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La legge di Anfield
15 gen 2018
15 gen 2018
Per infliggere al Manchester City la sua prima sconfitta in campionato il Liverpool ha dovuto giocare una partita di grande attenzione e intensità.
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Ci voleva Jurgen Klopp per costringere Pep Guardiola e il suo Manchester City alla prima sconfitta in campionato, la seconda in stagione dopo la battuta d’arresto subìta in Champions League per mano dello Shakhtar Donetsk, ininfluente però per la qualificazione agli ottavi. Klopp ora è in vantaggio negli scontri diretti con Guardiola: dopo ieri sono sei le vittorie del tedesco, in dodici confronti diretti giocati tra Bundesliga e Premier League.

Quali sono state le chiavi tattiche che hanno permesso al Liverpool di mettere sotto una delle squadre più forti d’Europa, almeno per una settantina di minuti?

Pressing alla tedesca

Aggressione e ri-aggressione sono i cavalli di battaglia delle squadre di Klopp da sempre, e il Liverpool di ieri non ha difettato in intensità in queste situazioni. Per settanta minuti i Reds sono riusciti a minare le certezze del Manchester City, a partire dalla costruzione bassa, giocata coinvolgendo anche l’incredibilmente dotato Ederson.

Il Liverpool è rimasto alto ai limiti dell’area di rigore avversaria, con la linea di difesa che si è alzata sistematicamente per comprimere gli spazi tra i reparti. Firmino era il primo schermo posto da Klopp tra i due centrali difensivi e il playmaker Fernandinho. In questo modo, Stones e Otamendi non potevano giocare a muro col brasiliano per attirare gli avversari in avanti, ma erano invece costretti a girar palla sugli esterni. Per capire quanto era importante per Klopp tenere Fernandinho fuori dal gioco del City, basti guardare alla posizione alta di Can, ben oltre le due mezzali del Liverpool, ad impedire un controllo tranquillo all’avversario, nel caso fosse riuscito a ricevere comunque palla.

La posizione delle ali Salah e Mané era inizialmente stretta, a proteggere ogni tentativo di imbucata centrale verso le mezzali avversarie o verso l’unica punta Agüero. I due poi uscivano forte sui terzini quando questi erano in procinto di ricevere il pallone ai margini della linea laterale, costringendoli così o a forzare la giocata in avanti o a perdere metri di campo. Alle spalle delle ali, Wijnaldum e Oxlade-Chamberlain restavano comunque in marcatura a uomo sui loro omologhi, De Bruyne e Gündoğan, e allo stesso modo i terzini Robertson e Gomez seguivano le ali Sterling e Sané.

L’efficacia di questo meccanismo, eseguito da tutti alla perfezione con il rispetto dei tempi d’uscita e delle distanze corte, è testimoniata anche dai numeri. Prima di ieri, il Manchester City ha concesso una media di 8,3 recuperi palla nella propria metà campo, mentre il Liverpool ne ha raccolti 20, più del doppio. Gli uomini di Guardiola hanno ridotto dell'11,8% il numero di passaggi giocati con successo in ogni zona; ma soprattutto il Liverpool ha costretto i propri avversari a giocare nella propria metà campo più di quanto fossero abituati a fare: dopo aver giocato nelle 22 giornate precedenti una media di 331 passaggi a partita nella propria metà campo, ieri il City ne ha giocati 125 in più.

L’importanza delle seconde palle

La tattica che il Liverpool ha usato per forzare la mano al Manchester City ha generato un alto numero di palle contese. Se c’è un fondamentale nel quale il calcio di Klopp è ancora più adatto al campionato inglese di quello di Guardiola è proprio nella conquista delle seconde palle. In pratica tutti i gol dei Reds sono nati da una situazione del genere.

Il gol dell’1-0, segnato dal Liverpool dopo soli otto minuti, nasce da una palla contesa sulla quale si fionda Oxlade-Chamberlain, la cui corsa in conduzione lascia sul posto Delph e prende in controtempo Otamendi, che si stava allargando per andare a coprire Salah. Il gol del Liverpool per il momentaneo 2-1, quello che segna l’inizio dei dieci minuti più folli di tutta la partita, con i Reds a segno altre due volte, nasce proprio da una situazione del genere: le due mezzali Wijnaldum e Chamberlain mangiano letteralmente De Bruyne su una palla rimasta a metà sulla trequarti del Liverpool dopo un duello di testa tra Sané e Robertson. Il gioco a due tra le due mezzali dei Reds libera Chamberlain alle spalle del centrocampo del Manchester City, che può così giocare un filtrante in profondità sulla corsa di un compagno.

In molti hanno sottolineato la gravità dell’errore di Stones, reo di aver perso un duello fisico con un giocatore teoricamente più leggero come Firmino (anche se con un contatto ai limiti del regolamento). Ma forse è persino più grave la superficialità di Otamendi che, convinto di un ipotetico vantaggio del compagno, non ha rincorso Firmino all’indietro, preferendo andare in copertura verso la porta.

Quattro minuti dopo questo episodio, Salah ha conquistato ancora palla in pressione su Otamendi e ha permesso a Mané di scagliare il suo sinistro vincente nel sette alla destra di Ederson. Infine, al sessantasettesimo, Salah ha siglato personalmente il 4-1 beffando Ederson con un lob, dopo un’uscita precipitosa e una giocata di piede scadente del portiere (forse nella sua peggiore giornata da quando è al City), forzata però ancora una volta da una palla vagante riconquistata da Wijnaldum.

Il Liverpool ha vinto la maggior parte dei duelli e lo ha fatto in ogni zona di campo: 32 tackle vinti a 24, 20 intercetti a 9, 24 palle rubate a 18. Il City ha avuto una netta superiorità solo nei duelli aerei e principalmente grazie a Otamendi e Fernandinho (6 duelli vinti a testa). Ma quando la palla colpiva terra, era quasi sempre un giocatore vestito di rosso ad arrivare per primo.

Il lavoro delle mezze ali

La partita del Liverpool non è stata solo caratterizzata dal calcio “heavy metal” che tanto piace al suo allenatore. Negli otto minuti che hanno portato al gol di Chamberlain, il Liverpool ha avuto il vantaggio nel possesso palla (57% a 43%) e nella percentuale di passaggi riusciti (87% a 81%). Anche se è arrivato all’alba della partita, il primo gol ha rotto l’equilibrio e ha finito per cambiare i connotati del match. Il Liverpool però ha continuato a determinarne il contesto, abbassandosi e controllando gli spazi.

Sul giro-palla dei Reds, Gündoğan viene attirato in avanti, in pressione su Can. Chamberlain può essere così servito da un passaggio in diagonale del terzino Robertson. Sulla mezzala si porta Otamendi, ma con una frazione di secondo di ritardo: Chamberlain può scaricare all’indietro su Matip, che è lesto a lanciare in avanti per attivare il tre contro tre tra gli attaccanti del Liverpool e i difensori del City.

La circolazione bassa del Liverpool era volta a liberare uno tra Wijnaldum e Chamberlain alle spalle di Gündoğan e De Bruyne. Ma i Reds non hanno disdegnato il calcio lungo direttamente sulle punte, anche senza pressione avversaria, proprio per incrementare quelle situazioni di palla contesa nella trequarti avversaria. In questi frangenti - particolarmente pericolose si sono rivelati i lanci di Matip in diagonale verso Mané - la forza delle mezzali, con la loro capacità di accorciare continuamente in zona palla, si è rivelata fondamentale.

Chamberlain ha riempito costantemente l’area di rigore avversaria. Lui e Wijnaldum hanno alternato movimenti incontro per ricevere il pallone a movimenti interno-esterno, per liberare spazio centralmente e permettere alle punte di essere servite. Se in fase di non possesso sono stati decisivi per negare spazi centralmente, soprattutto alle mezzali avversarie, in fase di possesso hanno semplificato l’avanzata del pallone lungo le catene laterali.

La posizione di Chamberlain è così alta in fase di possesso, e la sua interazione con le punte è così fluida, che è difficile dire se il Liverpool attaccasse con un 4-3-3 o un 4-2-3-1

Meccanismi difensivi impeccabili

La partita del Liverpool è stata disciplinata in ogni contesto, anche nelle fasi di difesa statica, notoriamente una delle più problematiche per questa squadra. Il Liverpool è sempre riuscito a restare compatto, sì coperto al centro ma con costanti scivolamenti in zona palla.

Le uscite dei centrocampisti o dei difensori sono state coperte sempre con efficacia: quando la mezzala saliva a coprire il pallone, Can si muoveva lateramente sul lato forte e lo stesso movimento era eseguito dalla mezzala opposta. Allo stesso modo, quando un terzino usciva sull’ala per evitare di essere poi puntato, tutta la linea di difesa si muoveva lateralmente per compensare. Per il portatore di palla del Manchester City è stato molto complicato avere la visuale libera, sia per giocare il pallone filtrante, che per cercare l’ala in isolamento contro il terzino con un cambio di gioco. Più in generale, le rotazioni tra mezzala, ala e terzino del City si sono rivelate inefficaci e gran parte del merito va forse attribuito al lavoro oscuro operato da Emre Can. Il turco-tedesco, che potrebbe arrivare prossimamente in Italia, oltre a sfiancarsi nel lavoro di raddoppio su Fernandinho, nelle zone basse di campo ha lavorato come un vero e proprio battitore libero davanti alla difesa, assorbendo gli inserimenti degli avversari nei mezzi spazi.

La bontà della partita di Can è stata ancora più evidente dopo la sua sostituzione con Milner. Nei dieci minuti finali, il City ha segnato due reti che hanno rimesso in piedi la partita, e in entrambe Milner si è eretto a protagonista negativo. Prima ha bucato l’intervento in tackle, finendo per sguarnire la zona davanti alla difesa e per favorire il gioco a due tra Gündoğan e Agüero, che ha portato al gol di Bernando Silva. Poi Milner non ha assorbito il contro-movimento di Gündoğan, che si è inserito nello spazio liberato dall’arretramento di Sané, che aveva trascinato con sé Lovren. Gündoğan ha poi siglato il gol del 4-3 finale.

Al Manchester City non è riuscito il miracolo. In stagione le era già capitato sette volte di ribaltare una situazione di svantaggio: un’impresa difficile da spiegare ad un livello così competitivo. Una battuta di arresto su un campo dove i Citizens non vincono dal 2003 era preventivabile e, guardando alla classifica, persino sopportabile: anche se stasera dovesse vincere contro il malmesso Stoke City, lo United di Mourinho si troverebbe ancora a 12 punti di distanza dal Manchester City. Guardiola può dormire insomma sonni tranquilli, anche se il Liverpool è riuscito forse finalmente a rispondere al dilemma su come si batte questo Manchester City, ma quante squadre hanno i mezzi per replicare una partita del genere?

La sfida di ieri è stato uno spot eccezionale per il rinnovamento tattico che la Premier League ha iniziato lo scorso anno, e che ora sta iniziando a dare i suoi frutti. Due tecnici all'avanguardia come Guardiola e Klopp sono riusciti a offrire uno spettacolo tattico di alto livello, pur nel contesto caotico e squilibrato tipico della Premier League, che ancora costituisce parte del suo fascino.

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