Al minuto 101 della partita tra Norvegia e Serbia, che deve decidere chi avrà ancora speranza di qualificarsi agli Europei di quest’estate, Milinkovic-Savic insegue un passaggio un metro oltre l’incrocio sinistro dell’area piccola. È in una di quelle zone di campo dove solitamente è difficile finire a giocare, addirittura troppo vicino alla porta avversaria per essere pericolosa, e quindi forse non sa bene come comportarsi mentre arriva sul pallone. Deve però prendere una decisione in fretta perché appena dietro c’è anche un difensore pronto a chiudergli ogni spazio.
Quello che fa Milinkovic-Savic è una giocata assolutamente controintuitiva: un cucchiaio mancino verso la porta, dal lato, che prende in controtempo il portiere, che si è mosso con un attimo di anticipo verso il centro ipotizzando un più probabile cross. È un movimento fatale, perché il pallone lo scavalca beffardo mentre prova a recuperare, annaspando in una battaglia già persa contro la gravità.
Sergej scored his first two goals for Serbia tonight. But the second one is just… damn pic.twitter.com/DQHyEnstd6
— _ (@MaksJuventino) October 8, 2020
Quando assistiamo a questo genere di gol possiamo avere due reazioni diametralmente opposte: contemplare ammirati il genio di Milinkovic-Savic, non per la prima volta a dire il vero, capace di stupirci con un colpo a effetto che praticamente non avevamo mai visto fare da quella posizione; oppure gridare al caso, alla fortuna, perché è ovvio che da lì, con quella postura, il centrocampista della Lazio non voleva fregare il portiere ma trovare la testa del suo compagno nel cuore dell’area di rigore. Il suo gol sarebbe quindi frutto di un errore, praticamente una svirgolata.
Non esiste neanche un nome per definire questa ambiguità, generalmente si usa il termine tiro-cross che però identifica un’altra cosa, una via di mezzo voluta. Sono gol che forse erano cross, diciamo, ma soprattutto gol che disturbano la nostra necessità di razionalizzare il gioco del calcio, distinguere in maniera netta quello che è voluto, cioè ciò che dobbiamo celebrare; da quello che è casuale, ovvero da smascherare.
Ne ho scelti alcuni, non i più belli o brutti – l’ambiguità di questi gol è così profonda che è difficile anche deciderne la qualità estetica – ma quelli in cui qualcuno se ne è uscito, in maniera coercitiva, con la sgradevole sentenza «Voleva crossare».