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Daniele Manusia
La superiorità di Osimhen è diventata evidente
07 mar 2023
07 mar 2023
Il centravanti del Napoli ha vinto il premio di calciatore del mese AIC di febbraio 2023.
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Daniele Manusia
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IMAGO / AFLOSPORT
(foto) IMAGO / AFLOSPORT
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Cos’è un premio mensile votato dai propri colleghi, sulla base della selezione di un’oscura rivista online, in confronto all’omaggio di un popolo che ti dedica uova di pasqua, torte, cappuccini, pizze? Victor Osimhen ha vinto il premio AIC di giocatore del mese di febbraio (2023) ma in queste ultime settimane è soprattutto entrato nel nostro immaginario. Nessuno meglio di lui - neanche Kvaratskhelia - rappresenta lo straordinario stato di forma del Napoli di Spalletti. Quella fame che rende impossibile fermarlo, quel desiderio di vincere che le vittorie non estinguono ma rinnovano, come un vampiro che ha appena assaggiato il sangue umano e ne vuole ancora. Parliamo di febbraio, in cui ha segnato 5 gol in 5 partite in campionato (aggiungete un gol e una partita in Champions League, nell’andata degli ottavi di finale con il Francoforte), ma è dall’inizio della stagione, la prima in cui può giocare con continuità, che Osimhen è eccezionale. Ed è in particolare da gennaio (mese in cui ha il giocatore AIC è stato Ademola Lookman), dopo la sconfitta con l’Inter che sembrava annunciare una seconda parte della stagione complicata, che il Napoli e Osimhen hanno dato una dimostrazione della loro determinazione. Osimhen ha segnato in nove partite consecutive (la sola eccezione è stata quella con la Cremonese in Coppa Italia, in cui è entrato nei tempi supplementari) prima di fermarsi nell’ultima giornata con la Lazio (che però si è giocata a marzo). E in quella striscia di vittorie, che hanno consolidato la posizione del Napoli in cima alla piramide alimentare di questa strana Serie A, ha segnato una doppietta di testa alla Juventus, un gol semplicemente incredibile alla Roma con stop di petto e conclusione al volo nel cuore dell’area piccola, un gol di testa contro lo Spezia in cui è andato a prendere la palla a più di due metri e mezzo di altezza e un gol geniale al Sassuolo, con un angolo strettissimo.

Alla sua capacità di segnare ormai ci siamo abituati. Anche se non era una battaglia vinta in partenza, quella tra l’opinione pubblica italiana e Osimhen - e gli attaccanti come lui, anzi, i numeri 9 classici che come burocrati, più che assassini o banditi, devono riempire quote di gol mensili e settimanali per evitare le critiche.In Germania, dove è arrivato a diciassette anni, non aveva segnato neanche un gol in una ventina di partite, in Belgio e in Francia invece ha segnato poco meno di quaranta gol in due stagioni. Quando è arrivato a Napoli aveva ancora 21 anni ed era stato pagato più di settanta milioni, con i bonus ottanta (sì, insomma, su questo c’è un’inchiesta), su di lui c’era lo scetticismo che c’è sempre con gli attaccanti che vengono da altri campionati. Riuscirà a segnare anche con gli spazi chiusi della Serie A?La stagione 2020-21 è stata spezzata in due dalla lussazione alla spalla, che lo ha tenuto fuori due mesi interi da fine novembre e fine gennaio. In quella ‘21-22, più o meno nello stesso periodo, è la frattura allo zigomo e all’orbita a tenerlo fuori. In entrambe le stagioni era andato in doppia cifra, senza però la continuità di quella in corso in cui viaggia quasi alla media di quasi un gol a partita (19 gol in 20 gare di campionato, 21 in 26 coppe comprese).In queste stagioni ci siamo fatti un’idea di Osimhen come di un attaccante prettamente fisico, ruvido e spigoloso su ogni pallone, ha convinto anche i più scettici della sua efficacia sotto porta, ma tutto sommato continua ad essere considerato un attaccante “poco tecnico”. E allora approfittiamo dell’occasione - il premio come miglior giocatore del mese di febbraio 2023 vinto con 10 punti percentuali di vantaggio su Angel Di Maria e molti di più su Orsolini e Thiaw; il suo secondo premio AIC dopo quello di settembre 2021 - per chiederci: cosa significa, per un attaccante, essere tecnico? Se di Victor Osimhen guardate solo le finalizzazioni, o le rifiniture, la pulizia del calcio, della coordinazione e dell’impatto del piede sulla palla, rischia di sfuggirvi totalmente la sua dimensione tecnica. Inscindibile da quella puramente atletica, fisica. Anche perché un attaccante di quasi un metro e novanta, con il baricentro alto come lui e che gioca alla velocità a cui gioca lui, non può avere il rapporto con il pallone di un attaccante magari alto uguale ma con un baricentro più basso (tipo, giusto per fare un esempio, Rasmus Hojlund). In realtà la capacità di Osimhen di vincere i duelli è prima di tutto tecnica. Sta nel modo in cui usa la propria elasticità per coprire la palla ai difensori, per arrivarci sempre un attimo prima di quanto loro se lo aspettino, andandola a prendere più in alto, o più lontano di quanto immaginavano. Si può leggere la sorpresa negli occhi di chi lo difende, l’incredulità di fronte a un giocatore che anche quando sembra sotto il loro controllo si fa spazio. I centravanti devono saper controllare il corpo dei difensori e al tempo stesso la palla. Non è semplice e a volte perdono di vista l’una o l’altra cosa. Osimhen, quando ingaggia un duello con un difensore, ha sempre gli occhi puntati alla palla ma, con le braccia, con la schiena, con le anche, sente la posizione del difensore e lo tiene lontano. Difende i centimetri di campo a sua disposizione muovendo la palla in modo anche poco ortodosso, con ogni parte del corpo.Facciamo un esempio. Al minuto 53 della partita con la Juventus, con il punteggio ancora sul 2-1, Rrahmani pressato a ridosso della propria area lancia lungo, sull’esterno destro. Osimhen è inseguito da Alex Sandro, palla rimbalza a metà strada tra di loro e il difensore juventino va direttamente per il contatto con l’attaccante. Gli salta quasi addosso provando a spostarlo con il fianco ma Osimhen, che è anche più veloce, sporge il petto in avanti prolungando la traiettoria della palla: Alex Sandro gli va addosso ma non lo sposta di un millimetro e Osimhen si è aperto un corridoio che porta direttamente verso la porta. Calcia sul primo palo e Szczesny devia in angolo.

Oppure prendiamo il gol segnato alla Roma nella partita di andata - perché quello segnato al ritorno è un capolavoro che parla per sé, sarebbe troppo facile prenderlo a esempio della sua tecnica. A dieci minuti dalla fine, dopo una partita giocata con grande attenzione da parte di Smalling, Osimhen gli sfila alle spalle su una palla lunga. Smalling è più lento ma gli taglia comunque la strada verso la palla, sembra arrivarci prima di lui finché, all’improvviso, si accorge che non ci arriva proprio.La sorpresa è ben visibile nell’espressione di Smalling quando capisce che la palla gli sfila davanti in direzione di Osimhen. Sembra un buco difensivo, ma se lo guardate con attenzione potete notare come sia il braccio dell’attaccante del Napoli a proteggere la palla nel momento in cui entra nella loro zona. Poi, da posizione impossibile per quasi ogni altro centravanti, Osimhen incrocia il tiro sul secondo palo. [gallery columns="4" ids="89465,89468,89467,89466"] Di azioni del genere ce ne sono in ogni partita di Osimhen. È quello che lo rende davvero spaventoso. Contro la Sampdoria, nell’azione che chiude Rincon facendosi espellere, Osimhen dribbla Nuytinck spostando la palla all’ultimo, Nuytinck gli va addosso e sembra sbattere su un muro invisibile, mentre il centravanti del Napoli prosegue dritto come se niente fosse. Rincon quantomeno riesce a metterlo al tappeto, certo gli costa il rosso ma a volte l’unico modo per fare Osimhen sembra ricorrere alle arti marziali (e ancora, se le usasse anche lui probabilmente il risultato tornerebbe lo stesso di prima: Osimhen sarebbe quello rimasto in piedi).La superiorità di Osimhen è sul piano fisico e mentale. Questo è indiscutibile. In una recente intervista al Corriere dello Sport ha raccontato che già quest’estate credeva nello Scudetto e cercava di convincere Anguissa. “Se i tuoi compagni si convincono come te, possiamo provarci”, gli disse Spalletti. È Victor Osimhen ad aver alzato il livello del Napoli, con la sua presenza continua in campo, finalmente. Ma la superiorità mentale si vede anche in cose come il rigore procurato contro l’Eintracht (quello poi sbagliato da Kvaratskhelia), in cui subito dopo che Lozano ha colpito il palo Osimhen inizia a mettersi le mani, ma è una frazione di secondo perché quando l’avversario controlla il pallone lui ci si fionda sopra come un avvoltoio e gliela toglie da davanti prendendosi il rigore. Osimhen non è solo più intenso, veloce, lungo ed elastico dei difensori, ma è anche migliore di loro a giocare a quelle velocità, a quell’intensità, a quell’altezza e a quelle distanze. Alla fine, come sempre, è una questione di contesto. Certo ci sono attaccanti che in una stanza vuota stoppano e passano la palla meglio di lui, ma quanti vanno a prendere una palla di testa a due metri e mezzo, quanti anticipano i difensori di petto, quanti fanno gol dalla linea di fondo, quanti fanno il vuoto intorno a sé come fa Victor Osimhen in area di rigore? Questa è la tecnica di Osimhen, quella con cui domina e manda nel panico le difese. Gli basta un’azione, o un paio a partita, per cambiarle di senso. Gli è bastata una stagione giocata per intero, senza infortuni gravi, per cambiare di senso al Napoli. Non da solo, certo, ma con una determinazione e una capacità di essere decisivo che a volte si porta dietro il resto dei suoi compagni.

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