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Lorenzo Forlani
Cosa significa Jahanbakhsh?
15 giu 2018
15 giu 2018
Da dove viene e che tipo di giocatore è l'attaccante della Nazionale iraniana capocannoniere dell'Eredivisie.
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Lorenzo Forlani
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Per un lungo tratto della scorsa stagione, in testa alla classifica marcatori dell'Eredivisie c'è stato il trentenne

, attaccante iraniano dell'Herenveen, poi scalzato nelle ultime giornate da Nicolai Jorgensen e Ricky Van Wolfswinkel. Quella di avere un iraniano per diversi mesi davanti a tutti in uno dei principali campionati europei sembrava un'esotica eccezione (peraltro sfumata all'ultimo), di quelle che capitano in campionati nei quali giocano tanti giocatori provenienti da realtà calcistiche marginali. Anche per questo, nessuno avrebbe mai immaginato di vedere, nel campionato olandese appena terminato, un altro iraniano in testa alla classifica dei marcatori, stavolta fino alla fine.

 

Alireza Jahanbakhsh, 25 anni il prossimo agosto, ha un cognome evidentemente complicato, che rimanda idealmente tanto alla complessità del suo modo di giocare a calcio quanto alla celebre arte calligrafica islamica, di cui Qazvin, la città iraniana in cui è cresciuto, è l'indiscussa capitale.

 




 

Jahanbakhsh, anzitutto, non è un attaccante puro, e i 21 gol realizzati quest'anno costituiscono solo una faccia della sua crescente centralità tecnica nell'AZ Alkmaar e nel campionato olandese. Ma il suo percorso in realtà parte da lontano.

 



Alireza Jahanbakhsh nasce nell'agosto del 1993 a Jirandeh, una cittadina di montagna nella regione settentrionale del Gilan. Jirandeh è una delle poche località del Gilan in cui si parla il Tati, lingua di ceppo turcofono, la meno diffusa tra le circa 15 diverse parlate in Iran, uno dei paesi più multietnici al mondo. A Jirandeh, Alireza rimane poco, perché nel 1995 la sua famiglia si

a Qazvin, dove suo padre Rahim ha trovato lavoro. È a Qazvin che impara a giocare, dove torna di tanto in tanto, come in occasione di questo bel

sulla sua vita prodotto da Fox Sports.

 

In Iran, come in buona parte dei paesi con una tradizione calcistica abbastanza sviluppata, i ragazzi imparano a giocare anzitutto per strada, e di norma continuano a farlo anche quando diventano professionisti. Dopo aver militato nelle giovanili del Payam Alborz Qazvin, Alireza viene adocchiato dagli osservatori del Damash Gilan, una squadra che pone particolare attenzione alla crescita dei giovani. Il suo presidente è un personaggio molto conosciuto in Iran: Amir Abedini, ex calciatore e oggi politico molto vicino al riformista Mir Hossein Mousavi (attualmente agli arresti domiciliari), e già governatore del Lorestan, dell'Azerbaijan orientale e del Khorasan.

 

Alireza entra nel Damash Gilan nel 2008, a 15 anni, per poi esordire nella serie B iraniana nel 2010, tra le fila del Damash Teheran, affiliata al Damash Gilan. L'anno seguente torna alla casa madre, con cui nella Iran Pro League totalizza 42 presenze segnando 10 gol, e ricevendo una convocazione in Nazionale che dice di averlo 

. Forse è stata proprio la sua umiltà a nascondere sue potenzialità, forse lui stesso non ci credeva più di tanto.

 

Jahanbakhsh sembra essere un giocatore capace di crescere insieme alla competitività del contesto, e della sua comprensione dello stesso: al Damash Gilan segna un gol ogni 4,2 partite; al Nec Nijmegen ne segnerà uno ogni 3,2, e nell'Az uno ogni 2,5. Certo, le statistiche non spiegano tutto ma di certo ci possono dare una prima indicazione.

 

Il merito del tuo trasferimento al Nec Nijmegen, nel maggio 2013, va attribuito ad

, ex giocatore della Nazionale iraniana, che chiuse la sua carriera a cavallo dei due millenni nel De Treffers, squadra con sede a Groesbeek, vicino al confine tedesco. Hashemi si è trasferito in Olanda da quasi vent'anni ormai, alimentando la diaspora iraniana nei Paesi Bassi, che in rapporto alla popolazione nazionale del paese ospitante è la quarta comunità iraniana in Europa. Alla fine del primo decennio del duemila Hashemi diventa un intermediario per la Federazione calcistica olandese, e nel 2013 l'agente di Jahanbakhsh, guidandone il trasferimento al NEC.

 

Non una scelta scontata, specie se si considera la

dei familiari di Alireza alla possibilità che lasci il Paese. La madre Tahereh spiega come insieme al padre abbiano provato fino all'ultimo a convincere il ragazzo a trasferirsi al Persepolis, la più gloriosa società del paese, in grado di pagare uno stipendio più alto di quello offerto dalla piccola società olandese. Ma per Alireza, a quel tempo, l'unica cosa importante era «

la mia crescita calcistica, cercando anche di capire altre culture». Dopo aver visitato il centro sportivo del Nec, accetta la loro offerta.

 



Interpellato su Jahanbakhsh, il CT della Nazionale iraniana Carlos Queiroz indulge in metafore: «I giocatori sono come fiori, hanno bisogno dell'ambiente giusto, del terreno adatto, dell'acqua e di tutto il resto. Spesso è tutta una questione di ambiente: se metti un pesce fuori dall'acqua non riuscirà a nuotare, se metti un uccello in acqua non volerà». Quello olandese, sin dal principio, appare come un ambiente ideale alle caratteristiche di Alireza, che apprezza anche la tranquillità della sua vita privata in un paese molto meno caotico di quello in cui è nato e cresciuto.

 





 

Alireza non ci mette molto a far notare la sua intelligenza nei movimenti senza palla, la sua indole associativa, la tranquillità sotto porta, la capacità di calciare con entrambi i piedi e di non eccedere mai, di non confondere l'ambizione con la presunzione. Segna il suo primo gol, una doppietta, contro l'Az Alkmaar – curioso che abbia segnato contro il suo futuro club il primo gol in Olanda, per poi segnare il suo primo gol con l'Az Alkmaar in un match contro il NEC, la sua ex squadra – a dicembre, ed è lui, con un'altra doppietta, a regalare il 2-2 contro l'Ajax alla fine della stagione, che permette al NEC di non essere retrocesso direttamente ma giocarsela ai playoff (che poi però perderà).

 

Il suo score a fine stagione recita 6 gol e 5 assist, oltre al titolo di miglior giovane del campionato dopo Memphis Depay. Prima di imbarcarsi con la Nazionale iraniana ai mondiali in Brasile, Jahanbakhsh compie una scelta: rimanere al NEC anche in Serie B, nonostante gli ovvi interessamenti di società più blasonate. La motivazione, in parte implicita, che fornirà due anni dopo, oltre alla riconoscenza, è più

di quel che sembra, ed ha a che fare con la sua personalità: «Vorrei dire che a quel tempo avevo ormai imparato molto non solo sul club, ma anche sulla città e sulla sua cultura. Sentivo di dover rimanere un altro anno, così da aiutarli a risalire in Serie A».

 

Alireza sembra essere un ragazzo curioso, e che a differenza di molti suoi connazionali si esprime anche su questioni come la percezione occidentale del Paese da cui proviene. Come quando

il senso di duplice, speculare estraniamento che prova ogni volta che qualcuno in Olanda «mi fa strane domande sul mio Paese, assecondando gli stereotipi dei media, e senza esserci mai venuto», e ogni volta che in Iran molti suoi amici fanno lo stesso, sposando alcuni luoghi comuni sulla vita in Olanda. «A volte non so davvero cosa dire a chi mi fa queste domande», commenta con un sorriso consapevole e rassegnato.

 




 



In Brasile, Alireza non parte mai titolare ma sfrutta decisamente la sua occasione. E lo fa nel match più importante: all'87 minuto di Argentina-Iran, dopo una eroica resistenza iraniana, che inchioda il match sullo 0-0, Alireza entra in campo. Sugli sviluppi di un calcio d'angolo a favore dell'Argentina, gli arriva la palla al limite della sua area. Deve far salire la squadra, tenerla lontana dalla porta di difesa da Haghighi. Ma Jahanbakhsh fa molto di più: controlla con l'esterno e va verso il fallo laterale, fronteggiato da Zabaleta; poi finta di volersela allungare per tentare l'allungo sulla fascia contro un giocatore che ha 80 minuti in più sulle gambe, e infine sterza, saltandolo di netto all'interno del campo e servendo una palla in profondità a Ghochannejad, che aveva creduto nella sua capacità di saltare l'uomo, infilandosi tra Mascherano e Federico Fernandez. Goochannejad, anche lui stremato dopo una partita densa di scatti e ripiegamenti, si presenta a tu per tu con Romero ma calcia con troppo acido lattico nelle gambe, vedendosi respingere l'ultima possibilità di fare la storia per l'Iran. Due minuti dopo, Messi segna il gol dell'1-0 finale.

 

L'Iran uscirà al girone ma Quieroz ha appena capito di aver trovato un altro giocatore importante, in quel momento meno appariscente di Sardar Azmoun o di Karim Ansarifard, ma probabilmente accompagnato da una crescita più costante, regolare. «Alireza è tecnico, intelligente, veloce a muoversi e a pensare, a prendere delle decisioni, cose che lo rendono potenzialmente in grado di fare la differenza. Non ho mai avuto un giocatore come lui», dirà nel 2016 il tecnico portoghese. Nella stagione 2014-15, Alireza viene premiato dai suoi colleghi come miglior giocatore della Eerste divisie, la Serie B olandese, che il NEC vincerà, guadagnandosi la promozione. Tra i 12 gol realizzati ce ne sono molti da fuori area, molti col piede debole, anche un gol di tacco. Gli assist sono addirittura diciotto.

 

A fine stagione, si presentano in

al suo agente Hashemi: Celtic, Anderlecht, Bruges e Brighton, che presenta l'interessamento più concreto e il

. Alireza, però, vuole unire due desideri: rimanere in Olanda, dove si trova bene, e giocare in una coppa europea. Si accorda quindi con l'AZ Alkmaar, dove arriva infortunato, per poi esordire a fine settembre e totalizzare 23 presenze condite da 3 gol al primo anno. Quello seguente le presenze saranno 29, i gol 10, così come gli assist. Come detto, sembra che Alireza maturi al crescere del suo ambientamento in un luogo.

 




 



In un calcio che viaggia sempre più verso dell'universalità dei ruoli, che si affianca alle speculari specializzazioni in fasi o funzioni molto specifiche, la qualità migliore di Jahanbakhsh è senza dubbio la

. Schierato da ala destra con libertà di accentrarsi, il talento di Alireza è in grado di assumere diverse forme: le sue prestazioni sono scomponibili, ci sono dei momenti del match in cui è lui l'uomo che “allunga” l'AZ Alkmaar, che ricerca ossessivamente la profondità, che detta il passaggio, rendendosi utile senza la palla più di quanto non lo sia in possesso.

 

In altri momenti, invece, si trasforma nel cervello offensivo degli uomini di Van der Brom, come

i 12 assist di quest'anno in campionato (terzo in classifica, dopo Ziyech a 15 e Brandley Kuwas a 13) – gran parte dei quali sono filtranti da posizione accentrata, più che cross dalla sua fascia destra – e i 78 key passes effettuati. Un calciatore cerebrale, che chiede il pallone e che partecipa alla conservazione del possesso, quindi, ma non per questo immune da una certa dose di istintività, non per questo estraneo alla ricerca del rischio: Alireza Jahanbakhsh è il terzo giocatore dell'Eredivisie ad aver tentato più tiri (4.5 ogni 90 minuti, meno solo di Ziyech e Locadia) ed il quinto per dribbling riusciti (3.5 per 90 minuti) tra i giocatori con almeno 1000 minuti di gioco.

 

A 25 anni Jahanbakhsh sembra avere ancora ampi margini di crescita ancora ed è forse il giocatore iraniano che ha messo in mostra la maggiore continuità di rendimento in Europa, che ha compreso con maggiore pienezza come si debba giocare a calcio per emergere nel Vecchio Continente. Non è geniale come

ma in confronto alla leggenda iraniana ex Bayern Monaco ha un carattere molto più equilibrato, che esclude qualsiasi indolenza, qualsiasi presunzione, e l'idea che un contesto calcistico debba adattarsi a lui, e non viceversa.

 



 

In molti lo hanno paragonato ad un altro importante calciatore iraniano del passato, oltre che suo personale mentore: Mehdi Madavikia, una vita passata sulla fascia destra dell'Amburgo e oggi parte dello staff delle sue giovanili. Ma in realtà Alireza somiglia sempre meno al “missile di Teheran”, che aveva meno fantasia e più potenza (oltre a giocare qualche metro indietro e a lasciare raramente il binario di destra), raffinando sempre di più uno stile autentico.

 

Se sfrutterà le sue chances al mondiale in Russia con la stessa determinazione con cui sfruttò i pochi minuti disputati in Germania nel 2014 bisognerà iniziare a familiarizzare con il suo complicato cognome. Jahanbakhsh in persiano significa qualcosa di simile a “colui che perdona il mondo”: forse per essersi accorto di lui solo ora?

 

 

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