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Jacopo Azzolini
Cosa dobbiamo aspettarci da Fiorentina e West Ham
07 giu 2023
07 giu 2023
Pregi e difetti delle due squadre che si affronteranno stasera in finale di Conference League.
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Jacopo Azzolini
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IMAGO / Gonzales Photo
(foto) IMAGO / Gonzales Photo
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La partita con il West Ham è l’occasione per i tifosi della Fiorentina di tornare a festeggiare un trofeo, a distanza di 22 anni dall’ultima volta; per la società di legittimare sé stessa, dopo anni interlocutori successivi all’arrivo di Comisso nel 2019 e per Vincenzo Italiano di vedere riconosciuto il suo lavoro, che lo ha portato nel giro di appena 5 stagioni dalla Serie D a una finale europea. Il percorso dell’allenatore della Fiorentina non è stato tutto rose e fiori, anche in questa stagione la sua squadra ha avuto più di qualche momento di difficoltà, ma lo ha messo in luce come uno dei più promettenti tra i “nuovi” allenatori che si sono affacciati negli ultimi anni in Serie A. Lo ha fatto con un gioco particolarmente ambizioso e proattivo, molto in contrasto con il pragmatismo e la prudenza che vengono associati alla scuola italiana, una radicalità che gli ha attirato anche più di una critica non avendo rinunciato ai suoi principi molto netti anche quando i risultati non arrivavano. Un finale in crescendo Questa partita, però, non ha solo un valore storico o personale. Per la Fiorentina pesa molto anche nel giudizio sulla stagione in corso che è stata - fin qui – in chiaroscuro. Dopo aver perso la finale di Coppa Italia con l’Inter e aver mancato un posto in Europa in campionato, vincere stasera sarebbe l’unico modo per partecipare alle prossime competizioni europee, un obiettivo che permetterebbe anche di fare un salto in avanti da un punto di vista economico e di blasone. Forse, dopo la scorsa incoraggiante stagione, era lecito aspettarsi questo miglioramento tramite il campionato, ma non c’è stato. La Fiorentina ha chiuso con 6 punti in meno e non è un caso che sia andata meglio nelle coppe lì dove - come ha scritto Damiano Primitivo – “serve meno costanza e più estro”. Se la squadra di Italiano è riuscita a reggere il triplo impegno arrivando a due finali è stato grazie alla capacità, non nuova, dell’allenatore di coinvolgere l’intera rosa e dare spazio a tutti, senza focalizzarsi sui soliti giocatori per le oltre 55 partite di questa stagione. Forse anche per questa capacità di distribuire le energie, la Fiorentina è arrivata a questa finale nel momento di forma migliore della stagione, con la squadra che è stata brava a raddrizzare una annata che a un certo punto ha rischiato di diventare molto problematica, con la squadra vicino alla zona retrocessione prima di un filotto di vittorie che l'ha riportata su in classifica. Il problema era sempre quello: creare occasioni pulite dopo aver schiacciato l’avversario nella trequarti. La soluzione per rifinire l’attacco era quasi unicamente il cross, uno dei modo più complicati di ricavare gol (ad aprile era addirittura penultima nel rapporto xG/tiro). Il modo caotico con cui i viola attaccavano, alzando molti calciatori sopra la linea della palla, esponeva poi la difesa a continue imbarcate in transizione negativa, con gli avversari che riuscivano a creare grosse occasioni con estrema facilità. Italiano le ha provate tutte per svoltare e, tra alti e bassi, la Fiorentina di fine stagione è diventata una squadra che non si limita più al cross di Biraghi (che rimane uno dei giocatori con passaggi chiave più alti del campionato) per provare a creare qualcosa, ma anzi dimostra una sicurezza e una fluidità nella gestione del possesso che per parecchi mesi non avevamo visto. La finale di Coppa Italia contro l’Inter è un buon compendio delle soluzioni studiate dal proprio allenatore. La situazione tattica più interessante consiste nell’utilizzo di Martinez Quarta, difensore centrale che in fase di possesso diventa mediano.

Non sono però solo gli smarcamenti del difensore argentino a creare imprevedibilità e soluzioni di passaggio, bensì l’intesa che l’intera squadra ha mostrato negli smarcamenti più in generale. Dodò e Biraghi, a seconda della situazione, sapevano se stringersi o dare ampiezza, mentre le ali - Ikonè e Nico Gonzalez – sono state molto brave ad occupare le posizioni ai lati di Brozovic. Grazie a questa fluidità, la Fiorentina ha creato continui vantaggi posizionali che consentivano di rendersi pericolosa in vari modi.

L’azione che intorno al 20’ ha portato al tiro di Amrabat è una discreta sintesi degli aspetti citati. Azione prolungata con i due mediani (Amrabat e Castrovilli) che diventano braccetti ai lati di Milenkovic, con Dodo e Ikoné molto dentro al campo.

Purtroppo per Italiano, tutto ciò non è bastato per vincere, soprattutto a causa degli scompensi difensivi che la squadra continua a mostrare anche in partite in cui gioca bene. L’intensissimo pressing della Fiorentina - che a tratti ha messo in grossa difficoltà la costruzione dell’Inter – si basava comunque sul lasciare Milinkovic e Martinez Quarta a vedersela da soli con Lautaro e Dzeko. Bastava un duello vinto dalle punte dell’Inter per creare letali attacchi in campo aperto che la Fiorentina difendeva con grosso affanno. Come spesso accade, i viola sono riusciti a mettere in difficoltà l’avversario con la loro aggressività, ma è bastato un piccolo rallentamento del pressing per mostrare tutti gli scompensi difensivi del suo gioco. Sono situazioni che la Fiorentina rischia di pagare ancora più caro con il West Ham, un avversario che per caratteristiche può metterla in difficoltà in campo aperto. Che squadra è il West Ham Il West Ham arriva a questa finale in una situazione piuttosto simile a quella della Fiorentina: da una parte è un traguardo storico – una finale europea manca dal 1976 – dall’altro è arrivata in una stagione attraversata da molte più ombre che luci, in cui Moyes, l’uomo che ha risollevato la squadra - è stato più volte vicinissimo all’esonero. Secondo la stampa britannica l’esito della partita di stasera sarà decisivo per la conferma o meno del tecnico inglese, contestato per il campionato deludente (quattordicesimo posto, a lungo invischiato nella lotta per non retrocedere) e per uno stile di gioco troppo rinunciatario. Soprattutto perché la società nell’estate 2022 ha speso ben 160 milioni di sterline sul mercato, aspettandosi un salto di qualità che non è arrivato. Nelle passate due stagioni, il West Ham si è distinto per un’identità tattica molto forte, in totale contrapposizione con l’evoluzione del calcio inglese. Se la Premier League è stata sconvolta da Guardiola, Klopp e dagli “allievi del gioco di posizione”, Moyes ha ottenuto risultati straordinari (sfiorando addirittura il quarto posto) con un gioco diametralmente opposto, più reattivo e meno ambizioso. Il suo 4-2-3-1 si caratterizza per un baricentro piuttosto basso che rinuncia al recupero alto del pallone (basti pensare che i londinesi hanno il secondo indice PPDA più alto del campionato, cioè sono la seconda squadra che pressa meno in Premier). Con 2.1 contrasti vinti e 1.6 intercetti ogni 90’, capitan Declan Rice è forse il calciatore che meglio esprime la solidità della squadra. La fase offensiva invece è molto diretta, tanto nella risalita quanto nella rifinitura. Il West Ham vuole arrivare molto velocemente ai propri attaccanti, giocando poco sul corto e alzando tanto la palla. Vincere i duelli aerei e le seconde palle è la condizione necessaria per imporsi sull’avversario, come mostrano i dati. Il West Ham è la terzultima squadra della Premier per possesso palla, la prima per duelli aerei e la seconda per cross, il principale strumento con cui gli inglesi tentano di arrivare al gol. Per far funzionare questo gioco è importante il contributo del centravanti Antonio, che funge da catalizzatore: Moyes gli chiede di ingaggiare continui duelli spalle alla porta con i difensori avversari, soprattutto per generare seconde palle che i compagni vicino a lui devono attaccare. Nonostante il gioco "sporco" e diretto, il West Ham può schierare sulla trequarti calciatori molto tecnici come Bowen, Fornals, Paquetà e Benrahma. Da sottolineare anche l’estrema mobilità dei trequartisti, in grado sia di aprirsi che di stringersi poi molto per lasciare l’ampiezza ai terzini (Cresswel soprattutto, uno dei calciatori più importanti della squadra).

Un esempio qui. Il West Ham recupera palla, lancia quasi istantaneamente su Paquetà che riesce a spizzare per Bowen, il quale val al tiro. Il West Ham riesce a creare una situazione pericolosa con pochi passaggi: da notare il tre contro tre offensivo, con Antonio e Bowen comunque alti per raccogliere la seconda palla.

Lo stesso Michail Antonio, qualche giorno fa, ai microfoni ha descritto nel migliore dei modi quelle che sono le richieste di Moyes. Quando gli è stato chiesto un parere su Scamacca, reduce tra l’altro da un brutto problema fisico al ginocchio, l’attaccante inglese ha risposto così: «Per me è un giocatore di qualità. Il problema è che non può giocare nel modo in cui vuole Moyes, ha bisogno di un tipo di allenatore diverso per giocare il suo calcio. La palla arriva e lui la attacca, è ordinato, ma con Moyes ti trovi davanti e devi essere di più un combattente, cosa che lui non è». [gallery columns="4" ids="92096,92097,92098,92099"] L’azione sopra è una discreta sintesi di come il West Ham intende la fase di possesso. Il pressing del Manchester United costringe gli avversari a rifugiarsi dal portiere che - senza pensarci troppo - lancia subito lungo per Soucek (il mediano, anche lui praticamente un generatore di seconde palle con i suoi centimetri), alzatosi a ridosso delle punte: tutte in posizioni avanzate, tutte pronte a raccogliere il colpo di testa del compagno. Soucek vince il duello aereo, la palla da Bowen finisce a Benrahma, nel frattempo allargatosi. Sul lato Cresswell, il terzino, è veloce nell’accompagnare l’azione e dare ampiezza in supporto del compagno. Classica azione in cui il West Ham ribalta velocemente l’azione con un rinvio dal fondo fino ad attaccare l’area avversaria con tanti uomini. Un calcio semplice ma in grado di pagare dividendi. Cosa deve temere la Fiorentina Uno dei motivi principali per spiegare il pessimo campionato del West Ham è il calo dei propri giocatori offensivi nel convertire le occasioni avute. Gli Hammers hanno segnato appena 42 gol, contro i 60 della scorsa stagione, pur con un dato degli xG creati molto simile (intorno ai 50). Quest’anno, insomma, gli attaccanti di Moyes hanno pesantemente underperformato, con uno dei peggiori divari della Premier tra xG creati e gol effettivamente realizzati. Tuttavia in una gara secca questo può essere un limite relativo. Inoltre, come abbiamo detto, la Fiorentina tende a offrire occasioni da gol pulite, in condizioni di gioco che sono ideali per il West Ham. Il pressing alto con cui la squadra di Italiano tenta di recuperare in avanti il pallone può diventare un vantaggio per gli inglesi, che hanno gli strumenti per scavalcarlo e attaccare la profondità. Antonio non sarà né Dzeko né Lautaro Martinez, ma ha la fisicità per mettere in difficoltà i centrali della Fiorentina, soprattutto se lasciati soli. Il West Ham proverà a servirlo con continue verticalizzazioni, sperando che il suo centravanti crei i presupposti per far ricevere i vari trequartisti che agiranno alle sue spalle. Permettere a un giocatore con la qualità di Paquetà di ricevere e poter attaccare con spazio sarebbe una specie di suicidio per la Fiorentina. Per questo serviranno soluzioni specifiche e soprattutto che la (legittima) voglia di recuperare palla in avanti e schiacciare il West Ham nella sua trequarti non diventi confusione e un banchetto per gli attacchi diretti degli avversari. Per disordinare il blocco medio basso della squadra di Moyes servirà allora un po’ della vecchia Fiorentina e un po’ di quella nuova. Italiano dovrà insistere sulla fluidità vista nelle ultime settimane, quegli smarcamenti e quelle rotazioni in grado di generare dubbi e indecisioni tra le fila avversarie, consapevole però che il West Ham è bravo a congestionare gli spazi e di conseguenza in alcuni momenti non ci sarà alternativa ai cross. La Fiorentina dovrà essere brava a non rendere sterili quelle situazioni, innescando gli esterni nel migliore dei modi e attaccando bene l’area. Ancora una volta, molto dipenderà da Nico Gonzalez. Pur con i suoi difetti (la sua intensità è incline a trasformarsi in confusione, rappresentando bene la Fiorentina di Italiano nel suo complesso), l’argentino è indispensabile per le sue doti creative e per la sua capacità di incidere in spazi stretti, qualità più che mai necessarie contro un avversario come il West Ham. Le due squadre hanno caratteristiche molto diverse tra di loro, ma entrambe cercheranno di chiudere in modo trionfale un'annata che ha presentato molte più difficoltà di quanto ci si aspettasse. Per come si sono messe le rispettive stagioni, con campionati piuttosto deludenti, molti giudizi su Fiorentina e West Ham cambieranno a seconda di come andrà la finale di Praga.

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