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Foto di Jack Thomas / Getty Images
tennis Federico Principi 21 gennaio 2019 8'

Cosa significa la vittoria di Tsitsipas su Federer

Un altro segnale della fine di un’epoca.

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Il tennis è uno sport che esalta l’individualizzazione degli atleti e la possibilità che ciascuno di loro possa essere il simbolo della propria epoca. L’avvicendarsi delle generazioni è un modo per segnare il passaggio del tempo, e per questo la mancanza di “cambio della guardia” negli ultimi anni sta regalando la sensazione di un tempo cristallizzato, che ha smesso di scorrere.

 

Roger Federer è però ormai agli sgoccioli nella sua carriera. Pochi giorni fa ha confermato la sua partecipazione al Roland Garros nonostante non abbia nessuna, verosimile possibilità di successo. Forse c’entra davvero solo il desiderio di farlo entrare nel suo lungo farewell tour. La sua eredità è la più pesante da raccogliere nella storia di questo sport, dove nel frattempo molti atleti sono riusciti a vivere della sua luce riflessa grazie all’aumento dei fan e delle sponsorizzazioni – e quindi dei prize money – dopo la sua esplosione. Per appigliarsi a una figura che proseguisse la sua scia ci si è affidati dapprima a Grigor Dimitrov, ormai forse non più recuperabile per il livello di massima eccellenza. Successivamente, accettando ormai uno snaturamento fisiologico del tennis del futuro rispetto alla classicità di Federer, allo svizzero è stato accostato il cambio della guardia tramite Alexander Zverev, una suggestione favorita oltretutto dalle continue dichiarazioni pubbliche di sostegno di Federer al giovane tedesco, quasi avesse ormai deciso di assumerlo sotto la propria ala protettiva.

 

Di cambio della guardia si è tornato a parlare anche in riferimento a un altro dominatore del tennis contemporaneo, Novak Djokovic, quando lo scorso anno fu sconfitto sempre all’Australian Open da un Hyeon Chung che per pochi mesi – e soprattutto in quella sfida agli ottavi di finale – è riuscito nell’impresa di alzare l’asticella sulle potenzialità atletiche mai messe in campo da un giocatore nella storia del tennis. Forse, però, ricorderemo la vittoria di Stefanos Tsitsipas su Roger Federer agli ottavi degli Australian Open di quest’anno come l’episodio più tranciante, suggestivo e impattante a livello emotivo nella prospettiva della successione, la prima vera crepa della golden age dei tre grandi big del tennis.

 

La sfida tra Federer e Tsitsipas ha lasciato la netta sensazione di poter davvero diventare un momento di transizione. Il risultato finale e il modo in cui è maturato, grazie a una prova di talento e carattere del giovane greco, ha lasciato ai tantissimi tifosi di Federer un sapore totalmente diverso soprattutto dalle ultime amarissime sconfitte negli Slam contro Anderson a Wimbledon e Millman agli US Open. In questa sconfitta c’è il germe della prosecuzione di un certo modo di intendere il tennis, messo a repentaglio dalla necessaria evoluzione del gioco. Una contingenza che ha inconsciamente convinto gli ammiratori di Federer, cioè più o meno tutti gli amanti del tennis, del fatto che ora forse non è più così tremendamente duro accettare il suo imminente addio.

 

La partita, che in realtà ha mostrato solo a singhiozzo i suoi potenziali picchi di intensità, rappresenta forse l’episodio di cui tutti, più o meno inconsapevolmente, sentivano il bisogno. Tsitsipas ha offerto una convincente opera di rassicurazione sulla biodiversità del tennis di successo del futuro, non solo per quanto offerto dal punto di vista tecnico – pur non troppo superiore ad altre sue grandi prove, ma con qualche difetto – ma soprattutto da quello della personalità. Il temperamento di Tsitsipas sembra sublimare la sintesi perfetta e vincente tra caratteristiche così diverse e difficili da mettere insieme: l’equilibrio tra l’esibizione di talento e la determinazione alla lotta, tra la scioltezza e la concentrazione, tra la presunzione e la convinzione.

 

Tutte queste sue qualità, unite a uno spiccato talento e ad una personalissima gestualità nei colpi, fanno di Tsitsipas un’esperienza rilassante e diversa dalla progressiva automazione del tennista moderno. Da questo suo equilibrio interiore Tsitsipas ha attinto per sconfiggere il suo avversario più difficile: non tanto il Federer visto sul campo – inferiore alle migliori apparizioni, anche recenti – ma quello che si annida nella mente dei suoi avversari e che esprime la sua forza invisibile. Nel piatto c’erano la pesantezza del nome del suo leggendario avversario e soprattutto la pressione del cambio della guardia sul grande palcoscenico: tutte entità astratte di una certa importanza, ma non sufficientemente forti per scalfire l’armonia interiore di Tsitsipas.

 

Che partita è stata

Tsitsipas ha avuto soprattutto il merito di mantenere un’alta aggressività unita a una grande lucidità nelle scelte: «Sono stato molto sicuro nel decision-making», ha detto a fine match. Il greco aveva preparato la partita in questo modo, sfruttando la superficie veloce e cercando di nascondere le sue debolezze negli scambi più lunghi sui terreni rapidi che gli erano costate, ad esempio, la sconfitta contro Seppi all’ultimo torneo di Sydney. Tsitsipas nei primi due set ha giocato addirittura il 47% dei colpi a rimbalzo in lungolinea, praticamente 1 su 2, denotando una mentalità aggressiva visibile anche nelle statistiche di fine partita. È sceso a rete più volte del suo avversario (68 lui, 66 Federer) anche se ha ottenuto un dato inferiore sia sulla percentuale di punti vinti a rete (71% contro 76%) che nel numero di colpi al volo vincenti, quindi volée e smash sommati (14 Tsitsipas, 19 Federer).

 

Tutte le eccezionali abilità di Tsitsipas nella difesa della rete, non solo tramite la padronanza della volée ma anche grazie a rapidi e precisi movimenti dei piedi e del corpo per chiudere efficacemente lo specchio impattando in modo corretto il colpo al volo.

 

Il piano tattico di Tsitsipas è rimasto immutato nonostante un battesimo piuttosto duro, con due errori alla volée solo nel primo game che avrebbero potuto immediatamente innescare dei dubbi. Ma soprattutto Tsitsipas ha avuto il grande merito di non lasciarsi condizionare dalle disastrose condizioni del dritto del suo avversario, soprattutto dopo il primo set, nascondendo in quel caso le proprie responsabilità dietro un piano più attendista.

 

Per colpa della decrescente velocità media della prima di servizio di Federer (dal primo al quarto set, in km/h: 192, 190, 188, 187) e dell’incisività praticamente nulla del suo primo dritto dopo il servizio nel terzo e quarto set, gli scambi sui game con Federer alla battuta si sono progressivamente allungati e questo ha permesso a Tsitsipas di aumentare nel corso della partita la percentuale di punti vinti alla risposta (36% e 28% rispettivamente nel terzo e quarto set, contro 23% e 21% di primo e secondo). Tsitsipas però non è mai diventato passivo, avendo giocato più punti a rete sia nel terzo e nel quarto set (15 e 11 rispettivamente) che nel primo (10).

 

Nella riuscita del suo piano offensivo Tsitsipas ha beneficiato anche dei problemi di Federer. Lo svizzero ha mostrato anche nella pre-season delle difficoltà nel colpire il dritto in corsa e più volte è andato in affanno su quello che è in assoluto il colpo migliore di Tsitsipas, ovvero il dritto con traiettoria interna – incrociato da destra e anomalo inside-in da sinistra. Ma anche le risposte bloccate e corte, che Federer talvolta usa quando non è abbastanza in condizione in ribattuta, non hanno dato fastidio a Tsitsipas come invece ad altri avversari, vista la naturale propensione del greco a verticalizzare il gioco.

 

Una risposta di questo tipo poteva essere una trappola per Tsitsipas in una delle tante palle break che avrebbero potuto issare Federer a 2 set a zero. Il greco però attacca in questo modo.

 

Dove invece Tsitsipas è mancato maggiormente è stato nell’aver disatteso parte del suo manifesto programmatico. «Dovrò essere aggressivo prendendo vantaggio nei game di risposta» aveva detto prima del match, ma è riuscito solo a sprazzi a mettere in campo l’indole proattiva – che gli ha consentito il successo nella partita – nei game di risposta, dimostrando ancora una volta di essere un tennista chiaramente ancora da sgrezzare e adatto a superfici più lente.

 

È soprattutto il suo rovescio ad andare in difficoltà sui campi veloci, come del resto ormai tutti gli esponenti della corrente del rovescio a una mano, un colpo che rispetto a quello bimane richiede una maggiore apertura ma che in cambio genera più top spin, maggiormente efficace sulla terra. A Sydney contro Andreozzi avevamo visto come Tsitsipas avesse addirittura un’altezza media sulla rete maggiore con il rovescio piuttosto che con il dritto (94 centimetri contro 64) e questo fatto si è in parte riflesso anche nella partita contro Federer. Lo svizzero ha potuto sfruttare l’altezza della parabola della palla di rovescio di Tsitsipas per poterla attaccare, fin quando il suo dritto ha retto, e per molto tempo è rimasto a galla nella partita anche perché, soprattutto dalla parte del rovescio, i passanti di Tsitsipas – sia in top che in back – risultavano anch’essi piuttosto alti sulla rete e non mettevano in crisi la volée di Federer.

 

Due punti dove si vedono sia le risposte deboli e attaccabili di Tsitsipas, sia la differenza tra il passante di dritto e quello di rovescio. Il secondo è molto più alto sulla rete perché sui campi veloci non ha sempre tempo per completarne l’apertura.

 

E ora?

Le difficoltà in risposta di Tsitsipas gli hanno permesso di ottenere solamente il 27% di punti in risposta durante in tutta la partita. Una percentuale equivalente a quella di Federer, che però ha distribuito meglio i suoi punti in risposta arrivando a procurarsi 12 palle break contro le 3 di Tsitsipas. Federer le ha sciupate però tutte, come da suo copione classico, perdendo in molte di esse l’occasione per salire 2 set a zero e cambiare il destino di una partita che non ha offerto a livello tecnico gli spunti necessari per pareggiare quelli invece più segnanti a livello emotivo.

 

L’icona di Tsitsipas esce da questo match sostanzialmente come l’erede di Federer. Tsitsipas potrebbe già perdere nei quarti contro Bautista Agut e non sappiamo se il greco sarà davvero il più grande esponente della sua generazione, ma le sue caratteristiche sembrano porlo su una posizione psicologica superiore rispetto agli altri. Tsitsipas ha i cambi di ritmo e le fiammate di talento di Shapovalov, ma ne completa i buchi di continuità; ha la dedizione e la concentrazione di Zverev, ma con più cattiveria agonistica e fiducia di sé nei punti importanti.

 

Di Federer in realtà Tsitsipas possiede solo genericamente la padronanza tecnica e tattica sul match e il modo fluido di intendere il tennis, ma presenta differenze sostanziali in tutti i colpi che potrebbero però farlo diventare perfino una versione meno elegante e romantica ma in alcuni casi più concreta di Federer, più continuo dal lato del rovescio e con più killer instinct nelle fasi calde della partita.

 

Non sappiamo al momento se il destino ha scelto appositamente questa partita per dare avvio alla cerimonia funebre del campione più amato di tutti i tempi. Il contemporaneo annuncio di partecipazione al Roland Garros sembra essere il segnale del fatto che Federer stia preparando il suo farewell tour per assaporare l’emozione di giocare in determinati posti per l’ultima volta. La sua gloriosa coda di carriera dopo i 35 anni non ha solo rivestito il ruolo primario di arrotondamento del bottino a 20 Slam, ma forse è stata necessaria per attendere fino all’ultimo per definire correttamente l’investitura del suo successore. Forse tutto questo serviva al tennis per prendere definitivamente coscienza del suo addio.

 

Tags : australian openroger federerstefanos tsi

Federico Principi nasce nel 1992 e si ammala di sport. È telecronista della Serie C su Eleven Sports Italia. Ha scritto "Formula 1 2016: The review", un libro completo sulla stagione 2016 di Formula 1.

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