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Luka Jovic è una delle sorprese di questa Bundesliga
27 nov 2018
27 nov 2018
L'attaccante serbo ha avuto un inizio di stagione folgorante.
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Con l’esigenza tattica di non sacrificare un giocatore che partecipi attivamente alla circolazione del pallone, i centravanti non possono più permettersi di riservare le proprie energie per i gol. Icardi sembra essere rimasto uno dei rari interpreti antichi del ruolo di numero 9 , ma l’avvio di questa stagione sta mettendo in mostra altri attaccanti che - in modi diversi - esprimono nella finalizzazione la parte migliore del proprio gioco. Piatek in Italia, il risveglio di André Silva in Spagna o l’inizio folgorante di Luka Jović in Bundesliga.

Nella vittoria per 7-1 dell’Eintracht Francoforte sul Fortuna Dusseldorf il serbo è diventato il più giovane giocatore di sempre a segnare 5 gol in una singola partita di Bundesliga. È stata la prestazione che ha consentito a Jović di uscire definitivamente dal tunnel che lo aveva portato in pochi mesi dall’essere uno degli attaccanti più promettenti della sua generazione a un esubero del Benfica. Dopo aver speso 2 milioni di euro per prenderlo dalla Stella Rossa appena maggiorenne,il club portoghese lo ha mandato in prestito in Germania più per liberarsene che per farlo crescere.

Jovic ha iniziato a trovare spazio nell’Eintracht già con Kovac, per poi diventare sempre più importante con Adi Hutter. Jović deve ancora compiere 21 anni ed è al momento il capocannoniere della Bundesliga con 9 reti in dieci partite - a pari merito con Pablo Alcacer e del compagno Haller - a cui si aggiungono altre 3 nelle 4 di Europa League. All’Eintracht sembra aver trovato la dimensione ideale in cui esprimere un talento che sembrava potersi perdere.

Cringe.

La prima stagione da professionista con Kovac

Il percorso nel calcio professionistico di Jović prima di arrivare in Germania era stato tutt’altro che facile. Non è un caso che i primi ringraziamenti dopo i cinque gol al Fortuna Dusseldorf siano stati per il suo ex allenatore Niko Kovac, capace di dare una svolta alla sua carriera: «Gli sarò sempre grato. Niko è Niko, un allenatore che ti dà il massimo, ma pretende lo stesso da te. È così che sono diventato un professionista». Quando è arrivato in prestito all’Eintracht all’inizio della scorsa stagione era un giocatore scoraggiato; con la prima squadra del Benfica era riuscito a mettere insieme solamente due presenze in campionato e non era andata tanto meglio con la squadra B, con la quale aveva disputato 18 partite con 4 gol in un anno e mezzo nelle serie inferiori portoghesi.

In Serbia si parlava di lui come “l’ennesimo giovane andato via troppo presto che non ce l’ha fatta” ed è stato molto fortunato a trovare Kovac - che a Francoforte si è fatto apprezzare molto per le sue qualità umane e comunicative, oltre che per i risultati raggiunti. Jovic sembrava averlo capito già a inizio stagione: «Penso di aver bisogno di uno come lui in questo momento, per me è molto più facile comunicare con un allenatore capace a parlare la mia lingua»; più avanti nel corso dell’anno ha anche ammesso di aver avuto delle colpe nel fallimento in Portogallo: «Ho corso più in un mese a Francoforte che in un anno a Lisbona».

Il primo anno di Jović in Germania somiglia molto al primo di Schick in Italia, quando il ceco usciva dalla panchina per fare la differenza nell’attacco di Giampaolo nella prima metà dell’anno, per poi confermare il livello delle sue prestazioni anche nelle ultime giornate giocate da titolare. Kovac ha usato Jovic prevalentemente come primo cambio offensivo del suo 3-4-2-1 al posto di uno dei due trequartisti quando serviva più peso offensivo oppure al posto del centravanti Haller, più statico di lui.

Nelle prime venti giornate di campionato gioca 10 volte, di cui solo 2 da titolare, poi con il passare dei mesi Kovac inizia a schierarlo più spesso e nel girone di ritorno – chiuso con 6 gol – gioca quasi sempre da titolare. Durante la semifinale di DFB Pokal diventa un idolo della tifoseria segnando un gol di tacco a 15 minuti dallo scadere.

Nel gesto tecnico di Jović c’è un mix di agonismo, istinto e incoscienza che rendono questo gol di tacco ancora più bello. È la rete più importante della stagione dell’Eintracht, che poi vincerà per 3-1 la finale di coppa contro il Bayern.

L’area di rigore e l’efficienza offensiva

Quando era ancora nelle giovanili della Stella Rossa di Belgrado Jović si è guadagnato il soprannome di “Serbian Falcao” per il suo istinto nell'area avversaria la sua abilità nel trovare sempre il modo più efficace per superare il portiere. È un paragone che spesso ha pesato sulla sua carriera: «Da una parte mi rendeva orgoglioso, dall’altra mi ha fatto male perché tutti si aspettavano che segnassi tre gol a partita». Il paragone ha comunque il merito di restituirci il modo in cui Jovic interpreta il suo ruolo di centravanti.

In un’intervista al Frankfurter Rundshau Jovic ha però fornito un’origine addirittura divina alla sua abilità di realizzatore: «Dio mi ha dato questo talento e questo senso del gol. L’ho sempre avuto con me. Certo, mi sono allenato molto, ma non è qualcosa che puoi imparare. Non penso molto a dove andare nell’area di rigore, è più un istinto». Jovic è quinto in Bundes per tocchi in area di rigore ogni 90 minuti (7.39), secondo per conclusioni tentate (4.82) e primo nella percentuale di tiri nell’area avversaria (93%, 28 su 30).

Sembra scontato dirlo per un giocatore che ha segnato 12 gol in 13 presenze stagionali, ma l’efficienza offensiva di Jović nei suoi due anni in Bundesliga è semplicemente spaventosa. Tra i giocatori con almeno 25 presenze nel massimo campionato tedesco è quello con il miglior rapporto tra gol e minuti giocati (1 ogni 87 minuti), davanti a Gerd Müller (1 ogni 105) e Robert Lewandowski (1 ogni 112). Va bene, ha un campione di partite infinitamente più basso rispetto ai due citati, ma è comunque significativo delle qualità di Jovic. Nelle nove partite di Bundesliga disputate il serbo finora ha effettuato 30 tiri totali, ben 17 in meno del primo in questa classifica, Timo Werner, ma ha centrato la porta lo stesso numero di volte; più in generale la sua percentuale di conversione (33%) è molto alta: metà dei suoi tiri prendono lo specchio della porta e 9 di questi 15 hanno battuto il portiere.

Jović taglia verso il primo palo appena vede che Kostić sta preparando il passaggio, che però è leggermente arretrato. Frenando l’attaccante serbo sta già prendendo in controtempo il difensore e appena si accorge del vantaggio conquistato ne approfitta per girare in porta di destro girando sul piede perno.

È il genere di attaccante che mette una pressione costante sulle difese avversarie. Jovic è stato aiutato anche dall’intuizione di Hutter, che a differenza di Kovac non ha visto Haller e Jović come alternativi ma ha deciso di utilizzarli insieme con ottimi risultati. Il francese ha così liberato spazio per Jovic, che si è potuto preoccupare solo della fase di finalizzazione. La coppia dell’Eintracht ha messo insieme 18 gol e 9 assist complessivi, meglio anche di quella formata da Reus e Alcacér, capace di portare il Borussia Dortmund ancora imbattuto al primo posto in classifica, ma soprattutto meglio di qualunque altra coppia di attaccanti in Europa.

Haller è il tipo di attaccante che si mette a disposizione dei compagni e in questa stagione si sta affermando come uno dei migliori rifinitori del campionato (è secondo solo a Sancho per assist). Lui e Jović sono un esempio virtuoso di come due centravanti dovrebbero provare ad associarsi per ottenere dei vantaggi sulla linea difensiva avversaria, in particolare nelle situazioni di transizione, dove i due eccellono; oltre al livello produttivo assoluto, è eccezionale anche il confronto tra reti segnate ed expected goals del serbo (9 a fronte di un xG di 5.06), correlato in maniera diretta a quello degli expected assists del francese (5 a fronte di un xA di 2.20).

Il mese di ottobre è stato il punto più alto della partnership tra Jović e Haller, tanto che entrambi sono tra i candidati al premio di miglior giocatore del mese.

Lo spazio, il tempo e il culto del piede debole

Jović ha realizzato i suoi cinque gol al Fortuna Dusseldorf nell’arco di 46 minuti totali in cui è sembrato in grado di capitalizzare qualunque situazione invitante gli si presentasse. Le reti sono accomunate dallo stesso tema: il movimento continuo alla ricerca della posizione migliore nell’area avversaria per capitalizzare una situazione offensiva – soprattutto in transizione – per poi concludere di prima o al massimo dopo un tocco.

Jović in area avversaria non è bravo solo a manipolare lo spazio ma anche il tempo, grazie anche a un uso perfetto del piede debole. Jovic è praticamente ambidestro: ha realizzato 8 dei suoi 12 gol stagionali col sinistro, per una questione di praticità. Partendo dal centrosinistra si trova spesso a ricevere il pallone in area in posizione decentrata, ma non rientra quasi mai sul destro per concludere se questo comporta la perdita di un vantaggio, anche se minimo.

Leggendo le statistiche viene molto difficile pensare che sia un destro naturale: in stagione ha tirato 16 volte con il mancino, 7 con il destro e 7 di testa ed è incredibilmente primo in Bundesliga per tiri tentati con il piede sinistro ogni 90 minuti (2.6), più di giocatori mancini che provano spesso la conclusione in porta come Leon Bailey, James Rodriguez o Arjen Robben. Non si può però paragonare Jovic a giocatori tecnicamente ambidestri come Simone Verdi, che ha un uso così naturale dei due piedi da calciare i piazzati sia col destro che col sinistro; l’uso dei due piedi per Jovic è legato alle scelte da fare nei pochi metri di spazio che ha per giocare.

In questa stagione ha utilizzato il mancino sia per concludere in modo secco e potente che in situazioni in cui era necessario utilizzare un tocco più delicato per superare il portiere, dimostrando una sensibilità non banale. È successo in Europa League contro la Lazio quando ha superato Strakosha con un pallonetto, oppure in campionato contro l’Hannover, quando ha anticipato anche un compagno su un filtrante di De Guzman e ha superato il portiere in uscita con una conclusione di interno sinistro così soffice e lineare da sembrare un tiro di Agüero.

A 0.08 Jović trasforma un cross di Kostić con un’acrobazia mancina che è un capolavoro di coordinazione; poco dopo segna il secondo gol al volo di sinistro, mettete pausa: tutti i giocatori stanno andando in direzione opposta, mentre lui si stacca ed è l’unico a offrire una traiettoria pulita ad Haller per il passaggio, che diventerà assist. A 0.31 c’è una palla vagante, in una frazione di secondo stoppa e spara in porta il terzo gol di sinistro, il piede sbagliato.

Imparare a fare più cose

Per avere dei numeri così impressionanti in area di rigore è quasi inevitabile averne altri molto meno positivi in aree del campo diverse. Ne è il migliore esempio la statistica dei passaggi chiave ogni 90 minuti (0.91), nemmeno tra i primi 50 attaccanti della Bundesliga. più in generale i suoi movimenti offensivi non sono quasi mai improntati alla costruzione dell’azione, difetto nascosto bene dallo stile di gioco dell’Eintracht basato soprattutto su transizioni offensive ad alta intensità. Anche in fase di non possesso Jovic è piuttosto grezzo: non ha una particolare abilità nello scegliere le traiettorie e i tempi della pressione offensiva.

Come prevedibile dopo un inizio di stagione così forte, molti dei più importanti club europei lo stanno osservando; anche se il suo cartellino formalmente è ancora del Benfica, sarebbe folle per l’Eintracht non far valere il diritto di riscatto fissato a poco più di 10 milioni di euro, dato che in estate sono molte le possibilità di venderlo a una cifra decisamente superiore, e i tedeschi non sembrano così disperati all’idea di monetizzare la buona stagione di Jović.

Il problema principale del serbo rimane il suo modo un po’ anacronistico di interpretare il ruolo, tendenza che lo rende poco adatto a tutti quei contesti più associativi e fluidi in cui il centravanti deve interpretare più funzioni all’interno della stessa partita. Jovic ha un calcio istintivo e la squadra che vorrà comprarlo dovrà accettarne in qualche modo i limiti. Per ora sia l’età che i numeri giocano dalla sua parte, dovrà essere ancora fortunato nell’incontrare l’allenatore giusto che lo accompagni nel prossimo passo della sua carriera.

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