Dei cinque giocatori più rappresentativi dell’Iran post-rivoluzionario – Ali Daei, Ali Karimi, Karim Bagheri, Khodadad Azizi, Mehdi Mahdavikia – Ali Karimi è il più giovane: nato l’8 novembre 1978, è l’unico tra essi ad aver probabilmente imparato a camminare e a parlare nella Repubblica islamica, nata a cavallo tra il 1978 e il 1979. Ed è anche quello che, in proporzione al talento, si è forse realizzato meno.
Mohammad Ali Karimi Pashaki nasce a Karaj, una caotica città industriale a venti chilometri da Teheran, che in quel periodo viene coinvolta dal processo di urbanizzazione, a causa soprattutto dei pendolari con la capitale, che vi si stabiliscono per via degli affitti più bassi. Anche Ali va a Teheran per dare i primi calci a un pallone, nelle giovanili della Fath Teheran (oggi scomparsa), fino all’esordio tra i professionisti, nella seconda serie. In quel periodo, racconta Ali sul suo sito web, gli allenamenti si svolgevano in strada, con una palla di plastica. Uno dei tanti fattori che l’ha portato ad avere un controllo del genere, e a fargli meritare il soprannome di Jadoogar, “il mago” in farsi.
Nell’estate del 1998 il ventenne Ali Karimi viene acquistato dal Persepolis, la squadra più blasonata del Paese: l’allenatore Ali Parvin lo ha visto in un torneo indoor e fa pagare alla società i 15.000 dollari che servono per prenderlo. Deve essere già una vittoria, questa, per Ali Karimi, che da piccolo tifa proprio per il Pirouzi (che in farsi vuol dire “vittoria”), l’altro nome con cui è conosciuto il club.
In Iran, negli anni ’90, i talenti latitano: si viene da quasi un decennio di guerra logorante, in cui tanti ragazzi vengono cooptati dall’esercito o si offrono volontari per la guerra. Il governo iraniano negli anni ’80 riduce gli investimenti nello sport, e solo nel 1990, a guerra terminata, emerge un prima classe di calciatori più o meno importanti: Karim Bagheri, Mehdi Mahdavikia, Khodadad Azizi e Ali Daei. Un mediano, un’ala destra, due prime punte (pur molto diverse tra loro). Tutti giocatori monodimensionali, con dei fondamentali non sempre ineccepibili, figli di un calcio senza dubbio “minore”.
La comparsa del diciannovenne Ali Karimi nella serie A iraniana, con la maglia del Persepolis, somiglia ad un’apparizione: non si era mai visto in Iran un giocatore con quella visione di gioco, quel senso dello spazio, quel controllo del pallone in corsa, con entrambi i piedi, con quel senso estetico così innato, moderno. Sembra giocare ponendosi sempre il problema di come eseguire le giocate, e mai di quali eseguire: va a braccio. Nel suo primo anno Ali Karimi mette in mostra non solo veroniche, serpentine e gol da metà campo ma anche una capacità di resistenza fisica al fallo quasi soprannaturale.
La tecnica sopraffina e inedita di Karimi non fa in tempo ad essere celebrata che subito arriva la prima avvisaglia del suo carattere problematico, che si riproporrà più avanti nella sua vita: fonte ulteriore dell’epica calcistica che lo ricopre ma anche dei rimpianti che lo hanno reso un eterno what if, incompiuto ad altissimi livelli. Ali gioca con l’incoscienza della gioventù, la stessa che lo costringe ad un anno senza calcio, frutto di una squalifica da tutte le competizioni che la Asian Football Confederation gli comminerà nel 1999 per aver dato un calcio all’arbitro giapponese Toru Kamikawa durante una partita contro il Vietnam Under 21. Prima che la squalifica inizi il suo decorso, però, Ali ha ancora il tempo per esordire in Nazionale maggiore (dove, ai Giochi Asiatici, segnerà il suo primo gol, nel 2-0 in finale contro il Kuwait) e vincere campionato e Coppa nazionale con il Persepolis.
Alle condizioni di Ali
Dopo un anno di “reclusione”, Ali torna in campo, e l’impressione è che non abbia perso nemmeno un grammo dello smalto che aveva. Nella stagione 1999-2000, quella in cui il Persepolis vince il campionato, Karimi segna otto gol, ma i numeri non rendono l’idea del suo impatto su ogni singola partita. Ali ha infatti delle caratteristiche peculiari: ad esempio, pur essendo destro di piede, preferisce partire più dal lato destro che da quello sinistro, la zona normalmente prediletta dai giocatori destri che hanno la qualità per giocare “a piede invertito”. Usa più spesso questa parte di campo perché la sua prima opzione è arrivare sul fondo, possibilmente dentro l’area, dopo aver attirato su di sé diversi avversari in dribbling, per mettere in mezzo una palla rasoterra ad un giocatore a rimorchio. Si muove sul lato destro del campo con la confidenza, il linguaggio del corpo e la postura con cui ci si muove nel centro: è sempre stata quella, per lui, l’area di playmaking. Tutto ciò, senza dimenticarsi che Ali Karimi usa molto volentieri anche il sinistro, in un’epoca in cui pochissimi giocatori di qualità, nel calcio asiatico, possono dire di essere ambidestri.
Alla fine di quella stagione arrivano i primi interessamenti dall’Europa. Fa un provino al Perugia che va a buon fine, ma il trasferimento salta a causa della differenza tra domanda e offerta: lui vuole un miliardo di lire a stagione, mentre Gaucci gli offre al massimo 300 milioni.
Poco dopo si fa avanti anche l’Atletico Madrid, che dopo avergli concesso un provino gli avrebbe offerto un quadriennale da 5 milioni di euro complessivi. Lui, però, lascia sul terreno diverse incognite: «È un sogno per ogni giocatore militare in una lega come quella spagnola, e farò del mio meglio per andarci. Ma non voglio però trasferirmi in Spagna solo per ottenere un contratto, voglio andare là a giocare. Ho fatto quattro giorni di provino a Madrid e sono stato molto bene. Se potrò andare, sono sicuro che avrò successo».
Un mese dopo queste dichiarazioni Ali rifiuterà il trasferimento all’Atletico e accetterà quello agli emiratini dell’Al-Ahli, per “stare più vicino a casa”. È una motivazione plausibile: Ali è molto legato alla sua famiglia e anni dopo, durante i primi mesi al Bayern, racconterà di quanto spenda di telefono per sentire i suoi più volte al giorno dalla Germania. Non bisogna poi dimenticarsi di cos’era successo ai giocatori iraniani che si erano trasferiti in Europa: nel 1997, quando Bagheri, Mahdavikia e Daei si trasferirono in Bundesliga vennero esclusi dai primi turni delle qualificazioni per Francia ’98 dall’allora selezionatore Mayeli-Kohan. E se Karimi avesse temuto lo stesso destino?
All’Al-Ahli rimane per quasi quattro anni, mettendo insieme 69 presenze e 45 gol (52, considerando le coppe). Ma veder giocare Karimi, a 25 anni, nel pieno delle sue facoltà atletico-tecniche, negli Emirati Arabi Uniti, trasmette la stessa sensazione di uno schiaffo alla povertà calcistica, anche se a tutti questa appare solo una fase di transizione. In questi anni, Ali riesce in una impresa difficile per un persiano: farsi amare, anzi adorare dagli arabi, dei Paesi del Golfo e non solo.
Il 2004 è uno degli anni di svolta della sua carriera. Dal 17 agosto al 7 luglio, in Cina, si gioca la Coppa d’Asia: l’Iran passa come seconda nel girone vinto dal Giappone, lasciandosi alle spalle l’Oman e la Thailandia, e Ali Karimi segna un gol nel pareggio con la Nazionale del Sultanato, partita in cui Badavi e Rezaei (ex Perugia e Messina) si prendono a schiaffi in campo.
Ai quarti c’è la Corea del Sud, avversario tutt’altro che semplice, arrivata addirittura quarta al Mondiale giocato in casa due anni prima.In una partita che sembra non finire mai, l’Iran vince per 4-3, dopo essersi fatta rimontare per tre volte. Ali Karimi segna una tripletta che, sommata poi al gol contro il Bahrein nella finale per il terzo e quarto posto (vinta ai rigori) e al gol contro l’Oman, gli permetterà di vincere la classifica cannonieri del torneo, da cui l’Iran viene eliminato ai rigori in semifinale dai padroni di casa della Cina.
In Iran si inizia a vociferare che Ali Karimi, più di Nakamura, potrebbe essere nominato giocatore asiatico dell’anno. Ali, forse, percepisce sulle sue spalle la luce dei riflettori europei, e vuole voltarsi per esserne abbagliato: il 28 agosto la Nazionale iraniana è ospite della Roma all’Olimpico, per la partita di presentazione della squadra di Rudi Voeller.
Karimi imprendibile
La partita finisce 5-3 per la Roma, che era passata in svantaggio per un gol di Daei, ma è Karimi a dare spettacolo in campo: D’Agostino e Aquilani si prendono un tunnel a testa; Mexès e De Rossi ricorrono al fallo di frustrazione in un paio di circostanze; Traianos Dellas, dopo un fallaccio a inizio partita, è costretto a falciarlo ancora verso la fine del primo tempo, dopo l’ennesima palla spostata con l’esterno sotto i suoi occhi, e dopo che “il Mago” (2:16 sopra) nella stessa azione aveva già fatto sembrare il tackle a vuoto di Aquilani quello di un bambino con problemi di coordinazione. È vero, è solo un’amichevole estiva, ma Ali sembra comunque un uragano.
Arriva Ottobre. A Teheran si gioca una amichevole tra Germania e Iran e anche in questo caso anche se la Nazionale mediorientale risulterà perdente alla fine dei novanta minuti, il migliore in campo (anche per la rivista tedesca Kicker) sarà lui: Ali Karimi. Dicono sia stata questa la partita in cui Felix Magath, allora allenatore del Bayern, si sarebbe innamorato del Mago.
Una settimana dopo, la facile profezia si avvera: Ali viene premiato giocatore asiatico dell’anno, mentre inizia la sua ultima stagione nell’Al-Ahli. Nella primavera del 2005 alcuni osservatori del Bayern vengono mandati a Dubai per osservarlo. Tornano a Monaco e sconsigliano l’acquisto a Magath, per via di una tenuta atletica ritenuta precaria. Ma Felix ha già deciso: «Karimi è un giocatore di ritmo, dinamico e che sa rendersi pericoloso. È stato giocatore asiatico dell’anno ed è un’opzione molto interessante per il Bayern. Sono davvero contento di averlo nella mia squadra». Ali Karimi, svincolato, il 2 maggio 2005 diventa il secondo acquisto estivo del Bayern, dopo il rientro dal prestito a Stoccarda del giovane terzino Philipp Lahm. Al canale del Bayern sembra voler rassicurare tutti: «Sono un professionista, adattarmi il più velocemente possibile in un ambiente nuovo fa parte del mio lavoro».