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Flavio Fusi

La Juventus è nei dettagli

Allegri aveva scelto il piano tattico giusto per mettere in difficoltà Di Francesco, ma sono…

Per la squadra di Allegri la partita di ieri era una gara fondamentale per rimanere attaccati al treno Scudetto, soprattutto dopo la vittoria del Napoli sulla Sampdoria; per i giallorossi, invece, Juventus-Roma rappresentava l’occasione per sfatare finalmente la maledizione dello Stadium e di inserirsi prepotentemente nella corsa al titolo, in attesa di recuperare la gara contro i blucerchiati.

 

In virtù del recupero di Mandzukic, Allegri ha scelto il 4-3-3, schierandolo nel tridente e lasciando Dybala nuovamente in panchina in campionato, nonostante l’ottima prova in Coppa Italia. Senza Buffon, Szczesny ha preso posto tra i pali, protetto dalla linea a quattro formata da Barzagli (che ha prevalso nel ballottaggio con Lichtsteiner, considerata anche l’assenza obbligata di De Sciglio), Benatia, Chiellini e Alex Sandro. Pjanic si è posizionato davanti alla difesa, con Khedira e Matuidi ai suoi lati. Insieme a Mandzukic, Higuaín al centro dell’attacco e Cuadrado a destra hanno completato l’undici bianconero.

 

Di Francesco  non aveva praticamente dubbi su chi schierare nel suo 4-3-3, soprattutto dopo il massiccio turnover operato nell’eliminazione in Coppa Italia contro il Torino (sconfitta che, tra le altre cose, ha evitato l’eventualità del secondo Juventus-Roma nello spazio di 10 giorni): Alisson in porta, Manolas e Fazio centrali, Florenzi e Kolarov sulle fasce; De Rossi davanti alla difesa, con Nainggolan e Strootman mezzali; Perotti a sinistra, El Shaarawy a destra e Dzeko riferimento centrale dell’attacco.

 

 

Anche solo soffermandoci sugli schieramenti in campo era possibile anticipare uno dei principali temi tattici della partita: nella contrapposizione tra due 4-3-3, infatti, non vi è un elemento che geometricamente possa prendere in consegna il vertice basso avversario, cioè rispettivamente Pjanic e De Rossi. Le due squadre hanno cercato di risolvere il problema in maniera diversa, e con risultati molto lontani.

 

Fin dalle battute iniziali la Roma ha pressato alta l’uscita di palla della Juventus, confermando quelle che erano le aspettative del pre-gara. Come anticipato nella preview di Fabio Barcellona, il principale problema dei giallorossi si è rivelato proprio quello rappresentato dalla posizione in mediana di Pjanic. Il pressing ultra-offensivo di Di Francesco prevede che si porti pressione fin sul portiere: questo escludeva a priori l’impiego di Dzeko in pressione sul connazionale, considerato che il numero nove giallorosso era impegnato su Szczesny e sui centrali avversari. Con El Shaarawy e Perotti impegnati sui terzini di competenza, l’unica altra pista percorribile era quella di alzare una della due mezzali in pressione su Pjanic ma, come spesso accade nel calcio, una strategia di questo tipo determinava un problema di costo-opportunità: se da una parte il movimento in avanti di uno tra Strootman e Nainggolan permetteva di avere un uomo in pressione sul regista bianconero, dall’altro rendeva il resto dello schieramento asimmetrico, lasciando spazio tra le linee alle mezzali di Allegri.

 

La Juventus è abituata a giocare il pallone partendo dalla difesa e sia Szczesny che i difensori sono freddi con il pallone e usi a non buttare via la palla. I terzini partivano sempre larghi, con la distanza tra i centrali che aumentava di conseguenza, potendo godere della disponibilità di Pjanic pochi metri più avanti e dell’estremo difensore polacco come eventuale elemento di raccordo arretrato. L’incremento delle distanze nella costruzione juventina aumentava di conseguenza anche quelle del pressing della Roma, facilitando il gioco attraverso di esso, soprattutto quando la Juventus portava una mezzala romanista in una posizione più larga del dovuto e poi ripassava il gioco da Pjanic sul lato opposto. La Roma ha spesso pressato a vuoto e si è involontariamente esposta al gioco verticale della Juventus.

 

L’uscita in pressione di una delle due mezzali apriva sistematicamente linee di passaggio progressive, tanto che la Juventus, facendo leva sulla resistenza al pressing del proprio regista, invitava gli avversari ad alzarsi. Quando veniva pressato, il bosniaco giocava su uno dei due centrali, che in una situazione di quattro contro cinque era quasi sempre libero e con abbastanza spazio e tempo a disposizione per verticalizzare verso la mezzala sul lato forte, che intelligentemente prendeva posto alle spalle della linea di pressione della Roma, oppure il centravanti. Si creava così una situazione di superiorità numerica a centrocampo, visto che De Rossi e l’interno di centrocampo rimasto basso si ritrovavano a dover fare i conti con entrambe le mezzali juventine più Higuaín.

 

Nainggolan è su Pjanic, ma Chiellini (le cui letture sulla palla sono spesso sottovalutate), è libero e verticalizza su Higuaín, portando fuori posizione anche Strootman, uscito nel vano tentativo di pressarlo. Si nota anche come De Rossi rimanga preso in mezzo tra la prima linea di pressione giallorossa e quella difensiva, trovandosi con una porzione di spazio troppo larga per essere controllata, ed abbia anche Khedira alle proprie spalle. Fazio è costretto al fallo per fermare l’azione.

 

Situazioni di questo tipo erano favorite anche dai continui movimenti ad attaccare la profondità dell’argentino, spesso ad “elastico”, che allungavano la difesa della Roma ampliando ulteriormente le distanze tra i reparti giallorossi. L’argentino si è rivelato utilissimo in fase di raccordo, permettendo di risalire il campo con facilità, giocando il pallone di prima verso uno dei centrocampisti oppure guadagnandosi un fallo giocando spalle alla porta. L’altra situazione tipica che faceva saltare il pressing di Di Francesco si veniva a creare quando la pressione su Pjanic non veniva effettuata con i tempi giusti, lasciando al centrocampista bianconero la possibilità di giocare il pallone in verticale in prima persona.

 

Pjanic non viene pressato perché Strootman è in ritardo nell’uscita. In questa situazione, persino De Rossi si trova avanzato, con sia Matuidi e Khedira posizionate alle spalle del capitano giallorosso. Per il bosniaco è un gioco da ragazzi raggiungere il tedesco e, ancora una volta, l’unica soluzione rimasta alla Roma è quella di fare fallo.

 

La Juventus non ha avuto fretta di verticalizzare, facendo girare il pallone basso per attirare e disorganizzare il pressing avversario, ma quando riusciva a far avanzare il gioco faceva tremendamente male, con le posizioni larghe degli esterni che stiravano orizzontalmente le maglie della difesa avversaria, aprendo i corridoi tra centrale e terzino agli inserimenti di Matuidi e Khedira.

 

Anche quando le cose si mettevano male e il pressing della Roma sembrava prevalere, c’era sempre l’opzione di calciare lungo su Mandzukic, che ha praticamente vinto tutti i duelli con Florenzi, fossero aerei o di forza fisica. Il croato ha chiuso con 5 duelli aerei vinti e 64 tocchi, dietro solo a Pjanic e Alex Sandro, che a sua volta era favorito dai movimenti verso l’area di Mandzukic (il 42% delle azioni offensive dei bianconeri si è sviluppato proprio su quel lato).

 

Allegri ha vinto il duello con Di Francesco non solo traendo a proprio vantaggio la soluzione pensata dal collega per limitare Pjanic, ma anche grazie a come ha risolto il problema simmetrico, cioè come “limitare” il regista avversario. Il verbo limitare va tra virgolette non a caso, perché il tecnico juventino ha preferito lasciare relativa libertà a De Rossi di portare palla, ma contemporaneamente prosciugandone le opzioni di passaggio. Il pressing della Juventus, che come spesso succede, variava nell’intensità e nell’altezza a cui veniva portato, partiva mediamente più basso rispetto a quello della Roma e di solito era Matuidi a portare il pressing sui centrali, piuttosto che Higuaín, probabilmente per preservare la lucidità dell’attaccante, esentandolo da un lavoro massacrante che ha costretto lo stesso ex-centrocampista del PSG a lasciare il campo a Marchisio quando mancavano 12 minuti più recupero.

 

Preso atto delle difficoltà della Roma in fase di attacco posizionale, Allegri ha scelto di difendere con un 4-1-4-1, con il solo Higuaín autorizzato a rimanere oltre la linea della palla e il resto della squadra a congestionare gli spazi, seguendo i principi della difesa a zona con l’uomo come punto di riferimento, da anni la chiave della solidità difensiva juventina. Di fatto, De Rossi veniva pressato solo quando le distanze ravvicinate permettevano di impedire che l’uscita di un centrocampista dallo schieramento aprisse una linea di passaggio all’interno della struttura bianconera oppure quando, costretto ad orientare il corpo e il proprio raggio visivo lateralmente in cerca di un passaggio orizzontale, l’opzione verticale si auto-escludeva.

 

De Rossi è libero, porta palla per diversi metri, ma non ha la possibilità di servire un compagno all’interno del blocco difensivo di Allegri ed è praticamente costretto a fermarsi. Impossibilitato a penetrare le linee avversarie, si orienta gradualmente verso destra e Nainggolan, “pressing-trigger” per l’uscita in pressione di Pjanic, che gli mette fretta . Il passaggio è impreciso, la Juventus scivola e la Roma perde campo.

 

Il sacrifico di Cuadrado e Mandzukic in fase difensiva ha poi permesso di limitare i triangoli laterali tipici del calcio di Di Francesco, con la presenza di Pjanic davanti alla difesa che consentiva l’uscita alle mezzali senza lasciare sguarnita la trequarti.

 

Nonostante una preparazione della gara praticamente perfetta, che per l’ennesima volta ha confermato quanto Allegri e il suo staff siano eccezionali studiosi dell’avversario di turno, la Juventus non è riuscita a chiudere la partita con il gol del 2-0, anche a causa dell’imprecisione dei propri finalizzatori. Nel finale l’intensità in fase difensiva è calata e la Roma si è sbilanciata in cerca del vantaggio, i bianconeri hanno sofferto e persino rischiato di vanificare tutti propri sforzi e la superiorità tattica dimostrata, quando in pieno recupero Benatia ha involontariamente lanciato Schick verso la porta.

 

Come sanno anche le pietre, perché da ieri sera non si parla di altro, il ceco ha graziato Szczesny, confermando ancora quanto la componente episodica del calcio possa mandare all’aria anche il migliore dei piani tattici. Alla fine la Roma può tenere stretta la generosità e il coraggio con cui ha giocato parte della partita, in casa della Juventus, e proprio l’ingresso di Schick era riuscito a cambiare la struttura posizionale della squadra di Di Francesco, migliorandola in maniera sensibile anche solo tenendo Alex Sandro più stretto e aprendo lo spazio per Florenzi (che a dieci minuti dalla fine, proprio muovendosi alle spalle di Schick, sfruttando un’indecisione della difesa bianconera, ha colpito la traversa).

 

A conti fatti, però, con la propria solidità difensiva rimasta inscalfita, la Juventus tiene il fiato sul collo del Napoli e guarda con una serenità nettamente migliore al calendario di gennaio rispetto a quanto faceva un mese fa con quello di dicembre. La Roma, da parte sua, continua ad avere problemi a trovare la via del gol, non solo contro squadre con l’atletismo e la fisicità della Juventus. Il campionato è ancora lungo e c’è solo una partita (in casa con il Sassuolo) prima che gennaio si apra con due partite difficili (Atalanta e Inter) che influenzeranno necessariamente le prospettive giallorosse per il 2018.

 

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Flavio Fusi è nato nel 1993 e vive ad Arezzo. Laureato in Management, lavora per una startup tech e collabora anche con il sito di analytics StatsBomb.