
Milan-Napoli era lo scontro tra due delle squadre più in forma della Serie A - per quanto siamo ancora agli inizi. Il Napoli, nonostante le incertezze mostrate nel match casalingo contro il Pisa, arrivava a San Siro a punteggio pieno; il Milan, dopo l’inciampo all’esordio contro la Cremonese, era invece reduce da tre vittorie senza avere subito nemmeno un gol.
La squadra di Allegri è partita a razzo ed è passata in vantaggio alla prima azione. Il gol di Saelemaekers che ha aperto la partita è nato da una prodezza di Pulisic, che con il suo talento ha punito le scelte in fase di pressing di Antonio Conte.

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Partendo dal 3-5-2, il Milan infatti allarga Tomori e costruisce centralmente con Gabbia e Pavlovic, supportati eventualmente da Modric. Conte, per rispondere a questa disposizione, aveva pensato a un pressing alto con un paio di uscite molto lunghe: quella di Lobotka su Modric e, soprattutto, quella di Anguissa su Pavlovic, con Højlund in zona Gabbia. Alle spalle di questa pressione, prendendo come riferimenti gli avversari, Politano era in marcatura su Estupiñán e il controllo sulla mezzala sinistra Rabiot era assegnato a Di Lorenzo. Questo sistema lasciava però Marianucci – titolare per preservare Beukema in vista dell’impegno di Champions League, visti anche gli infortuni di Rrahmani e Buongiorno – in uno contro uno proprio contro Pulisic.
Bastava quindi un ritardo nelle uscite di Anguissa su Pavlovic e, a catena, di Politano su Estupiñán, per isolare Pulisic contro Marianucci con 60 metri di campo alle spalle da difendere. E alla prima occasione è puntualmente quello che è successo: il tocco di Pulisic ad anticipare il difensore del Napoli ha aperto il campo allo statunitense stendendo il tappeto rosso per il gol di Saelemaekers.
Si notino al centro del campo Di Lorenzo su Rabiot e, più internamente, Lobotka su Modric.
In maniera simile, almeno in parte, anche il secondo gol del Milan è nato da un ritardo di Anguissa nel contrasto di Pavlovic, che ha dato tempo e spazio al centrale serbo di condurre e portare così al gol del raddoppio rossonero.
La scelta del Napoli di pressare alto la costruzione del Milan e il contesto che si è venuto a creare immediatamente con il vantaggio rossonero, hanno creato l'habitat tattico ideale per gli uomini di Allegri. Le caratteristiche di molti dei giocatori del Milan, specie a centrocampo, si sposano infatti con le idee del proprio allenatore e consentono al Milan di esprimersi con efficacia con un campo grande da attaccare. La presenza di mezzali come Rabiot, Fofana e Loftus-Cheek, ieri entrato a 10 minuti dal termine, formidabili su lunghe distanze sia in conduzione che in inserimento, e di altri calciatori abili in campo aperto come Pulisic e Saelemaekers – e bisognerebbe aggiungere in questo discorso anche Leão e forse anche Nkunku, entrambi al momento non al meglio – si sposano con l'idea di Allegri di svuotare il centrocampo e di attaccare con conduzioni lunghe e inserimenti da dietro.
La pressione alta del Napoli, inizialmente non precisa e manipolata da Modric, e la scelta del Milan di ripiegare in un blocco basso dopo qualche iniziale fase di pressione alta, hanno disegnato così il campo grande che la squadra di Allegri voleva attaccare - parliamo di circa 70 metri di campo che hanno permesso al Milan di essere spesso pericoloso, almeno finché è rimasto in parità numerica.
Esemplare, a tal proposito, l’occasione di Fofana al minuto 26. Il centrocampista francese ci ha messo solo 12 secondi a percorrere i circa 75 metri che separano le due aree per concludere a rete su imbucata di Pulisic, dopo una rapidissima transizione verticale nata da un recupero del pallone al limite dell’area rossonera.

Il punto di partenza della lunghissima transizione guidata da Fofana.
COSA NON HA FUNZIONATO NEL NAPOLI
Le imperfezioni nel sistema di pressing non sono state l'unico problema per il Napoli nel primo tempo. La squadra di Conte, infatti, non faticava solo dal lato di Anguissa, ma anche dal lato opposto, e, contro i riferimenti sull’uomo pensati da Allegri, inizialmente è sembrata troppo frettolosa nel cercare la verticalizzazione. Quando, finalmente, il Napoli è riuscito a rallentare la costruzione, consolidando il possesso, il Milan ha attivato la seconda parte del piano in fase difensiva, che prevedeva, saltato il primo pressing, il ripiegamento in un basso e stretto 5-3-2 volto a proteggere il centro del campo e a preparare eventualmente transizioni lunghe.

Per provare a scardinare questo blocco, il Napoli nel primo tempo ha attaccato con un 3-2-5 di stampo posizionale che, in controtendenza con le ultime versioni della squadra di Conte, occupava il campo in maniera simmetrica.
A formare il terzetto arretrato erano i due centrali Marianucci e Juan Jesus supportati da Lobotka, o meno frequentemente, da De Bruyne. Più avanti Di Lorenzo si affiancava a De Bruyne (o Lobotka) mentre le due mezzali, McTominay a sinistra e Anguissa a destra, occupavano i mezzi spazi.
Con Politano aperto a destra, la novità era l’occupazione simmetrica dell’ampiezza a sinistra con Miguel Gutierrez, un terzino per la verità più a suo agio a venire dentro il campo che a muoversi sulla linea laterale.

Una versione del 3-2-5 del Napoli con De Bruyne al fianco sinistro di Juan Jesus. Fuori inquadratura, sulla linea laterale destra, Matteo Politano.
Conoscendo l’attenzione posta da Massimiliano Allegri nella protezione del centro del campo con il suo 5-3-2 stretto, l’idea di Antonio Conte era probabilmente quella di stirare orizzontalmente la struttura difensiva avversaria utilizzando tutta l’ampiezza possibile, sfruttando coi cross le difficoltà dei difensori del Milan nel controllo degli avversari all’interno della propria area di rigore.
Nonostante la simmetria della disposizione in campo, però, la manovra del Napoli si è sviluppata prevalentemente a destra, e di conseguenza la soluzione è stata quasi solo quella di affidarsi all’uno contro uno e ai cross di Politano verso il secondo palo. Gutierrez ha effettuato 5 cross, di cui solo uno nel primo tempo e gli altri quattro solamente nell’assalto finale, a partire dal minuto 83, con 3 cross nei minuti di recupero. Politano, invece, ha effettuato 8 cross negli 80 minuti giocati, raggiungendo un compagno per ben 4 volte, come in occasione dell’azione che ha portato al calcio di rigore per il Napoli.
La squadra di Conte, complessivamente, ha crossato per ben 35 volte, raggiungendo 7 volte un uomo all’interno dell’area di rigore del Milan. Dei 19 tiri in porta 5 sono stati colpi di testa e ben 12 sono arrivati da dentro l’area di rigore e 2 dall’area piccola.
La disposizione simmetrica e l’occupazione di entrambe le ampiezze del campo non hanno quindi equilibrato la tendenza del Napoli ad attaccare quasi esclusivamente dalla fascia destra e, ampliando le distanze tra i giocatori in fase di possesso, hanno agevolato la seguente fase di transizione offensiva del Milan, pericolosissima nel primo tempo.
Probabilmente per questo motivo, Antonio Conte nel secondo tempo ha rinunciato a fissare l’ampiezza sulla fascia sinistra, stringendo in fase di possesso la posizione di Gutierrez e rimpicciolendo così il campo in cui poteva giocare il Milan. È una mossa che era sembrata funzionare: nei pochi minuti precedenti l’espulsione di Estupiñán, la squadra di Allegri non era mai riuscita a ripartire.

La struttura posizionale del Napoli contro il blocco basso del Milan nel secondo tempo. Tutti i giocatori di movimento sono sulla parte destra del campo, con Gutierrez in zona centrale.
Ovviamente l’espulsione ha cambiato tutto. Con la superiorità numerica, Conte ha allargato nuovamente la squadra fissando l’ampiezza a sinistra prima con Neres e poi con Lang, spostando Neres a destra al posto di Politano. Neres ha mostrato qualche difficoltà a giocare sul suo piede forte, ma le cose sono molto migliorate quando è stato spostato a destra. Lang, invece, non è stato particolarmente incisivo.
Il tecnico salentino, poi, ha sostituito Højlund con Lucca e McTominay con Elmas. A fine partita Conte ha spiegato la sostituzione dello scozzese con la necessità di inserire un giocatore più abile nello stretto ma, considerando che il Napoli ha continuato ad attaccare con i cross, la sostituzione di McTominay in definitiva ha semplicemente tolto dal campo l’uomo più pericoloso dentro l’area di rigore avversaria.

Il Napoli riguadagna l’ampiezza da entrambi i lati del campo con Neres e Lang.
I MARGINI DI MIGLIORAMENTO
Alla fine il Milan ha avuto la meglio ma siamo ancora a inizio stagione e questa partita ha più valore per ciò che ci dice sul futuro delle due squadre.
Partiamo con il Milan. Le migliori qualità della squadra di Allegri sono evidenti. I rossoneri amano giocare in un campo grande dove possono sfruttare le caratteristiche di molti dei suoi migliori giocatori: Rabiot, Fofana, Loftus-Cheek, Pulisic, Leão. La fisicità e le doti in campo aperto di questi giocatori sono evidentemente difficili da contrastare e le ha sofferte persino una squadra dalle grandi doti atletiche come il Napoli. La sfida per Allegri a questo punto sarà quello di riuscire più frequentemente possibile a creare il contesto tattico ideale per esprimersi in un campo più grande possibile, e non sarà semplice contro squadre che non vorranno così tanto il pallone come il Napoli. Difendersi basso, poi, non sembra essere esattamente nelle corde di giocatori come Saelemaekers, Tomori, Pavlovic ed Estupiñán, e anche ieri in fondo si è visto, con il rosso e il rigore concessi dall’ecuadoriano. Insomma, la squadra di Allegri, per essere sostenibile, dovrà anche implementare una fase di costruzione bassa funzionale ad attirare la pressione avversaria e crearsi lo spazio per attaccare in un campo grande alle spalle della pressione. Come fare invece nell’ultimo quarto di campo, contro squadre che si difendono in area? Da questo punto di vista sarà interessante l’inserimento in squadra di Nkunku e un eventuale utilizzo di mezzali con caratteristiche diverse come Ricci e Jashari, che potrebbero dare soluzioni nuove. A governare questo processo, per fortuna di Allegri, ci sarà Luka Modric, ieri cattedratico nel governare i ritmi dei match e reale panacea per la volontà del tecnico di demandare ai suoi giocatori la gestione dei momenti della partita.
Il Napoli di Conte, invece, sembra dovere fare ancora i conti con l’inserimento in squadra di De Bruyne e Højlund, e con la gestione degli impegni in Champions League. Per adesso il tecnico salentino sembra aver assegnato al fuoriclasse belga una funzione prevalentemente conservativa, e la sua reazione al cambio potrebbe essere anche dettata da un’insofferenza nei confronti di questi compiti in campo. Forse l’idea di Conte era quella di non cambiare troppo la fase offensiva della squadra, che si basa ancora oggi sugli inserimenti in area di McTominay e Anguissa, ma questo sembra sembra aver leggermente sminuito il ruolo in campo di De Bruyne, il cui reale contributo alla costruzione del gioco sembra essere limitato a qualche tentativo di lancio lungo che, paradossalmente, sembra togliere anche compattezza alla squadra.
La presenza di Højlund, che per caratteristiche non riesce a sviluppare un gioco spalle alla porta lontanamente paragonabile a quello di Lukaku, toglie inoltre al Napoli la possibilità di giocare la palla addosso al proprio centravanti privando il Napoli di quello che, assieme al sovraccarico della fascia destra, era il meccanismo d’attacco più utilizzato dalla squadra. Insomma, il gioco del Napoli è uscito impoverito dagli ultimi cambiamenti e sembra avere bisogno di trovare nuove vie per attaccare le difese avversarie.
La necessità di variare il proprio gioco deriva anche dall’impegno aggiuntivo in Champions League, che inevitabilmente finirà per drenare energie e che già oggi, come abbiamo visto, sta avendo un peso nelle scelte di Conte. L’enorme impatto atletico mostrato dal Napoli in tante partite della scorsa stagione ha rappresentato una delle vie maestre per arrivare allo Scudetto, che in questa stagione però potrebbe rivelarsi più stretta ed impervia. Forse è arrivato il tempo di tracciarne di nuove.