Il Draft NBA 2018 si preannuncia pieno di talenti, specialmente nella top-5: con la rubrica “Collegiali” vogliamo farvi scoprire i giovani giocatori che promettono di rubarvi il cuore negli anni a venire. Qui trovate Deandre Ayton e Trae Young, qui il nostro Mock Draft.
Quando Marvin Bagley III ha spiazzato il mondo NCAA, riclassificandosi con successo nel Draft di quest’anno e contemporaneamente dichiandosi per l’università di Duke, in molti si chiedevano dove potessero arrivare lui e la sua squadra, che già senza il suo arrivo era considerato uno dei top team per la passata stagione.
Oltre al circuito liceale in Arizona prima e in California poi (proprio a causa del trasferimento in California era arrivato il suo anno da redshirt e la successiva richiesta di terminare anticipatamente gli studi per mettersi in corsa coi pari età), Bagley aveva già fatto comparire il suo pallino lampeggiante nei radar degli scout NBA in occasione della Drew League di Los Angeles, dove si faceva trovare con allarmante frequenza a raccogliere i lob di James Harden e in cui, tutto sommato, non appariva a disagio al pari degli altri atleti NBA in vacanza.
Questo prodigio cestistico di terza generazione sembrava uscito direttamente da un mixtape di Youtube in cui segnava schiacciate in tap-in sopra tre avversari, tirava da tre dopo aver arrestato il corpo per almeno 3 secondi o dove eseguiva dei coast-to-coast portando palla e mandando a spasso gli avversari cambiando direzione dietro la schiena.
Arrivato a Duke ci si chiedeva quindi cosa sarebbe stato Bagley a livello collegiale e, di conseguenza, capire cosa potesse diventare tra i pro. E sin dalle prime partite giocate è stato chiaro a tutti che il talento era da primi della classe.
Il miglior atleta del Draft
Sin dai primi secondi di carriera NCAA è stato chiaro a tutti che lo strapotere fisico di Bagley non si sarebbe fermato al liceo, ma anche il mondo collegiale ne sarebbe stata messo sotto torchio. Bagley possiede un “motore” inesauribile, che gira sempre a marce altissime e che non gli fa prendere mai mezzo secondo di pausa. Non troverete un’azione in cui si ferma con le mani sui fianchi, è sempre impegnato a fare qualcosa: senza palla è alla costante ricerca della posizione per ricevere palla, o prova a spostare il difensore per sorprenderlo con un taglio.
Nell’azione Bagley non sta letteralmente fermo un istante fino a che non taglia davanti all’avversario, riceve, piroetta sul perno ed esplode sopra il ferro per la schiacciata. Immaginate quanto possa essere logorante marcare un giocatore del genere per un’intera serata.
Sebbene il torso debba irrobustirsi molto per resistere ai contatti e ai blocchi al piano superiore (e non è detto che ci riesca), il livello atletico di Bagley è già oggi talmente elevato che sembra difficile pensare che non possa essere titolare in una qualunque squadra della Lottery. Non è pigro nemmeno nei movimenti, e sfrutta la sua agilità per danzare in campo piroettando attorno agli avversari. La sua coordinazione fulminea mista alla sua velocità laterale ne fanno un’arma molto pericolosa in post.
Una sua tipica azione: mai fermo nello stesso punto, piroetta senza difficoltà attorno al difensore e in un istante è sopra al ferro per i due punti più facili.
Sebbene il suo arsenale di movimenti spalle a canestro sia limitato, Bagley non ha problemi a mettere palla a terra e attaccare il difensore roteandogli attorno fino a trovare un’apertura. Oppure, con un’altra delle sue mosse preferite, prende posizione in post medio, riceve - andandosi a prendere palla molto più in alto di quanto gli altri giocatori di post ricevano il lob - e istantaneamente girarsi in triple threat, con la possibilità di tirare, passare o mettere palla per terra.
Ovviamente questo suo strapotere fisico è amplificato in campo aperto: Bagley può indistintamente portare palla in transizione, arrivare a rimorchio per tirare da 3 o scattare in attacco a prendersi un lob in corsa. Al college non esistevano avversari in grado di correre quanto lui e di tenergli testa fisicamente, e sebbene il suo arsenale in attacco non sia dei più raffinati, è sconcertante notare con quanta facilità possa realizzare 30 punti a serata.
La miglior caratteristica del gioco di Bagley, e ovviamente figlia diretta del suo atletismo debordante, è la sua capacità di andare a rimbalzo. Senza mezzi termini Bagley domina le plance in attacco e in difesa, e lo fa senza eccellere in posizionamento o taglia fuori, ma volando sopra agli altri. Dato il suo motore sempre acceso per lui non esistono rimbalzi troppo lontani o troppo in alto: in difesa è riuscito a prendere oltre il 40% dei rimbalzi a disposizione della sua squadra, e nelle volte in cui non era a portata per afferrarne uno era il primo a scattare in contropiede. Ma la vera abilità di Bagley è nascosta nel suo secondo (e terzo) salto: sembra giocare con un bastone da pogo, balzando continuamente e senza mai perdere di elevazione, aggiungendo a questa caratteristica quella di far “palleggiare” il pallone in aria verso il ferro o verso di sé. Finché è in posizione buona, non esiste un’azione realmente terminata.
Ovviamente quando affronterà degli atleti migliori le sue cifre dovrebbero normalizzarsi, ma la sua capacità di rimbalzo dovrebbe essere traslabile dal primo giorno. Qui nella clip Bagley ruba il tempo tre volte a un’intera difesa saltando continuamente e continuando a spingere la palla in alto.
Un attacco da costruire
Lo strapotere tecnico di Bagley è terminato al liceo, poiché già in NCAA le lacune sul suo gioco in attacco si sono rivelate nella loro totalità - e in NBA saranno ancora più accentuate. È doverosa una premessa: Bagley non ha nessun problema a fare canestro, conosce più modi per farlo e gli riesce in maniera incredibilmente naturale, senza ricorrere due volte allo stesso trucco, ma c’è differenza tra segnare e attaccare.
Il gioco offensivo di Bagley è oggi estremamente grezzo, sfruttando quasi esclusivamente il suo atletismo e la sua mano sinistra. Il tocco che ha la sua mano sinistra è semplicemente sbalorditivo, capace di eseguire ganci e lay-up in contorsione e in corsa, a cui aggiunge anche una sorta di floater in corsa che utilizza con efficacia. Se gli avversari lo lasciano andare a sinistra vicino al ferro, sono due punti già scritti.
Il suo modo di attaccare i closeout non è quello di sbilanciare l’avversario, ma quello di portarsi sulla mano sinistra. Anche in un’azione dove sembra non trovare nulla, la sensibilità di tocco gli permette di trovare un canestro che per molti sarebbe insperato.
Ma nessun difensore NBA gli permetterà quel lato di gioco sapendo che andando a destra per lui è un taboo completo (una sorta di Derek Zoolander al contrario). Se va a destra Bagley prova comunque a concludere con il mancino, rischiando enormemente una stoppata dai difensori NBA. Nelle rare volte in cui si affida alla destra le sue conclusioni diventano piatte, senza forza: sembra non avere minimamente il tocco necessario a concludere.
Non ci sono grosse preoccupazioni per la sua eventuale riuscita come realizzatore: anche il jumper è un’arma che ha già pronta all’uso. Sebbene il suo 39% da 3 sia fallace (pochissimi tentativi e un sospetto 62% ai liberi che dovrebbero rendere l’idea che sia un tiratore ridimensionato in NBA) la meccanica è ottima e il rilascio molto fluido. Probabilmente avrà bisogno di tempo per abituarsi alla maggiore distanza NBA, ma arrivando a rimorchio sarà comunque una minaccia sufficiente a muovere una difesa che dovrà giocoforza far uscire dei difensori su di lui.
La visione di gioco però è assolutamente limitata: Bagley pecca moltissimo di tunnel vision, pensando esclusivamente al suo tiro e dimenticandosi della presenza dei compagni in campo. In questo gli altri lunghi proiettati in lotteria gli sono superiori. È vero che a livello collegiale per lui era meglio tirare ed eventualmente andarsi a prendere il suo stesso errore a rimbalzo, ma stiamo vivendo l’era del pace & space e un lungo che non sa servire i tiratori negli angoli è destinato ad avere difficoltà sul lungo periodo. Già oggi i minimi raddoppi gli causano difficoltà, e in questo la differenza con Deandre Ayton è disarmante. Mentre Ayton (brevemente suo ex compagno di squadra al liceo) riesce a segnare 0.95 punti per possesso quando raddoppiato, Bagley si ferma a 0.47 perdendo palla una volta su quattro.
Finora si è sempre dimostrato un lavoratore encomiabile che non ha paura di migliorare il suo gioco, ma la capacità di letture è sempre una parte difficile da allenare e richiede molto tempo. Ad oggi è più facile immaginarsi un attacco in cui inserire Bagley che ipotizzarne uno a partire da lui, ma il materiale atletico e tecnico per tirarne fuori una stella è tutto in bella mostra. A differenza degli altri prospetti, il prodotto di Duke ha bisogno che tutte le sue lacune in attacco migliorino e che i suoi punti dubbi vengano risolti positivamente per diventare una presenza positiva, ma il potenziale se tutto ciò dovesse verificarsi è da primo della classe.
Difesa preoccupante
La fase difensiva del gioco di Bagley è senza dubbio la parte più lacunosa e preoccupante di tutte. Durante la stagione Coach K ha tentato in tutti i modi possibili a mascherare Bagley in difesa, fallendo miseramente. Alla fine l’unica soluzione trovata è stata quella dell’uso massiccio della zona, deresponsabilizzando Bagley da compiti di letture e di protezione del ferro. Duke è sopravvissuta e infine perita con la zona, e anche per questo la figura di Bagley è stata dominante nella stagione dei Blue Devils.
A Bagley manca completamente tutta la fase difensiva, eccezion fatta per il potenziale atletico. Ma la sua incapacità di combinare qualcosa nella propria metà campo è un allarme rosso: non avendo il torso per tenere i giocatori in post basso, inizialmente coach K ha provato a usarlo come difensore in aiuto, scoprendo però che o per mancanza di voglia o per una mancanza imbarazzante di letture, Bagley non aiutava nessuno in difesa.
Notare come Bagley si addormenti in mezzo al pitturato, cercando di prendere le misure tra lui e il suo avversario e accorgendosi che stanno attaccando il lato debole solo quando viene fischiato il fallo.
Visti i risultati disastrosi Coach K ha provato a sfruttarlo lontano dal ferro, sperando che la sua agilità potesse mettere in difficoltà gli esterni avversari, ma i risultati sono stati catastrofici: gli avversari hanno iniziato a metterlo in mezzo a tutti i pick and roll, e in NBA rischia di diventare il bersaglio preferito delle point guard avversarie specialmente a livello di playoff, dove ogni cattivo difensore viene fatto pagare enormemente.
Nella clip Bagley sbaglia più cose di quante ne riesca ad elencare: passa un metro dietro al blocco, si posiziona dal lato sbagliato, tiene il busto alto e invece di contenere il portatore di palla nel cono visivo sembra sempre in preparazione di un salto a piedi pari, e quando si decide ad effettuarlo l’avversario ha già preso il tempo.
Bagley evita i blocchi per non morire dietro ognuno di essi, non ha un’apertura di braccia così larga da permettergli di restare a contatto con i piccoli e non sembra nemmeno mostrare interesse nel farlo. Anche nei closeout la situazione non migliora.
Oltre a perdersi subito l’avversario e concedergli una ricezione comoda, nemmeno tenta di restare in equilibrio, tuffandosi in un salto verso il vuoto che nemmeno Buzz Lightyear poteva sperare di giustificare.
Duke è quindi passata ad una difesa a zona, dove Bagley faceva l’esterno di fondo campo. Ma se per la squadra si è visto un leggero miglioramento (non ci sono molte squadre con più di un buon tiratore al college), per Bagley la fase difensiva si è trattato di quel momento che lo separava da un’altra azione d’attacco.
Sembra di vederlo ripassare a mente come mettere i piedi mentre si dimentica di ruotare sul ribaltamento.
In questa fase del gioco Bagley è più di un progetto: si spera in un vero e proprio miracolo per sperare di non doverlo continuamente nascondere nella sua carriera tra i pro.
Fare un bilancio
Ci sono possibilità non marginali che Bagley possa risultare il miglior giocatore in uscita da questo Draft, ma al momento è difficile capire quanto valga davvero.
Dopo nemmeno un mese aveva già il trofeo di miglior giocatore della ACC in mano e Duke era una corazzata grazie a lui, ma quando è stato assente i Blue Devils sono risultati comunque ottimi. Le cifre che Bagley ha messo con continuità e facilità sono spaventose, ma a chi lo ha seguito un po’ più a lungo il nativo di Phoenix risulta tutto tranne che un prodotto finito e pronto a dominare la NBA da subito.
A Duke inoltre non aveva avversari, perché non esistono giocatori al college in grado di marcarlo, mentre in NBA invece rischia di non avere ruolo: al momento non ha le capacità difensive per proteggere il ferro nel giocare da 5 in quintetti da small ball, e se impiegato da 4 dovrebbe marcare alcuni dei migliori atleti al mondo. Se, come nella filosofia di Rick Carlisle, il tuo ruolo in NBA è chi riesci a difendere, al momento Bagley non ha ruolo.
La squadra che lo prenderà al Draft e lo staff che sarà incaricato di svilupparlo saranno i fattori più importanti per il suo sviluppo futuro. Se questo fosse un Draft normale, e non uno in cui 5-6 giocatori hanno pari possibilità di venir scelti in top-3, Bagley sarebbe senza dubbio uno dei primissimi giocatori del lotto, ma a confronto con gli altri prospetti sembra perdersi a metà: non ha il fisico impossibile di Ayton, né il potenziale o le letture di Mo Bamba, né la comprensione di gioco di Luka Doncic, né l’adattabilità al gioco moderno di Jaren Jackson Jr., eppure per alcuni la facilità con cui riesce a segnare e a saltare sopra tutti potrebbe essere sufficiente a ritenerlo la scelta più sicura.
Come sempre quando si parla di Bagley non esistono mezze misure: o vivremo nella sua NBA (e Puma, che lo ha messo sotto contratto tornando di prepotenza nel mondo del basket con l’accordo più alto dai tempi di Kevin Durant, avrà fatto bingo), oppure chi lo sceglierà al prossimo Draft avrà il rimpianto di non aver pensato ad altro.