Lo scorso 22 gennaio l’iraniano Reza Ghoochannejad, a 29 anni, è salito in testa alla classifica cannonieri dell’Eredivisie con 12 gol, realizzando una tripletta in PSV-Heerenveen. Tre gol da prima punta autentica, tutti diversi tra loro: movimento in profondità sul filo del fuorigioco e tocco sotto sul portiere in uscita; sinistro a incrociare dal vertice sinistro dell’area; colpo di testa in mischia su calcio d’angolo.
La tripletta contro il PSV.
Ora è secondo dietro Jorgensen e i suoi gol sono diventati 15. La carriera di “Gucci” – soprannome che non nasconde alcun riferimento al noto brand o a una vita glamour ma solo la semplificazione di un cognome complicato – sembra vivere oggi il suo momento più alto. Com’è d’uso in questi casi, si potrebbe facilmente procedere con la retorica dell’abnegazione, dello sportivo che, mosso da volontà incrollabile e da una fede nelle proprie potenzialità, sacrifica tutto per arrivare a imporsi nel calcio europeo. Ma la storia, in realtà, è molto diversa.
Non sentirsi calciatore
Nell’estate del 2009, prima di compiere 22 anni, Reza Ghoochannejad aveva deciso di avere altre priorità rispetto al calcio. Così, dopo la trafila nelle giovanili del Cambuur e poi dello stesso Heerenveen, dopo l’esordio in massima serie a 19 anni, dopo aver presenziato in tutte nazionali giovanili olandesi a partire dall’Under 16, si era recato nella sede del club della Frisia per rescindere il suo contratto.
Con un fatalismo che può essere associato anche a una certa dose di saggezza, o forse di misticismo, Gucci spiega in un’intervista di aver avuto in quel frangente “la sensazione che qualcos’altro mi stesse chiamando”. Come una rivelazione, per lui che è nato a Mashhad, una delle principali città sante per i musulmani sciiti, che ogni anno riceve circa 20 milioni di pellegrini al Mausoleo dell’Imam Reza, la più estesa moschea del mondo.
In realtà non c’è vocazione religiosa ma l’Università, la VU di Amsterdam, uno dei principali atenei pubblici del Paese. Studia Giurisprudenza e Teoria politica: il calcio, nonostante le potenzialità, sembra in quel momento secondario. La scelta appare contro intuitiva: Reza sceglie lo studio, perché “non riuscivo a coniugarlo col calcio”, laddove molti alla sua età e con le sue prospettive abbandonano lo studio per non riuscire a farlo convivere con una vita da professionista.
Il dado sembra tratto, finché, dopo qualche settimana di inattività, non riceve la telefonata di Marc Overmars. L’ex ala olandese prova a portarlo ai Go Ahead Eagles, di cui è direttore tecnico e azionista di maggioranza. Ghoochannejad accetta l’offerta ma detta le sue condizioni: ogni giorno, deve lasciare gli allenamenti 15 minuti prima per prendere il treno che collega in un’oretta Deventer ad Amsterdam, per seguire i corsi all’università. Reza è molto grato a Overmars: «gli devo molto perché mi ha dato tempo sufficiente per organizzarmi con gli allenamenti, affiancandoli all’Università. Sono molto riconoscente, anche perché dopo questo periodo la mia carriera è andata bene». Come se la sua crescita culturale fosse stata in qualche modo propedeutica a quella da calciatore.
Gucci si aggrega ai Go Ahead Eagles come “amatore”, senza uno stipendio. Continua a considerare il calcio sostanzialmente un hobby, e non è chiaro se ciò sia più dovuto al fatto di sottovalutarsi come giocatore, a quello di avere interessi che vanno al di là del calcio. Forse Reza realizza sin dall’inizio che la vita di un calciatore medio è breve, e che spesso, se non accompagnata da uno sguardo di lungo termine, non consente di reinventarsi. Forse andrebbe anche considerato che Gucci è nato in un paese in guerra, l’Iran degli anni ’80. I genitori gli hanno trasmesso una maggiore consapevolezza della sua infanzia fortunata, vissuta in Olanda, uno dei paesi col più alto tenore di vita al mondo.
Ghoochannejad, secondo di due figli, vede la luce nella seconda città iraniana più popolosa, capoluogo del Razavi Khorasan, il 20 settembre 1987, e in quella che è una settimana caldissima in Iran. La guerra con l’Iraq entra nel suo ultimo sanguinoso anno, e in una delle fasi più delicate: il 22 settembre la Repubblica islamica, aggredita sette anni prima dalle truppe di Saddam Hussein, con la parziale benedizione della comunità internazionale, rifiuta il cessate il fuoco richiesto dalle Nazioni Unite, per bocca dell’allora presidente Ali Khamene’i, che definisce l’appello di Reagan “una paccottiglia di bugie”. Nel frattempo, il presidente del parlamento iraniano, Ali Akbar Hashemi Rafsanjani, chiede che nella risoluzione Onu oltre al cessate il fuoco venga sancito il ruolo di aggressore del Rais iracheno, senza essere accontentato. La guerra andrà avanti un altro anno, provocando centinaia di migliaia di morti da ambo i lati e danneggiando in maniera pesante entrambe le economie.
La famiglia di Ghochannejad, come tante in quel periodo, medita di emigrare: lo farà nel 1991, trasferendosi in Olanda, una delle destinazioni più battute tra i membri della diaspora iraniana. È qui che Reza – che raggiunge i genitori nel 1995 – cresce in un perfetto bilinguismo – farsi e olandese –, che lo aiuta ad allargare i suoi orizzonti. Le lingue sono una sua passione, in un’intervista concessa al portale della FIFA dice di parlarne quattro: farsi, olandese, inglese e francese. «Il tedesco lo capisco, e ho studiato anche italiano e portoghese».
Oltre alla passione per le lingue, suona, sin da bambino, il violino: uno strumento molto celebre in Iran, dove i concerti di musica classica, a differenza di quelli rock o di musica più pericolosamente “occidentale” per le autorità, sono fuori dall’occhio della censura.
In un’altra intervista, ha espresso il desiderio di diventare un giorno un violinista professionista, una aspirazione ridimensionata poi in seguito, dove ha fatto sfoggio di modestia dicendo di aver preso lezioni solo per due anni. Un ragazzo tanto atipico, nel mondo del calcio, può immaginarsi di entrare nella Hall of Fame dei calciatori del suo Paese, a fianco dei vari Ali Karimi, Ali Daei, Khodadad Aziz? Inizialmente sembra di no. Fino al 2011 almeno, nessuno sa chi sia Gucci, nemmeno in Iran.
Reza strimpella.