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Fabio Barcellona
A un passo dal miracolo
12 apr 2018
12 apr 2018
A Madrid la Juventus ha approfittato con freddezza degli squilibri della squadra di Zidane e si è fermata a pochi centimetri dal compiere un'impresa storica.
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Fabio Barcellona
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Ieri, per l’ennesima volta, il calcio si è dimostrato uno sport in cui la distanza tra la vittoria e la sconfitta è piccola e racchiusa spesso in pochi secondi,

che dividono per questione di millimetri il passaggio del turno dall’eliminazione

All’andata, l’occasione discussa e sprecata all’ultimo minuto da Cuadrado, pressato da Carvajal (per alcuni commettendo fallo), conteneva in sé quasi ogni tema della partita: gli squilibri del Real e l’incapacità della Juventus di approfittarne fino in fondo. Nuovamente, al Bernabeu, l’ultimo minuto della partita ha reso esplicito l’intero destino di Juventus e Real Madrid: i “merengues

hanno piegato ancora una volta a proprio favore uno scenario che sembrava condannarli, mentre la Juventus si è fermata proprio all’ultimo centimetro dell’impresa europea. Segnare 3 gol in casa al Real Madrid e non subirne per 93 minuti non è bastato a raggiungere le semifinali di Champions League, i bianconeri sono finiti schiacciati dagli errori della gara d’andata e dall’ultimo minuto di gioco.

 



 

Le due squadre sono scese in campo rimaneggiate per via delle assenze. La squalifica di Dybala ha spinto Allegri a tornare al 4-3-3, con Douglas Costa e Mandzukic ai fianchi di Higuain e il ritorno di Benatia al centro della difesa e Pjanic al centro del centrocampo. Zinedine Zidane, invece, a sorpresa ha lasciato in panchina Karim Benzema, schierando al suo posto Gareth Bale.

 



A Torino, una delle principali armi offensive della Juventus erano stati i frequenti cambi di gioco da una fascia all’altra del campo, che approfittavano della difficoltà del Real Madrid nel difendere l’ampiezza: con il rombo di centrocampo che tendeva a disorganizzarsi in fase di possesso, il Madrid faticava a tornare sotto la linea della palla con una linea a 4 una volta perso il possesso. Forte del vantaggio di 3 gol e preoccupato dal 4-3-3 bianconero che prometteva di occupare ancora meglio l’ampiezza del rettangolo di gioco, Zidane ha provato a risolvere il problema schierando in fase di non possesso un 4-4-1-1, con Bale a destra e Kroos a sinistra, completando la linea mediana con Modric e Casemiro. Probabilmente, secondo Zidane, l’assenza di Dybala non rendeva necessaria la presenza di Casemiro in posizione difensiva centrale davanti ai due centrali. Più avanti, Isco si posizionava alle spalle di Ronaldo per provare a giocare nella zona di Pjanic.

 

Dopo nemmeno 90 secondi di gioco, però, la coperta del Real Madrid si è subito strappata. I terzini di Zidane, come di consueto, hanno provato a difendere aggressivi in avanti sul proprio uomo di riferimento, anche a costo di dilatare la distanza col centrale sul proprio lato. Quello del Real è uno stile difensivo centrato, come il resto del suo calcio, sulle capacità individuali dei propri interpreti e sulla supremazia nei duelli contro gli avversari. L’aggressività di Marcelo sulle ricezioni di Douglas Costa, ad esempio, scopriva costantemente lo spazio alle sue spalle, attaccato dai movimenti interno-esterno di Khedira e dalle sovrapposizioni di De Sciglio, prima, e Lichtsteiner, poi (lo svizzero è subentrato per un problema al tallone dell'italiano).

 

Khedira si alzava frequentemente alle spalle di Casemiro per inserirsi nella zona di Marcelo, tirato fuori dai movimenti esterno-interno di Douglas Costa che tendeva a ricevere nel mezzo spazio di destra. Alla stessa maniera, il contributo di Kroos alla difesa della propria fascia sinistra era piuttosto limitato, sia posizionalmente che dinamicamente, e lasciava isolato il terzino brasiliano contro la catena di destra bianconera.

 



 

A perfetto complemento delle combinazioni sul lato destro del campo, i bianconeri attaccavano l’area avversaria con decisione e raziocinio. Con Vallejo schierato a protezione del primo palo, Higuain attaccava lo spazio alle sue spalle, mentre l’inserimento centrale di Matuidi nello spazio tra Carvajal e Varane era fondamentale per attirare il terzino madridista verso il centro e allentare così ulteriormente la marcatura su Mandzukic sul secondo palo, già difficoltosa per l’ampia differenza di statura tra lui e Carvajal.

 

I 3 gol della Juventus hanno mostrato tutte le soluzioni possibili tra le combinazioni sulla fascia destra e la costante occupazione dell’area del trio Higuain-Matuidi-Mandzukic. In occasione della prima rete, la Juventus ha liberato al cross Khedira che attaccava la fascia sulla conduzione verso il centro del campo di Douglas Costa. Nel secondo gol, la ricezione alle spalle di Casemiro della mezzala tedesca ha liberato lo spazio all’inserimento e al cross di Lichtsteiner. Nel terzo gol di Matuidi, invece, è stato Douglas Costa in prima persona a convergere verso il centro e crossare, sfruttando della sovrapposizione di Lichtsteiner.

 



 

La Juventus, a differenza della partita d’andata, è stata chirurgica nell’utilizzare a proprio vantaggio le debolezze difensive del Real Madrid, note e ricorrenti. Oltre alle già citate difficoltà a difendere lo spazio alle spalle di Marcelo e il cuore dell’area nella zona di Carvajal, la squadra di Zidane, nonostante il 4-4-2 adottato, confermava le difficoltà dell’intera stagione a proteggere la zona tra le linee di centrocampo e difesa. Ne ha approfittato soprattutto Sami Khedira, con uno squisito senso degli spazi, che si muoveva alle spalle dell’interno di centro sinistra del Real (Casemiro nel primo tempo, Kroos nel secondo) e forniva una soluzione di passaggio a Pjanic o ai centrali bianconeri oltre la prima linea di pressione.

 

L’alternativa dietro il centrocampo delle

erano le ricezioni interne di Douglas Costa che aprivano spazi sulla fascia sinistra della difesa del Real. Dall’altro lato del campo, lo spazio tra Modric e Varane era attaccato in maniera più verticale e diretta da Matuidi, con Mandzukic che rimaneva sempre aperto, entrando centralmente solo quando c’era da attaccare l’area di rigore avversaria. A favorire la manovra bianconera era anche il lavoro difensivo non particolarmente efficace della coppia Isco-Ronaldo che, in inferiorità numerica contro i due centrali bianconeri e Pjanic, non trovavano l’intensità e le posizioni necessarie a disturbare la prima costruzione bianconera.

 


La mappa dei passaggi fatti e ricevuti da Sami Khedira. Il tedesco è stato il ricevitore preferito da Pjanic che lo ha raggiunto 11 volte, più di qualsiasi altro compagno, frequentemente alle spalle del centrocampo dei “merengues” (via Wyscout).


 

Anche le prestazioni individuali dei calciatori di Allegri hanno fatto la differenza. Rispetto alla partita d’andata, ad esempio, Douglas Costa ha alzato il livello vincendo 7 dei 9 dribbling tentati e creando, grazie a questi e ai movimenti verso l’interno, le premesse per ogni azione pericolosa della Juventus. La presenza di Pjanic ha invece riordinato la manovra bianconera e regalato alla Juventus la pulizia tecnica mancata a Torino per approfittare degli squilibri del Real Madrid. Anche il ritorno in campo dopo la squalifica di Benatia ha fornito, oltre a un’eccellente contributo di solidità e fisicità in difesa, un’ulteriore dose di precisione nella costruzione della manovra: ha sbagliato solo 1 dei 25 passaggi effettuati, di cui la metà in avanti.

 



L’idea di Zidane di giocare una partita più prudente e conservativa, in sostanza, è fallita dopo 45'. Rispetto alla partita d’andata gli schieramenti delle due squadre sono entrambi variati, ma a trarne vantaggio è stata solo la Juventus. Il tecnico francese ha provato, inserendo Gareth Bale al posto di Benzema, a coniugare equilibrio ed imprevedibilità, ma i risultati sono stati deludenti. L’equilibrio difensivo, che in teoria avrebbe dovuto essere garantito dal 4-4-1-1 adottato in fase di non possesso, è risultato, specie nel primo tempo, un miraggio, con la Juventus in grado di aprire a piacimento la fascia sinistra del Real, giocare tra le linee ed attaccare con profitto l’area di rigore.

 

In fase offensiva, Zidane ha provato a non rinunciare alla fluidità tipica del suo gioco, ruotando il 4-4-1-1 verso il solito 4-3-1-2, con Bale che convergeva verso il centro e Kroos che si muoveva nella zona di centrosinistra per orchestrare, come abitudine, la manovra della sua squadra. La strategia offensiva ha avuto in realtà un discreto successo: i tagli interni di Bale hanno messo in crisi Alex Sandro che non è sempre stato tempestivo nella scelta tra seguire l’avversario o consegnarlo a Chiellini. Il Real Madrid ha costruito prevalentemente sulla sinistra, con le geometrie di Kroos e i movimenti di Isco, per poi attaccare il lato debole, approfittando dei dubbi di Alex Sandro e dalla lentezza nello scivolamento laterale di Mandzukic, che aprivano varchi a Carvajal e Modric.

 

Nonostante questo, la Juventus è riuscita a reggere piuttosto bene in fase di difesa posizionale, concedendo, proprio sulla sua fascia sinistra, solamente l’occasione iniziale di Bale dopo 9 minuti di gioco. Ha sofferto invece maggiormente le transizioni offensive del Real Madrid, innescate dagli errori in fase di possesso palla o da tentativi di pressing alto andati a vuoto, che generavano l’opportunità, per i giocatori di Zidane, di andare in campo aperto prendendo di sorpresa la difesa bianconera sbilanciata. Nel complesso però, il costante ripiegamento di Bale sulla linea dei centrocampisti e la meccanicità dei movimenti del gallese nel ricreare, partendo sempre da destra, il 4-3-1-2 in fase d’attacco, hanno tolto al Real Madrid l’imprevedibilità e la fluidità del suo scaglionamento in campo. In questo senso, l’assenza di Benzema, con la sua grande sensibilità per gli spazi e la spregiudicatezza di nell’accettare il disordine in fase di transizione difensiva a vantaggio della costante creazione di reti di passaggio in fase offensiva, si è fatta molto sentire.

 


Anche variando il proprio schieramento il lato forte della manovra del Real rimane quello sinistro.


 

In svantaggio di due gol all’intervallo, Zidane ha corretto il suo 4-4-1-1 inserendo due esterni puri di ruolo (Asensio e Lucas Vazquez) al posto di Bale e Kroos, con il tedesco che è tornato in posizione centrale al posto di Casemiro, sostituito per la sua incapacità di controllare i movimenti di Khedira, soprattutto in fase di difesa posizionale. Dopo questi cambi, il Real è apparso più equilibrato.

 

Asensio, molto più di Kroos, è riuscito a collaborare con Marcelo nel controllo della fascia destra dell’attacco juventino, e in fase offensiva, senza la necessità meccanica di ridisegnare un 4-3-1-2 scolastico, il gioco della squadra di Zidane è tornato ad essere fluido ed imprevedibile. Asensio e Vazquez hanno interpretato gli spazi occupando alternativamente l’ampiezza o stringendo in mezzo, mentre Ronaldo ha provato soprattutto ad allargarsi a sinistra. Fondamentale come sempre è stato anche l’infaticabile ed inimitabile lavoro di Isco nel percorrere in lungo e in largo il campo creando soluzioni di passaggio per i compagni.

 


La mappa delle azioni di Isco copre tutta l’ampiezza del campo (via Wyscout).


 

Seppur più ordinato, il Real Madrid si è reso però meno pericoloso nel secondo tempo (6 tiri nella ripresa, compreso il rigore di Ronaldo, 9 conclusioni nel primo tempo). La Juve ha infatti abbassato il baricentro e, un po’ per stanchezza un po’ per il risultato maturato, ha ridotto le fasi di pressing alto che nel primo tempo avevano concesso molte transizioni ai “merengues

Pur attaccando con meno continuità e contro un Real Madrid più ordinato, la Juventus ha posto le premesse per essere pericolosa in fase di attacco posizionale.

 



Il terzo gol di Matuidi ha pareggiato il doppio confronto e sembrava in un primo momento cristallizare il match in un equilibrio che sembrava preludere ai tempi supplementari. Il Real nell’ultimo quarto di partita ha dominato il possesso alla ricerca del gol che l’avrebbe fatto passare direttamente in semifinale, mentre la Juventus si difendeva nella propria metà campo con il suo 4-5-1 basso e compatto che controllava bene gli attacchi avversari, senza però avere più la forza nel risalire il campo e a pungere in ripartenza.

 

La scelta di Allegri, esplicitata anche nelle interviste post-gara, era quella di conservare le due sostituzioni rimaste per gli eventuali tempi supplementari, giocando nell’extra-time il bonus della freschezza atletica contro Zidane che, invece, con l’ingresso di Kovacic per Modric aveva esaurito i suoi cambi. Il tracciante di Kross, il volo di Ronaldo sulla testa di Alex Sandro e il rigore concesso dall’arbitro Micheal Oliver all’ultimo minuto di gioco hanno invece decretato la fine della sfida.

 

Dopo la vittoria ai rigori contro l’Atletico Madrid nell’edizione 2015-16, il gol del pareggio di Sergio Ramos al 93' nella finale sempre contro l’Atletico del 2013-14 e i quarti di finale contro il Bayern Monaco della passata stagione, ancora una volta il Real Madrid è riuscito a vincere una sfida in cui, per lunghi tratti, è sembrato in grossa difficoltà. Dall’altro lato del campo, dopo l’eliminazione di due anni fa contro il Bayern Monaco, maturata anch’essa con un gol subito all’ultimo secondo di gioco, la Juventus non è riuscita per un soffio a completare l’impresa di ribaltare in trasferta un confronto che sembrava compromesso dopo la partita d’andata.

 

La Juventus si è fermata ad un passo dallo scrivere una delle pagine più epiche della sua storia europea, e deve soprattutto rimpiangere la partita persa otto giorni fa a Torino. A Madrid la Juventus è riuscita con freddezza ad approfittare gli squilibri sempre presenti nella partite del Real, giocando per tre volte la stessa azione che la squadra di Zidane ha mostrato di soffrire.

 

E questo senza nemmeno giocare la partita perfetta, come spesso si dice in questi casi. Troppe volte nel primo tempo il pressing alto abbozzato dai bianconeri è stato saltato dal palleggio del Real regalando spazi di campo agli attacchi in campo aperto dei padroni di casa e, nonostante i tre gol realizzati, alcune delle ripartenze concesse dagli avversari non sono state sfruttate come ci si aspetterebbe in questi casi.

 

Nonostante ciò, al Bernabeu la Juve ha dimostrato, qualora ce ne fosse ancora bisogno, che la capacità di gestire i momenti, le occasioni e le singole debolezze avversarie, rimane un requisito fondamentale per il successo in uno sport a basso punteggio come il gioco del calcio, e ancora di più in un doppio confronto di Champions League, dove il peso degli episodi aumenta a dismisura. I bianconeri hanno giocato una grande partita condendola della freddezza necessaria per giocare bene ogni occasione importante (una qualità che nella partita d’andata pareva smarrita). L’episodio finale poi ha sabotato l’azzardo di Allegri che ha provato a indirizzare i destini del match puntando tutte le fiches che gli erano rimaste sulla maggiore freschezza dei propri uomini, allungando a 120 i minuti della partita.

 

Le

della Champions League, però, hanno prevalso su ogni tentativo di controllo e ancora una volta hanno premiato il Real Madrid a danno della Juventus, in quello che è uno dei confronti più epici del calcio contemporaneo.

 

 

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