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La notte perfetta della Juventus
13 mar 2019
13 mar 2019
Per rimontare l'Atlético Madrid serviva la prestazione perfetta e quella bianconera ci è andata molto vicino.
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Era necessaria una notte perfetta affinché la Juventuspotesse proseguire il suo percorso in Champions League. Nella sua storia europea i bianconeri non avevano mai ribaltato un doppio svantaggio dopo la gara d’andata e l’Atlético Madrid di Simeone, una squadra che ha costruito i suoi successi e la sua intera narrazione sulla propria fase difensiva - un mix di coraggio e intimidazione fisica, compattezza, disciplina tattica e maniacale rispetto delle distanze reciproche - sembrava una fortezza inespugnabile.

E la notte perfetta è arrivata, cancellando almeno per adesso i demoni europei della squadra di Allegri, lasciando intatto, se non rinforzato, il sogno di conquistare finalmente la tanto desiderata Champions League.

Per giocare la partita perfetta era necessario che ogni elemento che compone il mosaico della prestazione andasse al posto giusto. La Juventus, insomma, aveva bisogno di un piano gara capace di smontare il castello difensivo dei “Colchoneros”, di interpreti in grado di tradurre al meglio il piano gara scelto e, infine, di un’esecuzione esemplare dello stesso, sia da un punto di vista meramente tecnico-tattico che emozionale. E ieri sera allo Juventus Stadium non è mancato alcun tassello, ogni pezzo del puzzle si è incastrato perfettamente con gli altri disegnando una partita che entra con prepotenza nella storia dei grandi match europei della Juventus e dell’intero calcio italiano.

Le esigenze tattiche dopo la gara d’andata

Nella gara d’andata, in particolar modo nel secondo tempo, l’Atlético Madrid aveva puntato tutto sulle transizioni offensive per attaccare la difesa della Juventus. Partendo da un baricentro basso, la pressione degli uomini di Simeone si attivava ad altezza media utilizzando la linea laterale come ausilio per restringere il campo a disposizione del portatore di palla avversario e traendo il massimo beneficio della propria compattezza. La squadra di Simeone aveva negato ogni linea di passaggio interna a una Juventus mal disposta per la circolazione del pallone, riuscendo a forzare diversi errori in fase di costruzione bassa ai bianconeri, come in occasione dell’azione in contrattacco di Diego Costa giunto solo davanti a Szczesny.

Prevedendo un atteggiamento simile, la Juventus aveva innanzitutto la necessità di migliorare con decisione la propria circolazione del pallone, di muovere e disordinare con la palla il denso 4-4-2 di Simeone e, al contempo, di migliorare la propria transizione difensiva contro le ripartenze successive alla perdita del possesso.

Per aprire la scatola difensiva dell’Atletico Madrid, Allegri ha scelto una disposizione in fase di possesso palla in grado di garantirsi ampia superiorità numerica in fase di costruzione bassa, disegnando un rombo arretrato con Bonucci e Pjanic ai vertici ed Emre Can e Chiellini ai fianchi.

Il rombo arretrato garantisce una doppia superiorità numerica contro le due punte dell’Atlético Madrid.

Più avanti, la Juventus doveva capitalizzare gli eventuali vantaggi posizionali generati dalla disposizione in zona arretrata e, a tale scopo, il tecnico bianconero ha occupato l’ampiezza con Cancelo a destra e Spinazzola a sinistra. La posizione sempre aperta e profonda dei due era funzionale sia alla dilatazione delle distanze orizzontali tra gli elementi delle linee difensive dell’Atlético Madrid, sia per portare i due terzini in uno contro i rispettivi avversari.

Lo schieramento in fase d’attacco della Juventus: rombo arretrato, Cancelo e Spinazzola con i piedi sulla linea laterale, Matuidi e, soprattutto, Bernardeschi, in posizione interna.

Oltre a migliorare e rendere più sicuro il proprio palleggio, per disinnescare le transizioni avversarie la Juventus puntava sull’immediata riaggressione dopo la perdita del pallone e sulla posizione in fase di possesso palla di Emre Can. Il tedesco, posizionato sulla stessa linea di Bonucci e Chiellini, garantiva superiorità numerica contro le due punte avversarie e consentiva ai difensori bianconeri, forti della costante copertura assicurata dall’uomo in più, di coadiuvare il gegenpressing con una costante ricerca dell’anticipo su Morata e Griezmann, teorici riferimenti avanzati su cui appoggiare i contrattacchi.

Scegliere gli uomini giusti

La scelta degli interpreti più indicati per il piano gara era un altro degli elementi che avrebbero dovuto comporre la miscela necessaria a giocare la partita perfetta. L’infortunio di De Sciglio e la squalifica di Alex Sandro suggerivano alla vigilia un possibile impiego della difesa a tre, con l’inserimento di Caceres o Rugani tra i titolari. Abbastanza sorprendentemente Allegri ha invece inserito Spinazzola, con alle spalle appena 264 minuti giocati in questa stagione, e ha utilizzato in fase di possesso palla Emre Can come terzo di difesa al fianco destro di Bonucci.

In tale maniera Allegri ha messo in campo due giocatori particolarmente abili negli uno contro uno sugli esterni (3 dribbling, di cui 2 positivi per Cancelo, ben 9, con 7 negativi per Spinazzola) e ha utilizzato la sensibilità tecnica da centrocampista di Emre Can in fase di impostazione al fine di garantire la qualità necessaria a tradurre in concreto vantaggio strategico la superiorità numerica in zona arretrata. La presenza di Emre Can al posto di un difensore puro, oltre ad assicurare vantaggi in fase di possesso palla, ha permesso anche ad Allegri di muovere fluidamente le proprie pedine in campo, avanzando il tedesco e schierandosi con il 4-4-2 nelle occasionali fasi di difesa posizionale contro il possesso palla consolidato degli avversari, aumentando la densità in mezzo al campo contro il palleggio dell’Atlético Madrid.

Nelle rare fasi di attacco posizionale dell’Atletico Madrid la Juventus si è schierata con il 4-4-2 per non lasciare superiorità numerica a centrocampo al palleggio dei “Colchoneros”.

Mettere in pratica quanto preparato

Ma oltre al piano gara, ad essere perfetta è stata anche l'esecuzione tecnica dei singoli giocatori. Con l’Atlético che ha interpretato la gara esattamente come previsto, lasciando il pallone ai bianconeri come nella gara d’andata (62% di possesso a Torino, 63% al Wanda Metropolitano) e schierando due linee strette a protezione della porta di Oblak, la Juventus è riuscita a coniugare sicurezza ed efficacia nella circolazione del pallone.

Come detto, nella parte destra del campo è stata di importanza capitale la presenza di Emre Can. Su quel lato del campo, la Juventus ha tenuto Cancelo aperto mentre Bernardeschiprovava a ricevere nel mezzo spazio, e Emre Can, liberato spesso dal palleggio del rombo contro la blanda pressione posizionale dei due attaccanti avversari, è stato particolarmente abile a scegliere di volta in volta se muovere velocemente il pallone o condurre, attirando a sé la pressione di Saúl. Le conduzioni del tedesco hanno così spezzato la linea mediana dei “Colchoneros” e hanno liberato spazio per le ricezioni di Bernardeschi.

Una sequenza non esaustiva di occasioni in cui le conduzioni palla di Emre Can hanno attirato fuori linea Saúl e liberato spazio alle spalle del centrocampista spagnolo per Bernardeschi.

Emre Can è stato il giocatore della Juventus, dopo Pjanic, che ha toccato più palloni (91), e ha equamente distribuito i suoi passaggi verso Cancelo e Bernardeschi, entrambi serviti per 8 volte dal tedesco, che, dopo aver mosso Saúl e destrutturato la linea difensiva avversaria, poteva scegliere se servire il portoghese o, centralmente, il suo trequartista, con Lemar preso in mezzo e impotente contro la superiorità posizionale della Juventus. Mosso il pallone, Emre Can poteva oltretutto inserirsi in avanti, potenziando ulteriormente i vantaggi posizionali della squadra.

Emre Can trasmette palla e si muove in avanti, Pjanic si muove a sostegno: la Juve ha superiorità numerica e posizionale sulla fascia destra.

Sul lato sinistro dell’attacco bianconero, le diverse caratteristiche dei giocatori suggerivano ad Allegri un set di movimenti diversi per generare superiorità contro la pressione degli avversari. Da quel lato, non c’era un giocatore capace di occupare con efficacia la zona alle spalle del centrocampo avversario e Chiellini non ha certo la qualità di Emre Can per giocare con continuità e sicurezza passaggi taglia-linee. Frequentemente, quindi, Cristiano Ronaldo si è aperto a giocare largo, assecondando la sua preferenza per la zona di sinistra, e la Juventus ha sovraccaricato di uomini la fascia. L'obiettivo era di generare superiorità numerica da quella parte grazie alle combinazioni dell’intera catena che vedevano frequenti sovrapposizioni interne di Matuidi, alle spalle di Arias, passando nella zona tra il terzino destro e Giménez.

Il set di movimenti sulla fascia sinistra. Ronaldo si abbassa creando superiorità numerica contro il blocco esterno-interno-terzino dell’Atlético Madrid, con Matuidi pronto ad attaccare lo spazio tra Arias e Giménez.

Risolto brillantemente il problema della circolazione del pallone e di giungere nell’ultimo terzo di campo, sfuggendo alla pressione ad altezza media dell’Atlético Madrid, per la rifinitura la Juventus si è affidata ai cross dagli esterni (32, esclusi i corner, 8 a testa per i due esterni Cancelo e Spianzzola), anche in virtù del fatto che, nonostante le difficoltà nel controllare il palleggio avversario, la protezione bassa del centro del campo dell’Atlético Madrid lasciava davvero pochi spazi per le rifiniture centrali. Consolidato il vantaggio posizionale sull’esterno o nella zona di Bernardeschi, la Juventus è stata paziente e particolarmente abile nel non forzare le giocate e nel muovere il pallone velocemente da un lato all’altro del campo, facendo ulteriormente collassare verso il basso la struttura difensiva avversaria, già sbilanciata e in ritardo dopo l’uscita dei bianconeri dalla circolazione bassa, concedendosi così il tempo di occupare l’area di rigore avversaria.

L’azione del secondo gol di Cristiano Ronaldo è esemplare in questo senso. La palla si muove da Spinazzola sull’out di sinistra verso Pjanic, che trova libero Can nella zona di centro-destra, con la difesa dell’Atlético tutta spostata da un lato. Can non si limita a un passaggio verso l’esterno a Cancelo, ma serve Cristiano Ronaldo in mezzo, dando ancora tempo alla squadra di posizionarsi in area. Il portoghese infine scarica largo su Cancelo attaccando l’area, occupata da quattro giocatori bianconeri, e finendo per colpire di testa per il gol del 2-0.

La successione di passaggi che porta al secondo gol di Ronaldo e, in sequenza, una situazione tattica analoga (sembra la stessa azione) che testimonia della ricorrenza di alcune scelte nell’ultimo terzo di campo della Juventus.

Se il gol di CR7 nel secondo tempo è emblematico dell’attacco manovrato messo a punto dai bianconeri per scardinare la difesa di Simeone, il primo gol del fuoriclasse portoghese rappresenta invece la vittoria della strategia di recupero palla della Juventus. Allegri ha scelto infatti di provare a riconquistare velocemente il pallone con il gegenpressing, pressando in avanti i portatori di palla avversari subito dopo avere perso il possesso. La Juventus ha tenuto così il baricentro alto (56.3 m), e recuperato il pallone in zone avanzate di campo (41.7 metri l’altezza media dei recuperi e ben 21 palle riconquistate nella metà campo avversaria). In particolare, la Juventus ha fatto uscire aggressivamente Can e Chiellini rispettivamente su Morata e Griezmann, inibendo ogni ripartenza dell’Atlético Madrid, che, a differenza della partita di andata, non è riuscito a imbastire nessun contrattacco per tutta la partita. A eccellere in questo contesto difensivo sono stati da una parte Cancelo e Pjanic (recordman sottovalutato di palloni recuperati, ben 11) e le loro migliori qualità di difensori abili correndo in avanti, e dall'altra Matuidi e la sua capacità di coprire amplissime porzioni di campo. Anche in questo ambito è da sottolineare nuovamente la prestazione di Emre Can, dominante su Morata sia nel gioco aereo che con la palla a terra.

Il gol del vantaggio bianconero è nato proprio da un recupero alto in gegenpressing di Emre Can, che ha consegnato il pallone a Bernardeschi alle spalle del centrocampo avversario. L’ex Fiorentina ha quindi regalato con un cross l’assist a Cristiano Ronaldo.

La partita dopo le sostituzioni

Per un’ora abbondante la partita è rimasta immutata tatticamente, con la Juve abile a capitalizzare i vantaggi strategici descritti. Simeone ha quindi provato a spezzare gli equilibri, inserendo Correa per Lemar e passando al 4-3-3, con il nuovo entrato sulla destra e Griezmann sulla sinistra dell’attacco dell’Atlético Madrid. In questo modo Simeone ha provato a mitigare l’inferiorità numerica contro l’impostazione bassa della Juventus e ad attaccare in transizione in parità numerica contro i tre giocatori arretrati bianconeri. Allegri, che aveva sostituito Spinazzola con Dybala, spostando Bernardeschi esterno a sinistra, ha ben presto reagito alla nuova impostazione tattica degli avversari, disegnando una difesa a 4 in ogni fase di gioco per mantenere la superiorità numerica in zona arretrata sia in possesso che in non possesso, con Emre Can terzino destro e Cancelo spostato sulla fascia sinistra. Più avanti, Matuidi ha affiancato Pjanic in mezzo al campo, con Bernardeschi e Dybala pronti ad attaccare gli spazi di mezzo partendo da una posizione aperta.

La Juventus della seconda metà del secondo tempo: quattro difensori in linea, due interni, due mezzepunte e due attaccanti.

Sterilizzati con la nuova disposizione tattica gli eventuali vantaggi posizionali degli avversari, la Juventus ha continuato a far circolare bene il pallone mentre l’Atlético, invece, perdeva compattezza e si allungava, indeciso se cercare il gol qualificazione o mantenere salda la propria struttura difensiva. Proprio lo sfilacciamento delle distanze tra i giocatori di Simeone ha regalato a Kean, subentrato a uno stanco Mandzukic, gli spazi per l’occasione del 3-0 e tre minuti dopo, il campo libero necessario a Bernardeschi per sprigionare il suo mix di potenza fisica, tecnica e capacità di tenere lontano l’avversario continuando a condurre palla, forzando il fallo in area di rigore di Correa.

Come Allegri ha battuto Simeone

Dopo una pessima partita di andata, Massimiliano Allegri ha confezionato un altro capolavoro tattico in una partita di ritorno di un doppio confronto a eliminazione diretta in Champions, come già gli era capitato a Dortmund, a Monaco di Baviera e a Madrid, dimostrando per intero il suo talento nel preparare la singola partita, specie dopo avere sperimentato sul campo la reale natura degli incroci tattici tra la propria squadra e quella avversaria. La scelta di costruire a difendere le transizioni con una linea arretrata a tre è stata fondamentale per risolvere gran parte dei problemi tattici della gara d’andata, e la scelta di utilizzare Emre Can al fianco di Bonucci ha consentito alla squadra di avere le qualità di un centrocampista proprio nella zona di campo dove Bernardeschi provava a ricevere tra le linee e di transitare fluidamente verso un 4-4-2 nelle occasioni in cui la Juve doveva difendere posizionalmente.

L’ampiezza e l’intraprendenza di Cancelo e Spinazzola hanno fornito gli spazi per le ricezioni di Bernardeschi e raddoppiato il numero di dribbling (35) rispetto alla gara d’andata (18), segno sia di una precisa scelta di provare a guadagnare vantaggi posizionali grazie all’iniziative individuali, sia del maggiore spazio a disposizione dei portatori di palla grazie a uno scaglionamento in campo capace di disordinare il bunker dell’Atlético.

Allegri ha poi allenato anche le piccole cose che spesso determinano i destini di una partita. Contro i pericolosissimi calci piazzati della squadra di Simeone, la Juventus ha concesso a Torino solo 4 calci di punizione nella propria metà campo (7 all’andata) e nessun calcio d’angolo (erano stati 8 a Madrid) e i giocatori bianconeri sono stati particolarmente abili e concentrati nel non concedere praticamente nessuna occasione agli avversari. Ancora, l’allineamento di Emre Can con la linea difensiva è stato mantenuto anche in occasione di tutti i calci da fermo dei “Colchoneros”, che amano giocare lungo in ogni occasione, per marcare Morata e lasciare libero Leonardo Bonucci.

In situazione statica Can rimane al fianco destro di Bonucci per marcare Alvaro Morata.

Sull’altra panchina invece Simeone è rimasto rigidamente ancorato alle sue scelte e al suo calcio, anche di fronte alle evidenti difficoltà strategiche evidenziate in campo. In maniera abbastanza sorprendente il tecnico argentino non ha variato il suo sistema difensivo e il rigido 4-4-2 che non è riuscito a evitare che la superiorità numerica del rombo arretrato di costruzione della Juventus si tramutasse in superiorità posizionale capace di disordinarne le linee. Se il "Cholo" avesse cambiato prima del 2-0 avversario magari sarebbe riuscito a cambiare i destini tattici del match ed evitare che la capacità camaleontica di Allegri trionfasse.

Ma, come si dice, sono i giocatori che scendono in campo e in questo senso è impossibile non sottolineare la bontà delle prestazioni dei bianconeri. Detto ampiamente di Emre Can, sono da evidenziare le prestazioni di alto livello di Matuidi e Pjanic, abile distributore di gioco e fondamentale anche nel recupero del pallone, e la prova di Federico Bernardeschi, infaticabile e generoso in ogni fase del gioco (7 palloni recuperati) e capace di coniugare la qualità assoluta delle sue giocate – come in occasione dell’assist del primo gol e del rigore procurato – a una copertura del campo e un impatto atletico sulla partita difficilmente riscontrabili in giocatori del suo ruolo.

Infine, ovviamente, ci sono i tre gol di Cristiano Ronaldo, alla quarta tripletta contro l’Atlético in carriera. Il fuoriclasse portoghese ha dimostrato per l'ennesima volta di poter fare la differenza in Europa, e grazie a lui la Juventus ha fatto ciò che non le era mai riuscito, cioè recuperare un doppio svantaggio maturato all’andata. Ci si aspettava la notte speciale in Europa di CR7: è arrivata, rinnovando ancora una volta la storia tra Cristiano e la Champions League.

Chissà che stavolta la Juventus non abbia trovato nel carisma, nella classe e nella forza del campione portoghese la formula magica capace di scacciare i demoni che da sempre i bianconeri vedono aggirarsi dalle parti della coppa dalle grandi orecchie.

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