La palla viene intercettata dal rookie Josh Jackson poco prima della linea del tiro libero della propria area: il campo è libero e il giocatore dei Phoenix Suns parte accelerando immediatamente in transizione, cambiando mano in corsa e spingendo sulle gambe per arrivare in pochi passi a mangiarsi il campo. Alle spalle ha Kristaps Porzingis, che è altissimo ma molto più lento di lui; davanti ha Enes Kanter, che con il vantaggio di essere partito più indietro riesce ad anticiparne la traiettoria e a mettersi sotto canestro, costringendolo a dover tirare in corsa e non a schiacciare.
Jackson sente alla spalle il passo cadenzato di Porzingis ma è convinto di esserselo lasciato dietro: vede solo Kanter e il canestro, legge la distanza e smette di palleggiare contando i passi prima di concludere, lasciando andare la palla all’altezza della sua testa, poco distante da dove il difensore mette la mano. Kanter ha saltato con i tempi giusti ed è rimasto verticale, ma Jackson ha calcolato bene i tempi e si trova in modo da superarlo al momento del rilascio, potendo quindi concludere all’altezza del semicerchio sotto il canestro. La palla lascia la mano di Jackson ma non fa più di cinque centimetri di traiettoria prima di essere spazzata via: il braccio destro lunghissimo di Porzingis oscura la visuale di Jackson dopo che la mano ha rigettato il tiro. Quello che sembrava un passo cadenzato dettato da gambe lunghe non ha impedito al lettone di calcolare esattamente la distanza che separava la sua mano dalla traiettoria futura del tiro di Jackson e bloccarla sul nascere.
La palla non è però stata mandata tra il pubblico: finisce fuori dall’arco tra le mani del compagno Courtney Lee, che si gira e attacca a sua volta. Due palleggi e apertura per Jarrett Jack, che dall’altra parte apre subito per l’accorrente Porzingis premiandone il taglio. Il lettone riceve una palla schiacciata a terra all’altezza della linea del tiro libero, non deve neanche palleggiare: con un movimento continuo la prende e la tira su per la schiacciata decisa. Il povero Josh Jackson, ormai tornato in difesa, ha l’istinto di allungare la mano per provare a toccare la palla, ma Porzingis la sbatte nel canestro e si prende anche il fallo. Il pubblico del Madison Square Garden si alza immediatamente in piedi mentre la panchina festeggia. L’applauso scrosciante fa esplodere i decibel nel palazzo.
Quando, ormai due anni fa, le prime ottime prestazioni ci portarono a fantasticare su cosa sarebbe potuto essere il futuro di Kristaps Porzingis nella lega, questo era più o meno quello che ci eravamo immaginati: un giocatore che riuscisse a incarnare lo Zeitgeist della NBA contemporanea, o come piace dire agli americani, un Unicorno. Definire cosa sia un Unicorno non è semplicissimo, ma di base diciamo che si tratta di uno che può essere un fattore sui due lati del campo grazie a caratteristiche fisiche fuori dal comune. Nel caso di Porzingis si tratta di gambe lunghissime montate sotto un corpo leggero, un paio di braccia dall’apertura alare di una stanza di buone dimensioni, il tutto unito a uno stile di gioco che si sposa perfettamente all’idea di difesa e di attacco moderna, che vuole prima di ogni cosa proteggere il ferro e attaccare creando spazio.
Nelle prime dieci partite della nuova stagione Porzingis ha raggiunto quella che era la sua versione idealizzata: il lettone fino ad ora è stato a tutti gli effetti l’Unicorno, dando forma concreta al soprannome che lui stesso ha deciso di abbracciare facendosi fotografare con proprio la maschera del leggendario animale per Halloween. Al di là della stoppata-e-schiacciata descritta all’inizio, la sua annata 2017-18 è già costellata di momenti assurdi. Contro i Nuggets, a un certo punto, ha ricevuto la palla da fermo all’altezza della prima lettera della scritta “Knicks” e ha deciso di tirare con la naturalezza di chi sta provando un tiro in allenamento: Porzingis ha fatto due passettini dopo la ricezione per mettersi in movimento, ha bilanciato il peso del corpo per alzare il pallone sopra la testa e poi ha lasciato partire il pallone con la facilità di chi sa tirare “an easy ball”, secondo la definizione di Mike Schmitz di ESPN. Il povero Nikola Jokic, rimasto a due metri di distanza per chiudergli la penetrazione, prova ad abbozzare incredulo un inutile e goffo tentativo di stoppata: la palla entra nel canestro senza neanche sfiorare il ferro. Il pubblico non si scalda nemmeno più di tanto perché era ovvio che la palla entrasse anche da quella distanza, basta guardare da quanto in alto è partita la traiettoria e l’arco che ha compiuto, basta osservarne la fluidità del movimento. Non l’ha mai fatto un canestro del genere, ma poteva farlo quando voleva: quello che ha visto il pubblico del MSG non è qualcosa di impensabile considerando che a farlo è stato Porzingis.
Con Porzingis sta diventando anche difficile tenere le statistiche. Al momento è il giocatore che ha fatto segnare più partite sopra i 30 punti in questa stagione con sette. In pochi giorni ha riscritto due volte il proprio record di punti in una partita, arrivando prima a 38 e poi ai 40 contro gli Indiana Pacers. Una partita in cui ha fatto segnare un record storico a simboleggiare più di ogni altra cosa il suo essere l’Unicorno: per la prima volta nella storia della NBA, Porzingis ha fatto registrare 40 punti con due triple segnate accompagnato da 6 stoppate. In questo momento è sopra i 30 punti e le 2 stoppate di media a partita: nessun altro giocatore fa parte di questo club in questa stagione. Ovviamente siamo ancora all’inizio della stagione e tutti i numeri devono essere presi solo come nota statistica, perché non è detto che possano essere proiettati su tutta la stagione: lo stesso Porzingis ci ha abituato per due anni a chiusure di stagione sempre più fredde rispetto alle partenze di fuoco. Ma qui parliamo di un evidente salto di livello: “KP” è in questo momento uno dei cinque migliori giocatori ad Est e uno dei migliori giocatori della NBA. Non una possibile futura stella: una delle migliori stelle ora.
La centralità offensiva di Porzingis
In questo momento Porzingis è talmente importante per New York che l’attacco stesso della squadra si basa sulla ricerca spasmodica di metterlo nelle migliori condizioni possibili. Se riceve abbastanza profondo da poter giocare spalle a canestro, nel pitturato è una macchina da canestro-più-fallo: finora gioca quasi 7 possessi in post a partita (solo Joel Embiid e LaMarcus Aldridge più di lui) e quasi il 10% di essi si concludono con un “And-1”, il dato più alto tra quelli che ne giocano così tanti. In generale, Porzingis tenta 7.7 liberi a gara e li realizza con l’82%: sono ottimi numeri considerando il suo gioco più finesse che potenza, anche se in questa stagione sembra non nascondersi più dal contatto (difetto invece mostrato nei primi anni) e quindi costringe l’avversario a provare a difendere in modo maggiormente aggressivo. Anche perché altrimenti non c’è modo di fermarlo, visto che al ferro tira con il 66%: con due conclusioni su tre che vanno a buon fine, è normale che gli avversari provino a spingerlo a ricevere più lontano.
Lontano però non significa che amino fargli arrivare il pallone senza marcatura fuori dalla linea: da buon Unicorno qual è, per lui il tiro da tre è un’arma ormai sdoganata a tutti gli effetti e non deve più sentirsi in colpa a utilizzarla (ciao Phil Jackson!). Il suo 35.7% da tre, seppur solo nella media, è un’ottima cifra e gli permette di essere una minaccia costante ogni singola volta che riceve fuori dall’area, perché il marcatore diretto non può prendere troppa distanza se non vuole finire negli highlights della partita. Ormai anche se Porzingis riceve da 8 metri deve essere marcato: i 5 tentativi a gara (sugli stessi livelli dello scorso anno) significano che il tiro da tre è da considerarsi una delle armi per il lettone, ma non la base del suo gioco. La cosa più importante è che lui possa segnare da tre per sfruttare la paura nel marcatore e avere così dalla sua l’iniziativa: messe alle strette tra le conclusioni al ferro e il deterrente della percentuale da tre punti, le difese quindi sono praticamente costrette a lasciargli ricevere palla dal mid range, luogo dove si registra il maggior aumento di tentativi rispetto alla scorsa stagione (il 40% dei suoi tiri arriva da lì rispetto al 31% di un anno fa).
Ma quello che rende Porzingis un giocatore magnetico è proprio il suo gioco offensivo da quella zona di campo in cui riesce a esprimere tutto il suo incredibile talento nell’andare a canestro. Lì il suo essere più lungo del marcatore viene messo al servizio di un basket pulito ed estremamente efficiente, pur rimanendo decisamente aggressivo come sotto canestro. Senza palla si muove con criterio anche quando il pallone è distante da lui cercando la posizione giusta per ricevere, e questo è lodevole visto quanto carico offensivo deve sobbarcarsi: parliamo del giocatore con la più alta percentuale di possessi offensivi che passano per le sue mani in tutta la lega di un’incollatura davanti a James Harden (35.7% di Usage davanti al 35.6% del Barba). Forse la caratteristica più bella di Porzingis è la sua determinazione con la palla, quella voglia in testa di attaccare sempre l’avversario qualunque esso sia e voler essere sempre decisivo - senza però intaccare la sua efficienza, visto il 55.6% di percentuale effettiva (dato migliore della carriera).
Il lettone attacca contro chiunque ma usando la testa, scegliendo dal suo ampio repertorio la soluzione migliore per attaccare il marcatore; da qui si capisce la sua richiesta di giocare con un altro lungo accanto, una cosa che sembrava in controtendenza rispetto alla sua natura che lo dovrebbe portare a essere lui l’unico lungo al centro di un sistema di esterni, come succede con la nazionale lettone. Con un compagno in grado di tenere la difesa occupata a sorvegliare sotto canestro, invece, paradossalmente Porzingis è più libero di decidere dove andare ad attaccare: se riceve in post alto può mettersi spalle a canestro contro un giocatore più leggero; oppure può mettersi frontalmente e battere uno di pari stazza mandandolo fuori ritmo (con un repertorio di finte di corpo che sembrano rubate da quello di Carmelo Anthony); o ancora può utilizzare l’intelligente uso dei passi in controtempo per rubare un tempo prima di arrivare a schiacciare, allungando la mano ben oltre il corpo del povero avversario che non può mai arrivare alle sue altezze vertiginose.
In estate ha messo su abbastanza muscoli sulle spalle per poter reggere il primo contatto e mantenere la traiettoria, ma quello che fa realmente la differenza rimane la lunghezza delle braccia e la precisione del tocco delle mani. Porzingis non è neanche più veloce dell’avversario, è semplicemente più lungo e tecnico: il tiro parte con la mano perpendicolare a terra indipendentemente dalla posizione della schiena grazie al controllo del corpo in movimento e può tirare ricevendo il pallone sia da destra che da sinistra, posizionando poi il corpo sempre allineato con il canestro. Quando sente il contatto con l’uomo e sul raddoppio, va di virata e tiro in sospensione creando separazione; se l’uomo è comunque abile a stargli addosso, si mette spalle a canestro per proteggere palla e dopo un palleggio si gira in allontanamento. Anche quando in aria Porzingis è attento a trovare il giusto allineamento della mano prima del rilascio: il modo in cui porta in alto la palla con un movimento fluido raccogliendo il palleggio per arrivare a tirare praticamente all’altezza del ferro con l’uomo che tenta di mettere la mano in alto sembra la danza elegante di una enorme gru prima di spiccare il volo.
A tre, cinque, sette metri da canestro, il movimento per quanto articolato per via della differente marcatura rimane maledettamente fluido.
Porzingis ha imparato a leggere la mano forte del difensore e la posizione dei piedi dell’avversario: come Carmelo Anthony, riesce a leggere dove andrà e quindi prova a anticipare il difensore sul tempo con un movimento leggermente più rapido o più lento, così da mantenere la fluidità pur mandandolo fuori ritmo. Neanche marcarlo lasciandogli il lato della mano debole lo spaventa più di tanto: riesce a uscire sia a destra che a sinistra per trovare lo spazio per il tiro, come vorrebbe il manuale, ma in pochissimi sono in grado di farlo come lui, perché soprattutto a quelle altezze basta una finta per mandare fuori tempo il marcatore spalle a canestro per crearsi lo spazio per il tiro in sospensione. Provare ad anticiparlo quando lo si marca frontalmente, poi, significa aprirgli la strada per il canestro: palla portata sopra le spalle avversarie e riportata giù in un secondo, poi ancora su e poi giù per iniziare il movimento di tiro. Se non viene contrastato almeno oscurandogli la visuale del canestro, per lui è troppo facile. Se la difesa funziona e il tiro sbatte sul ferro, c’è appunto l’altro lungo pronto a rimbalzo offensivo e a riciclare il pallone nuovamente per lui.
Il 60% di percentuale reale ci suggerisce che Porzingis non sbaglierà la conclusione due volte consecutive.
Porzingis è un attaccante intelligente dotato sia fisicamente che tecnicamente, ma un’altra cosa che lo rende speciale è che queste doti vengono accompagnate da una generale tendenza a non perdere palloni: il suo 8% di percentuale di palle perse è già ora élite, specialmente considerando la mole di possessi che gli passano per le mani, e sotto questo aspetto può solo che migliorare nella gestione. Ovviamente questa cosa è intrinseca al suo essere in grado di difendere il pallone semplicemente tenendolo sopra la testa e del suo gioco offensivo efficiente, ma anche dal fatto che difficilmente sbaglia un passaggio (per dire, al momento le palle perse da passaggi sbagliati sono state 5 in totale) e questo perché non viene portato a forzarli. Se Porzingis vuole andare alla conclusione è chiaro che può farlo e come visto fino ad ora solo Al Horford, candidato Difensore dell’Anno in questo inizio di stagione, è riuscito ad avere una difesa proattiva contro di lui. Il domenicano dei Celtics è riuscito a tenerlo a bada lavorando benissimo sulle ricezioni per non farlo partire profondo o frontalmente, ma non è detto che questo approccio funzioni sempre perché dopo la partita contro i Celtics Porzingis ha iniziato direttamente a tirare sulla testa dell’uomo anche ricevendo fuori dall’arco - e con successo.
Il pick and roll con Porzingis sta diventando sempre più difficile da difendere, sia perché è un ottimo rollante in grado di andare a prendersi il fallo sotto canestro, sia perché in pick and pop è in grado di tirare sulla testa di qualsiasi difensore. Cambiare su Porzingis è sempre più rischioso perché sa riconoscere immediatamente se può attaccare l’avversario sul cambio: il veterano compagno di squadra Courtney Lee l’ha paragonato a uno Yao Ming con più opzioni offensive, e la cosa che lo spaventa di più in senso positivo è il fatto che secondo lui Porzingis sta solo “grattando la superficie” del suo gioco al momento, indice che ha ancora molti margini di miglioramento.
In questo momento della stagione Kristaps non si preoccupa di capire bene come distribuire il carico offensivo con i compagni: quando riceve sa di poter andare a canestro e questa è la sua prima opzione praticamente ogni volta. Il suo 6% di assist è chiaramente basso rispetto alla media (per la precisione è nel 27° percentile), ma non è necessariamente un sinonimo di un gioco che manca di visione d’insieme: considerando lo scarso talento offensivo che lo circonda e la capacità di segnare così tanto con ottime percentuali, sarebbe probabilmente sbagliato diluire troppo il suo usage. I Knicks stessi lo sanno, con coach Jeff Hornacek che è cosciente di come la squadra debba giocare per lui in attacco, il che significa metterlo nella condizione di poter ricevere con i compagni che non stanno fermi in un angolo o solo pronti ad andare a rimbalzo offensivo, ma che si occupino di tenere occupata la difesa muovendosi, portando quindi Porzingis a poter isolare il proprio marcatore in uno contro uno e iniziare lì la sua danza della morte nei confronti dello sfortunato avversario.
Perde pochi palloni anche perché quando gli arriva la palla raramente va in una direzione diversa rispetto al fondo del canestro avversario.
I miglioramenti in difesa
La presenza stessa di Porzingis in difesa mette sicurezza ai compagni e permette quindi una difesa più aggressiva sugli esterni: rispetto alla scorsa stagione ora i Knicks hanno una buona base di esterni che sanno difendere come Frank Ntilikina e Lance Thomas, ma piano piano si stanno vedendo buoni risultati anche grazie al compagno sotto canestro. Enes Kanter, da sempre un pessimo difensore soprattutto se messo in mezzo ad un pick and roll, non è un problema così grande in difesa perché ha alle spalle le braccia infinite di Porzingis pronte a proteggere il ferro, e può quindi lavorare nell’aiutare a rimbalzo (cosa che gli riesce decisamente meglio). Le braccia infinite portano Porzingis ad essere di per sé un protettore del ferro élite: affrontarlo frontalmente per sfidarne la capacità di rimanere verticale non è mai una buona idea visto l’arco di tiro che deve avere la palla per superare le sue dita in piena estensione. Ma l’aspetto sotto al quale sta migliorando a vista d’occhio è nel movimento dei piedi in difesa: Porzingis non è assolutamente un difensore statico, può tenere l’uomo anche più veloce contando sulla capacità di stargli comunque vicino e di poter poi allungare il braccio; in aiuto poi è una sicurezza, visto che in due falcate copre l’area e la sua ombra spaventa gli avversari in isolamento. Questo significa, forse più di ogni altra cosa, essere un Unicorno: poter eseguire alla perfezione i concetti contemporanei in ambito di difesa (verticalità, dinamismo, aiuto) avendo allo stesso tempo tutto quell’immenso bagaglio offensivo dalla parte opposta.
Se c’è un problema strisciante in tutto questo mare di entusiasmo legittimo per le sue prestazioni è il fatto che un giocatore con quella struttura fisica non è mai riuscito a rimanere sano a lungo. La sua altezza e il suo gioco così dinoccolato sono uno sforzo notevole per le articolazioni e il vero punto debole di Porzingis fino ad ora è stato l’incapacità di mantenere la salute e la forma lungo tutta la stagione. Di questo ne è assolutamente consapevole anche lui, visto che proprio a inizio stagione ne aveva parlato come il suo vero obiettivo: “Se riesco a rimanere in forma per le 82 partite, allora so che sarò pronto per giocare ad alti livelli. Si tratta di regolare la dieta e il sonno: l’ho fatto per tutta l’estate e questo è quello che proverò a fare tutta la stagione”. Quella determinazione che mostra in campo si è traslata anche fuori, dove il suo carattere, a tratti spigoloso, ha portato a una paradossale crisi in un bicchiere d’acqua che ha rischiato di modificare il corso della storia dei Knicks per sempre.
Il nuovo ruolo di giocatore franchigia
Mi riferisco a quando aveva saltato l’intervista di fine stagione con la dirigenza dei Knicks volando via da New York appena conclusa la stagione, per allontanarsi da una situazione che riteneva tossica, con una dirigenza che non stava facendo bene il suo lavoro e lo staff di allenatore con cui non andava d’accordo. Sembra incredibile ripensarci ora ma Phil Jackson, proprio dopo questa storia dell’intervista saltata, lo ha messo sul mercato - o ha fatto finta di metterlo sul mercato - e ha detto poi pubblicamente parole che al momento fanno quasi tenerezza riguardo il suo essere un giocatore franchigia: “No, non penso lo sia. Ha 21 anni ed è una cosa enorme per tutti esserlo. Però ha fatto vedere di essere competitivo”. Lo stesso Phil Jackson che aveva contribuito a scegliere al Draft il giocatore più importante della storia dei Knicks dai tempi della scelta di Patrick Ewing nel 1985, prendendo una decisione comunque controversa all’epoca (e ovviamente fischiata dai tifosi dei Knicks come da tradizione), non si era reso conto di che giocatore avesse realmente tra le mani, intuendone il talento e la determinazione, ma non la curva di crescita. O magari, considerando il personaggio in questione, poteva trattarsi di un enorme jedi mind trick per provare così a motivare il giocatore. Fatto sta che dalla partenza dell’ingombrante ‘Melo e dalla quindi investitura ufficiale di Porzingis a giocatore franchigia, il lettone ha incanalato tutto quello che è successo verso il migliore dei risultati possibile, mostrando un focus superiore nella preparazione estiva e un gioco migliore poi in campo.
L’altro giorno, quando gli è stato chiesto se le parole di Jackson lo avessero motivato, non ha esitato nel confermarlo: «Certo che sì. Nessuna sfida è troppo grande per me. Accetto sempre ogni sfida e per questo sapevo fin da subito che se Melo non avesse continuato la stagione con noi, sarei dovuto essere io quel tipo di giocatore lì e per questo ho speso 24 ore al giorno in palestra. Mi stavo preparando per questo, mi stavo preparando dal punto di vista fisico e sono veramente felice di poter giocare a questo livello ora».
I tifosi dei Knicks si ritrovano nella particolare situazione di assistere all’esplosione del proprio giocatore franchigia proprio nel primo anno della nuova ricostruzione attorno ad esso, con la conseguenza di un Hornacek deciso a cavalcare l’Unicorno fino in fondo così da salvarsi la poltrona a fine stagione. La controindicazione è la creazione di un nucleo ristretto di giocatori più simile alla struttura di una squadra che vuole i playoff piuttosto che una che deve ricostruire. Willy Hernangomez, il miglior amico di Porzingis e teorico compagno di reparto del lettone nel lungo periodo si trova ora ai margini della rotazione perché al momento Kanter e Kyle O’Quinn, seppur giocatori di ruolo, stanno facendo bene il proprio lavoro in campo. I Knicks sono al momento una squadra con un buon attacco e una difesa accettabile (11° attacco e 19^ difesa su base stagionale). La discutibile gestione di Hornacek nella creazione di questo nucleo ristretto sta però accompagnando proprio il livello superiore a cui Porzingis sta giocando, e per questo quindi i tifosi dei Knicks si trovano tra due fuochi: da una parte una squadra che dovrebbe ricostruire e non lo sta propriamente facendo in campo; dall’altra l’esplosione del proprio giocatore franchigia che chiaramente da solo può portare la squadra a lottare per i playoff, cosa che New York sta effettivamente facendo. I miglioramenti continui di Porzingis stanno quindi avendo un effetto strano sulla gestione delle rotazioni: o ne sono una causa, perché in questo momento va bene mettere in pausa il futuro del gruppo se questo significa esaltare ancora di più il presente della propria stella; oppure ne sono una conseguenza, perché la presenza di giocatori più affidabili e l’accantonamento di certi progetti ha permesso di avere una rotazione più solida attorno a lui.
Il futuro ad altissimi livelli dei Knicks può comunque arrivare con calma, anche perché per colpa del contratto di Joakim Noah i Knicks non avranno la flessibilità salariale per poter pensare di entrare sul mercato e affiancargli giocatori di livello superiore. Con questo Porzingis però è veramente difficile pensare di poter perdere così tante partite da essere una delle prime tre scelte in lotteria, e sebbene sia evidente che una scelta alta al Draft sarebbe preferibile sempre rispetto ad una scelta non in lotteria per una squadra come i Knicks attuali, ha comunque senso l’idea di cavalcare l’Unicorno verso terre inesplorate ora che sta giocando a questi livelli, e vedere poi da lì quanta strada si è fatta. Ci sarà sempre tempo in questa giovane stagione per aumentare i minuti in campo dei giocatori più giovani destinati ad accompagnarlo in futuro, e se non altro Ntilikina sta già dimostrando di poterseli guadagnare anche in una rotazione “competitiva”.
Esaltare il gioco di Porzingis deve al momento essere la priorità, perché tanto i Knicks andranno dove li porterà lui. Non che sia un male: pochissime franchigie hanno la fortuna di avere un Unicorno a segnarne il cammino.