartista, ora da secondo mediano con compiti da incursore e sempre all’interno di un contesto verticale, con i compagni di reparto che si allungavano in avanti, allontanandosi da lui.

Con Fonseca Reijnders avrà la possibilità di tornare ad agire da vertice basso (come accaduto ad esempio in Europa League contro il Rennes quest’anno) o, comunque, da secondo interno di centrocampo, ma sempre con compiti di regia e di sviluppo del possesso, in una contesto meno lungo sul campo, con opzioni di passaggio più vicine.

Sarà poi interessante vedere che impatto avrà Fonseca su Rafa Leão. Il portoghese è reduce da una stagione deludente, in cui ha segnato 9 gol ma ha dato una generale sensazione di aver raggiunto il tetto delle proprie possibilità. Forse un nuovo allenatore con nuovi principi potrebbero riavviare il suo processo di crescita. Oltre a parlare la stessa lingua, il nuovo allenatore potrebbe provare a ripetere l’impresa riuscita a Lille con Jonathan David. Il canadese infatti è strato trasformato da Fonseca in attaccante centrale e punto di riferimento più avanzato dopo stagioni da seconda punta.

Nel Lille di Fonseca David (in passato cercato proprio dal Milan) ha imparato a giocare anche da pivot, con compiti associativi. Tutto questo senza danneggiare la vena realizzativa del canadese, autore di 19 reti in Ligue 1 (secondo cannoniere del campionato a pari merito con Lacazette del Lione e dietro solo alle 27 realizzazioni di Kylian Mbappé).

La tripletta di Jonathan David con cui a febbraio il Lille ha battuto il Le Havre. L'attaccante canadese un anno fa è diventato il miglior marcatore nella storia del Lille nel 21esimo secolo, superando niente meno che Eden Hazard.

Ad oggi è difficile immaginare per Leão un percorso simile a quello di David a Lille, anche perché il portoghese non attacca la profondità con la stessa naturalezza del canadese. Fonseca però potrebbe comunque sviluppare la sua capacità di associarsi con i compagni e di giocare più dentro al campo, avvicinandolo alla porta avversaria.

È probabile che il Milan cercherà sul mercato un nuovo centravanti, in grado di sostituire Olvier Giroud e di rappresentare un’alternativa più convincente rispetto a Luka Jović. Magari uno con caratteristiche vicine proprio a quelle del già menzionato David. Non va sottovalutato nemmeno l’impatto che l’allenatore portoghese potrebbe avere su Mike Maignan. Al di là del suo stato di forma tra i pali, sarà interessante vedere come evolverà il suo gioco con i piedi sul medio o sul corto, dopo aver identitificato i giocatori liberi dai quali far iniziare la manovra milanista, che probabilmente verrà molto più sollecitato di adesso.

A Milano arriva insomma un tecnico diverso da quello che viene dipinto in questi giorni. Un allenatore esperto, che conosce il campionato italiano e che ha dimostrato di sapersi evolvere nel corso della sua carriera. Un allenatore elastico, in grado di adattare il sistema di partenza e i suoi sviluppi fluidi alle caratteristiche dei giocatori a disposizione. Certo, un allenatore che deve ancora dimostrare di saper reggere la pressione a quel livello, e che forse è alla sua ultima possibilità per vincere un trofeo di rilievo e fare il salto definitivo nel calcio d’élite.

D’altra parte, il Milan ha dimostrato - almeno dai nomi che sono girati - di voler piazzare una scommessa con la scelta dell’allenatore, e tra le scommesse più interessanti sicuramente c’è il nome di Paulo Fonseca.

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