Qual è la strategia più efficace oggi per il tennis su erba?
Federico Principi
Il dibattito più acceso dell’opinione pubblica sui mutamenti portati dal tennis moderno si è sviluppato in relazione alle partite su erba, sottovalutando i paradigmi che sono invece cambiati negli ultimi due-tre decenni sulla terra battuta, che l’hanno resa ai giorni d’oggi probabilmente la superficie più completa e soprattutto raffinata dal punto di vista tattico. Questo non significa, ovviamente, che l’attenzione dedicata ai cambiamenti su erba sia ingiustificata e che la stessa erba non abbia subito altrettante trasformazioni negli ultimi anni nel modo di approcciarvisi.
Ormai non esistono più i giocatori cresciuti con l’obiettivo di performare sull’erba, ma è diventata una questione su chi riesce ad adattarsi meglio a questa superficie un po’ anomala in relazione alle proprie caratteristiche, sia tecniche che fisiche. Non esiste però una formula universale del successo: l’erba può aiutare enormemente sia giocatori molto alti e dal servizio devastante – Raonic, Cilic, Isner, Querrey o anche il nostro Berrettini, che si è recentemente svezzato su questa superficie grazie a enormi miglioramenti – che altri invece più piccoli di statura ma dotati di aperture brevi, di grande mobilità e con un ottimo timing sulla palla – Simon, Mannarino, de Minaur o il nostro Fabbiano, per rimanere a un esempio nei nostri confini.
In generale, però, quello dell’anticipo sulla palla e della capacità di colpirla tagliando l’angolo in avanti sembra ormai essere diventato il requisito principale per poter essere performanti su erba. Proprio da questi miglioramenti, soprattutto alla risposta e soprattutto con il rovescio, nasce ad esempio la nuova competitività di Matteo Berrettini, un giocatore più adatto alla terra battuta per caratteristiche naturali. Ovviamente è proprio alla risposta al servizio che si capisce maggiormente quanto sia necessario colpire la palla avanti: non solo l’erba non dà tempo di caricare la palla come invece fa la terra battuta, ma anche qualora un giocatore riuscisse comunque a completare il colpo giocando da dietro la sua palla risulterebbe comunque poco fastidiosa perché la superficie la appiattisce e non esalta invece il top spin caricato da lontano.
La traiettoria media del servizio mancino slice da sinistra di Feliciano Lopez al Queen’s fa capire benissimo quanto sia necessario anticipare la risposta per poterla “tagliare”. Ribatterla da lontano, a meno di un’improbabile risposta violentissima e vicina alle righe, non servirebbe a nulla perché il ribattitore inizierebbe lo scambio troppo sulla difensiva e condannato a soccombere sulla superficie veloce.
In generale, oltre che essere veloce, l’erba è un superficie che appiattisce il top spin e fa rimbalzare la palla bassa. Il che, banalmente, penalizza le traiettorie arrotate sia dei colpi a rimbalzo che del servizio in kick, privilegiando invece le traiettorie piatte o tagliate. L’erba rimane anche la superficie dove in linea teorica il serve and volley e gli attacchi a rete vengono premiati maggiormente, anche se Federer in questa stagione su terra ha dimostrato come forse il servizio in kick sul rosso invoglierà in futuro molti giocatori a seguirlo a rete, forse anche più spesso rispetto all’erba in virtù dei ritmi ormai forsennati alla risposta.
Proprio in virtù della necessità di anticipare la palla, inoltre, il rovescio bimane sembra ormai sempre più indispensabile per adattarsi al meglio alla velocità dell’erba, potendolo colpire con un’apertura più corta rispetto al rovescio a una mano e anche in open stance in situazioni di scambio molto rapido, meglio quindi con la palla in fase ascendente. Il vecchio adagio secondo cui il rovescio a una mano si adatterebbe meglio sul veloce per favorire la maneggevolezza negli attacchi in slice e nelle volée sembra essere ormai spazzato via dalla velocità sempre più frenetica del tennis contemporaneo.
Emanuele Atturo
Nonostante le superfici corrano sempre di più verso un’uniformazione, l’erba continua a possedere caratteristiche leggermente anomale. Se è vero che “non è più l’erba di una volta”, d’altra parte il rimbalzo basso continua a porre ai tennisti contemporanei grossi problemi: le aperture ampie e macchinose, che preferiscono la potenza al timing, diventate sempre più comuni, su erba non trovano respiro. Da qui le difficoltà di tennisti come Alexander Zverev, Karel Chacanov, Dominc Thiem, Denis Shapovalov, Frances Tiafoe o Stan Wawrinka, per citarne alcuni. Nick Kyrgios fa una riduzione retorica di comodo quando dice che quello su quella è “il tennis in purezza”, ma è vero che rimane la superficie che più nasconde certi limiti fisici dei tennisti ed esalta una certa idea di talento più legata alla sensibilità tecnica, non tanto più nel tocco quanto nel tempo sulla palla e la capacità di giocare in anticipo e togliere ritmo all’avversario. Anche se la legge della completezza della contemporaneità del tennis non permette comunque a nessuno specialista di spingersi troppo in là nella seconda settimana.