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D. Alves vs Monaco: il lusso di avere un regista in più
04 mag 2017
04 mag 2017
La tecnica, l'esperienza e la qualità che il brasiliano ha portato nella Juventus.
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Foto di Julian Finney / Getty
(foto) Foto di Julian Finney / Getty
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Al momento è difficile trovare un allenatore con la stessa capacità di controllo della realtà circostante di Massimiliano Allegri, così vicino all’illusione a cui tende ogni allenatore: eliminare imprevisti e casualità per far andare la partita secondo il piano preparato prima del fischio di inizio. Sono diversi mesi (più o meno dalla gara contro la Lazio, il punto di svolta della stagione della Juventus, anche al di là del semplice passaggio al 4-2-3-1) che Allegri restituisce una sensazione di onnipotenza tattica: la capacità di smussare ogni angolo della partita attraverso rimedi tattici usati sempre al momento giusto, come un fine alchimista. Ogni sua decisione sembra sempre avere l’effetto sperato. Il tecnico bianconero ha scelto di affrontare il Monaco in maniera fluida, con rotazioni particolari che di fatto creavano sistemi diversi a seconda della situazione di gioco. In quella di possesso i difensori formavano una linea a tre, non solo per facilitare la costruzione dal basso, ma soprattutto per mantenere la superiorità numerica contro Falcao e Mbappé in caso di perdita della palla e gestire con maggiore efficacia le micidiali transizioni dei monegaschi. In fase di non possesso, invece, la linea difensiva tornava a 4 e la Juve ripiegava nel classico 4-4-2 a cui ci ha abituato negli ultimi mesi. Nella scelta della formazione è stato naturale affidare il ruolo ibrido di difensore centrale/terzino destro ad Andrea Barzagli; la sorpresa è stata invece notare Juan Cuadrado in panchina per far posto a Dani Alves, in una posizione più avanzata rispetto alle abitudini. Una mossa solo apparentemente conservativa e che ha finito per decidere la partita, avvicinando i bianconeri alla finale di Cardiff. La trasferta nel Principato verrà ricordata per la doppietta di Gonzalo Higuaín, finalmente a segno in un turno a eliminazione diretta (l’ultimo gol risaliva al 2013, quando era ancora al Real Madrid), ma a spostare l’equilibrio in realtà è stato Dani Alves, in stato di grazia atletica e tecnica, come mai prima d’ora in questa sua prima stagione alla Juventus. Senza vedere Per descrivere il dominio tecnico che ieri Dani Alves ha esercitato sulla partita, più vicino a quello di un regista o di un trequartista che a quello di un terzino, partirò proprio dai due assist che hanno deciso l’andata di questa semifinale. L’azione dell’1-0 è un meraviglioso esercizio di resistenza collettiva al pressing. L’intelligenza calcistica di Dani Alves si nota fin dal primo smarcamento, quando vede Marchisio abbassare la testa per servire Dybala alle sue spalle e decide di scappare dietro Sidibé entrando dentro al campo per non far perdere velocità all’azione. Quando riceve dall’argentino Dani Alves può così tagliare in diagonale e mettersi davanti a Bakayoko, anticipandone l’intervento con un tocco di sinistro con cui passa la palla a Higuaín. A quel punto il brasiliano non arresta la sua corsa, ma dà una soluzione in profondità al “Pipita” sfidando in velocità Glik. Il passaggio di Higuaín è sufficientemente profondo e gli permette di mettere il proprio corpo tra la palla e Glik, che lo spinge alle spalle impedendogli di controllare il pallone, rimasto più indietro rispetto alla linea di corsa dei due giocatori. Alves ha quindi le spalle rivolte a Higuaín, Glik che lo contrasta, Jemerson che si sta avvicinando per raddoppiarlo, nessun compagno nei dintorni e la palla indietro rispetto alla direzione di corsa. Visto da fuori, il colpo di tacco sembra quasi naturale in una circostanza del genere. Ma è impressionante come Alves riesca a intuire Higuaín senza vederlo, anticipando i difensori del Monaco. Ed è impressionante il modo in cui il brasiliano riesca a dosare perfettamente potenza e precisione del passaggio, potendo intuire la distanza solo dall’urlo del compagno, che presumibilmente gli sta chiamando il pallone. L’assist per il 2-0 Nell’azione del 2-0 l’influenza di Dani Alves è ancora più estesa. La Juve è schierata nella propria metà campo. Pjanic anticipa Lemar ma il rimpallo viene controllato da Bakayoko, costretto a ricominciare tutto diversi metri più indietro. Il francese inizialmente protegge il pallone dall’arrivo di Dybala, ma poi esagera sfidando in conduzione anche Dani Alves, che gli toglie palla innescando immediatamente la transizione. Quando la Juve recupera il possesso Sidibé è molto alto e Alves può infilarsi nello spazio lasciato libero dal terzino, fornendo un facile appoggio a Dybala. Quando viene affrontato da Jemerson l’esterno bianconero ha già deciso la giocata: Higuaín gli indica col braccio la direzione del passaggio e Dani Alves esegue, con il pallone che scende sul sinistro del “Pipita” come se ne fosse attratto magneticamente. L’influenza sulla squadra La strategia d’attacco della Juve faceva affidamento sul sovraccarico creato a sinistra da Alex Sandro e Mandzukic e nei primi minuti è soprattutto da quella parte che i bianconeri hanno cercato, e trovato, spazi per risalire il campo. Dani Alves forniva un riferimento sicuro largo a destra a difensori e centrocampisti a inizio azione, e accompagnava gli attacchi che si sviluppano dall’altro lato del campo quando la Juve arrivava sulla trequarti, restando largo per approfittare dello scivolamento in zona palla del Monaco e attaccare così il lato debole. Il secondo pallone ricevuto è un cross lungo di Alex Sandro, che lo trova ben oltre il secondo palo, pronto a rimettere in mezzo di prima. Ma la capacità di Dani Alves di influire sul corso della partita va molto al di là della capacità di seguire un’indicazione tattica e trova la sua massima espressione quando il brasiliano inizia a dialogare con Dybala. L’intesa con Dybala, simile a quella che lo legava a Messi nel Barcellona, è uno dei punti di forza della manovra juventina: la complessità dei loro scambi fa spesso la differenza, impegnando l’avversario con molti uomini e liberando spazi altrimenti congestionati. Ieri era Sidibé che usciva su Alves, mentre Lemar o Bakayoko cercavano di schermare la linea di passaggio in diagonale verso Dybala, che doveva gestire anche la pressione alle spalle di Jemerson. Questa “gabbia” ha iniziato a mostrare le prime crepe già al decimo minuto del primo tempo. Alves e Dybala hanno invertito le posizioni e attirano fuori posizione Sidibé e Lemar: questo movimento crea lo spazio per l’uno-due e il doppio scambio manda così il brasiliano sul fondo da una posizione molto invitante. La rifinitura “sporca”, a metà tra un tiro e un cross, impedisce di dare all’azione il finale che merita. Oltre a Dybala, Dani Alves sembra condividere quell’intesa tecnica che solo i fuoriclasse possono avere anche con Pjanic. A un certo punto della partita tra i due sembra ristabilirsi la sintonia che legava Pirlo e Lichtsteiner ai tempi di Conte. Il bosniaco lancia il brasiliano alle spalle della difesa, ma il suo cross al volo è fuori dalla portata di Higuaín, solo al limite dell’area piccola. La squadra di Allegri crea di continuo i presupposti per andare in vantaggio, ma continua a essere imprecisa nella rifinitura. Dani Alves è il giocatore simbolo: per tre volte ha la possibilità di servire l’assist, ma sbaglia sempre la misura dell’ultimo passaggio. Inizialmente non sembra la sua serata. Fino a quel momento il Monaco non si è praticamente mai fatto vedere nella metà campo juventina, ma dopo la parata eccezionale di Buffon su Mbappé la gara cambia. La squadra di Jardim acquista fiducia, alza l’aggressività sulle fasi iniziali della manovra bianconera e si permette anche giocate rischiose. Ma Dani Alves ha l’esperienza per non perdere la calma e quando Lemar lo sfida provando a saltarlo con una giravolta barocca, gli toglie la palla dando il via a una ripartenza in campo aperto. È il momento in cui la partita si sposta verso la Juventus: un minuto e mezzo dopo, l’esuberanza del Monaco viene punita dal primo gol di Higuaín. Tecnica e psicologia Il primo (e unico) tiro della partita di Dani Alves è la rappresentazione plastica della cura con cui Allegri ha preparato la partita dal punto di vista offensivo. Ancora una volta la Juve cambia il gioco da sinistra a destra: Alex Sandro trova il compagno sul lato opposto fuori dall’area di rigore, ma la conclusione dopo il controllo di petto non inquadra la porta. Siamo già nel secondo tempo e il Monaco sta forzando alla ricerca del pari. Sidibé si alza con maggiore frequenza trascinandosi dietro Alves, che al minuto 53 ha il primo incontro ravvicinato con Mbappé. Nei quarti di finale contro il Barcellona una parte fondamentale del piano che ha permesso alla Juve di non subire neanche un gol è stata la capacità di Dani Alves di controllare Neymar. Il terzino brasiliano compensava l’evidente disparità nella rapidità dei movimenti utilizzando tutti i trucchi possibili per innervosire l’avversario, non perdendo mai il contatto fisico e ricorrendo spesso a falli tattici. In questo modo, nonostante la disparità atletica, era Dani Alves a dettare le regole del duello, controllandolo da una posizione di superiorità. Con Mbappé il brasiliano ha adottato la stessa strategia. Il giovane attaccante francese danza sul posto prima di scaricarla all’indietro, ma Dani Alves non perde mai di vista la palla e finisce per atterrarlo a palla lontana. Invitandolo poi a rialzarsi, come se avesse simulato. I momenti in cui il Monaco alza l’asticella dell’intensità sono esattamente quelli in cui Dani Alves si trova più a suo agio: la sua tranquillità sotto pressione trasforma gli avversari in tanti Sisifo che corrono dietro il pallone senza riuscire mai a conquistarlo. Fondamentale il contributo di Pjanic e Dybala, cui è legato da una capacità molto naturale di dialogare nello stretto, attraverso la formazione di triangoli al momento giusto. Giocare senza pressione Dopo il 2-0 della Juve il Monaco inizia ad aumentare i ritmi ulteriormente per cercare di recuperare la partita, ma Dani Alves continua a rimanere tranquillo facendo sembrare i suoi avversari costantemente in affanno. All’ora esatta di gioco il tocco di esterno di Dybala dopo una giravolta di 180 gradi è troppo debole per chiudere l’ennesimo scambio raffinato; un minuto dopo il cross di Alves si posa con delicatezza sulla testa di Mandzukic, ma l’intervento di Fabinho anticipa Dybala e impedisce alla Juve di segnare un gol da partitella sulla spiaggia. Al 66’ un lancio magico di Dybala gli apre la strada verso Subasic, ma il ritorno di Sidibé lo sbilancia facendolo cadere. Questa volta la psicologia non può niente nei confronti della differenza di atletismo, soprattutto con un giocatore così fisico come il terzino francese. Non passano nemmeno due minuti e sugli sviluppi di una punizione laterale Dani Alves si trova a controllare il pallone nei pressi del cerchio di centrocampo: il lancio per Bonucci è ancora una volta perfetto, ma il difensore è indeciso su come controllarlo e finisce per non fare nulla, lasciando scorrere la palla fuori dal campo. Dopo l’ingresso di Cuadrado, cui è toccato il compito di fornire ampiezza restando largo sulla destra, per alcuni minuti Dani Alves si è accentrato giocando di fatto da mezzala. Quanti altri terzini sono in grado non solo di occupare quella posizione, ma di gestire il possesso con questa qualità? Non è durato molto, comunque, perché per difendere i due gol di vantaggio Allegri è passato stabilmente alla difesa a 5, con Dani Alves che si è abbassato a fianco di Barzagli per controllare Mbappé. Provvidenziale, in questa veste, il suo intervento sull’unico errore della partita di Chiellini: un “buco” su un cross di Dirar immediatamente coperto alle sue spalle. A fine partita il brasiliano è il giocatore della Juve che ha toccato più palloni di tutti (72) e creato più occasioni di tutti (3). Ha completato 42 dei 48 passaggi tentati e stabilito una connessione speciale con Dybala, il giocatore a cui ha passato più volte la palla (16, la combinazione più frequente della partita) e da cui ha ricevuto più passaggi (12). È la risposta definitiva alle perplessità suscitate al suo arrivo l’estate scorsa, nonostante atleticamente abbia imboccato la parabola discendente della carriera. Specialmente in Champions League, dove quasi tutte le squadre non si fanno problemi a mettere pressione alla Juve fin dalle prime fasi dell’azione, la tranquillità e la tecnica di Dani Alves continuano a fare la differenza. L’esperienza e la sensibilità calcistica gli permette di adattarsi ai momenti e ai diversi contesti affrontati ogni partita e questo gli dà una dimensione nuova, in una squadra dall’identità fluida come la Juventus. Contro il Barcellona ha giocato soprattutto per contenere Neymar, mentre col Monaco è tornato a dominare tecnicamente la partita associandosi soprattutto con Dybala e Pjanic. Pochi altri terzini al mondo toccano il pallone con la sensibilità di Dani Alves e la abbinano a un’intelligenza calcistica e una visione di gioco da regista aggiunto. Sono qualità che, nonostante l’atletismo del calcio contemporaneo, riescono ancora a fare la differenza in una semifinale di Champions League. Alla fine, il rapporto con il pallone è ancora l’essenza del calcio.

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