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L'asso nella manica
03 giu 2017
03 giu 2017
Juan Cuadrado è cambiato molto da quando è alla Juve. Lo vedremo in finale?
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Foto di Filippo Monteforte / Getty Images
(foto) Foto di Filippo Monteforte / Getty Images
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Juan Cuadrado è un giocatore unico, in un calcio dominato dagli esterni a piede invertito e che valorizza i giocatori bravi a muoversi tra le linee, il colombiano genera dei vantaggi grazie alla sua posizione larga sulla fascia destra, fuori dalla zona del campo più importante e congestionata. Le sue caratteristiche fisiche e tecniche lo rendono per certi versi un calciatore eccezionale, ma al tempo stesso ne sottovalutano l’impatto e complicano i giudizi sulle sue prestazioni. Pochi altri giocatori restituiscono la stessa sensazione di pericolosità palla al piede, eppure Cuadrado non ha mai influenzato in maniera pervasiva il gioco delle sue squadre, nemmeno alla Fiorentina. L’esaltazione negli spazi Gli ultimi due anni alla Juventus lo hanno in parte cambiato. Nel suo periodo sulla panchina della “Viola” Vincenzo Montella aveva provato a trasformarlo in un giocatore offensivo a tutto tondo, avvicinandolo progressivamente alla porta fino a chiedergli di giocare da seconda punta; Massimiliano Allegri lo ha invece prevalentemente utilizzato sulla fascia destra, anche se non sono mancate le occasioni in cui lo ha schierato al centro del campo al posto di Paulo Dybala, più che altro però come cambio a partita in corso. Prima del passaggio al 4-2-3-1, che gli ha ritagliato un posto nell’undici titolare, Cuadrado è stato soprattutto una riserva di lusso, e anche il cambio di sistema non lo ha comunque reso imprescindibile. Allegri l’ha sacrificato nella doppia semifinale di Champions League contro il Monaco e il rendimento di Dani Alves da esterno alto rischia di tenerlo in panchina, almeno inizialmente, anche in finale a Cardiff. Durante la stagione Cuadrado ha comunque giocato molto e la sua annata è stata positiva: sebbene non sia stato decisivo Dybala o Mandzukic, è anche merito suo se dopo il cambio di sistema tutte le tessere della Juve sono andate al posto giusto, proiettando i bianconeri verso una delle migliori stagioni della loro storia. L’importanza di Cuadrado è particolarmente evidente nelle partite in cui la Juve ha molto campo da attaccare in transizione. Se ci sono spazi in cui correre Cuadrado diventa il bianconero più pericoloso, non soltanto per la velocità con cui è in grado di cambiare fronte di gioco palla al piede. Lo spostamento in una posizione più avanzata gli permette infatti di offrire sempre un’alternativa per rifinire o concludere l’azione in prima persona. L’esempio migliore è la gara di ritorno contro il Barcellona, che Allegri ha potuto preparare giocando sul tentativo dei catalani di rimontare lo 0-3 subito a Torino. Negli inevitabili spazi concessi, Cuadrado è stato il principale riferimento per i compagni: con 4 conclusioni è stato lo juventino che ha tirato di più e solo l’imprecisione gli ha impedito di segnare il gol che avrebbe azzerato le speranze di rimonta del Barcellona. La flessibilità La facilità con cui riesce a incidere nelle partite quando gli spazi si allungano non è ovviamente una sorpresa. Salta all’occhio invece l’applicazione con cui ha ripulito il proprio gioco, soddisfacendo le richieste di tutti gli allenatori incontrati in Italia, per ultimo Allegri. Cuadrado è più associativo che in passato, anche grazie alla posizione in campo. Il colombiano gioca sul lato più manovriero della Juve, nella zona in cui Dybala trova più naturale muoversi per raccordare i reparti, e che spesso ha visto la contemporanea presenza di un regista aggiunto come Dani Alves. Il numero di passaggi si è così innalzato fino a toccare vette mai raggiunte in carriera (49,1 per 90 minuti in media) e contemporaneamente i dribbling, il fondamentale su cui Cuadrado ha costruito la propria immagine, sono scesi fino a un minimo storico di 3,3 per 90 minuti. Per rendere l’idea, meno della metà rispetto ai 7,5 per 90 minuti della stagione 2013/14 con la maglia della Fiorentina, quando Cuadrado terrorizzava i terzini della Serie A ed era il giocatore che tentava più dribbling dell’intero campionato. Questo non significa che sia diventato meno pericoloso. Il cambiamento degli ultimi mesi ha permesso di evidenziare lati del suo gioco messi in ombra dalla continua ricerca dell’uno contro uno col diretto avversario. Cuadrado ha in realtà una grande visione di gioco, che nell’ultima stagione si è esaltata soprattutto nella connessione stabilita con Mandzukic, il destinatario di metà dei 6 assist firmati dal colombiano in campionato – record personale eguagliato, ma con quasi 900 minuti in meno giocati rispetto alla stagione 2012/13, altro indizio dello sviluppo del proprio lato più associativo. Il colombiano si è specializzato in un tipo di cross molto difficile da eseguire, che taglia il campo in orizzontale da un lato all’altro e che spesso ha appunto Mandzukic come riferimento. La varietà delle sue rifiniture al momento di crossare sono l’esempio migliore della capacità di leggere il movimento dei compagni e scegliere la soluzione migliore: Cuadrado adesso crossa con oltre il 50% di precisione, un evidente miglioramento rispetto agli anni a Lecce e alla Fiorentina. https://www.youtube.com/watch?v=CIGyEelvJnk

Un cross che vale lo scudetto.

La ricerca di connessioni più forti con i propri compagni, adattando le proprie caratteristiche al contesto tattico in cui è inserito, non ha comunque toccato in profondità la sua natura. Cuadrado resta un giocatore verticale, che non condiziona la manovra pur restando un riferimento offensivo importante e piuttosto facile da trovare, vista la sua posizione larga sulla destra. I suoi passaggi quando la Juve costruisce l’azione sono quasi sempre semplici (uno scarico veloce all’indietro quando è spalle alla porta, un appoggio orizzontale quando riceve col corpo rivolto alla porta) e funzionali a dargli la possibilità di attaccare la difesa, con o senza palla. I suoi smarcamenti dopo essersi liberato del pallone sono pensati per rifinire o concludere l’azione, mettendosi nelle condizioni migliori per puntare il diretto avversario e crossare oppure scattando alle spalle del terzino. Pur avendo diminuito in maniera drastica il numero di dribbling, Cuadrado resta estremamente pericoloso nell’uno contro uno, essendo capace di dominare il duello col difensore anche con la semplice minaccia del dribbling. Una qualità che hanno in pochi, basata sulla reputazione costruita negli anni. Prendiamo ad esempio l’iconico gol segnato a Lione nei gironi di Champions. Le finte di corpo sono così rapide che Cuadrado sembra potersi muovere contemporaneamente in direzioni opposte, Morel rimanda fino all’ultimo l’intervento indietreggiando nella propria area, ma quando Cuadrado si sposta la palla è troppo più rapido. Una carta a partita in corso a Cardiff? Dovesse davvero iniziare dalla panchina a Cardiff, è facile prevedere che la prima carta che Allegri si giocherà per cambiare la partita sarà proprio Cuadrado. È vero che Marcelo è uno dei pochi terzini in grado di contenere fisicamente il colombiano sia sul breve che sul lungo, ma tatticamente offre delle opportunità piuttosto invitanti da cogliere. Chissà che non sia proprio questo ragionamento a spingere Allegri a mandare subito in campo Cuadrado, magari sorprendendo Zidane e costringendolo a difendersi più di quanto si sta forse immaginando nella preparazione di questa finale. D’altra parte la formula che Allegri ha trovato per mandare in campo insieme i giocatori di maggiore qualità ha segnato un punto di svolta nella stagione della Juve. L’identità fluida dei bianconeri si è fondata sul dominio fisico di Mandzukic sui terzini avversari, sulla genialità tra le linee di Dybala, sulle conduzioni di Cuadrado e le sue combinazioni con i terzini. Non sono molte le squadre capaci di attaccare con questa varietà di soluzioni senza perdere pericolosità. Costringere anche il Real Madrid a trovare un modo per riuscire a difenderle tutte potrebbe rappresentare la chiave per chiudere trionfalmente la stagione.

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