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Dario Pergolizzi

Milan e Inter hanno dato vita a un derby intenso

Una partita tra due squadre dall'identità chiara.

Milan e Inter hanno dato vita a un Derby dalla trama un po’ ambigua, che ha visto entrambe le squadre alternare momenti di grande intensità e armonia ad altri in cui sono sembrate un po’ meccaniche e titubanti. In fin dei conti è stata però una partita che regalato emozioni e sussulti, giocata con agonismo, incertezze, tensioni che probabilmente non erano solo dovute al fatto che fosse un Derby, ma anche che fosse una partita di vertice, tra due squadre che si giocano il campionato.

 

Se il Milan poteva approfittare del pareggio del Napoli, per allungare in classifica, l’Inter aveva bisogno di recuperare quel poco di terreno perso, ma soprattutto dimostrare di poter vincere contro una “grande squadra”, dopo i pareggi con Juventus e Atalanta e le sconfitte con Lazio e Real Madrid. Anche per come è arrivato – cioè con le due squadre che in momenti diversi hanno provato a vincere anche rischiando – il pareggio finale non sembra accontentare nessuno, ma in qualche modo può essere considerato un risultato “giusto”, se i risultati possono avere un valore morale.

 

 

Il Milan ha iniziato la partita cercando di dominare il possesso. Per farlo abbassava spesso Kessié tra i due centrali, in mezzo a loro o di lato, per mettere in inferiorità numerica il pressing delle due punte dell’Inter. I nerazzurri hanno risposto in maniera abbastanza passiva a questa mossa, facilitando il lavoro del Milan, che tuttavia non ha sfruttato bene questa libertà: i due mediani non si sono mostrati molto reattivi quando hanno ricevuto con spazio, preferendo spesso scaricare all’indietro piuttosto che provare a girarsi e cercare la giocata verticale, che fosse in conduzione o con un passaggio. Questo timore può essere dovuto un po’ dalla partita (era pur sempre un Derby), ma anche a un errore iniziale di Kessié che, dopo aver intercettato un’azione pericolosa dell’Inter, si è incaponito nella protezione del pallone con due uomini addosso – una delle migliori azioni di riaggressione di tutta la partita – anziché appoggiarsi sul compagno arretrato, finendo per causare il primo rigore dopo aver perso palla.

 

 

Nella situazione che vediamo qui sopra Kessié doveva avere ancora in mente l’errore che ha portato al rigore, perché ha preferito giocare diretto all’indietro senza capire che alle spalle aveva spazio per portare avanti l’azione.

 

Nel primo tempo l’Inter si è impegnata nel fare densità davanti alla propria area di rigore, rendendo difficile la ricerca del lancio lungo per Ibrahimovic, così i rossoneri per far salire il pallone hanno sfruttato molto le rotazioni degli uomini a sinistra: Ballo Touré si alzava (o rimanendo sulla fascia o entrando dentro al campo) per lasciare lo spazio a Leao che si abbassava e riceveva nello spazio di fianco ai tre centrocampisti dell’Inter libero da marcatura e con la possibilità di puntare la trequarti.

 

L’imprevedibilità di Leao, capace anche di andare molto verso l’interno col pallone, ha creato qualche grattacapo all’Inter, che pure quando riusciva a togliergli palla lo faceva in una zona di campo che rendeva facile alla riaggressone del Milan – sempre ben organizzata e intensa – di sporcarne l’azione. Recuperare in alto il pallone, pur non avendo creato occasioni dirette, è stata un’arma importante per gli uomini di Pioli, per poter rimanere sempre molto alti sul campo

 

Anche quando è riuscita a contrastare il portoghese, l’Inter ha immediatamente perso palla a causa dell’intensa riaggressione milanista, in una zona densa di uomini di Pioli. Sono stati i momenti in cui il Milan è riuscito a tenere il baricentro alto – e a lavorare bene con il pressing e il gegenpressing – quelli in cui è riuscita a dominare di più il gioco, facendo vedere il meglio del suo calcio nella prima parte di gara e nei 25 minuti finali.

 

Il pressing alto del Milan prevedeva che i due esterni attaccassero sempre Skriniar e Bastoni, mentre Ibrahimovic e Krunic si occupavano di de Vrij e Brozovic nella zona centrale. Non era per un pressing di contenimento, anzi: come possiamo vedere nelle due immagini qui sopra, i quattro giocatori offensivi del Milan sono molto reattivi nel seguire l’uomo di riferimento e spingerli quasi fisicamente all’indietro. L’azione è quella che porterà al calcio di punizione del pareggio: Krunic lascia Brozovic per scalare in avanti nel momento in cui capisce che Skriniar passerà il pallone ad Handanovic.

 

Il Milan deciderà spesso di pressare anche il portiere dell’Inter, una scelta che non solo evidenzia l’intensità fisica e mentale della squadra di Pioli, ma anche che tipo di scelte ha fatto l’Inter contro il pressing così asfissiante del Milan. Inzaghi ha scelto di puntare sulle verticalizzazioni dirette verso le due punte, sapendo di poter sfruttare la sensibilità e il fisico di Dzeko nel gioco spalle alla porta (questo spiega perché ha aspettato tanto per sostituirlo, dopo che il bosniaco aveva lamentato un fastidio al flessore nel primo tempo). Il miglior esempio di questa scelta è senza dubbio l’azione che ha portato al secondo rigore.

 

Lautaro si stacca per ricevere il lancio di Handanovic; alle sue spalle c’è Dzeko. Il 9 dell’Inter riceve la sponda del compagno e poi gli restituisce il pallone. La cosa che salta più all’occhio è la distanza tra Tomori e Lautaro: il difensore – autore di una partita comunque molto positiva soprattutto nella sua area – rimaneva spesso bloccato, evitando di uscire in marcatura molto in alto. Questo avrebbe potuto dare un vantaggio all’Inter: abbassando uno dei due attaccanti tra i centrocampisti avrebbe creato un vantaggio non indifferente in mezzo al campo, mettendo in mezzo il trequartista rossonero e trovando un modo diverso per aggirare il pressing avversario.

 

 

Qui, ad esempio, Dzeko si abbassa molto e non seguito né da Kjaer né da Tomori. Krunic alza le braccia perché non sa se deve andare su Brozovic o sul bosniaco. L’Inter però non è stata capace di trarre vantaggio da queste situazioni, dimostrando di non essere elastica. È lo stesso Dzeko a indicare ad Handanovic il lancio lungo. La squadra di Inzaghi è sembrata, comprensibilmente, cauta nel fronteggiare il pressing del Milan, senza mai rischiare troppo. Eppure le cose migliori della sua partita le ha fatte quando ha avuto la pazienza di partire da dietro, riuscendo a muovere il pallone da un lato all’altro del campo oppure sfruttando il cambio gioco verso Darmian, che in campo aperto ha messo in enorme difficoltà Ballo Touré.

 

Il mismatch più evidente a favore dell’Inter nel primo tempo.

 

Due azioni nei minuti finali del primo tempo, che hanno visto coinvolti Perisic e Bastoni a sinistra, hanno dato forse all’Inter lo slancio per l’ottima partenza del secondo tempo. Se le due occasioni più nette – i due rigori – sono arrivate nel primo tempo, l’Inter più convincente è stata quella della prima metà del secondo. A partire dai minuti iniziali, quando ha chiuso il Milan nella sua area di rigore con una lunga serie di calci d’angolo e rimesse laterali e punizioni nella trequarti avversaria. Un inizio frenetico seguito da una fase più armonica in cui l’Inter ha approfittato del calo di intensità del Milan per poter avanzare sul campo in maniera più pulita e corale. Spesso la fiducia dell’Inter col pallone è dipesa dall’atteggiamento dei due centrali laterali, Skriniar e Bastoni.

 

 

Skriniar riesce a tagliare fuori Leao con una semplice conduzione interna e allarga verso Bastoni. Sugli sviluppi successivi, l’Inter attacca sfruttando lo spazio con Darmian, in una situazione in cui Leao, saltato a inizio azione, è parso un po’ più passivo del primo tempo. Può sembrare un dettaglio marginale, dato che entrambi i difensori hanno fatto pochi metri con il pallone, ma avere questa verve a partire dalla prima linea ha aiutato l’Inter sia a salire da dietro che a consolidare il possesso più avanti.

 

Bastoni, come un terzino spregiudicato, parte palla al piede lasciando indietro Diaz, resiste a Tonali, gioca su Dzeko, che a sua volta cerca Lautaro con una bella diagonale. Bastoni intanto continua la sua corsa in avanti proponendosi come terzo uomo per lo scarico, contribuendo a una delle azioni più elettrizzanti della partita. Pioli, che era già corso ai ripari nell’intervallo sostituendo l’insicuro Touré con Kalulu, dopo questa azione ha affrettato l’uscita dal campo di Leao e Diaz, che seppure avevano dimostrato di essere i due più in grado di risolvere la partita con una giocata estemporanea, stavano cominciando a perdere intensità nelle pressioni e nei ripiegamenti.

 

Il controllo dell’Inter per buona parte della ripresa, però, è passato anche da una maggiore fluidità nella metà campo avversaria, che ha posto le basi per un assedio più continuo.

 

Calhanoglu molto più vicino a Brozovic, pronto a giocare anche sul lato opposto del campo, in questo caso pesca Perisic in isolamento con un bel cambio gioco; nella seconda immagine una bella rotazione a tre con Skriniar che dopo aver giocato su Barella si tuffa nello spazio, ricevendo il filtrante di Darmian.

 

L’Inter non è però stata in grado di trasformare il predominio territoriale in gol, un rammarico che si aggiunge a quello del rigore sbagliato e che ha aiutato il Milan a chiudere la partita in crescendo, sollevata dal non essere andata sotto nel momento di maggiore sofferenza. Complici anche in cambi, negli ultimi 15 minuti la squadra di Pioli è stata capace di riprendere il pressing alto del primo tempo. Rebic e Saelemakers hanno riportato intensità sugli esterni, ma anche dinamismo e voglia di provare più duelli individuali, approfittando della loro freschezza. Rebic è stato abile nel tenere più bloccati Darmian prima e Dumfries poi nel corridoio di sinistra, guadagnando anche diversi falli; Saelemakers, invece, ha agito in una posizione più ibrida, finendo per accentrarsi spesso, anche perché nel frattempo Pioli aveva sostituito anche Krunic con Bakayoko, lasciando scoperto lo spazio alle spalle di Ibrahimovic. Proprio da quella zona il belga ha creato l’occasione più pericolosa del finale, un bel tiro rasoterra finito sul palo.

 

È interessante notare come sul finale di partita, nonostante l’età, sia emerso dall’anonimato Ibrahimovic. Dopo aver vagato per tutta la gara alla ricerca del pallone, mancando però poi dello spunto per attaccare l’area, lo svedese deve aver sentito l’odore del sangue nel finale, in un momento della partita in cui il Milan è riuscito a raggiungerlo in verticale e – in generale – i compagni a trovarlo più facilmente a ridosso dell’area.

 

Alla fine si può dire che è stato un Derby divertente, tra due squadre che hanno dimostrato ancora una volta di avere una loro identità, che hanno provato a far prevalere nelle varie fasi della partita. L’Inter può avere il rammarico di non aver raddoppiato quando era in controllo della partita o di aver visto Lautaro vedersi respingere il rigore da un grande intervento di Tatarasanu (spesso i rigori, si dice, li sbagliano i tiratori, qui però il portiere del Milan è stato bravissimo). Il Milan invece può essere amareggiato per non essere riuscita a creare occasioni pulite almeno fino agli ultimi minuti, nonostante un avvio positivo, in cui erano sembrati la squadra più convinta in campo.

 

Il calcio, però, non vive di recriminazioni o rimpianti. Il risultato finale non può essere considerato ingiusto e che sia un pareggio non è davvero neanche così importante. Quello che importa è che la partita ci ha mostrato ancora una volta come Inter e Milan sono due squadre dall’identità precisa, con tutti i suoi pregi e i suoi difetti, e che non hanno avuto paura nel metterla in campo anche in una partita così importante sia sul piano simbolico che di classifica.

 

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Dario Pergolizzi, Allenatore UEFA B e video analista, vive e studia il calcio con un approccio sistemico ed ecologico, attraverso le lenti della complessità.