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Gian Marco Porcellini
Qual è il valore di Vincenzo Italiano
21 apr 2023
21 apr 2023
Il tecnico della Fiorentina è pronto per allenare una grande?
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Gian Marco Porcellini
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IMAGO / Gribaudi/ImagePhoto
(foto) IMAGO / Gribaudi/ImagePhoto
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Tutte le statistiche presenti nel pezzo sono fornite da Statsbomb. IQ Soccer è lo strumento essenziale per gli analisti, i giornalisti e gli scommettitori professionisti di tutto il mondo. A fine febbraio la Fiorentina era una delle grandi deluse della stagione. Dopo una prima parte di stagione molto complicata, con soli 6 punti conquistati nelle prime 8 gare di campionato del 2023 nonostante un calendario apparentemente favorevole (Monza, Torino, Bologna ed Empoli in casa) la squadra di Vincenzo Italiano era scivolata nelle ultime posizioni della classifica, tanto che la sfida al Bentegodi con l’Hellas terzultimo e distante 8 punti aveva finito per assomigliare a uno scontro salvezza. Una vittoria per 3-0 (in realtà fin troppo rotonda) invece ha aperto una sorprendente striscia di 10 vittorie consecutive, che si è interrotta solo prima di Pasqua con un pareggio interno contro lo Spezia. A oggi la Fiorentina è ancora in corsa per vincere due trofei, la Coppa Italia, dove ha vinto per 2-0 l'andata della semifinale con la Cremonese e la Conference League, dove è arrivata in semifinale, nonostante il quasi scivolone di ieri con il Lech Poznan, che dopo aver perso 4-1 in casa si è trovato davanti 3-0 al Franchi. La Fiorentina, comunque, è stata brava a rientrare segnando due gol e portando a casa una sconfitta indolore. In campionato è distante dalle posizioni che portano in Europa, ma è almeno rientrata nel gruppone centrale. Eppure, la sua stagione resta difficile da valutare, ambigua e incoerente in un certo senso. Ovviamente dovesse finire con un trofeo sarebbero riscattate molte delle delusioni dei primi mesi, ma anche se così non fosse questa improvvisa accelerazione dei Viola ha riportato al centro del discorso Vincenzo Italiano, uno degli allenatori più ambiziosi e coraggiosi del panorama italiano. Un tecnico che, senza rinunciare ai suoi principi di gioco, ha continuato a ricercare delle soluzioni, anche quando le cose andavano male, fino a riuscire a ricompattare la squadra. Che squadra è la Fiorentina di Italiano Non è stata un’annata semplice per la Fiorentina, tra il Mondiale e il doppio impegno di Coppa. Come ha sottolineato spesso anche Italiano, la squadra ha avuto poco tempo per allenarsi, finendo per concentrarsi inconsciamente sulla Conference a scapito della Serie A: «C’è troppo poco tempo per preparare le partite – spiegava in ottobre dopo il 4-0 agli Hearts in Conference - spesso sono gare con alta intensità e dispendio di energie, si fa fatica ad arrivare al turno successivo di campionato al 100%. In più perdi allenamenti. Ma le partite ti aiutano a guadagnare quello che non fai in settimana». La sua Fiorentina è ancora una squadra iper-intensa, che vuole controllare lo spazio schiacciando l’avversario nella propria area e recuperare palla il più in alto possibile, tuttavia nel corso dell’anno Italiano ha modificato alcune spaziature e compiti ai suoi giocatori, rendendo la formazione più fluida a livello posizionale. La produzione offensiva è sempre spropositata in rapporto alla precisione effettiva sotto porta – in Italia è quarta come numero di passaggi completati nell’ultimo terzo di campo, addirittura seconda per tocchi in area avversaria e terza per tiri totali, ma rimane penultima nel rapporto xG/tiro davanti solo alla Cremonese e il Lecce e addirittura il peggior saldo tra gol previsti e gol effettivamente segnati.

Cosa è cambiato allora? Il rientro di Nico Gonzalez, finalmente recuperato al meglio dopo vari infortuni che gli avevano fatto saltare 15 partite più altre a mezzo servizio, è una possibile spiegazione. Il suo lavoro di raccordo e cucitura sulla trequarti ha portato molto più ordine alla fase offensiva, mentre i suoi movimenti dentro al campo dalla fascia sinistra hanno aumentato la creatività in zona di rifinitura. Nello specifico la sua capacità di dare la pausa all’azione ha permesso a una squadra che è solita puntare sul gioco lungo (e quindi tenere gli uomini distanti tra loro) di accrescere la densità in zona palla e favorire le connessioni tra i giocatori più vicini.

Non sarà un tiratore eccelso, ma contro la Lazio ha saputo tirare fuori dal cilindro anche questo sinistro quasi senza angolo di tiro.

Cosa ha cambiato Italiano Già prima del ritorno dell’argentino, Italiano aveva provato a implementare il gioco centrale e riempire la trequarti alzando uno tra Bonaventura e Barak. In questo modo ha trasformato il suo 433 in un 4231, anche se alla fine la disposizione del centrocampo può variare a seconda della partita e delle caratteristiche dei suoi uomini: ad esempio con lo Spezia nel secondo tempo è passato dal 4231 al 433 posizionando Castrovilli sulla stessa altezza di Bonaventura, con Mandragora alle loro spalle. Proprio Mandragora è uno dei giocatori che più è salito di livello negli ultimi mesi, da quando ha iniziato a giocare da interno da centrocampo a 2 che si muove lungo la zona centrale del campo con compiti da aiuto regista, anziché aprirsi per associarsi con i giocatori di fascia. Ancora più di Mandragora è cresciuto in maniera esponenziale il lato destro della Fiorentina, ossia l’asse Dodo-Ikonè. Il francese continua ad avere un apporto scadente alla finalizzazione (appena 3 gol complessivi e 1,37 passaggi chiave ogni 90 minuti), ma è il miglior dribblatore della rosa (2,02 dribbling completati sui 4,1 tentati per 90’), in grado di fissare l’ampiezza e attirare gli avversari dalla sua parte. In questo modo può liberare lo spazio interno alle sovrapposizioni di Dodò, il migliore da due mesi a questa parte dopo una prima parte di stagione difficile, in cui forse ha pagato gli 8 mesi di inattività da cui arrivata. Il terzino brasiliano è un fattore in entrambe le fasi: nel suo gioco non c’è spazio per giocate conservative, riesce a convertire un’azione difensiva in offensiva contrastando l’avversario (i tackle vinti nell’anno nuovo sono saliti da 0,84 a 1,41) o tramite un intercetto (da 0,67 a 1,16). Dopo gli exploit dell’andata con Napoli e Juve, da marzo è diventato una costante, capace di far progredire l’azione con le sue corse palla al piede che penetrano il blocco avversario (nel 2023 è passato da 0,59 a 0,99 dribbling completati) con una sfrontatezza rara in Serie A. Dodò è finalmente sbocciato e si sta imponendo come uno dei difensori più estrosi del campionato, in grado di forzare le giocate e creare dei vantaggi posizionali decisivi per la viola.

Una situazione ormai tipica della Fiorentina, con Dodò nello spazio interno e Ikonè aperto. Anche Biraghi, che dalla sua parte aveva un’ala pura come Sottil, stringe la sua posizione.

Con la crescita dell’ex Shakhtar e il rientro di Nico Gonzalez, Italiano è riuscito a diversificare la fase offensiva della sua squadra (per quanto Biraghi sia sempre il dominatore nelle classifiche di passaggi chiave e cross del campionato), che hanno trovato in Cabral un riferimento a cui appoggiarsi per risalire il campo e finalizzare l’azione. L’attaccante brasiliano sta prevalendo nel ballottaggio con Jovic, che interpreta il ruolo in maniera meno associativa ed è più intermittente. Cabral è più abile nel gioco spalle alla porta (clamorosa la sua prova contro i tre centrali del Milan) e più incisivo in area di rigore: nel 2023 ha segnato 11 gol con 20 tiri in porta, contro le 4 reti del 2022 su 11 conclusioni nello specchio e il suo tasso di conversione è salito dal 36 al 55%. Una Fiorentina più razionale? «Dopo Verona è successo qualcosa: si è creata fiducia ed empatia. Siamo in un periodo bellissimo, non ci siamo abbattutti nei momenti negativi, ci siamo ricompattati. Senza palla abbiamo iniziato a capire che c’è da sacrificarsi e questo lo abbiamo migliorato tanto». Con queste parole – arrivate dopo la vittoria di San Siro con l’Inter, ottenuta a un mese di distanza dall’altra grande impresa, il 2-1 casalingo col Milan – Italiano ha provato a spiegare cosa era cambiato nella sua squadra dopo la vittoria con l’Hellas. Nel mezzo sono arrivati sì successi contro squadre di bassa classifica, come Lecce e Cremonese (battuto 2-0 in campionato come in Coppa Italia), o formazioni modeste come il Sivasspor (5-1 nell’aggregato), ma la Fiorentina ha mostrato settimana dopo settimana una coesione e una razionalità inedite rispetto ai primi mesi. Anche se la sensazione è comunque quella di una squadra che deve spremere ogni goccia del suo talento per arrivare al gol e che deve giocare sempre una fase difensiva aggressiva - sia a inizio azione avversario sia a palla persa, scalando in avanti e provando se possibile a raddoppiare il portatore di palla pur di tenere l’altra squadra lontana dalla sua area - la squadra ha raggiunto una stabilità e delle sicurezze con cui guardare con fiducia alla parte finale dell’anno. Italiano è stato criticato per l’ostinazione con cui ha insistito sui suoi principi di gioco anche nei momenti in cui tutto sembrava andare storto. Per mesi la Fiorentina si è scontrata con i limiti del proprio gioco nell’ultimo quarto di campo, finendo per alzare sempre più uomini sopra la linea della palla per combinare qualcosa, anche a costo di sbilanciarsi. Una formazione a tratti fragile quanto disperata, nonostante poi i limiti realizzativi sembrino dipendere, più che da ragioni sistemiche, da alcune prestazioni scadenti o dalle caratteristiche dei singoli. Pure l’ipotesi di abbassare il baricentro e giocare delle fasi più passive non si addice troppo a difensori presenti in rosa, quasi tutti a disagio nel difendere dentro la propria area. Una posizione più bassa, poi, costringerebbe di riflesso giocatori come Nico Gonzalez, Cabral e Bonaventura – molto più abili nel gioco corto in spazi stretti - ad attaccare con molti più metri di campo davanti.

Una delle azioni più belle del 2023 viola, che coinvolge i principali protagonisti di questa seconda parte: Cabral, Nico Gonzalez, Mandragora e Bonaventura.

Italiano è stato contestato anche per aver ruotato troppo i suoi uomini, finendo per fare confusione. In realtà anche questa è stata un’esigenza, dovuta in parte alla necessità di trovare un undici affidabile, dall’altra per affrontare al meglio una stagione con l’ingombrante presenza della Conference League che richiede un turn over il più ampio possibile. A oggi nella Fiorentina 18 giocatori hanno disputato almeno 1000 minuti e, tra chi non ci è ancora arrivato c’è Duncan, che ha comunque 22 presenze stagionali, Brekalo, arrivato a gennaio, Benassi, Zurkowski e Maleh partiti a gennaio, i portieri di riserva o ancora dei centrocampisti reduci da lunghi infortuni, come Sottil e Castrovilli, che l’allenatore sta reinserendo gradualmente. Italiano può allenare una grande? «Io faccio capire ai miei giocatori, anche a quelli che sono riserve, che non li abbandono, che sono sempre nella mia testa, che tutti servono. Credo nei ricambi, in chi ha voglia e in allenamento dà prova di essere in forma. Non ho preclusioni, tutti devono essere stimolati, sentirsi arrivati non aiuta». Sembrano parole di circostanza, pronunciate da Italiano ai tempi dello Spezia, ma effettivamente rispecchiano il suo modo di lavorare con la squadra. Questa capacità di gestire e coinvolgere tanti uomini potrebbe essere un importante valore aggiunto se mai, in futuro, Italiano dovesse approdare in una grande squadra, dove sarà chiamato a gestire una rosa lunga e fatta per competere su più fronti. Recentemente il suo nome è stato accostato all’Inter, e sicuramente in estate tornerà a fare capolino nel mercato degli allenatori, per quanto abbia ancora un anno di contratto con la Fiorentina. Certamente è un allenatore dalle idee radicali, che potrebbe rivitalizzare una squadra come l’Inter. È anche vero che per una squadra di vertice non è semplicissimo affidarsi a un tecnico così diretto. In ogni caso, qualunque sarà il futuro di Italiano, sarebbe bello veder competere per lo Scudetto un allenatore che arriva dalle serie minori, che è partito dalla Serie D per arrivare in A senza mai rinunciare alla sua proposta di gioco peculiare, anche in contraddizione con quella che è la tradizione italiana. Questa stagione, fin qui, ha messo in evidenza abbastanza chiaramente quali sono i suoi pregi e quali sono i suoi difetti, e non è facile capire come questi si adatterebbero in una grande squadra. Allenatori come lui nel nostro paese sono rari, per tanti motivi. Italiano ama sperimentare per aumentare l’imprevedibilità della sua squadra e ampliare il bagaglio tecnico dei calciatori. Nelle ultime settimane, ad esempio, sta alzando uno dei due difensori centrali sull’inizio azione allo scopo di liberare i centrali di centrocampo e togliere riferimenti alla fase difensiva avversaria. Se Igor ha qualche difficoltà a giocare con l’uomo alle spalle, Martinez Quarta se la sta cavando egregiamente da “falso difensore” che si posiziona tra Amrabat e Mandragora, smista il gioco e accompagna l’azione. «Cerchiamo di creare qualche linea di passaggio in più in mezzo al campo quando ci oscurano le nostre fonti di gioco – ha commentato Italiano i centrali hanno capacità di lavorare la palla e quando serve possono impostare».

La struttura posizionale della viola sulla salita di Martinez Quarta, che prevede i due terzini più stretti.

Ma al di là delle speculazioni sul futuro di Italiano, la priorità va al presente, visto che la Fiorentina nelle prossime settimane si giocherà la possibilità di alzare un trofeo, a 22 anni dalla Coppa Italia vinta nel 2001. Non sappiamo come finirà, ma di sicuro la Fiorentina ci arriva nel miglior momento della sua stagione, forte di un’identità ben definita e riconducibile al suo allenatore.

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