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I movimenti di mercato più assurdi della settimana
29 lug 2022
Sei trasferimenti curiosi dagli ultimi giorni.
(articolo)
10 min
(copertina)
Joe Prior/Visionhaus via Getty Images
(copertina) Joe Prior/Visionhaus via Getty Images
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Pizzi all’Al Wahda

Pizzi è stato una leggenda del Benfica, capitano e giocatore simbolo. Mentre la squadra portoghese sfornava e vendeva talenti di tutti i tipi, lui era sempre lì, sempre con la sua fisionomia minuta e un talento enorme. Pizzi è uno di quei trequartisti che sanno giocare troppo bene a pallone, che a volte fanno delle cose che ti viene da chiederti come fosse possibile anche solo pensarle. In quei momenti ti chiedevi come mai Pizzi non giocasse nel Barcellona o nel City, o comunque nelle migliori squadre del mondo. C’entra forse un fisico inadatto al calcio moderno o la tendenza a spegnersi ed accendersi all’interno della partita. Noi, ad esempio, l’avevamo inserito tra i giocatori più sottovalutati del decennio, chiedendoci perché nessuno avesse mai deciso di puntare su di lui.

È rimasto quindi un giocatore di culto, legato in maniera indissolubile al Benfica. Negli ultimi anni aveva trovato anche una consistenza maggiore sotto porta: nel 2019/20 con 18 gol è stato il capocannoniere del campionato portoghese, mentre nel 2020/21 con 7 gol lo è stato dell’Europa League. Come è passato quindi da questi numeri all’Al Wahda, squadra degli Emirati Arabi Uniti? A rompere l'idillio tra Pizzi e il Benfica è stata una furiosa litigata con l’allenatore Jorge Jesus a dicembre dello scorso anno, dopo che il trequartista aveva criticato pubblicamente le prestazioni della squadra. Messo fuori squadra, i compagni si sono schierati con lui, rifiutando di allenarsi e portando all’addio dell’allenatore. Da quel momento, però, qualcosa deve essersi rotto con il Benfica e alla riapertura del mercato Pizzi è finito al in prestito al Basaksehir in Turchia. Aveva già perso il posto da titolare, ma quel trasferimento ha segnato in maniera piuttosto netta il suo declino. Ora il ritorno a casa è durato appena poche settimane. Pizzi si trasferisce negli Emirati Arabi Uniti, l’ennesima dimostrazione di quanto sia stato poco considerato. Possibile che non c’erano squadre migliori che avessero bisogno del suo talento?




Mathys Tel al Bayern Monaco

Due anni fa Mathys Tel aveva quindici anni e dopo aver segnato 30 gol in 27 partite con l’Under 17 del Montrouge (squadra della periferia sud di Parigi, mentre lui è originario di Villier-le-Bel, periferia nord, a due passi da Sarcelles dove è cresciuto Mahrez, per dire) era appena passato allo Stade Rennais. Si descriveva così: «Sono un tipo umile, con i piedi per terra, perseverante e competitore quando devo raggiungere i miei obiettivi». Lo scorso anno con la maglia del Rennes ha fatto poche (10 in tutto) apparizioni a fine partita, ma a maggio ha giocato e vinto con la Francia l’Europeo Under 17, mettendo in mostra alcune qualità fuori scala per i suoi coetanei. La velocità, unita all’altezza e alla robustezza, ma anche il controllo tecnico, il tiro. Azioni finite subito nei video di skill su YouTube - il filtrante di esterno contro la Polonia, per l’inserimento del compagno dietro la difesa; il tiro a giro da fuori area contro la - che difficilmente però si può dire se valgano, o meno, i 30 milioni di euro che il Bayern Monaco ha investito su di lui.

Sembra assurdo che Nagelsmann sia costretto a specificare che un diciassettenne che ha giocato meno di un’ora in tutto (cinquantasette minuti per la precisione) nel campionato francese non sia il sostituto diretto di Robert Lewandowski, uno dei migliori attaccanti al mondo, con più di 600 gol segnati in carriera. Eppure qualcosa ci si aspetta da Tel a questo punto, qualcosa di grosso, anche considerando le qualità indubbie a sua disposizione. Staremo a vedere, intanto che il Bayern faccia un acquisto da squadra “Red Bull” è piuttosto una sorpresa, chissà se è stata fatta un’eccezione perché qualcuno ha visto qualcosa di davvero eccezionale in Mathys Tel o se, più semplicemente, è una scommessa che il Bayern fa sperando un giorno di poter dire di aver risparmiato per un giocatore che vale molto più di trenta milioni.


Nahuel Molina all’Atletico Madrid

Non è davvero un acquisto assurdo quello di Nahuel Molina da parte dell’Atletico Madrid (è semmai strano il fatto che all’interno dello stesso accordo a fare il percorso al contrario sarà Nehuen Perez, un difensore argentino con un nome vagamente simile al suo). Non è assurdo assurdo, ma è in qualche modo triste e indicativo che un giocatore reduce da un’ottima stagione abbia difficoltà a rimanere nel nostro campionato se non finisce nei radar di Juventus (che a un certo punto sembrava interessata a lui) o Inter.

Molina, che si sta ritagliando un posto da titolare anche nella Nazionale argentina, si trasferisce all’Atletico Madrid un anno dopo Rodrigo de Paul, ma per una cifra molto più bassa, 20 milioni di euro. In un campionato dove gli esterni a tutta fascia servono come il pane, possibile che nessuno avesse quella cifra da investire, anche tra le squadre meno di vertice? O che magari l’Udinese scegliesse di resistere e goderselo per un’altra stagione, anche per alzarne un po’ il valore di mercato. Se da una parte Molina sembra un profilo adatto per l’Atletico Madrid, un terzino che può fare tutta la fascia con una qualità nel palleggio e una tecnica di alto livello; dall’altra nelle ultime stagioni la squadra di Simeone è stata carne da cannone per moltissimi nuovi acquisti. A destra l’Atletico è piuttosto scoperto e magari Molina risolverà alcuni problemi di una squadra che sembra aver perso la capacità di esaltare tutti i suoi giocatori che aveva un tempo. Per la Serie A, comunque, rimane una di quelle cessioni tristi, che ne impoveriscono il livello (non l’unica).


Arthur Theate al Rennes

Per Theate vale un po’ lo stesso discorso di Molina. Possibile che in Italia non ci fosse nessuna squadra disposta a spendere 20 milioni per un difensore di ventidue anni che alla prima stagione in Serie A ha fatto così bene? Un difensore, oltretutto, perfetto per quelle squadre - e iniziano a non essere poche in Serie A - che vogliano difendere in modo aggressivo, in avanti, con la difesa a 3. Ma facciamo i nomi. Possibile che né l’Inter né l’Atalanta, per cui sarebbe stato perfetto, o il Torino che deve anche sostituire Bremer, ci abbiano pensato? Sembra, almeno dall’esterno, che non ci siano i soldi per quei giocatori che non sono vere e proprie scommesse, che comunque qualche soldo lo costano. Per fare un esempio: l’Inter prese Alessandro Bastoni dall’Atalanta quando aveva ancora 18 anni con un sistema complesso tra scambi e bonus, ma quante operazione di questo tipo si possono fare che ti portano ad avere uno dei migliori difensori del campionato?

Theate non ha avuto una carriera in discesa. Allo Standard Liegi non ha trovato posto ed è stato solo con il passaggio all’Ostende, dove lo ha allenato Blessin, in un contesto iperaggressivo in cui gli veniva chiesto di prendere molto l’iniziativa e lasciare spesso la posizione, che il suo talento è davvero esploso. Una stagione dopo è passato al Bologna, dove ha dimostrato di essere pronto sia dal punto di vista fisico che della maturità. Mihajlovic è passato alla difesa a 3 pur di farlo giocare e Theate è diventato in breve un leader della difesa rossoblù, mostrando particolare scioltezza con la palla tra i piedi (è uno dei difensori che ha dribblato di più in Europa). Insomma, possibile che il Rennes lo abbia pagato dieci milioni in meno di quanto ha incassato dal Bayern Monaco per un diciassettenne che ha giocato neanche un’ora tra i professionisti? Basta così poco per portarsi via i giocatori più interessanti del nostro campionato? Che peccato. Al tempo stesso, in bocca al lupo Arthur, speriamo che tra un anno il Rennes ti venda per quaranta milioni al Chelsea.


Jose Callejon al Granada

Se siete quelli per cui le coincidenze non sono coincidenze non vi sarà sfuggito che due giorni dopo l’addio di José Maria Callejon all’Italia, il Napoli, come sventolando un fazzoletto bianco, ha riprodotto in amichevole l’azione che più lo ha reso famoso. Contro l’Adana Demirspor, allo stadio Teofilo Patini di Castel di Sangro, Khvicha Kvaratskhelia ha puntato l’uomo vicino all’angolo destro dell’area di rigore avversaria e poi, scavando la palla con la punta, ha messo un cross teso sul palo più lontano. Lì, dove il lato cieco non permette al difensore di capire ciò che avviene alle sue spalle, si è mosso tagliando dall’esterno Hirving Lozano, prima di mettere la palla in porta con il piatto. Quante volte abbiamo visto questa stessa identica azione sui campi di Serie A negli anni scorsi, suggerita da Lorenzo Insigne e finalizzata da José Maria Callejon? “L’intesa tra Insigne e Callejon è una forma d’amore?”, si è chiesto Emanuele Atturo un paio di anni fa, in un pezzo scritto alla luce del suo addio al Napoli. “Quando esiste questo affiatamento sul campo come ci si guarda negli occhi negli allenamenti di tutti i giorni? C’è forse un po’ di imbarazzo tipico tra le persone che vivono un amore inconfessato?”.

Nella stessa estate Insigne e Callejon hanno deciso di lasciare l’Italia per avviarsi sul tramonto della propria carriera. L’esterno andaluso ha dichiarato che aveva voglia di tornare in Spagna dopo tanti anni nel nostro Paese, di voler riportare il Granada in Liga. Motril, il paesino sul mare in cui è cresciuto, è a poco più di 60 chilometri da dove giocherà. Nell’ultima stagione, alla Fiorentina, Callejon aveva mantenuto la sua sensibilità tecnica, forse messa in ombra negli anni dalla sua intelligenza tattica, ma sembrava ormai inadeguato atleticamente per il calcio iperattivo di Vincenzo Italiano. Quello che ha fatto a Napoli, però, difficilmente verrà dimenticato, e non è da tutti farsi ricordare per ciò che si fa quando il pallone è lontano.


Ademola Lookman all’Atalanta

Alcuni affari di calciomercato trovano la loro stranezza nell’avvenire all’improvviso, facendo incontrare due realtà che sembrano avere poco a che spartire l’una con l’altra. Fino a poche ore fa l’idea di Lookman all’Atalanta non esisteva, almeno non era di dominio pubblico, di quel calderone di notizie di mercato dove c’è talmente tanta roba che uno pensa debba esserci tutto. Il nuovo direttore sportivo dei bergamaschi, Tony D'Amico appena arrivato dal Verona, deve aver lavorato - come si dice in questi casi - a fari spenti per portare Lookman all’Atalanta per 15 milioni di euro. Lookman è uno di quei giocatori per cui si può usare la formula “vengono dalla galassia Red Bull”. Il Lipsia l’aveva preso dall’Everton, forse attratta dalle caratteristiche che lo rendevano adatto alla loro idea di calcio. Rapidamente, però, Lookman era tornato in Premier, come se fosse uno di quei giocatori che non riescono a staccarsi da un campionato. Prima il Fulham, poi la scorsa stagione al Leicester, dove ha incontrato anche la Roma nelle semifinali di Conference League. La sua prestazione all’andata, quando era stato uno dei migliori, mostra quali sono le qualità che hanno spinto l’Atalanta a cercare Lookman per il suo attacco.

Lookman è uno di quegli attaccanti dribblomani, che può giocare anche sull’esterno, molto rapido nell’uno contro uno. Non segna molto, ma quando è in giornata può creare quel tipo di caos positivo che in Serie A torna sempre utile. Per l’Atalanta è un tentativo di trovare un giocatore sulla trequarti in grado di saltare l’uomo, in un sistema che è andato in difficoltà una volta perso il talento associativo di Gomez e quello creativo di Ilicic. In qualche modo Lookman arriva per fare quello che non ha funzionato con Boga. Certo, è un giocatore che non ha mai fatto davvero la differenza ad alti livelli, ed è lecito chiedersi come mai sia stato scelto in maniera così decisa dall’Atalanta (che forse vuole farne il sostituto di Muriel che verrà ceduto). I bergamaschi non sono nuovi a questo tipo di operazioni, ma di solito riguardavano calciatori di campionati minori, scoperti chissà come dalla loro rete di osservatori, ma forse quella era la gestione di Sartori, il precedente DS passato al Bologna. Per una squadra della Serie A comprare un giocatore di 24 anni dalla Premier (o comunque dal Lipsia, dove era tornato alla fine del prestito) è particolare, in qualche modo curioso. Lookman non è un fenomeno, ma è anche uno di quei calciatori che era difficile aspettarsi di vedere nel nostro campionato. Vedremo come andrà.




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