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Iron man
04 mar 2016
04 mar 2016
Social Watch! Wesley Matthews: il freak più simpatico della NBA.
(articolo)
9 min
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Wesley Matthews non è una persona normale, se un’affermazione di questo tipo ha ancora senso nel mondo sportivo del 2016.

Posta questa pericolante base, la difficoltà risiede nell’inserirlo all’interno della pur ampia categoria dell’Atleta Eccentrico. Non è di sicuro eccentrico del tipo David Alaba, il difensore del Bayern Monaco col sorriso perennemente stampato sul viso a trasmettere inquietudine come una puntata di Utopia. Non rientra nemmeno nell’abusato immaginario di bad boy balotelliano, né tantomeno in quello di oltreuomo incarnato da Wilt Chamberlain.

Su Instagram ha 161.000 seguaci, una cifra contenuta per un giocatore NBA che guadagna 16 milioni l’anno. Dando una rapida scrollata alla foto recenti, a dominare sono i momenti che immortalano il processo di riabilitazione dopo il terribile infortunio patito circa un anno fa. Abbiamo Wesley sul divano che ti guarda con quella faccia un po’ così; Wesley in spiaggia a Manhattan Beach che non si rassegna a stare a casa davanti a un televisore; e infine Wesley inesorabilmente in carrozzina davanti allo stesso mefistofelico oggetto — sconfitto, domo nel corpo ma non nello spirito. Come dice la descrizione: “Per ora è tutto quello che posso fare ma credetemi se vi dico che sto parlando come un pazzo alla tv”.

Non fatico a credere all’ex giocatore dei Portland Trail Blazers, perché Wesley Matthews è a tutti gli effetti un pazzo — e il fatto che tenti di instaurare un rapporto personale con un dispositivo elettronico è marginale rispetto a questa storia di ordinaria follia. Lo si può intuire dai filtri che utilizza quasi ad arte, come se la realtà agli occhi di Wes emergesse maggiorata, deformante nella sua pienezza: i contorni sono talmente nitidi da farti sorgere il dubbio di trovarti davanti a quadri iperrealisti in una galleria d’arte hipsterissima tipo di Portland o di Seattle. Tutte le sue foto sono sgargianti e fastidiose. Persino i mezzibusti di gusto classicheggiante hanno la consistenza innaturale dei Bronzi di Riace: bucano lo schermo, forano le retine, fuoriescono dallo schermo e ti riempiono di botte senza pietà.

Il connubio di antico e moderno esposto alla Galleria d’Arte Wes Matthews ci presenta il protagonista come un individuo dotato di un bagliore perpetuo, quasi radioattivo. E qui il mistero si infittisce. Il curatore della mostra potrebbe essere Kanye West, o Tyler, the Creator con il suo gusto artistico che trascende la genialità per sfociare nell’immaginario di un bambino di 6 anni. Magari la gestisce tutta da solo, o magari prende spunti dal noto guru spirituale e antropologo sociale JaVale McGee. Potrebbe persino essere nessuna di queste cose, per assurdo.

La scienza non ci viene in aiuto sui filtri Lo-Fi e X-Pro II, e allora ci appendiamo qualcosa di più canonico per continuare la ricerca.

Una foto pubblicata da Wesley (@wessywes23) in data: 15 Ago 2015 alle ore 08:28 PDT

Sei un novello Zeus cartoonato che spara fulmini con l’arco?

Una foto pubblicata da Wesley (@wessywes23) in data: 29 Mar 2014 alle ore 15:00 PDT

O magari più modestamente sei Iron Man?

Wes, Transformer

Basta guardarlo in campo per capire che Matthews è ossessionato dal gioco del basket. La sua storia parla da sola: uscito da Marquette — ateneo a cui è affezionatissimo, e ci torneremo — come da storia di underdog che si rispetti, nessuno al Draft crede in lui (cosa che non manca di far notare con questa t-shirt). Dopo svariati workout privati con le squadre, si accasa agli Utah Jazz dove nel corso dell’anno da rookie scala le gerarchie fino a conquistarsi un posto in quintetto, facendo sembrare dei completi idioti i 29 GM che non l’hanno scelto. L’estate successiva i Blazers, intuendo quasi alla cieca il potenziale del ragazzo, gli offrono 34 milioni, e per cinque anni Portland diventa casa sua.

Qui inizia a formarsi la natura ambigua del personaggio Wes. Sul campo diventa il prototipo perfetto del giocatore 3&D, una nuova stirpe di super specialisti che prende piede rapidamente nella NBA. Fuori dal campo, qualcosa di inspiegabile clicca dentro di lui e Wes prende possesso simbolicamente dell’identità di Iron Man, il super eroe della Marvel. È un passaggio graduale, forse spinto da una passione fumettistica che però è difficile reperire sulle sue pagine social. La motivazione ufficiale per l’auto-investitura a supereroe è la perseveranza e la fiducia incrollabile nei propri mezzi. Tra college e professionismo le partite saltate per infortunio da Wes si possono contare sulle dita di una mano: alla guardia dei Blazers non interessa la componente umana di Tony Stark, ma la durezza dell’acciaio di cui è composta la sua armatura.

La realtà è che Matthews dà un significato nuovo al concetto semiotico di maschera: non gli serve per nascondersi, gli serve per mostrarsi. Wes può essere chi vuole a patto che rispetti il suo rigoroso codice etico. E ne ha un repertorio degno di un freak show, come ad esempio il maiale/cane/lupo/coniglio di Donnie Darko che indossa con naturalezza quasi crudele in un altrimenti giocosa giornata d’estate. Matthews sente il bisogno di indossare qualcosa anche per il semplice di atto di supportare la propria squadra del cuore. In occasione del Mondiale di calcio del 2014, si fabbrica artigianalmente una maschera a stelle e strisce per tifare la nazionale americana. Che messaggio intende lanciare?

Wes, l’Indistruttibile

Una foto pubblicata da Wesley (@wessywes23) in data: 6 Mar 2015 alle ore 10:44 PST

Come per la maggior parte della mia vita, mi è stata posta davanti un’altra sfida — una sfida che non sarà nient’altro che un ulteriore capitolo della mia storia”. Questo è un estratto dal post di Instagram che scrive subito dopo la rottura del tendine d’Achille, alla fine del quale si firma “Ironman”. È interessante notare come, di fronte ad uno degli infortuni più devastanti per la carriera di un atleta professionista, Wes ci veda un capitolo, una serie di pagine che servono ad alimentare una narrativa. Nulla di insolito, sia nel contenuto che nella modalità di espressione: fanno parte di un filone “più forte di ogni sconfitta” uso e riuso come quello che Adidas ha costruito intorno a un ben più schivo Derrick Rose. Ricordate #TheReturn?

Con Matthews invece è sempre chiaro che il personaggio e la persona sono inscindibili. Non ha bisogno di campagne di marketing per spingersi ai limiti di se stesso. Ritornerà più forte di prima e il dubbio non riesce neanche a insinuarsi nella rete protettiva che lo separa dal mondo. Per uno a cui piace travestirsi da supereroe è una bella dichiarazione di solidità mentale.

Una foto pubblicata da Wesley (@wessywes23) in data: 22 Mag 2015 alle ore 12:20 PDT

Indomabile

Dal colorito Frasario secondo Wes estraggo i seguenti versetti: “Chiunque mi conosca sa che darò sempre il 150%. Bisogna ammazzarmi per impedire che io vada avanti. L’unica cosa che posso fare è attaccare la mia riabilitazione”. Il processo di riabilitazione è visto come un’entità fisica. L’aggressività verbale di termini come kill e attack non sono propri della retorica sportiva. Non è normale, anzi, è proprio inquietante. Ma recuperare un tendine d’Achille in 6 mesi ed essere nel quintetto base il giorno d’apertura della nuova stagione NBA lo è decisamente di più.

Wesley, The Creator

Se tutto si limitasse a presentare la sua faticosa e bellissima vita da underdog saremmo anche delusi, giunti a questo punto. Dopotutto è uno stereotipo abusato e un pelo noioso. Qui entra in scena la parte creativa e teatrale di Mr. Matthews, uno che crea tendenze da quando ha indossato il primo paio di scarpe da basket. Conosciamo tutti Cam Newton, Pogba e il Dab: ma quanti professionisti possono vantarsi di aver lanciato ben DUE celebrazioni generazionali?

Dopo ogni singola tripla, Matthews ribadisce meccanicamente e con fluidità il gesto di scagliare una freccia. È incantevole e allo stesso tempo ridondante e insensato, come un ideale romantico destinato a decadere. È un gesto tutto suo, frutto di connessioni psicologiche che non ci sarà mai dato sapere.

Ora viene la parte spinosa della faccenda. A Marquette – università privata con uno storico programma cestistico situata alla periferia di Milwaukee — fu uno dei primi ad indossare (verbo non casuale) le three goggles, celebrazione ormai entrata decisamente nel mainstream. Le origini della pratica sono a dir poco nebulose: Patty Mills, compagno di squadra di Matthews ai Blazers, ne rivendica la creazione, ma stando ai Golden Eagles non c’è dubbio che Matthews ne sia l’ideatore e che l’abbia in seguito esportata al professionismo, come un avventuroso mercante di stranezze.

Wes, Il Collante

Il fatto che riesca a intrattenere forti relazioni sociali con squadra, famiglia e amici toglie Wes, con grande sollievo generale, dalla sfera degli psicopatici. Certo che è quantomeno un essere umano pittoresco. La forza magnetica che sprigiona l’uomo Matthews pare essere contagiosa: ai Blazers è stato spesso indicato come collante della squadra, ulteriore dimostrazione che la sua poliedrica esistenza non ha scopi distruttivi, anzi, sembrare tenere unito lui e tutto ciò che gli sta intorno. Non per niente dopo che si è fatto male lui i Blazers dello scorso anno sono implosi su loro stessi, arrivando fino all’addio di LaMarcus Aldridge. Chissà come sarebbe andata senza quell’infortunio?

Una foto pubblicata da Wesley (@wessywes23) in data: 11 Apr 2015 alle ore 16:49 PDT

Mandare messaggi profondissimi utilizzando frasi di Mignolo col Prof.: checked.

Wesley, Il Demiurgo

https://twitter.com/wessywes23/status/423701814353989633

Dopo aver consultato buona parte della sua trafficata timeline di Twitter, ho deciso di dedicarvi poca attenzione, poiché focalizzarsi sui segni e sulle parole è inutile al netto di una dissertazione su Matthews. Abbiamo tweet di supporto per la nazionale di calcio (di cui è stato un ottimo interprete al liceo); esortazioni ai Minnesota Vikings della NFL; qualche sporadico Q&A con i fans da cui possiamo evincere al massimo che è un assiduo giocatore di FIFA e che preferisce Messi a Ronaldo. È con le immagini che egli riesce a tradurre in pensiero coerente ciò che è, ciò che sono, insomma chi sia Wesley Matthews.

Quei piccoli mantra ribaditi ossessivamente come versetti di Vangelo gli danno la carica per affrontare le monotone giornate di una stagione NBA. Il #worstbehavior - come la canzone di Drake - richiama un machiavellico “fare ciò che bisogna fare”; la #arrowlife ricorda ai disattenti che solo la sofferenza ti dona l’energia per spingere ancora più forte.

Wes Matthews ha creato un inedito modello su cui brandizzare il suo personaggio: la sua intera vita tesa, come una freccia del suo arco, alla dimostrazione pratica che si può superare qualsiasi ostacolo il destino ti pari davanti. È incomprensibile, sfaccettato, incoerente eppure dotato di quella stabilità precaria tipica della genialità.

In tutto questo ho evitato appositamente di menzionare il dettaglio più importante: è letteralmente impossibile non innamorarsi di lui se gioca per la squadra per cui tifi. È una combinazione magica nella cui formula si cela la risposta a tutte le domande irrisolte dell’universo.

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