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Il bello del giovedì sera 2024 vol. 8
23 feb 2024
23 feb 2024
Tutto il meglio di due competizioni che non si lasceranno mai.
(articolo)
31 min
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IMAGO / CTK Photo
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Conosci la tua squadra del giovedì sera: Real Betis Balompié

Chiunque abbia un minimo di conoscenza del giovedì sera: si dice “Real Betis Balompié”, non “Betis Siviglia”. È il B2 del giovedì sera, il minimo che possiate fare. Come l’Athletic Club, per esempio, il Betis odia essere associato al nome della propria città, che per la maggioranza delle squadre è un fattore identitario determinante.

Perché, vi chiederete voi?

Innanzitutto perché la parola Siviglia non è contenuta nel loro nome mentre è il nome per intero della squadra rivale, il Siviglia. Le due squadre sviluppano da subito un odio feroce. Nel 1914 altri dissidenti transfughi dal Siviglia si sono uniti al Betis (prima fondando il Betis FC e poi confluendo nel Balompié). L’episodio scatenante è un operaio particolarmente talentuoso che avrebbe dovuto giocare nel Siviglia, e che non fu ammesso per la sua umile origine sociale. “Nessuno dovrebbe giocare o non giocare in basse alla sua provenienza sociale. Non solo i nobili possono vestire la nobile camiseta del Sevilla!” tuonarono.

E così si è configurato uno dei conflitti archetipici tra squadre della stessa città: nobiltà vs proletariato. Il Betis ha il nome bizzarro di chi mette veramente troppa ricercatezza quando c’è da fare una scelta - quel tipo di ricercatezza un po’ goffa, un po’ nerd, di chi sceglie il proprio nome a Dungeons and Dragons. Col C1 in Giovedì Sera dovreste saperli. Betis è l’antico nome latino del Guadalquivir, il fiume che attraversa Siviglia e che oggi prende un nome arabo (grande fiume). I romani chiamavano questa regione Hispania Baetica, e da qui il nome. Al Betis, insomma, volevano rivendicare l’origine romana. Balompié, invece, significa letteralmente “palla-piede”. Un intricato rifiuto dei termini inglesi associati ai rivali del Siviglia (fondato dagli inglesi, soliti trafficanti di tè e spezie come tutti gli uomini che hanno fondato il calcio. Uomini di fine ‘800: inglesi coi baffi, commercianti di spezie e giocatori di pallone). Il verde e il bianco sono i colori della bandiera dell’Andalusia - ma altre fonti dicono che siano collegati al soggiorno scozzese di uno dei fondatori, che portò a casa alcune maglie del Celtic, per poi mettere in verticale le strisce.

Il Siviglia gioca nel quartiere borghese di Nerviòn, il Betis in quello popolare di Heliopolis. Nel 1935 il Betis vince il suo primo titolo, guidato da un allenatore irlandese, poi passa diversi anni in segunda dove però riesce a cementificare lo status di squadra amata fino alla follia, per come riuscivano a riempire l’Estadio de la Exposicion e i settori ospiti (l’arrivo dei tifosi del Betis in città veniva definita “Marcia Verde”). Nel 1952 il Betis è in terza divisione con 800 tesserati. Fu il presidente Manuel Ruiz Rodríguez a dare una svolta al club e in pochi anni lo portò in Prima, con uno stadio nuovo, l’attuale Benito Villamarin. Si dice che morì nel 1956 per gli sforzi assurdi dedicati alla risalita del Betis.

A Siviglia nessuno tifa Barcellona o Real Madrid, come succede in quasi tutti i posti di Spagna. La rivalità col Siviglia è durissima, vanta un numero incredibile di risse e momenti spiacevoli nel passato. In uno degli ultimi derby la polizia è riuscita a sventare uno scontro programmato tra le due tifoserie grazie a qualche arresto.

Cosa dire ora del Betis, che si fa eliminare dall’Europa League dalla Dinamo Zagabria senza battere ciglio. Come se fossero le squadre croate quelle più forti. Una squadra che con Pellegrini ha costruito un’identità molto solida, basata sul possesso palla e l’associazione di alcuni giocatori piuttosto tecnici. Una squadra, però, un po’ inconcludente, che basava la sua forza su giocatori riciclati già in parte oltre il proprio momento migliore. L’ossatura negli anni è rimasta la stessa. Lo stesso Fekir, lo stesso Canales, lo stesso Bellerin, e col loro peggioramento è peggiorato anche il Betis, che oggi sembra stanco e sfibrato, con questi due allenatori anziani rispettabilissimi ma che sembrano veramente troppo in là con gli anni per questi livelli.

Una squadra che si fa uccellare sempre dalla stessa finta di Hoxha. Una squadra che rinnova German Pezzella (sì, quel German Pezzella) e fa un annuncio in stile Zelda che provoca un sola domanda: perché? Dove avete preso tutto questo tempo e tutte queste energie per mettere in piedi questa cosa?

Come è andato il sorteggio alle italiane

Roma 50% - Brighton 50%

di Emanuele Mongiardo

Se un Mourinho contro De Zerbi, oltre al fascino dello scontro ideologico, avrebbe facilitato la vita di pubblico e giornalisti nell’immaginare lo sviluppo della sfida tra Roma e Brighton, con gli inglesi in possesso e i giallorossi ad attendere, con l’arrivo di De Rossi pronosticare un copione della doppia sfida è più complicato che mai. La Roma in poche settimane ha cambiato pelle e vuole essere una squadra protagonista col pallone, proprio come i suoi prossimi avversari. Del resto, De Rossi a più riprese ha espresso la propria stima nei confronti di De Zerbi, il quale da dieci anni, ormai, cerca di mettere in pratica la sua versione del juego de posición.

In un certo senso, però, l’Europa League azzererà il gap di esperienza. Anzi, forse De Rossi parte addirittura avvantaggiato, visto che per De Zerbi si tratterà della prima eliminatoria europea (se si esclude un preliminare di Champions con lo Shakhtar), mentre DDR ha già affrontato il Feyenoord. Le sfide a eliminazione diretta sono un altro mondo rispetto al campionato e impongono dei cambiamenti: De Rossi farà tesoro delle campagne europee di Mourinho e adotterà un atteggiamento più prudente? Oppure non rinuncerà all’identità di queste sue prime giornate sulla panchina della Roma? Difficile dare una risposta.

Di certo, la squadra vista contro il Feyenoord dovrà limare parecchi aspetti su cui il Brighton può colpire. Innanzitutto la fase di riaggressione: la Roma con De Rossi alza tanti uomini sopra la linea della palla e cerca combinazioni strette anche in zone dense di avversari nel corridoio centrale. Contro il Feyenoord troppi palloni sono stati persi in fretta in quelle condizioni e gli olandesi, senza possibilità da parte dei giallorossi di attivare il gegenpressing, hanno avuto gioco facile nel ripartire. Vista la precisione con cui risale il campo il Brighton, bisognerà stare attenti alle situazioni in cui viene persa la palla.

La scelta più difficile per De Rossi, però, riguarderà l’atteggiamento in fase di non possesso. Il Brighton dà il meglio contro squadre che lo sfidano in pressing, mentre soffre i blocchi medio-bassi. La Roma ha gamba sufficiente per giocare in ripartenza? Indipendentemente dalla strategia, contro un avversario a volte un po’ molle nei duelli in difesa sarà fondamentale avere la miglior versione di Lukaku, e anche tornare a produrre su palla inattiva.

Atalanta 51% -Sporting Clube 49%

di Emanuele Mongiardo

Atalanta e Sporting si sono già incontrate durante la fase a gironi. La squadra di Gasperini ha avuto la meglio all’andata, al José Alvalade, per 1-2, mentre il ritorno disputato a Bergamo si è concluso sull’1-1. I precedenti sembrano favorevoli ai nerazzurri, tuttavia lo Sporting è una delle squadre più insidiose della competizione. Un anno fa contro la Juventus solo l’incredibile imprecisione sotto porta degli attaccanti e di Coates impedì ai portoghesi di raggiungere i supplementari.

L’Atalanta, comunque, ha dimostrato di avere le armi per colpire la squadra di Amorim. Il 3-4-2-1 dello Sporting si è rivelato debole sulle fasce, con le mezzepunte che non hanno fornito aiuto sufficiente agli esterni. L’Atalanta nella fase a gironi ha saputo trovare spesso Lookman e De Katelaere alle spalle del centrocampo. In generale, i due mediani portoghesi hanno fatto fatica a coprire lo spazio sui propri fianchi. D’altra parte, lo Sporting avrebbe potuto segnare qualche gol in più sia all’andata che al ritorno. Edwards e Catamo, con la loro capacità di ricevere tra le linee e girarsi velocemente, sono stati imprendibili per i nerazzurri. I dribbling di Edwards e la fisicità della punta Gyökeres (16 gol in 20 giornate di campionato e 5 reti in 7 presenze in Europa League), in grado di proporsi sia in appoggio sia in profondità, sembrano perfette per far cadere il castello di marcature di Gasperini. Gyökeres ha tutta l’aria di voler diventare uno di quegli attaccanti di culto dell’Europa League, l’ultimo discendente della stirpe dei vari Falcao, Aduriz e Óscar Cardozo. Riuscirà l’Atalanta a fermarlo?

Milan 70% -Slavia Praga 30%

Se siete habituè di questa rubrica, non c’è molto che dobbiamo dirvi sullo Slavia Praga. La versione 2023/24 non raggiunge i picchi di passate versioni mistiche, come quella del 2018/19, ma è una squadra solida, che conosce benissimo i trucchi delle partite andata e ritorno. Con la Roma, nei gironi, si è ripresa il primo posto in casa, giocando una partita di un’intensità fuori scala. Non a caso l’allenatore Trpisovsky è chiamato il “Klopp ceco”.

In campo lo Slavia si schiera con un 3-4-2-1 molto fluido, dove i giocatori sono chiamati a scambiarsi le posizioni e cercare di occupare gli spazi vuoti. È una squadra tatticamente intelligente e coraggiosa, che anche contro il Milan proverà a riconquistare palla e tenere il pallino del gioco. Se ci riuscirà, però, è un altro conto. Alla squadra di Pioli non dispiace lasciare campo alle avversarie e ripartire. Come può fermare lo Slavia Leao lanciato in campo aperto?

Sarà quindi una sfida fatta di aggiustamenti, di saper scegliere i momenti, quando rischiare e quando invece essere più accorti. Il Milan ha sicuramente più talento, ma lo Slavia non è una squadra sprovveduta: c’è l’eterno Masopust e gli attaccanti Jurečka e Chytil (23 gol in 2). In difesa c’è David Zima, che forse ricorderete per il suo tentativo fallito di diventare un braccetto della difesa a tre di Juric.

Fiorentina 85% -Maccabi Haifa 15%

La scorsa stagione il Maccabi Haifa era stata la tomba dei sogni Champions League della Juventus, che ad Haifa aveva subito una delle peggiori sconfitte nella sua storia recente. Da quel giorno però molte cose sono cambiate per il Maccabi. La più grande è sicuramente che non potrà ospitare la Fiorentina in casa, per via del conflitto israelo-palestinese, ma dovrò farlo sul campo neutro di Budapest. In estate Omer Atzili, il calciatore più tecnico del Maccabi e autore della doppietta contro la Juventus, si è trasferito all’Al Ain, anche lui attratto dalle sirene arabe.

Il Maccabi arriva dai gironi di Europa League e negli spareggi ha eliminato il Gent con due partite di pura resistenza, vincendo 1 a 0 fuori casa e pareggiando 1 a 1 in casa (ma producendo circa un terzo degli xG dei belgi). In Europa l’idea è quella di difendersi con un blocco basso (3-5-2, 4-4-2, 5-4-1, più che il modulo è il baricentro) per poi provare a ripartire: qualcosa può sempre succedere e col Gent è successo. Con la Fiorentina, però, sarà inevitabilmente più difficile. Se la squadra di Italiano soffre contro le squadre chiuse, la differenza di livello sembra troppa.

In attacco l’idea del Maccabi è di sfruttare principalmente la fisicità di Frantzdy Pierrot, centravanti haitiano. Se, idealmente, questa rubrica è stata costruita su centravanti esotici capaci di mettere a ferro e fuoco l’Europa league, Pierrot sembra far parte di una nuova categoria: i centravanti-Conference League. Se infatti aveva segnato 0 gol in 6 partite nel girone, contro il Gent ha segnato entrambi i gol del Maccabi, regalando alla sua squadra la possibilità di arrivare agli ottavi. Pierrot è alto 194 centimetri e tecnicamente rivedibile: non sembra un pericolo troppo grande per i centrali viola, che comunque hanno la forza per reggere duelli fisici con chiunque.

In generale il Maccabi non è una squadra con grande talento o raffinata nell’esecuzione. Si basa molto sull’organizzazione e la fisicità di alcuni suoi giocatori. Forse ad aver più impressionato fin qui è stato il portiere Shareef Keouf.

La finta di Arber Hoxha

Ora vi dico due cose o tre cose su Enver Hoxha.

A un certo punto si è messo in testa che l’Unione Sovietica teneva una linea troppo moderata e a allora si è avvicinato alla Cina Maoista.

È stato sepolto in una piramide come gli antichi faraoni.

Amava molto la cucina di sua mamma. A un certo punto si è convinto che il suo cuoco lo volesse avvelenare, e così lo ha avvelenato lui. Non ci ha pensato molto a scegliere il suo sostituto - “Chiamatemi coso” disse indicando il suo assistente. Quello ha cominciato a sudare freddo. Avrebbe dovuto prendere il posto di lavoro di una persona giustiziata, e in più non sapeva cucinare. Allora decide di fare una cosa. Si avvicina alla sorella di Enver, ma non per motivi romantici, si fa raccontare cosa si mangiava a casa Hoxha. La sorella gli racconta i piatti della mamma, e lui decide di replicarli uguali. E così riesce a salvarsi la vita. È una storia raccontata nel bellissimo libro “Come sfamare un dittatore”, scritto da Witold Szablowski e pubblicato in Italia da Keller (magnifica casa editrice).

Questa storia ci insegna una cosa. Per sopravvivere, nella vita, bisogna farsi furbi. Le competenze sono importanti, ma sono i trucchi spesso a svoltarcela. È qualcosa che sa bene Arber Hoxha, che ha mandato a casa il Betis grazie sostanzialmente a un trucco.

Hoxha è un’aletta kosovara dal talento modesto. È arrivato a Zagabria da poche settimane, giocava in una squadra chiamata Slaven Belupo. La partita di ieri di Hoxha si può riassumere in due azioni esattamente identiche.

Nella prima azione punta Hector Bellerin, o quel che ne rimane (il mullet), finta col destro e cambio di passo lungolinea col sinistro. Poi cross in mezzo teso di sinistro per il gol di Caneco.

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Nella seconda azione fa esattamente la stessa cosa, in una transizione condotta dal Re Bruno Petkovic. Finta col destro, tocco col sinistro, fallo di Bellerin.

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Per ragioni ignote l’arbitro va a rivedere al VAR l’azione e toglie il rigore alla Dinamo, ma l’azione di Hoxha resta indifendibile. Nella vita basta saper fare molto bene due o tre cose per cavarsela - sapere una battuta per rimorchiare, un paio di piatti forti in cucina per svoltare le cene, un’abilità pratica con cui trovare un lavoro. Ed è fatta.

La solita partitona di Lorenzo Pellegrini

La stagione di Lorenzo Pellegrini è facile da riassumere: con José Mourinho in panchina sembrava un ex giocatore, con Daniele De Rossi in panchina è una delle migliori mezzali d’Europa. Arne Slot, odiatissimo tecnico del Feyenoord che i tifosi della Roma non fanno che paragonare a una mortadella Fiorucci, lo ha ammesso: «I campioni fanno la differenza, e Pellegrini l’ha fatta».

Si riferisce al gol segnato al 15’ di Roma-Feyenoord che ha inchiodato la partita sull’1-1, dopo il traumatico vantaggio di Gimenez. Un gol magnifico segnato con un tiro da fermo di pura precisione balistica.

Si parla molto di Pellegrini traditore. Si dice che Mourinho gli abbia lasciato nello spogliatoio l’anello che la squadra gli ha regalato dopo la vittoria della Conference. Qualcuno ha pensato bene di fargli trovare uno striscione in cui lo definiva “anello debole”. Lui sul campo ha risposto giocando da migliore in campo in ogni singola partita giocata. 4 gol e 3 assist in 7 partite giocate.

I maligni dicono che Pellegrini giocasse contro il suo allenatore. Posto che mettere i giocatori dalla propria parte rientra fra i compiti di un tecnico - e se un tuo giocatore ti gioca contro qualche colpa ce l’avrai anche tu - si parla troppo poco del cambio di posizione. Con Mourinho Pellegrini ha sofferto di problemi fisici, e ha giocato spesso mezzala di un 3-5-2 piuttosto scolastico, in cui era molto isolato, e in un sistema che gli richiedeva corse continue per ricucire il campo in avanti. Con De Rossi la Roma porta più giocatori sopra la linea della palla e Pellegrini ha più connessioni vicine possibili: deve fare meno da solo. Soprattutto, è molto più libero di muoversi, e la libertà è una delle condizioni necessarie a Pellegrini per esprimersi. La sua migliore stagione in carriera l’ha giocata con Mourinho in panchina quando agiva da trequartista in un sistema che gli concedeva libertà assoluta.

Ieri, come riporta Calcio Datato, è stata la partita in cui ha variato maggiormente la sua zona di ricezione - che si estende di fatto su tutto il campo.

Giocare da mezzala di un 4-3-3 è il ruolo in cui Pellegrini è cresciuto nel Sassuolo di Di Francesco. Il suo modo di giocare è sempre piuttosto istintivo e disordinato, ma circondato da compagni ordinati - a volte fino al limite di un gioco elementare - la sua entropia è un valore aggiunto.

Il video meno comprensibile del giovedì sera

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Semplicemente Daniele De Rossi che al fischio finale corre verso Paredes gridando qualcosa come “Esto es Boca”, “A la Boca”, “A la manera de la Boca” o una di queste frasi che si faranno scrivere sulla tomba Stefano Borghi o Daniele Adani. Se guardate il video non ci sono dubbi: De Rossi si avvicina a Paredes e gli indica la fascia del Boca e dice una frase del genere, prima di abbracciarlo. Paredes, ovviamente, cresciuto nel Boca, e che indossa la 16 di De Rossi - che a sua volta ha giocato nel Boca.

La partita della Roma è stata emotivamente logorante. I tifosi piangevano alla fine come si fa dopo aver vinto i trofei, soprattutto per lo stress e la tensione del match. Più che una vittoria, la partita ha preso la forma di uno psicodramma mancato, considerato che la Roma meritava ampiamente nel doppio confronto ma si è dovuta affidare ai rigori per farcela.

Come è possibile che alla fine di una partita del genere la prima cosa che salti in mente a De Rossi sia il Boca Juniors?! De Rossi con le occhiaie fino ai piedi, più volte vicino all’arresto cardiaco durante il match, che ha poi eseguito un discorso da manuale del romanismo; che è andato a esultare sotto la sud. Ma la prima cosa che gli viene in mente, al termine di una partita del genere, è li Boca. Ma com’è possibile?

Palma d’oro alla partita meglio girata del giovedì sera: Friburgo-Lens

Giovedì sera vuol dire Europa: Europa dei popoli e delle nazioni. L’Europa che per tremila anni si è fatta la guerra, e poi ha voluto fare un’Unione politica e monetaria. L’Europa rappresentata da Giochi Senza Frontiere, e che oggi è rappresentata dal Giovedì Sera. L’Europa, quindi, di Francia contro Germania.

Nessuna partita del turno ha racchiuso meglio lo spirito del Giovedì sera di Friburgo-Lens, che vince la Palma d’oro alla partita meglio girata con diverse motivazioni.

Innanzitutto le tifoserie. Gli stadi di Lens e Friburgo tra andata e ritorno sembravano aver venduto troppi biglietti rispetto a quelli possibili. È così che si fa. Canti e atmosfere e colori pazzeschi tra andata e ritorno. Due tifoserie operaie che vengono da due contesti piccoli, che sanno di dover fare uno sforzo in più per fare un casino degno di una competizione europea.

Foto di Roberto Scarcella dallo stadio.

La partita ha presentato la migliore sceneggiatura possibile. La partita dell’andata era finita con un pauroso zero a zero ed è al ritorno che le squadre si sono scatenate. Al 65’ il Lens era avanti in trasferta per 2-0.

Il primo gol di Pereira da Costa è arrivato grazie a un’errore del portiere, il ventunenne Atubolu. Il Friburgo è andato subito vicino al pareggio ma ha preso il palo sugli sviluppi di un calcio di punizione. Il secondo gol di Wahi, arrivato in estate per sostituire Openda, è arrivato sfruttando un altro errore di un difensore del Friburgo, Medina. Wahi ha mostrato l’orecchio allo stadio e tutto pareva finito.

Ma il momento più difficile non è quando vai sotto, ma quando ci provi in tutti i modi a rimettere la testa fuori e non va niente per il verso giusto. Ti dice tutto male. Il Friburgo ha iniziato a provarci ma la palla non entrava. Poi è arrivato l’1-1 di Sallai. Non è un gol così bello, ma è un gol epico da giovedì sera. Mischione in area, la palla senza padrone, una ciabattata alla rinfusa cercandolo la potenza. Un numero non ricostruibile di rimpalli fa impazzire la traiettoria, e la palla entra comunque. Inquadratura sul settore che viene giù, bandiere giganti che traballano come in una battaglia seicentesca in qualche piana boema. La disperazione della squadra che ha subito gol. L’inquadratura sul giocatore che esulta incazzato e dice a tutti “ENNAMO A PAREGGIA DAAJJJJEEEEEE”.

Manca ancora una buona mezz’ora alla fine. Al Friburgo serve un gol per andare ai supplementari, due per vincere lo spareggio. La sceneggiatura perfetta vuole che ci si spinga fino agli ultimi minuti di partita per vivere un momento risolutivo carico di tensione e disperazione. Al 92’ il difensore del Friburgo porta palla con la testa che guarda all’orizzonte un movimento in area di rigore, dove vuole spedire una preghiera. È un difensore con nome pieno di consonanti, che butta in area un pallone per un centravanti pieno di consonanti, grosso come due frigoriferi dei gelati messi in verticale. Gregoritsch, che in un’altra vita era nei Dragoni in qualche libro di Joseph Roth, impenna una palla con la testa fino alla stratosfera. Segue una serie impossibili di colpi di testa e cose fatte a cazzo di cane. La palla smette di battere a terra. E poi, all’improvviso, la più grande azione del gioco del calcio. Tutta al volo, uno due, tiri, contrasti e boom: GOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO

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Sallai esulta scivolando tutti gridano attorno persone ruzzolano per le gradinate semi-coscienti. L’allenatore del Friburgo esulta in modo terrificante, un modo di esprimere la felicità in cui sembra gridare di sbrigarsi a invadere la Polonia. (Si scherza, sappiamo del progressismo di Streich che non avrebbe mai di questi pensieri).

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Al 95’ Gregorisch ha sulla testa - l’unica parte del corpo autorizzata a colpire la palla, a quanto pare - ma tira malissimo e si butta a terra come se gli avessero sparato.

Nel frattempo piove e le lacrime di tensione di mischiano all’acqua piovana. E tutto intorno un frastuono bestiale. I tamburi dall’inferno degli ultras che non smettono di suonare, ubriachi di paura ed eccitazione. Il Friburgo smette completamente di giocare palla a terra e tira solo in aria cercando di trasformare il calcio in un altro sport. Gli attaccanti passano sopra i difensori avversari piallandoli, l’arbitro non fischia, e un colpo di testa dopo l’altro - in questo delirio calcistico prussiano, brutale, anti-estetico - gol di Gregoritsch, dito sul naso, stadio in delirio totale.

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L’avversione dell’Olanda per i calci di rigore

Le immagini sono note: l’Olanda che sbaglia un numero assurdo di calci di rigore nella semifinale di Euro 2000 contro l’Italia. Kluvert che ne sbaglia due nella stessa partita. Qualcun altro tira alle stelle. Altri tirano addosso a Toldo che esulta con la bocca spalncata, guitto, maligno, in faccia all’incredibile imprecisione - o malasorte - olandese.

Quella fu soltanto l’esibizione più grottesca dell’avversione degli olandesi per i calci di rigore. Dal 1992 a oggi la Nazionale olandese ha preso parte a 8 sfide ai calci di rigore e ne è uscito vincitore solo due volte (Costa Rica 2014 e Svezia 2004). Ricorderete ancora la recente sconfitta ai Mondiali contro l’Argentina.

Se guardiamo ai club, dove non giocano solo giocatori di sangue olandese, il record resta impressionante. Giuseppe Pastore nota che è la sesta volta, tra club e nazionale, che una squadra italiana batte una olandese ai rigori.

Per carità, anche noi abbiamo i nostri drammi e le nostre controversie con i rigori. Un Mondiale lo abbiamo sacrificato al Dio dei rigori, ma per averne in cambio un altro nel 2006. Niente però a che vedere col rapporto tra olandesi e rigori.

Non è difficile intuire da dove nasce questa avversione. La cultura olandese gira attorno a un esasperato razionalismo e a un grande senso del controllo. Gli olandesi sono grandi ingegneri e grandi architetti: le due discipline che affermano il controllo dell’uomo sulla natura. I rigori contengono un’essenza irrazionale, difficile da controllare. Arne Slot nel post-partita ha tagliato corto sui rigori «È questione di fortuna».

Non è vero, lo sappiamo.

Esiste tutta una dimensione di studio e razionalità attorno ai calci di rigore. Che va dallo studio delle abitudini dei rigoristi a uno studio statistico sulle probabilità. Ieri dopo la partita Nicola Zalewski ha spiegato di essersi preparato, insieme alla squadra, sul fatto che il portiere del Feyenoord spingesse molto ma sempre sui tiri bassi, mentre era più in difficoltà su quelli alti. Da qui la scelta dei rigoristi della Roma - a parte quella di Lukaku che era distratto forse durante la riunione tecnica. Un articolo su The Athletic sul lavoro di Southgate si intitola, significativamente, “From lottery to sistematic focus”. L’Inghilterra alla fine ha perso ai rigori contro l’Italia, a testimonianza che c’è un margine di incalcolabilità nel fenomeno dei calci di rigore.

David Winner, nel suo splendido Brilliant Orange, spiega che è l’amoralità dei calci di rigore a frustrare gli olandesi. Il fatto che l’esito di una partita si decida in una sfida che con la partita non ha davvero niente a che fare. Nel libro, tra il serio e il faceto, suggerisce anche all’Olanda di boicottare i calci di rigore. Dopodiché intervista un consulente manageriale che ha elaborato una complessa teoria da vendere alla Nazionale olandese per aiutarla coi calci di rigore «Probabilmente possiamo migliorare più del 10%. Ma io garantisco almeno il dieci per cento. Se avessi modo di allenare i rigoristi olandesi segneremmo quattro rigori ogni sei, invece che uno solo».

Johann Cruyff, che ha forgiato una buona parte dell’identità calcistica olandese, diceva che i rigori non si potessero allenare. Si diceva che in allenamento non sbagliava nemmeno un rigore, ma che in partita preferisse lasciarli calciare a Neeskens e Muhren per sdegno, in sostanza.

Questo stop di Paulo Dybala

Con De Rossi che rimbalza all’indietro e per poco non si ribalta.

La serata matta di Benjamin Bourigeaud

«Una serata che non dimenticherò mai» ha detto Benjamin Bourigeaud alla fine di Rennes-Milan. E ci credo: mentre segnava una tripletta all’Accì Milan duecento volte campione d’Europa gli svaligiavano casa.

Forse ha accettato uno di quegli accordi pendolinani: fai tripletta al Milan ma ti ripuliscono casa, accetti? Probabilmente avreste accettato anche voi, dai.

Certo, tripletta con eliminazione non è la stessa cosa. A 30 anni Bourigeaud è uno di quei talenti della classe media francese poco conosciuti dal contesto internazionale, ma amatissimi in quello Nazionale. Giocatori come Clauss, Sotoca, Sanson, Savanier che da anni impreziosìscono il livello della Ligue 1 senza grandi riconoscimenti, se non l’amore dei propri tifosi e l’ammirazione e il timore degli avversari.

Bourigeaud è nato a Calais e ha trascorso la sua carriera tra Lens e Rennes. Ha un pedigree da Europa League pregiato. È una mezzala, ma anche un trequarista, che fa della sua capacità balistica la sua migliore qualità. Segna sempre parecchi gol: è il giocatore per cui fareste carte false se faceste il fantacalcio francese. Il primo gol di ieri è bellissimo: guardate la pulizia tecnica e la rapidità con cui lascia partire il tiro sul secondo palo. Il tiro perfetto: forte a incrociare rasoterra. Riguardarlo dà quasi soddisfazione fisica.

È il tipo di giocatore che viene considerato “underrated” su YouTube, o che finisce in qualche power ranking su Ultimo Uomo.

Le migliori recensioni Google di stadi delle squadre di Conference League

Quante cose avete imparato sul Bodo/Glimt leggendo questa rubrica? Forse troppe. Eccovene però altre sullo stadio che li ospita, l'Aspmyra Stadion. Una è che il campo è intasato con il granulo in Elastomero Termoplastico (TPE), totalmente riciclabile, progettato da una società di Forlì. C’è un po’ di Italia in questo Bodo. Un’altra è che lo stadio si trova lungo Hålogalandsgata, alle sue spalle c’è l’aeroporto cittadino. È servito dagli autobus 1 e 3, in caso. All’interno della struttura c’è anche un medico, anche questo in caso.

A oggi lo stadio può ospitare 8270 persone, ma c’è un progetto per arrivare fino a 10.000 quest'anno, che la città è capitale Europea della cultura. Sì Bodo è capitale europea della cultura: viviamo nel rinascimento di Bodo? Probabilmente sì. In ogni caso noi siamo qui per le recensioni, che sono 495 e danno un voto medio di 4.3 allo stadio. 4.3 è un buon voto o un cattivo voto? Onestamente è diventato sempre più difficile valutare le recensioni. Comunque queste sono le migliori.

Piccolo, senza tetto per i tifosi in trasferta, hot dog terribile come unico cibo senza nemmeno ketchup disponibile. Da un paese così ricco mi aspetterei molto di più (1 stella)

Odio il calcio. Costruisci invece grattacieli sul prato (1 stella)

Piacevole, emozionante, ventoso e meteorologico. Perfetto per coloro a cui piace questo genere di cose, e ovviamente il Glimt e il calcio. Se ami i waffle e forse non sei particolarmente appassionato di calcio, o entrambe le cose, le ragazze della sala waffle preparano i waffle più deliziosi con formaggio marrone. Solo questo, le signore e i waffle, meritano una visita di per sé. (4 stelle)

Lo Stadio in sé fa schifo, ma c'è un bel belvedere in cima al tetto (4 stelle)

4 stelle perché il barlume ha vinto sulle probabilità (4 stelle)

"Cavolo, è delizioso qui!" (5 stelle)

Una lista testuale e ipertestuale di tutte le occasioni avute dal Bodo/Glimt

Se dovete recuperare una partita, recuperate Bodo/Glimt-Ajax. È stato uno spettacolo surreale, una squadra ha dominato per 120 minuti, riuscendo a sbagliare tutte le occasioni possibili in modi sempre più rocamboleschi per poi subire il gol che la elimina al 115’ su un cross sbagliato. Il calcio, certe volte, è solo cattivo. Per dimostrarlo non abbiamo bisogno di immagini o video.

Primo tempo

5’27’’ - tiro a incrociare da dentro l’area di rigore di Evjen, deviazione con la punta delle dita di Ramaj.

12’18’’ - tiro di Evjen a botta sicura, respinto da Borna Sosa.

15’40’’ - colpo di testa di Saltness dal limite dell’area piccola, troppo addosso a Ramaj.

36’11’’ - Ramaj para di piede il tiro da UN METRO di Hauge.

da 41’ 26’’ a 41’36’’ - In 10 secondi il Bodo tira TRE volte da dentro l’area di rigore: la prima è respinta da Ramaj (la miglior partita della sua vita secondo i giornali olandesi), la seconda da un intervento disperato in tuffo di Rensch, la terza alta sopra la traversa.

Secondo tempo

49’17’’ - un colpo di tacco di Grønbæk viene salvato sulla linea da Borna Sosa, per qualche motivo Saltnes non riesce a spingerlo nella porta vuota.

51’12 - Borna Sosa ferma con la mano un tiro che sarebbe entrato in rete. L’arbitro va al Var, ma invece di fischiare rigore e espellere Sosa punisce una spinta precedente su Ramaj.

53’21’’ - traversa Bodo.

56’06’’ - traversa Bodo.

61’20’’ - Evjen liscia di testa un cross a tre metri dalla porta.

94’14’’ - Hauge tira un rigore-in-movimento due metri più avanti il dischetto, ma il suo tiro è un po’ centrale e Ramaj fa un miracolo. Sulla ribattuta Saltnes fa gol (colpendo prima la traversa) ma è in fuorigioco.

97’31’’ - Oscar Kapskarmo, di testa, manda alto appena sopra la traversa da un metro dall'area piccola.

Primo tempo supplementare

95’06’’ - Zugelj salta Ramaj e calcia fuori a porta vuota (per l’occasione sono costretto a rompere l’aspetto testuale del contributo).

104’46’’ - Zugelj arriva al tiro da buona posizione, ma è troppo scarso.

119’22’’ - traversa Bodo.

Gol più Europa League

Virilità: 10

Assurdità: 10

Anti-epicità: 10

Paura della morte: 10

Ora però bisogna parlare del gol che ha qualificato l’Ajax. L’Ajax che all’andata perdeva 2 a 0 fino al novantesimo prima di segnare due gol nel recupero, che la notte prima della partita di ritorno si è vista uno spettacolo pirotecnico offerto dagli ultras del Bodo alle 2:30 del mattino, che sta avendo la peggior stagione della sua storia recente, che ha subito tutte le occasioni descritte qui sopra.

Questo Ajax, in qualche modo, uno che ha a che fare col destino, si è trascinato con il risultato ancora in bilico fino al 114’ e poi ha segnato così. Il gol di Kenneth Taylor è di quelli che ti fanno chiedere molte cose, sulla tua vita, sul calcio, su come chi o cosa regola l’universo. Taylor è cresciuto come uno dei predestinati del calcio olandese, ma ultimamente le cose non gli stanno andando bene. Pochi giorni fa è stato fischiato dopo una prestazione che - a guardare i numeri - deve essere stata leggendaria al contrario.

Ieri è stato messo in panchina, mandato in campo solo nei minuti finali, mentre l’Ajax cercava di non soccombere alla marea gialla. Non ha fatto molto, poi questo pallone. Ci ha tirato? Ha crossato? Sono quei gol che spesso rimangono sospesi nel dubbio, tra fortuna e talento. Questa volta, però, non è così. Dopo la partita, infatti, Taylor ha ammesso che voleva crossare. Avrebbe potuto dire il contrario, ma questa è la Conference League, una competizione dove tutto è anti-epico, anche quello che potrebbe essere epico. Questo gol come ribaltamento del ruolo dell’eroe.

Dall’altra parte, invece, c’era Kjetil Haug. Haug è arrivato dal Tolosa al Bodo da qualche settimana. Con il campionato fermo, Haug è arrivato proprio per alzare il livello del Bodo in Conference. Poteva arrivarci su quel pallone? Sono domande che in questa competizione è meglio non farsi. Quanto ci penserà ancora a quel pallone Haug? Ogni uomo è un’isola e ogni isola odora di morte.

Galette-saucisse bretonne sopravvalutate, sottovalutate o giustamente valutate?

Prendete una salsiccia, avvolgetegli intorno una crepes di grano saraceno e avrete Galette-saucisse bretonne. Certe volte il cibo è semplice. La sua cultura, però, è sterminata: la Galette-saucisse bretonne risale alla fine del XIX secolo e unisce due dei cardini gastronomici dell’Alta Bretagna, il grano saraceno e il maiale. Nel tempo è diventato un simbolo identitario di una regione dove ogni cosa deve essere strappata alla dura terra e associata alla squadra del Rennes, visto che i giorni della partita intorno allo stadio è pieno di chioschi che la vendono come se fosse acqua nel deserto. Ieri l'hanno offerta ai tifosi del Milan e insomma: cibo e tifo, che volete di meglio nella vita?

Lo striscione più grande di sempre?

Quanto è grande questo striscione? Avete mai visto uno striscione più grande? Io, personalmente, no. Facendo un po’ di ricerca, però, c’è questa bandiera/striscione srotolato dai tifosi del National lungo 600 metri. La rivendicano come la più grande del mondo, ma i tifosi dei Millonarios non sono d’accordo: la loro bandiera/striscione sarebbe lunga 750 metri x 40 metri (c’è anche una bandiera da 7,8 chilometri dei tifosi del River Plate, ma fuori lo stadio).

In ogni caso sono bandiere/happening, che possono durare giusto il tempo di un ingresso in campo delle squadre. Questo dei tifosi della Dinamo Zagabria, che secondo dei miei calcoli del tutto approssimativi dovrebbe essere 70 x 6 metri, che comunque sono 420 metri quadrati: più grande della somma di tutte le case in cui ho vissuto.

La prima storica volta del Qarabag

Ci eravamo lasciati con il Qarabag che si trovava a rimpiangere di aver vinto solo 4 a 2 in casa del Braga, ci ritroviamo con il Qarabag che si qualifica per la prima volta agli ottavi di una coppa europea. In mezzo, come potete immaginare, la follia. Cosa altro dovevamo aspettarci da questi due avamposti dell’Europa? L’Est e l’Ovest che si incontrano in un freddo giovedì sera: uno spettacolo scontato.

Cosa è successo? Prima il Braga ha rimontato due gol, poi - nei supplementari - il Qarabag si è ripreso il vantaggio, per poi cederlo di nuovo al 114. A quel punto, con un uomo in meno e le energie sotto i piedi, sembrava tutto apparecchiato per i rigori. Ma poi al 122’ è successa questa cosa qui:

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Ci sono due cose che vanno citate: la prima è l'astuzia e la vitalità di Huseynov, che invece di perdere tempo batte il calcio di punizione al volo, sorprendendo anche la regia. La seconda è che l’autore del gol, che quasi inciampava su sé stesso, si chiama Nariman Akhundzade, ha 19 anni, ed era il primo pallone che toccava in quella partita.

Al fischio finale lo stadio è diventato una grande seduta collettiva dallo psicologo. Piangevano i giocatori, piangeva il burbero allenatore Gurban Gurbanov (che è in carica dal 2008 e dal 2017 allena la Nazionale, ed è una specie di Sir Alex Ferguson armeno), piangeva anche la giornalista che lo ha intervistato.

Il regalo che si sono fatti è, di nuovo, il Bayer Leverkusen, che nei gironi gli ha rifilato 6 gol.

La curva Zyleta del Legia Varsavia in una notevole dimostrazione di dominio

Questa storia va ricostruita bene. A ottobre alcuni ultras del Legia Varsavia in trasferta ad Alkmaar mandano all’ospedale un poliziotto olandese. La UEFA squalifica così la curva Zyleta. A dicembre gli ultras vanno in trasferta a Birmingham e mandano all’ospedale quattro poliziotti inglesi. Altre squalifiche dalla UEFA: vietate cinque trasferte.

Ieri, durante lo spareggio di Conference contro il Molde, era permesso di entrare nella Zyleta solamente i bambini al di sotto dei 14 anni. Accanto a loro spunta lo striscione “Stavolta hai vinto UEFA”.

Poco dopo però nella tribuna piena compare una coreografia: è la curva Zyleta che si è spostata in tribuna e scrive “Surprise Motherfuckers”.

C’è stata una rissa

Ogni tanto deve succedere, forse non è un caso che abbia riguardato il Galatasaray, che dopo aver strappato una vittoria all’andata contro lo Sparta Praga buttandosi quasi oltre la mistica del suo campo e dei suoi giocatori più carismatici, è crollata nel ritorno sotto i colpi di Haraslin. Non è chiaro quali siano stati i motivi né chi sia stato coinvolto. Sembra una di quelle risse che in campo si fanno tanto per, come se si fosse costretti da qualche codice non scritto. Quelle risse che poi guardi le foto e dici: questo è proprio un quadro rinascimentale. Comunque pare che nessuno si sia fatto male.

Cose che succedono solo il giovedì

Quante cose sono successe ieri? Forse troppe e forse anche questa rubrica sta diventando troppo: se siete arrivati a questo punto avete letto o scrollato oltre 6500 parole. Altre 10500 e avevate letto il Macbeth, che probabilmente vi fa scopare più di questa rubrica (ma non sono certo). Vabbì avete capito.

La Conference League ma ve la godete tranquillamente sul divano con la copertina sulle gambe

La Conference League ma è stata una giornata davvero pesante

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La Conference League MMAEE

L'Europa League ma Mullergrazie (foto di Roberto Scarcella, che ringraziamo)

Mullergrazie a alla prossima!

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