Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
(di)
Olympiakos - Milan, come eliminarsi da soli
14 dic 2018
14 dic 2018
Le ingenuità individuali e una strategia poco convincente hanno condannato il Milan ad un'eliminazione prematura.
(di)
(copertina)
Foto LaPresse
(copertina) Foto LaPresse
Dark mode
(ON)

Quella di ieri contro l’Olympiakos, che è costata l’eliminazione dall’Europa League già dalla fase a gironi, entra di diritto tra le sconfitte più dolorose della storia europea del Milan.

Certo, ci sono diverse attenuanti, tra cui:

1) Nell’ultimo mese e mezzo Gennaro Gattuso ha dovuto gestire una rosa molto corta a causa degli infortuni, concentrati soprattutto a centrocampo e in difesa, tanto che ad Atene, per la terza partita di fila, Abate ha giocato da centrale della difesa a quattro. Contro l’Olympiakos mancava anche il miglior giocatore della stagione, Suso, e in panchina c’erano: Donnarumma, Musacchio, Simic, Bertolacci, Mauri, Laxalt e Halilovic. Insomma, i margini di manovra di Gattuso erano ridottissimi.

2) La serie di coincidenze improbabili da cui hanno avuto origine i tre gol: il Milan ha subito il primo su un calcio d’angolo poco chiaro, battuto forse in modo irregolare; il secondo per una deviazione di Zapata su un tiro da lontano senza pretese di Guilherme; il terzo su un rigore nel migliore dei casi dubbio.

3) Alla fine il Milan è uscito per la differenza reti peggiore rispetto all’Olympiakos, dopo aver conquistato 10 punti: tra le qualificate come seconde negli altri gruppi solo due squadre hanno fatto più punti dei rossoneri, lo Sporting (13) e il Krasnodar (12).

Ok, finite le scuse

Detto questo, l’eliminazione in un girone con Betis, Olympiakos e Dudelange è difficile da accettare. Per chiarire la portata della cosa basta pensare che erano diciannove anni che il Milan non veniva eliminato nella prima fase a gironi di una competizione europea. Era il 1999 e la squadra di Alberto Zaccheroni arrivò ultima nel proprio gruppo in Champions dopo la sconfitta all’ultima giornata per 3-2 contro il Galatasaray (l’anno dopo il Milan fu eliminato al secondo girone di Champions League, in una formula che prevedeva due fasi a gironi).

A onor del vero va detto subito che già prima della sconfitta decisiva contro l’Olympiakos il percorso del Milan in Europa League era stato tutt’altro che brillante. In cinque partite, la squadra di Gattuso era passata in svantaggio ben quattro volte e anche il Dudelange a San Siro era riuscito ad andare sul 2-1, prima di subire la rimonta rossonera per il 5-2 finale.

I lussemburghesi dovevano essere gli avversari ideali per gonfiare la differenza reti e invece hanno finito per essere decisivi in senso contrario: i due gol subiti a San Siro e lo striminzito 1-0 in Lussemburgo hanno rovinato la differenza reti, il criterio che ha determinato l’eliminazione.

Ma erano stati gli scontri contro le avversarie più difficili a creare maggiori problemi al Milan. Il Betis aveva dominato a San Siro con il suo gioco fondato sulla tecnica e il palleggio, vincendo 2-1; mentre al ritorno i rossoneri erano riusciti a strappare il pareggio per 1-1 grazie a una punizione di Suso dopo un primo tempo molto sofferto.

Anche l’Olympiakos all’andata, a San Siro, era passato in vantaggio con Guerrero, poi Gattuso aveva mandato in campo Cutrone affiancandolo a Higuaín e nel giro di dieci minuti il Milan aveva segnato tre gol, ribaltando il risultato sul 3-1.

Pur soffrendo e giocando spesso male, al Milan sarebbe bastato gestire i tre punti di vantaggio sull’Olympiakos per superare la fase a gironi. I rossoneri avrebbero anche potuto perdere, ma con un punteggio diverso dal 3-1 (un caso piuttosto raro, visto che in stagione la squadra di Gattuso aveva subito 3 gol solo dal Napoli, ma in una partita persa 3-2).

Troppe ingenuità

Ad Atene, il Milan ha perso non solo per le clamorose ingenuità commesse, ad esempio in occasione del calcio d’angolo che ha portato al gol di Cissé, o per episodi fortuiti, come la deviazione di Zapata sul tiro di Guilherme, ma anche per una strategia troppo prudente che non è riuscita a contrastare i pochi strumenti a disposizione dell’Olympiakos.

Il primo gol, come detto, nasce da una situazione poco chiara: Podence tocca la palla e poi si sposta, lasciando la battuta del calcio d’angolo a Fortounis, che aggiusta il pallone con le mani e poi batte corto proprio su Podence. L’arbitro non interpreta il primo tocco dell’esterno portoghese dell’Olympiakos come una ripresa del gioco e lascia correre senza fischiare il fallo di mano di Fortounis, come invece fa qualche minuto più tardi su un calcio d’angolo battuto in maniera simile da Castillejo e Calhanoglu: il tocco di mano del turco viene sanzionato con un fallo e sulla ripartenza l’Olympiakos sfiora il 2-0, con un tiro di Guerrero respinto da Zapata quasi sulla linea di porta.

Mettendo da parte i dubbi su come i greci hanno ripreso il gioco, la gestione complessiva del calcio d’angolo da parte del Milan non è all’altezza della situazione.

Samu Castillejo, che in teoria dovrebbe difendere il lato corto e intervenire in caso di scambio ravvicinato, si fa prendere in mezzo da Fortounis e Podence; Bakayoko inspiegabilmente non esce sull’esterno portoghese, resta sul primo palo e fa arrivare comodamente Podence in area. Cissé, poi, entra in area da dietro e non è marcato da nessuno, nonostante fosse il giocatore più pericoloso sui palloni alti (è alto 197 cm). A questi livelli è difficile vedere una serie di ingenuità così evidenti.

Lo scambio tra Fortounis e Podence che prende in mezzo Castillejo, Bakayoko che resta piantato a difesa del primo palo, Cissé che entra in area da dietro.

Problemi di strategia e interpretazione

Al di là delle ingenuità individuali, è stata la strategia del Milan a sembrare inadatta al tipo di partita richiesta, che avrebbe dovuto mirare alla gestione del risultato e al controllo del pallone - specie contro una squadra fisica che puntava ad arrivare subito nella trequarti avversaria con lanci e verticalizzazioni e poi a riempire l’area sfruttando le fasce o conquistando un calcio piazzato.

Il Milan, invece, ha giocato un calcio molto verticale che riduceva le possibilità di conservare il pallone, alzando i due esterni, Calhanoglu e Castillejo, sulla linea degli attaccanti e allontanandoli così dalla zona di costruzione. Gattuso ha rinunciato all’idea di consolidare il possesso da dietro, puntando piuttosto ad arrivare nella metà campo dell’Olympiakos con un duello aereo vinto, alzando la palla preferibilmente su Bakayoko, oppure dopo aver recuperato la palla in zone avanzate.

Le occasioni avute nel primo tempo - in particolare il tentativo di pallonetto di Higuaín al 18’ e un tiro di Cutrone defilato a sinistra ma con lo specchio della porta abbastanza aperto al 21’ - non giustificano però un possesso di poco superiore al 40%, il segnale delle difficoltà a conservare la palla e a cercare con la manovra il gol che avrebbe spento l’entusiasmo dello stadio e incrinato la fiducia dell’Olympiakos.

Sono stati proprio i giocatori di maggiore qualità, poco aiutati dal contesto, a deludere più di tutti. La rinuncia a costruire da dietro ha ridotto le possibilità di Calhanoglu di entrare all’interno del campo a facilitare la manovra, proprio quando la sua qualità e i suoi movimenti in appoggio e tra le linee sarebbero serviti per dare un ordine alla manovra in assenza di Suso a destra.

Il turco è stato il giocatore del Milan che ha toccato più palloni, ma non ha avuto un grande impatto, pagando l’assenza di movimenti attorno a lui che lo facessero staccare dalla fascia più laterale del campo.

Oltretutto, in due ottime occasioni sul centro-sinistra in area non è stato abbastanza rapido a rientrare sul destro e a tirare in porta. Quel tipo di giocata, propria di un esterno a piede invertito, era forse più nelle corde di Castillejo, che però ha cercato di allungare la squadra a destra con movimenti profondi che lo allontanavano da Calabria, giocando in pratica all’opposto rispetto a quanto di solito fa, da quello stesso lato, Suso.

L’influenza di Castillejo negli ultimi metri è stata quasi nulla: neanche un dribbling tentato, nessuna occasione creata e un solo tiro in porta, quando nel secondo tempo ha girato in modo debole un cross da sinistra di Kessié. L’assenza di Suso, della sua capacità di conservare il possesso e ordinare la squadra a destra, delle sue idee in rifinitura, si è sentita decisamente troppo.

Anche i due attaccanti, Cutrone e Higuaín, non hanno aiutato la squadra a tenere la palla e ad alzare il baricentro con i loro movimenti in appoggio, e in particolare l’argentino ha sbagliato diversi controlli spalle alla porta sorprendenti, visto il suo bagaglio tecnico.

Il “Pipita” sembrava voler risolvere la partita da solo - e ci stava pure riuscendo al 64’, quando ha tagliato la metà campo dell’Olympiakos palla al piede e, arrivato al limite dell’area, ha tirato in porta sfiorando l’angolino. Anche l’ultima occasione del Milan è arrivata dal suo piede, con un tiro da fuori che, deviato, è finito in angolo toccando la parte esterna della rete: Higuaín ha provato a trascinare la squadra da solo nei momenti più difficili, si è preso delle responsabilità ma è sembrato ancora lontano dalla forma migliore.

Milan con la pressione bassa

A facilitare la partita dell’Olympiakos, oltre alla rinuncia a manovrare da dietro e a conservare la palla abbassando i ritmi della partita, è stato il tipico atteggiamento prudente in fase difensiva che contraddistingue il Milan da quando in panchina siede Gattuso.

L’assenza di pressione nella metà campo avversaria ha permesso ai greci di consolidare il possesso da dietro, dando il tempo ai giocatori più avanzati di posizionarsi e avvicinarsi all’area. L’Olympiakos poteva così lanciare lungo e puntare ad arrivare in area vincendo un duello aereo o recuperando una palla vagante oppure uscire da dietro manovrando e cercando scambi tra le linee, grazie alla posizione avanzata dei terzini che faceva entrare dentro il campo gli esterni e permetteva così di occupare con molti giocatori lo spazio tra la difesa e il centrocampo del Milan.

I terzini fornivano ovviamente uno sbocco offensivo, grazie alla superiorità numerica che si veniva a creare sulle fasce. Qui Castillejo si stringe su Guerrero e scopre il passaggio verso Koutris. Dal cross del terzino arriverà l’autogol del 2-0 di Zapata.

Dopo l’intervallo, la squadra di Pedro Martins si è spinta in avanti e la partita si è aperta. Tutte e due le squadre faticavano a rientrare dopo essere arrivate nei pressi dell’area avversaria e a un’occasione da un lato ne seguiva un’altra dalla parte opposta del campo. Uno scenario che, prevedibilmente, ha premiato l’Olympiakos e non il Milan.

L’eliminazione è quindi arrivata a conclusione di una fase a gironi poco convincente, in un periodo particolarmente infelice a livello di infortuni e che ha mostrato quanto sia corta la coperta a disposizione di Gattuso, al termine di una partita in cui alle ingenuità e agli episodi fortuiti si è sommata una strategia inadatta a contrastare i punti di forza dell’Olympiakos e che ha reso più difficili le prestazioni dei giocatori di maggiore qualità.

Uscire dall’Europa League in un gruppo con Betis, Olympiakos e Dudelange è una macchia che inevitabilmente influenzerà i giudizi sulla stagione del Milan. L’unica consolazione, per quanto piccola, è che forse può aiutare a gestire meglio le energie per raggiungere il traguardo più ambito: il quarto posto in campionato che garantirebbe la qualificazione in Champions. Il Milan, adesso, dovrà avere la forza di mettersi alle spalle la batosta di Atene per non lasciarsi trascinare in un’altra stagione deludente.

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura