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Foto di Clive Brunskill / Getty Images
tennis Federico Principi 9 giugno 2019 5'

Il tennis su terra è davvero noioso?

Se ne parla molto oggi.

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Ciao amici del tennis di Ultimo Uomo. Nick Kyrgios da tempo dichiara che il tennis  su terra è più noioso e meno puro che su altre superfici. Poi pare abbia detto che il Roland Garros fa schifo. Qual è la vostra posizione a riguardo?

Fabio

 

Risponde Federico Principi

 

Ciao Fabio,

ovviamente la frase di Kyrgios parte da presupposti che si collocano a metà tra la sua cronica mania di protagonismo attraverso la provocazione e il suo modo di intendere il tennis, fatto delle sue caratteristiche tecniche e mentali. A Kyrgios non piace la raffinatezza tattica che c’è dietro la terra battuta.

 

È naturale che Kyrgios si trovi più a proprio agio sulle superfici veloci, dove può chiudere il punto rapidamente e senza pensare, tirando forte ed esprimendo tutta la sua facilità di gesto.

 

La frase di Kyrgios però rischia di confermare alcuni stereotipi ormai falsi sulla terra battuta. Quelli di una superficie lenta e che favorisce uno stile di gioco più difensivo. In questo pezzo avevo provato a riassumere a grandi linee come siano cambiati molti cliché del tennis su terra negli ultimi 20 anni. Riassumendo: non è più una questione di quanto un giocatore sia più o meno forte in fase difensiva – anzi, oggi la terra favorisce anche chi ha qualche lacuna in fase difensiva, come Wawrinka o Berrettini, per dirne due – quanto soprattutto una questione di aperture e top spin generato sulla palla.

 

La terra, poi, è anche la superficie dove più facilmente sopravvive l’efficacia del rovescio a una mano, che genera più top spin di quello bimane – a eccezione di quello di Nadal – e ha bisogno di un’apertura maggiore e di tempo per puntare il piede davanti, con poca possibilità di giocarlo in open stance con efficacia come invece accade per quello bimane. In sostanza, la terra non è cambiata più di tanto come superficie, come invece avvenuto all’erba – soprattutto a Wimbledon. Quello che è cambiato sono i materiali di gioco e di conseguenza l’impostazione dei giocatori, sempre più votati all’universalità delle loro caratteristiche.

Al giorno d’oggi si vede benissimo dalle statistiche come anche sulla terra gli scambi predominanti siano quelli che si chiudono entro 4 colpi e, di conseguenza, non è più così determinante avere la superiorità negli scambi lunghi. Per farti capire: se avessi visto la partita di primo turno al Roland Garros tra Millman e Alexander Zverev ti avrebbe senza dubbio lasciato la sensazione di una di quelle sfide sulla terra battuta dagli scambi interminabili, tipiche degli anni Settanta-Ottanta, mentre invece verso la fine il dato medio di colpi per uno scambio era fermo a 6,6.

 

Ancora: nei quarti di finale a Roma tra Nadal e Verdasco è stato il madrileno a prevalere a fine partita per 9-4 negli scambi sopra a 9 colpi, ma alla fine è stato Nadal – che anche in altre occasioni ha mostrato di non essere ormai più così invincibile nei punti lunghi, anche sulla terra – a vincere abbastanza agevolmente per 6-4 6-0.

 

Pur avendo modificato il modo di interpretarla, la terra è rimasta la superficie più lenta e anche per questo motivo la più completa. Permette praticamente a tutti i colpi di avere successo ed efficacia e per questo motivo – anche in virtù dei ritmi più lenti rispetto a quelli forsennati dei campi veloci – esalta i contrasti di stili, ampliando il ventaglio delle soluzioni tattiche che risultano efficaci. Rimanendo al Roland Garros, ti sarai sicuramente accorto della spettacolarità di alcune partite come quella tra Mahut e Cecchinato – col francese vincitore grazie al serve and volley e al gioco d’attacco – e al modo in cui Bublik è riuscito a sparigliare le carte a Thiem attaccandolo in tutti i modi, togliendogli ogni punto di riferimento e mandando in crisi per un bel po’ di tempo tutta la sua catena di colpi in sequenza.

 

Sul rosso si riescono a giocare con continuità moltissime smorzate e attraverso il servizio in kick e gli attacchi con i colpi arrotati si può anche conquistare la rete giocando volée di chiusura. Per motivi diversi risultano efficaci anche entrambe le tipologie di rovescio: quello a una mano perché permette di sbracciare di più e di generare più rotazione, avendo anche più tempo per prepararlo, e quello bimane invece perché permette di anticipare meglio proprio le rotazioni e le palle che sulla terra saltano particolarmente alte, restando comunque un colpo molto robusto ed efficace anche sul rosso oltre che ovviamente sul veloce. Più o meno lo stesso avviene per il doppio: se nelle superfici rapide i giocatori sono praticamente obbligati al serve and volley – anche se sempre meno spesso – sulla terra si può più facilmente decidere di restare a fondo dopo il servizio, in relazione alle caratteristiche degli interpreti.

 

Il serve and volley con il servizio in kick, anche sulla seconda palla (come in questo caso), è una soluzione poco utilizzata e che Federer potrebbe aver sdoganato quest'anno, soprattutto se eseguita contro i rovesci bimani che rispondono da lontano. Lo ha effettuato molto spesso contro Casper Ruud a Parigi, ma con questo colpo ci ha vinto il match contro Monfils a Madrid. Il kick salta di più sulla terra rispetto ad altre superfici e dà tempo anche di venire a rete.

 

Come sottolineato più volte da Federer, quindi, il gioco sulla terra richiede una comprensione e una completezza che negli ultimi anni sembrano essere molto più elevati rispetto a qualche decennio fa. Anche i giocatori del futuro – a partire dalla generazione di Sock e Struff, arrivando ad Auger-Aliassime su tutti, ma sotto certi aspetti anche Khachanov e i nostri Berrettini e Musetti – sembrano essere diventati degli ibridi, alti e capaci di tirare forte ma allo stesso tempo anche con aperture che generano molta rotazione, un tempo riservata ai giocatori più attendisti.

 

Forse è proprio sulla terra che si è potuto assistere all’evoluzione della completezza del gioco negli ultimi anni, e forse ancor di più lo sarà in futuro. Non per questo, ovviamente, va biasimato il “progetto campi veloci” lanciato tanti anni fa dalla FIT e da Roberto Commentucci: al di là della mancanza di campi veloci nei circoli – anche per tentare di conservare un nutrito numero di soci anziani, che non giocano sul duro per questioni fisiche – la terra, soprattutto nel tennis giovanile, può impigrire la crescita di un ragazzino se troppo focalizzato sul risultato immediato, invogliandolo a trascurare aspetti determinanti come il servizio e la risposta e più in generale il tentativo di prendere sempre l’inerzia del punto in mano.

 

In ogni caso invocare la sua sparizione – al di là della provocazione, come nel caso di Kyrgios – è ingiusto non solo e non tanto come una forma di mancanza di rispetto della storia del tennis, ma anche perché a livello professionistico – quindi con giocatori già ben formati – la terra battuta è forse la superficie che offre la maggiore varietà possibile in campo. Forse quella dove si conserva ancora oggi una maggiore biodiversità e, di conseguenza, il maggiore spettacolo.

 

Tags : roland garros

Federico Principi nasce nel 1992 e si ammala di sport. È telecronista della Serie C su Eleven Sports Italia. Ha scritto "Formula 1 2016: The review", un libro completo sulla stagione 2016 di Formula 1.

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