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Labirinto Bonucci
18 lug 2017
18 lug 2017
Tutti i significati del trasferimento più clamoroso dell'estate.
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La cessione di Bonucci priva la Juventus di uno dei migliori interpreti mondiali del ruolo di difensore centrale. Nell’ultimo decennio, specialmente ad alti livelli, il ruolo ha subito una profonda trasformazione. Le doti in fase di possesso palla hanno acquistato quasi la stessa importanza delle più tradizionali caratteristiche difensive. La possibilità di trovare spazi per sviluppare l’azione offensiva in maniera efficace e pericolosa dipende sempre più dalla costruzione bassa e dalla capacità di disordinare la struttura difensiva avversaria con le giocate dei difensori.

 

Proprio in queste capacità la Juventus ha avuto un

, oltre che un leader emotivo che fino a ieri sembrava incarnare quasi antropologicamente la voglia bianconera di vittoria. La Juve si è privata del più giovane e, per caratteristiche tecniche, del meno sostituibile dei componenti della oggettivamente leggendaria BBC del 6 scudetti consecutivi. Con la cessione di Bonucci i bianconeri hanno realizzato una plusvalenza pari a 39.5 milioni di euro e liberato spazio salariale nel suo monte ingaggi. Come utilizzerà la Juventus i margini di manovra sul mercato guadagnati dal passaggio di Bonucci al Milan?

 

L’esempio del mercato dei rossoneri, sorprendente per risorse economiche impiegate, mostra come non sia troppo semplice immaginare la disponibilità economica in termini di acquisto cartellini e ingaggi a disposizione di una squadra. Si può però ragionare in termini di priorità rispetto alle esigenze della squadra. A giudicare dalle voci di mercato, Marotta e Paratici sembrano seriamente intenzionati ad acquistare Federico Bernardeschi, completando così il reparto d’attacco. L’acquisto di Douglas Costa, quello ancora in sospeso di

e la ricerca di Bernardeschi sembra confermare la volontà di proseguire con il 4-2-3-1 della seconda parte della scorsa stagione, aumentando al contempo il tasso tecnico della squadra e la sua capacità di giocare negli half-spaces alle spalle di Higuain. Pur non abbandonando del tutto la difesa a 3, la strada della difesa a 4 sembra ormai quella scelta da Allegri, vista anche la perdita di Dani Alves, che l’anno scorso permetteva alla Juve di sistemarsi in campo con Barzagli da centrale aggiunto sulla destra.

 

La Juventus ha già in rosa 4 difensori centrali: Barzagli, Chiellini, Rugani e Benatia, appena riscattato dal Bayern Monaco. Il valore dei difensori a disposizione è elevato, ma considerata l’età avanzata di Barzagli e la storia piena di piccoli infortuni muscolari di Chiellini e Benatia, l’idea di avere in rosa un quinto centrale non pare campata in aria, dato che Caldara arriverà solo nella prossima stagione.

 

Trovare però un difensore che possa sostituire Leonardo Bonucci a livello tecnico sembra al momento molto difficile, anche per l’importanza aveva nello spogliatoio della Juventus. Per questo motivo è più probabile che il reparto verrà integrato numericamente con un giocatore dalle caratteristiche non troppo dissimili da quelle dei centrali già presenti. I nomi che circolano con maggiore insistenza sono quelli di Manolas e De Vrij.

 

Manolas è di quattro anni più giovane di Bonucci ma le sue caratteristiche sono quasi diametralmente opposte a quelle dell’ex juventino: il greco è un difensore essenzialmente atletico e poco abile nella costruzione bassa. De Vrij, invece, è un difensore più cerebrale, dotato anche di buone doti in fase di impostazione. Sarebbe un difensore più simile a Bonucci e un investimento a più lunga scadenza.

 




 

In un’ottica di risorse economiche ampie, ma finite, come quelle della Juve, però, potrebbe anche avere senso investire su Daniele Rugani, sempre positivo quando chiamato in causa e reduce da due anni di apprendistato alle spalle della BBC. Rugani, ancora ventiduenne, è prevalentemente un difensore tattico, che basa il suo calcio sulla lettura delle situazioni di gioco. Inoltre, anche grazie agli anni passati alle dipendenze di Sarri ad Empoli, conosce i principi del gioco di posizione e, seppure in maniera meno brillante e creativa di Bonucci, è in grado di fornire un buon contributo al possesso palla della propria squadra.

 

Dare fiducia a Rugani inoltre permetterebbe alla Juventus di puntare con maggiore forza su un altro centrocampista. Anche il reparto di centrocampo è numericamente coperto dai giocatori in rosa, ma, all’esterno del perimetro Pjanic-Khedira-Marchisio, la qualità si abbassa molto. In aggiunta, gli investimenti in attacco sembrano suggerire l’utilizzo di giocatori con caratteristiche difensive meno sviluppate, che Allegri sembra voler compensare con un centrocampo più solido.

 

Tanti fattori concorrono a suggerire la necessità per la Juventus di operare sul mercato per migliorare il centrocampo prima della difesa, nonostante la cessione di Bonucci: la sostanziale insostituibilità del difensore della nazionale, l’ottimo livello dei difensori in rosa e i più semplici margini di miglioramento del centrocampo. Sempre che questo sorprendente mercato non riservi per la Juventus la possibilità di operare sul mercato in maniera più ampia di quello che è lecito immaginare al momento.

 

 






 

Con l’acquisto di Bonucci il Milan ha raggiunto la cifra di 189 milioni di euro spesi in poco più di un mese di calciomercato solo per il costo dei cartellini (un numero ancora approssimativo perché su alcune cessioni non abbiamo ancora dati ufficiali). Una cifra straordinaria, mostruosa, che

del primo anno del Chelsea di Abramovich nel 2003, in un’epoca completamente diversa, in cui ci siamo disabituati alla possibilità che un mecenate possa rendere competitiva una squadra in brevissimo tempo con la forza coatta dei soldi.


 

Quando la cordata cinese con a capo Yonghong Li si è insediata al Milan la situazione è stata da subito

ed era impossibile riuscire a intuire le potenzialità finanziarie della società. Il Milan avrebbe iniziato una ricostruzione graduale dopo anni di depressione, come fatto dall’Inter lo scorso anno: questa era la migliore delle ipotesi.


 

Su questo canovaccio sembravano iscriversi i primi acquisti: Ricardo Rodriguez, Kessié, Musacchio. Giocatori che iniziavano a formare l’ossatura di una squadra che andava ricostruita dalle basi. Poi abbiamo commentato con già più sorpresa, oltre che con più scetticismo, l’arrivo di André Silva per 40 milioni di euro. Ha iniziato a serpeggiare la teoria per cui il Milan stesse per rinnovare il contratto di Donnarumma come premessa di una sua cessione che avrebbe coperto parte del mercato. Poi l’apparente rifiuto a rinnovare,

al ribasso. Infine il rinnovo, un po’ grottesco, con uno stipendio fuori mercato e l’acquisto del fratello.


 

Tutta questa premessa per dire che prima dell’acquisto di Bonucci il Milan sembrava una società in ricostruzione, dalla solidità finanziaria opaca, con un progetto tecnico a medio-lungo termine, ma lontana da una competitività immediata. Con in più l’immagine ammaccata dalla querelle mediatica legata al rinnovo di quello che sarebbe dovuto diventare il suo giocatore simbolo.


 

, per i tifosi del Milan e per quelli delle altre pretendenti allo Scudetto, nel momento in cui Donnarumma non stava rinnovando il contratto è che volesse andare alla Juventus: che l’egemonia culturale dei bianconeri potesse attirare persino i giovani prodigio coltivati in casa dalle rivali storiche. Pochi giorni dopo, in una trattativa durata meno di 12 ore, i rapporti si sono invertiti: il Milan ha comprato alla Juventus il giocatore simbolo del suo ciclo di successi. Quello che forse più di chiunque altro incarnava lo spirito dominatore bianconero, tanto in campo - col suo stile di gioco coraggioso ma in perenne controllo - quanto fuori - con la sua tendenza a mettere la faccia, quasi a rivendicare, una diversità antropologica mal sopportata dai tifosi delle altre squadre. Una sceneggiatura degna di Game of Thrones, dove gli spettatori vengono portati su un certo orizzonte di attese proprio per essere disatteso nel modo più clamoroso e nel momento più imprevedibile.


 



 

È per tutti questi motivi che l’acquisto di Bonucci non ha solo uno straordinario spessore tecnico, ma ha anche le sembianze di un colpo simbolico inatteso agli equilibri interni del campionato. Il Milan, comprando un giocatore che sembrava oggettivamente fuori portata, ha guadagnato una credibilità impensabile anche solo fino a qualche giorno fa, non solo nella competitività immediata ma anche per una sensazione più intangibile di prestigio ritrovato. Chi si è affrettato a sminuire il valore tecnico di Bonucci in questi giorni sembra averlo fatto con quel senso di paura che si ha verso i giganti dormienti. Qualsiasi nuovo acquisto futuro - su cui a questo punto è bene non porre limiti - guadagnerà una credibilità diversa, anche per le basi psicologiche e tecniche che Bonucci da solo riuscirà a trasmettere al Milan. I

di giocatori che hanno rifiutato i rossoneri non considerandolo un club di prima fascia saranno più rari, o comunque meno giustificabili. L’acquisto di Bonucci, insomma, basta forse a rimettere il Milan nella geografia dei club di prima fascia.


 

Per la Juventus le conseguenze immediate sono meno pronosticabili. Al di là del campo la narrazione juventina di questa cessione conferma l’idea di una rivoluzione che stava bollendo sotto le ceneri di Cardiff. Il fatto che la cessione sia stata

connessa ai malesseri di spogliatoio nati durante la finale di Champions - un litigio a cui si sarebbe persino arrivati alle mani, forse lasciato filtrare dal solitamente impenetrabile bunker juventino - non fa che confermare la sensazione di una squadra che deve fare i conti con la fine di un ciclo. Con l’idea, che viene dalla botanica, che potando i rami vecchi e malsani si può permettere la fioritura e la crescita di quelli freschi e sani.

 

Bisognerebbe poi riflettere per un attimo sulla scelta di Bonucci, forse la più impenetrabile di tutte. Un giocatore ancora nel prime della sua carriera, che anche per l’originalità della sua interpretazione del ruolo è indiscutibilmente nell’élite mondiale, che fino a qualche mese fa poteva andare a giocare in squadre all’apparenza più ambiziose (Manchester City? Barcellona? Chelsea?), ha deciso invece di scommettere tutto su un club dalle prospettive ancora incerte, che in questa stagione giocherà l’Europa League, partendo tra l’altro dai preliminari. Appena arrivato, con uno sboccato egocentrismo, Bonucci ha tolto la maglia numero 19 a Kessié e la fascia da capitano a Cioran-Montolivo (che nel frattempo, con l’arrivo di Biglia, ha perso anche il posto da titolare). Ha così messo la faccia non solo su un trasferimento ambiguo e chiacchierato, ma anche sul progetto tecnico del Milan.

 

Sul sottilissimo crinale tra la rinascita e il fallimento dei rossoneri si giocherà grossa parte del giudizio della carriera di uno dei più grandi difensori della storia del calcio italiano. Invece di continuare a incarnare lo spirito e l’identità profonda di una società di cui era diventato la totale emanazione, ha deciso di scommettere su se stesso, su una grandezza che ora ha bisogno di dimostrarsi tale anche fuori dal contesto che l’aveva alimentata. Ed è esattamente quello di cui aveva bisogno la sceneggiatura della nostra Serie A, ultimamente ammuffita su degli equilibri che sembravano duri ed eterni come la pietra.

 

 





 

L’arrivo di Bonucci al Milan rende Montella l’allenatore più felice della Serie A, per una serie di motivi. Con il difensore della Nazionale, infatti, si amplia a dismisura l’armamentario tattico a sua disposizione, e si evolve inoltre nella direzione di quel gioco associativo all’italiana che Montella applica da sempre.

 

Fino all’ultimo acquisto a sorpresa, il Milan sembrava indirizzato

con le ali molto dentro il campo, e i terzini molto larghi e avanzati. Con Bonucci ovviamente questo modulo vedrebbe un salto di qualità nell’interpretazione e nella circolazione del pallone, permettendo sia un inizio azione perfetto, anche grazie all’inserimento a centrocampo di Biglia, che una miglior ricerca della verticalità, anche nel lungo.

 

Allo stesso tempo, però, una coppia difensiva Bonucci-Romagnoli potrebbe non trovarsi a proprio agio nella copertura di spazi grandi, rendendo più complicata la riconquista del pallone in zone alte del campo, o determinando delle spaziature non ottimali tra le linee di difesa e centrocampo. Ci vorrà ovviamente tempo per capire bene i movimenti complessivi della squadra, e in particolare della coppia difensiva: le qualità di Bonucci in anticipo renderebbero possibile difendere in avanti, e forse si completerebbero meglio con Musacchio, anche lui abituato ad anticipare e più abile a coprire lo spazio rispetto a Romagnoli.

 

L’acquisto di Bonucci porta con sé anche la possibilità di schierarsi con la difesa a tre, che permetterebbe a Montella di sfruttare al massimo le caratteristiche dei propri giocatori. Con Bonucci centrale, Romagnoli a sinistra e Musacchio a destra, la linea difensiva dei rossoneri sarebbe la migliore per qualità di marcatura e anticipo della Serie A, insieme a quella della Juventus; ma soprattutto, sarebbe nettamente la migliore nella costruzione della manovra, con un rombo di possesso completato dal vertice alto Biglia, probabilmente resistente a qualunque tipo di pressing.

 

Il nuovo schieramento si adatta perfettamente anche alle caratteristiche di altri giocatori, come i due terzini, soprattutto Conti, che viene già dal sistema Gasperini, in cui l’esterno copre tutto il campo ma ha ampia libertà di proiezione offensiva. Allo stesso modo, Kessié potrà interpretare il ruolo di centrocampista nella sua peculiare maniera, quella di tuttocampista, mentre Biglia manterrà con più attenzione la posizione per schermare la propria trequarti. In avanti cambia poco a livello di interpretazione dei ruoli: con una sola punta, Calhanoglu (o Bonaventura) e Suso stringeranno verso il centro per attaccare gli half-spaces. Nel caso probabile dell’arrivo di una nuova punta, invece, Montella potrebbe schierare un solo trequartista, oppure affiancare due mezzali al regista, potendo sfruttare i movimenti codificati delle due punte per avere più profondità e presenza in area.

 



 

In ogni caso, in fase di possesso consolidato si potrebbe vedere spesso un 3-2-5, che con Bonucci può avere due esecuzioni molto diverse ma entrambe di qualità. La prima è quella verticale, in stile Conte, con il nuovo capitano a verticalizzare immediatamente verso le punte. L’altra, più posizionale, con una circolazione volta a trovare sempre la linea di passaggio dietro la linea di pressione avversaria. Con questa seconda interpretazione, il Milan potrebbe recuperare palla più facilmente in zone alte, avendo portato già molti uomini nella zona; inoltre, potrebbe difendersi con il pallone, uno strumento che Montella usava alla Fiorentina ma che richiede una capacità tecnica di altissimo livello.

 

È proprio dal punto di vista tecnico che il Milan compie un salto di qualità significativo. Con Bonucci, la squadra di Montella ha una guida perfetta per la linea difensiva, che permetterà ai compagni di trovare le giuste misure e di crescere insieme. Ma soprattutto ha acquistato l’equilibrio tecnico tra due possibilità di gioco: la costruzione con il gioco corto, dal basso, e la ricerca dell’ampiezza e della verticalità, con il gioco lungo. Un equilibrio che non sembrava scontato ma che adesso sembra molto più a portata di mano: la certezza, insomma, di non usare il possesso per il possesso, come a volte capitava alla Fiorentina di Montella, ma anche per disordinare l’avversario.

 

Il Milan con Bonucci ha comprato anche una serie di beni intangibili, ma non per questo meno importanti nell’equilibrio delle singole partite e di un’intera stagione, come il carisma, la leadership, la guida tecnica. Bonucci non riesce solo a fondere difesa e attacco in un solo momento, insomma, ma può permettere al Milan di considerarsi con credibilità come una delle pretendenti al titolo. Ecco perché Montella può solo sorridere.

 

 





 

I dati che abbiamo a disposizione sono sempre più dettagliati, ma siamo ancora lontani dal poter valutare le prestazioni di un difensore centrale dal punto di vista puramente statistico. Oggi le cifre su contrasti e intercetti sono puramente descrittive, in quanto il numero delle azioni difensive di un calciatore è sempre strettamente legato al sistema di gioco in cui è inserito. Una squadra che domina il possesso, oppure difende lontano dalla porta vedrà i suoi difensori meno attivi rispetto a una formazione che preferisce difendersi negli ultimi 20 metri di campo.

 

Fatta questa doverosa premessa, possiamo comunque provare ad analizzare le statistiche di Bonucci, soprattutto quelle relative ai passaggi, che lo collocano nell’élite di quella nuova tipologia di difensori molto tecnici che tagliano le linee avversarie con i passaggi, così tipica del calcio contemporaneo.

 

Da quando è arrivato alla Juventus, Bonucci ha diminuito il numero di contrasti vincenti rispetto ai 2,0 di media per 90 minuti che compieva al Bari, ma questo è quasi fisiologico, come dicevamo, essendo passato ad una squadra che passa molto più tempo col pallone tra i piedi. Possiamo anche vedere come, a parte nell’anno del primo Scudetto, in cui ha raggiunto i 2,2 tackle riusciti ogni 90 minuti, il numero di contrasti vincenti sia calato gradualmente fino agli 1,1 di quest’anno. Non possiamo sapere se questa flessione dipenda interamente da lui o dal fatto che, gradualmente, la fase difensiva della Juventus gli abbia consentito di intervenire di meno, ma potrebbe essere comunque un segnale non del tutto positivo. Nel 2016/2017 vinceva il 64,7% dei contrasti tentati, un dato buono, ma comunque il peggiore dal 2010/2011 (54,5%), cioè quando al timone della Juventus c’era Del Neri in una delle peggiori annate della storia recente bianconera.

 

Bonucci ha compensato il calo nei contrasti vinti compiendo un maggior numero di intercetti. Nello scorso campionato è stato il giocatore della Juventus che ha compiuto più intercetti totali (89) e nelle ultime due stagioni ne ha compiuti in media 2,25 per 90 minuti, quando nelle precedenti cinque si era fermato a 1,84 di media, senza oscillazioni rilevanti di anno in anno.

 

Come detto però, le sue statistiche più significative sono quelle quando ha il pallone tra i piedi. La scorsa stagione, tra i giocatori della Juventus, solo Daniel Alves con 77,2 passaggi completati ogni 90 minuti è riuscito a fare meglio dei 70,7 di Bonucci, giocando però quasi la metà dei minuti rispetto al centrale. A livello europeo solo altri 17 difensori hanno fatto meglio di Bonucci, ma tutti militanti nelle prime sei squadre per possesso palla in Europa (cioè Bayern Monaco, Barcellona, Paris Saint-Germain, Manchester City, Napoli e Borussia Dortmund; la Juventus invece è 15.esima). Gli unici due giocatori a non militare in queste squadre che superano il nuovo centrale del Milan sono Vogt e Sule dell’Hoffenheim.

 



 

Nessuno però è stato migliore di Bonucci nel gioco lungo: 8,6 passaggi lunghi completati per 90 lo vedono guidare la classifica tra i difensori centrali, con il solo Mascherano (8,1) capace di andare oltre gli 8 lanci completati di media. Per contestualizzare, un altro centrale famoso per la sua abilità nel lungo, Boateng, non supera i 7,6 per 90, mentre Piqué si ferma a 6,5.

 

Mai come stavolta le statistiche confermano in pieno il test visivo: Bonucci è a pieno titolo tra i migliori difensori del mondo quando si tratta di costruire il gioco da dietro, soprattutto per quanto riguarda il gioco lungo.

 

 





 

Quando si dice che Bonucci è uno dei migliori difensori al mondo si omette quasi sempre la seconda parte della frase: per la sua qualità con il pallone tra i piedi, non per come difende. Bonucci è divisivo come tutti quei difensori di grande valore che al tempo stesso non sono in apparenza difensori “puri”. Quei difensori che per alcuni rappresentano la decadenza del ruolo (una decadenza forse persino morale, rispetto all’epoca dei difensori “o palla o gamba”, che tradisce un’idea di uomo inutilmente sofisticata e pseudo-intellettuale) ma che confermano l’evoluzione del calcio verso una sempre maggiore completezza, in cui ormai per i difensori l’impostazione è tanto importante quanto la marcatura.

 

Ma esistono veramente, al livello di Bonucci, difensori “non puri”? Si può difendere “così così” e giocare comunque in finale di Champions League, in Nazionale? Certo, nessuno si sognerebbe di dire che marcare non sia più utile, ma è vero che il filo su cui restano in equilibrio i difensori come Bonucci è molto sottile.

 

Lui stesso,

, collega in modo ambiguo questi due aspetti del lavoro difensivo, dicendo: «È ovvio che sono andate un po’ perse le caratteristiche tradizionali come la marcatura a uomo o l’uno contro uno, che pure restano importanti. Il cambiamento riguarda la fase di possesso palla, perché la volontà degli allenatori è quella di impostare l’azione da dietro».

 

Ma anche se non dovrebbe essere così ovvio - e con grande probabilità lo sarà sempre meno in futuro - che un difensore capace di impostare abbia delle lacune in marcatura e in posizionamento, nel caso di Bonucci è abbastanza vero.

 

Si sa che è stato arretrato dal centrocampo quando aveva già 16 anni, e che quindi non ha avuto una formazione classica da difensore. Da questo deriva almeno in parte la sua tendenza (

alla vigilia dello scorso Europeo da Fabio Barcellona) a posizionarsi davanti all’avversario in area di rigore e a impostare la propria difesa sulla capacità di leggere il gioco avversario.

 



 

Se ai marcatori mediocri capita di perdere l’uomo, Bonucci non prende proprio contatto. Si può dire che Bonucci marca con lo sguardo, ma solo perché con lo sguardo legge le trame di gioco avversarie: quando poi c’è da intervenire, anche duramente, non si sottrae allo scontro, ma la sua priorità è sempre il pallone. È uno stile difensivo che non è per forza di cose meno efficace di quello tradizionale, ma che è senz’altro più rischioso. Dove un classico marcatore toglie spazio e rallenta in tutti i modi il diretto avversario per impedirgli di arrivare sulla palla, i difensori come Bonucci cercano di impedire che la palla arrivi all’attaccante: scommettono alla pari con il proprio avversario di sapersi posizionare meglio, di avere un maggior tempismo e una migliore lettura dello spazio.

 


È uno stile che funziona meglio sul gioco aereo, perché più lento, e molto peggio contro i grandi attaccanti, quelli che sfruttano

che gli si lascia per disegnare traiettorie verso la porta (i giocatori del Real Madrid dopo la finale hanno raccontato che Zidane gli aveva detto di attaccare l’area con passaggi rasoterra dai lati).

 


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Ma questo fa di Bonucci un difensore meno puro di, mettiamo, Chiellini? È la divisione alla base che è poco convincente: in fondo anche la classica marcatura richiede uno sforzo intellettuale, concentrazione, capacità di previsione dei movimenti dell’avversario, persino il piacere che un difensore prova nei piccoli interventi utili per sporcare il gioco altrui richiedono intelligenza.

 

Se proprio volessimo farne una questione di purezza potremmo dire che i difensori come Bonucci sono più puri di altri perché giocano quasi esclusivamente il pallone.

Bonucci accorcia le distanze aspetta di vedere la palla prima di intervenire e manipola l’avversario senza toccarlo, cercando di guadagnare lo spazio per infilare un piede o tutta la gamba.

 

Non utilizza benissimo il proprio corpo, perché non ha grande esplosività e difende

negli uno contro uno, e viene da sé che soffre

. È il contrario di quei difensori che puntano tutto sulla propria superiorità atletica e che vanno in difficoltà giocatori al loro livello fisico: Bonucci soffre contro gli attaccanti tecnici (e può cadere anche nelle finte più banali) ma riesce

di lui grazie alla maggiore sensibilità sulla palla.

 

Il dubbio, che permette ad alcuni di arrivare a mettere in discussione la qualità generale di Bonucci, riguarda il rapporto tra il suo stile difensivo e il contesto in cui ha brillato in questi ultimi anni. Come se la caverà senza Buffon, Chiellini e Barzagli? Anche in questo caso, però, non riguarda solo Bonucci: è sempre difficile separare i singoli giocatori del blocco difensivo e distribuire i singoli meriti (anche le statistiche sono per lo più descrittive quando si parla di difesa). Bonucci ha potuto sviluppare uno stile basato (anche in campo aperto) sulla propria

e sulla propria tecnica sul pallone, permettendosi anche di essere impreciso nelle rifiniture difensive perché in ogni caso c’era sempre un compagno pronto a coprirlo.

 

Insomma, non esistono difensori meno puri di altri, ma solo difensori più o meno efficaci. E nessuno, per quanto forte, sostiene da solo un reparto male assortito: è evidente che per caratteristiche Bonucci è più efficace in una difesa a tre, meglio se in fase di difesa posizionale piuttosto che in transizione, meglio a difendere l’area di rigore sui cross piuttosto che in campo aperto. È evidente anche che la sua principale qualità, quella più eccezionale, sia quella tecnica in fase di impostazione, ma non sarebbe neanche del tutto corretto sorvolare sulle sue capacità difensive.

 

Se i

hanno un valore molto alto sul mercato, e per questo forse attirano le antipatie più feroci, è anche vero che ogni volta che un centrocampista viene spostato in difesa si capisce quanto sarebbe difficile costruirne uno da zero. Per questo, non per altro, ai difensori sarà sempre più richiesto di saper impostare. Ma qualcosa mi dice che un difensore che non sappia prima di tutto difendere - con il proprio corpo o con la capacità di leggere il gioco come Bonucci - non arriverà mai ad alto livello.

 

 





 



 



 

Bonucci ha segnato 21 reti in 319 partite con la maglia della Juventus. Questo siglato contro la Lazio, nella recente finale di Coppa Italia, è stato l’ultimo di Bonucci in bianconero. Il gol fissa il risultato sul 2-0 finale ed è in pratica quello che assegna la dodicesima Coppa Italia alla Juventus, la terza consecutiva. Arriva da una routine da calcio d’angolo perfettamente eseguita: già sulla rincorsa di Dybala, si vede Bonucci liberarsi del suo marcatore grazie al blocco di Chiellini; la palla arriva al centrale a due passi dall’area di porta grazie alla spizzata di Alex Sandro, che allunga la traiettoria del cross sul primo palo. Bonucci festeggia sotto la curva dei tifosi juventini con la sua esultanza classica, la squadra lo segue unita. Nell’intervista post-partita, Bonucci si lascia anche andare ad un complimento verso Allegri, circa la sua gestione della rosa nell’arco della stagione. Mancavano 17 giorni alla finale di Cardiff, 58 giorni al trasferimento al Milan.

 



 



 

La finale di Champions League della scorsa stagione è arrivata grazie a tanti piccoli momenti decisivi, e uno di questi è direttamente riconducibile a Leonardo Bonucci. Durante la fase a gironi, dopo il pareggio con il Lione allo Juventus Stadium, i bianconeri erano obbligati dalle circostanze di classifica a fare punti al Sanchez Pizjuan. Le cose, invece, si misero male fin da subito: dopo solo 9 minuti, Nico Pareja portò il Siviglia in vantaggio. Poi l’espulsione del Mudo Vazquez, 10 minuti prima dell’intervallo, inclinò il piano della partita verso la Juve. Marchisio pareggiò i conti in avvio di ripresa, ma solo a 5 minuti dalla fine un assolo di Bonucci fece esplodere di gioia i tifosi bianconeri. Il calcio col piede debole di Leo sulla respinta della difesa andalusa e l’espressione di smarrita rassegnazione di Sampaoli contribuiscono a rendere il momento ancora più epico.

 




 



 

Può sembrare incredibile oggi, dopo sei anni di dominio assoluto, ma il 13 febbraio del 2016 la capolista della Serie A non era la Juventus. Il Na

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