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La forza dominante dell’Est
06 apr 2017
06 apr 2017
Dopo un marzo difficile, la vittoria sul campo dei Boston Celtics è il segnale del risveglio dei Cleveland Cavaliers?
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Foto di Jason Miller / Getty
(foto) Foto di Jason Miller / Getty
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Alla vigilia della partita di ieri sera, i Boston Celtics avevano la miglior occasione possibile per prendersi il primo posto nella Eastern Conference e assicurarsi il fattore campo in tutte le serie prima delle Finals. Dopo l’incontro di un mese fa, Cleveland e Boston si affrontavano con record identico al TD Garden e Boston era reduce da tre giorni di riposo, mentre Cleveland era alla seconda notte di un back to back pur avendo una striscia aperta di tre vittorie consecutive in cui LeBron era stato spremuto come quando si trovava sotto il regime di Pat Riley, inclusa una prestazione da 50 minuti giocati in un doppio overtime contro gli Indiana Pacers. Oltretutto i Cavaliers erano appena usciti dal peggior mese della loro storia recente, con un record di 7-10 che è pure troppo generoso per il tipo di gioco espresso. Ad aggravare il tutto ci si metteva il fatto che Tristan Thompson aveva sofferto una distorsione al pollice che ha interrotto la sua striscia di 477 presenze consecutive, e che l’unica nota onnipresente nella stagione di Cleveland era il loro record di 1-9 nelle seconde notti dei back to back in trasferta, con l’unica vittoria stagionale registrata contro i Lakers (dopo aver fatto riposare i Big Three contro i Clippers la sera prima e aver fatto infuriare il Commissioner Adam Silver). Le uniche scusanti che Boston poteva darsi erano gli acciacchi a Avery Bradley e Jae Crowder, comunque regolarmente in campo alla palla a due. Boston si era posizionata nel miglior modo possibile per capitalizzare la propria (ottima) stagione, e forse proprio per questo LeBron ha sfoderato l’ennesima partita mostruosa in situazioni critiche: Cleveland ha obliterato Boston con un 114-91 finale dopo 15 minuti di garbage time. Adesso i Cavs hanno una gara di vantaggio sui Celtics, il tie-breaker a favore e - a meno di un nuovo crollo improvviso dei Cavs - Boston dovrà giocarsi l’eventuale finale di conference senza il fattore campo a favore. Tutto in una sera. La prestazione offerta dai campioni in carica è un messaggio lapidario per tutte le altre forze dell’Est: a parte Tristan Thompson (le cui condizioni sono comunque da rivalutare e non è detto che il suo recupero avvenga in tempi brevi) Cleveland è più sana di quanto lo sia mai stata durante tutta la stagione, e i recuperi di J.R. Smith, Kevin Love e Kyle Korver sono stati sufficienti per ricordare a tutti che per detronizzarli dalla Eastern Conference servirà una vera e propria impresa. Il miglior LeBron possibile Nonostante la carta d’identità ormai reciti 32 anni, 14 dei quali passati in NBA, il minutaggio di James è prossimo a superare quello della stagione 2013-14, l’ultima in maglia Heat in cui Wade veniva utilizzato col contagocce. Neppure una regular season agli sgoccioli ha permesso una riduzione dei minuti, complici le crisi interne dei Cavaliers dell’ultimo mese. Negli ultimi quattro giorni LeBron ha giocato tre partite restando in campo per almeno 37 minuti, per un totale di 128. E nonostante il peso dei minuti trascorsi in campo, LeBron non ha mostrato segni di rallentamento, sfoderando una prestazione da 36 punti, 10 rimbalzi e 6 assist in 39 minuti di gioco. Negli ultimi tre giorni quindi le sue medie per partita si sono assestate sui 31.7 punti, 11.7 rimbalzi e 9.3 assist. Sarebbe però oltremodo semplice affermare che Tyronn Lue dovrebbe farlo riposare di più, dato che la presenza in campo del Re è letteralmente l’unica cosa che trasforma Cleveland da una squadra che non dovrebbe fare i playoff nella miglior squadra dell’Est. Anche ieri sera quando il Re era in campo (ricoperto dai fischi appena toccava palla ad inizio partita), Cleveland era stabilmente in controllo e allargava la forbice nel punteggio. Non appena Lue lo metteva in panchina, improvvisamente Boston si accendeva e recuperava parte dello svantaggio. A fine partita, più che dei veri e propri periodi di riposo, LeBron è stato sottoposto a dei power nap in panchina, almeno fino a che la partita non è sfumata nel garbage time negli ultimi quattro minuti. Quando LeBron è rimasto sul parquet i Cavs hanno registrato +44 di Net Rating, con 128.5 punti segnati per 100 possessi a fronte di soli 83.8 subiti, numeri che li farebbero risultare primi sia in attacco che in difesa con distacco abissale; nei 9 minuti in cui LeBron ha “riposato” la situazione è stata capovolta, con -52 di Net Rating con 75.5 punti segnati e 127.4 subiti, numeri che posizionerebbero Cleveland nei meandri più profondi dell’oceano NBA. A metà del primo quarto Lue ha fatto riposare a turno i suoi migliori tre giocatori affiancandoli al dopolavoro ferroviario che è la panchina dei Cavs. Inizialmente il quartetto composto da Kyle Korver, Deron Williams, Richard Jefferson e Iman Shumpert è stato affiancato da Kyrie, registrando un -114 di Net Rating; quando Lue ha interrotto il riposo di LeBron per far rifiatare Kyrie, il Net Rating è magicamente salito a +74. LeBron ha corso più di chiunque altro sia sceso in campo, ha inseguito tutti i rimbalzi a disposizione per sopperire all’assenza di Thompson e ha semplicemente trascinato Cleveland ad una prestazione dominante, facendola sembrare una corazzata che, senza di lui, semplicemente non è. Non importava in che situazione di gioco si fosse, non c’era nulla che Boston potesse fare per arginarlo.

You come at the King, you best not miss.

Chi marca il Re? La peggior notizia possibile per i Celtics è che se i Cavs sono sani non esiste un modo credibile per mettere un freno a LeBron. Brad Stevens nel corso della partita ha ruotato praticamente chiunque in marcatura sul 23 dei Cavaliers, con il solo risultato di venire asfaltato con un 69.2% nei tiri di James contestati dai suoi giocatori, subendo la bellezza di 26 punti in area solo dal Re. A peggiorare le cose è il fatto che Cleveland, inserendo Frye in quintetto, ha sempre avuto in campo quattro tiratori insieme a LeBron, e l’ipotesi di portargli dei raddoppi era semplicemente non percorribile data l’enorme quantità di tiri aperti che avrebbero concesso. A Boston, sotto questo aspetto, è sembrato davvero mancare qualcosa a roster: Crowder sembra il miglior difensore possibile per un giocatore strutturato come James, ma in transizione non è abbastanza rapido per tenere il primo passo; Smart e Bradley sono troppo bassi ed hanno dovuto pagare pegno in post; Brown e Rozier sono troppo inesperti per rappresentare un ostacolo; e quando Horford offriva un cambio ai compagni, LeBron si allontanava dalle zone delle operazioni a svariati metri di distanza dall’arco, moltiplicando quindi gli spazi a disposizione per i compagni oppure giocando in isolamento ballare dal palleggio. Se a questo ci aggiungiamo il fatto che Isaiah ha fatto finta di marcare Kyrie lontano dalla palla, dando sempre possibilità a Cleveland di uno scarico facile, le grane difensive da risolvere per Stevens in ottica playoff sembrano davvero innumerevoli.

Qui LeBron, su cui ha cambiato Horford, lascia un quarto di campo a Kyrie che può attaccare il ferro senza alcun protettore a difenderlo.

Thomas e Horford Seppur nella disfatta, i Celtics hanno trovato le ennesime conferme da Isaiah Thomas e Al Horford, che si sono confermati i giocatori più importanti e pericolosi dei verdi. Cleveland ha preparato la propria partita difensiva su Thomas facendolo marcare in prima battuta da Irving, ma impostando la strategia difensiva su cambi sistematici dopo i blocchi. Boston ha provato a ribaltare la situazione usando il marcatore di Love come bloccante sulla palla nel pick and roll, portando così i peggiori difensori di Cleveland al centro del ring. Kyrie e Love si sono comportati egregiamente, passando sempre sopra ai blocchi con Love che usciva altissimo, per impedire a Thomas di punirli con le conclusioni dal palleggio. Quando però sono entrate le seconde linee, improvvisamente Isaiah aveva spazio a sufficienza per girare l’angolo dopo il blocco ed entrare a piacimento dentro l’area di Cleveland seminando il panico. A coronamento del tutto vi erano le situazioni di isolamento, dove con i palleggi in esitazione e la capacità di aggirare gli avversari con angoli strettissimi si è messo tutti alle spalle fino a segnare 26 punti con 9/19 dal campo.

Ogni volta che Cleveland ha abbassato l’intensità difensiva, Isaiah ha trovato abbastanza spazio per dominare in area. La capacità di scattare improvvisamente vicinissimo al blocco è la sua arma più letale.

Horford d’altro canto è un giocatore irreale per quanto è intelligente in campo, facendo soffrire la difesa avversaria con i suoi movimenti in post, punendo su scarico dalla media e giocando con generosità in tutte le situazioni, premiando i compagni lontano dalla palla. Il problema però è che i due sono sembrati convivere in campo, più che collaborare in armonia: Thomas preferisce scaricare fuori o penetrare piuttosto che cercare un entry pass per Horford in post basso, e lo stesso Horford non è solito premiare Thomas nelle sue rare scampagnate lontano dalla palla.

Situazioni del genere dovrebbero essere più frequenti: Horford è fenomenale a tuffarsi nel vuoto che il suo slip crea e sembra impossibile fermare il palleggio di Thomas, ma questa azione è l’unica di questo tipo quando dovrebbe essere la base di partenza.

A suggellare il tutto vi è una palese disparità nei possessi che toccano ad entrambi, Thomas ha chiuso la partita con il 36.7 di Usage Rate, mentre a Horford è toccato a malapena il 14.4%. Chiariamoci: in nessun caso è auspicabile che il numero sia pari per entrambi, perché Thomas lontano dalla palla rende molto meno e Horford non è un giocatore che ha bisogno di 20 tiri a partita per essere decisivo, ma l’attacco di Boston è comunque troppo monodimensionale nell’ottica di una serie se la spartizione dei possessi è questa. Nel gioco degli aggiustamenti di maggio non sarà solo Cleveland a trovare soluzioni a cui i Celtics dovranno rispondere: Brad Stevens è comunque un allenatore favoloso ed è probabile che molte carte le abbia ancora conservate nella mano senza mostrarle mai, tuttavia la prestazione offensiva dei Celtics ha evidenziato alcune lacune che possono diventare pericolose se non coperte a dovere. Cleveland non può permettersi di non difendere Se il record dei Cavs di questo mese è stato più simile a quello di una squadra in ricostruzione piuttosto che ad una squadra di playoff - o, peggio ancora, della prima della classe -, la maggior parte delle colpe è da attribuire a una fase difensiva a dir poco ridicola. Cleveland ha un roster in cui i buoni difensori si contano sulle dita di una singola mano, ma l’atteggiamento dimostrato fin qui sarebbe stato insostenibile anche da una difesa come quella degli Utah Jazz. Ieri notte (e più in generale negli ultimi quattro giorni), i Cavs sembrano aver accesso il fantomatico interruttore che sono soliti non toccare fino a maggio inoltrato, cambiando completamente atteggiamento e intensità in difesa. Nel solo primo quarto i Cavs hanno registrato due stoppate da dietro nella propria metà campo ad opera di J.R. Smith e Kyrie Irving (a cui poi si aggiunge la bimane di James su Smart nel secondo quarto), dimostrazione lampante di come l’ordine fosse quello di tenere l’intensità difensiva alta per tutto il possesso. LeBron si è potuto permettere il lusso di non provare mai a difendere vicino all’arco, osservando interessato i goffi tentativi di Bradley di realizzare dei tiri in sospensione completamente libero. Tutti gli altri però hanno difeso al meglio delle proprie possibilità: Kyrie e Love hanno difeso i pick and roll con una gestione delle spaziature incredibile per chi li conosce, Frye ha provato a sporcare tutti i passaggi in entrata e J.R. è sembrato la sua miglior versione possibile, correndo in transizione difensiva come ne andasse della propria vita e limitandosi ai tiri che gli spettavano in attacco. L’assenza di Tristan Thompson è sembrata quasi una nota positiva da questo punto di vista: in genere in questa stagione lui e LeBron sono quelli che ciclicamente evitano di uscire sugli avversari (per poi litigare su chi ha la colpa), mentre ieri era il solo James a permettersi di farlo e Cleveland sembrava più pronta a rimediare alle mancanze di uno solo dei due, invece che a quelle di entrambi. Quando Cleveland produce degli stop in difesa, ha la possibilità di correre in transizione ed è uno spettacolo per gli occhi.

LeBron ovviamente può partire sui binari e arrivare direttamente a canestro come Godzilla che costringe la folla a disperdersi in fuga.

Ma in generale i Cavs sono al loro meglio quando cercano e trovano l’extra pass per approfittare dell’enorme spaziatura di campo che riescono a generare grazie alle loro doti di tiro. Paradossalmente i giocatori di Cleveland sono più coinvolti in transizione che a metà campo, dove la maggior parte delle volte si mettono in preghiera verso il Prescelto o verso Kyrie aspettando che facciano qualcosa rimanendo ben piantati sulle loro posizioni pre-impostate senza generare movimento lontano dalla palla.

Nonostante l’errore al tiro, per i Cavs è molto più facile trovarsi e passare la palla in situazioni del genere e poter generare tiri ad altissima efficienza.

Può sembrare strano, ma la fase offensiva dei Cavs è più corale in transizione rispetto che a metà campo. Dopo la stoppata di J.R., LeBron indirizza il rimbalzo verso Love che apre rapidamente per Kyrie, abile a servire Frye a rimorchio: 3 punti.

La difesa per Cleveland è quel propellente necessario a farli giocare meglio in attacco, quindi tenere alto l’entusiasmo per continuare a difendere. L’ultimo mese ha dimostrato che i Cavs non possono più permettersi di vivacchiare con le marce basse come fatto negli ultimi anni, perché i due passi falsi commessi contro Toronto nei playoff dell’anno scorso quest’anno potrebbero venir puniti da squadre migliori come Boston, Washington o gli stessi Raptors. I Cavs devono giocare al massimo delle loro potenzialità - e se lo fanno non solo hanno possibilità di vittoria, ma sono da considerare a tutti gli effetti la forza dominante dell’Est.

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